Una comunità nella Natura che ha preso vita durante la pandemia

Daniela e la sua famiglia sono in viaggio da tempo per sperimentare nuovi stili di vita, liberi e nomadi; poi è scoppiata la pandemia. Come a volte accade, la crisi è diventata un’opportunità e il piccolo gruppo ha scoperto un villaggio in mezzo alla Natura dove trascorrere la quarantena e praticare la vita comunitaria.

 “Insieme di persone unite tra loro da rapporti sociali, linguistici e morali, vincoli organizzativi, interessi e consuetudini comuni: comunità nazionale, cittadina; agire nell’interesse della comunità; comunità umana, la società degli uomini, il consorzio umano; comunità di affetti, la famiglia”.

Questo è il significato generale che troviamo sul dizionario della lingua italiana alla voce Comunità. L’immaginario che si crea intorno a questo termine, oggi più che mai, rimanda la maggior parte delle persone a un bisogno insoddisfatto di condivisione e calore, a contesti lontani e non quotidiani, resi ancora più distanti dalla spaccatura sociale causata dall’isolamento forzato dopo gli ultimi accadimenti mondiali.

Dalla cima di una collina, ecco la terra che ci ha ospitato durante la quarantena, vicino a Odemira, Portogallo.

Se ritorniamo al significato proprio del termine, comunità è un concetto molto ampio e può riguardare ogni gruppo di persone che sceglie consapevolmente di dichiarare come comuni dei valori e delle pratiche di vita, e lavorare insieme per portarle avanti e rispettarle. Un condominio ospita potenzialmente una comunità; un quartiere, una squadra di lavoro, una scuola, un gruppo sportivo, un insieme di persone che condividono un progetto o una passione, sono terreni fertili per coltivare il senso di comunità. Ma da dove si comincia a costruire un progetto comune, soprattutto quando si parla di comunità di vita quotidiana? Identificare il progetto e i valori sui quali fondarlo è sicuramente il miglior punto di partenza. In questo primo passo è insita la necessità individuale e familiare di avere ben chiaro quale sia il proprio progetto di vita e su quali valori vuole essere fondato, step fondamentale per poi confrontarsi con gli altri, accettarne le differenze e trovare compromessi e soluzioni, dove possibili. Questo primo gradino, che sembrerebbe il più semplice, è tuttavia molto delicato: conoscere se stessi, i propri bisogni, lavorare per portare alla luce la propria visione di vita richiedono un lavoro di introspezione profonda. Io e la mia famiglia, per scoprire noi stessi, siamo andati alla ricerca della nostra visione con un camper, in giro per il mondo.

Le intense esperienze condivise insieme hanno unito grandi e piccoli, creando un clima di genitorialità condivisa.

Sembra paradossale pensare di fare il primo passo verso la costruzione di una comunità abbandonando il tessuto sociale nel quale si vive e girare il mondo, liberi da qualsiasi vincolo con altre persone. Invece questa scelta ci ha permesso di scoprire cosa davvero ci fa battere il cuore, cosa ci fa vivere sereni, cosa per noi è superfluo, cosa è fondamentale. Ed è successo che, più ci sentivamo a nostro agio nella vita on the road, più i nostri incontri con altre famiglie si facevano frequenti, e più eravamo attirati da persone che avevano scelto una vita simile alla nostra. Scegliere è la strada per trovare il proprio cammino. Lo scorso autunno, scegliendo di lasciare definitivamente le quattro mura che ci legavano al territorio lombardo, abbiamo deciso di dare spazio alla vita che sentivamo corrispondesse ai nostri valori e l’abbiamo seguita. E più le davamo spazio, più la nostra visione si palesava ai nostri occhi e nelle nostre vite.

Il nostro cammino, che ci ha condotto in Portogallo passando per Francia, Spagna e Marocco, si è incrociato nuovamente con quello delle famiglie con cui sentivamo di avere un legame profondo e, spontaneamente e senza forzature, gli avvenimenti vissuti insieme ci hanno condotto su un sentiero comune.

Appena sapute le restrizioni portoghesi per arginare l’epidemia covid, cerchiamo di trovare soluzioni per poter stare insieme, in luoghi isolati dell’Algarve e vicino all’oceano, che purtroppo si sono dimostrate non conformi alle leggi decise dalle istituzioni statali. Mentre eravamo in riva al mare, con amici vecchi e nuovi, su una bellissima spiaggia dell’Algarve, siamo stati travolti dallo tsunami della pandemia mondiale, che ci spingeva ad allontanarci uno dall’altro e a trovare ognuno una casa in affitto o a tornare ai nostri paesi di origine, per rispettare le normative sulla quarantena. In un momento in cui le istituzioni mondiali chiamavano all’isolamento, noi abbiamo deciso di stare uniti, di cercare un luogo adatto per poter passare la quarantena tutti insieme, trovando rifugio in un grande terreno di un amica tedesca. Proprio lì, in una stupenda radura tra i boschi del distretto di Odemira, abbiamo cominciato a sperimentare cosa volesse dire vivere come una comunità, come un piccolo villaggio, condividere spazi, tempi e progetti. Le assemblee in cerchio sono state un altro passo fondamentale per confrontarci ed esprimere visioni generali su ciò che desideravamo, e a prendere decisioni riguardanti la vita quotidiana, come l’orto comune e lo spazio per i bambini. Ma ancora più importante è stato, giorno dopo giorno, ascoltare noi stessi e gli altri, chiedendoci se ciò che stavamo vivendo corrispondeva a ciò che volevamo per noi e la nostra famiglia; le risposte sincere che ci siamo dati hanno portato a separare la nostra strada da una famiglia con cui non condividevamo lo stesso progetto di vita e, al contempo, hanno rafforzato la coesione con quelle a noi affini. Il passo successivo dopo la quarantena è stato affittare un terreno insieme, dove proseguire il cammino verso il nostro progetto di comunità: un gruppo spontaneo di persone libere, amiche, che non ha doveri o progetti comuni obbligatori, ma condivide il calore dello stare uniti.

Donne, mamme, compagne, amiche, sostenitrici della comunità, camminano insieme sulle radure nel distretto di Odemira, Portogallo. Crescere insieme e imparare quotidianamente uno dall’altro, aiutarsi a vicenda, sorreggersi, costruire un piccolo villaggio in mezzo alla natura, che le sia rispettoso, una cucina comune e uno spazio di apprendimento per i bambini e le bambine, sono le basi su cui abbiamo deciso di lavorare insieme; il resto sarà un fluire di energie, volontà e sincronicità, in cui tutto è possibile e niente è forzato. Chi fosse interessato a seguire il nostro viaggio di vita può trovare informazioni e contatti sul sito www.sentierinontracciati.com oppure su facebook sulle pagine Il mandala acchiappasogni e sul profilo personale Daniela De angelis. Fonte: https://www.italiachecambia.org/2020/07/comunita-natura-durante-pandemia/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Destinazioni biker friendly in Europa con Volagratis.com: ciclovie e percorsi per un viaggio green

Sul sito di Volagratis.com tutti gli spunti e le idee per viaggiare su due ruote in giro per l’Europa.

Con la bella stagione è arrivato il momento di tirare fuori la bicicletta, per un viaggio attivo e vissuto nel rispetto dell’ambiente. In occasione del World Bicycle Day del 3 giugno, Volagratis.com ha selezionato 9 destinazioni europee “biker friendly”, perfette per essere scoperte in sella alle due ruote. Nove viaggi all’aria aperta, dal Nord Europa all’Italia, tra natura, storia ed enogastronomia, che permettono di scoprire il continente da un altro punto di vista: quello delle due ruote.

Catalogna. La Catalogna non è solo mare o città piene di vita come Barcellona,  ma anche un vero paradiso per gli amanti delle due ruote grazie ai suoi oltre 27.000 percorsi ciclabili. Quasi tutti presentano una leggera pendenza e corrono lungo le colline e le montagne della comunità autonoma spagnola, mostrando le sue meraviglie naturali, pedalata dopo pedalata. I tragitti si dividono in tre categorie principali: quelli adatti alle bici da strada, quelli per chi viaggia in sella di una Mountain bike e infine per chi predilige le più classiche City Bike. Tra i percorsi più interessanti ci sono il PirineXus, che abbraccia il territorio di Girona, detta “La città dei quattro fiumi” e nota per le influenze romane, arabe ed ebree dell’architettura, e la Ruta Transpirenaica, che parte dall’Oceano Atlantico e dai Paesi Baschi e raggiunge il Mediterraneo affiancando i Pirenei e il confine settentrionale del Paese. 

Ciclabile del Danubio (Germania). La Ciclabile del Danubio segue il secondo fiume più lungo d’Europa dalla sorgente, a Donaueschingen, nel Baden-Württemberg tedesco, fino alla sua foce, Patrimonio Unesco dal 1991. Per farlo attraversa ben otto Paesi: Germania, Austria, Slovacchia, Ungheria, Croazia, Serbia, Bulgaria e Romania, dove si getta nel Mar Nero. Nato seguendo un’antica strada romana, il percorso incrocia edifici storici, come castelli e monasteri, città e capitali – tra cui Ratisbona e Budapest – e meraviglie naturali. Il tutto permettendo ai ciclisti di scoprire una parte importante del continente sia dal punto di vista storico-culturale che naturalistico, tanto meglio se durante la bella stagione, quando i paesaggi si tingono di verde. La ciclabile, adatta a tutti i tipi i livelli di allenamento, fa parte dell’ampio circuito EuroVelo, un gruppo di itinerari ciclistici che in totale superano i 45.000 chilometri e attraversano capillarmente l’intero continente. 

France Loire Valley Bike and Wine (Francia). Unire storia, sport ed enogastronomia: con le Routes des vins Val de Loire, nel cuore della Francia, è possibile. Le Strade dei Vini della Valle della Loira (questo il loro nome in italiano) sono un gruppo di percorsi di oltre 800 chilometri che attraversano una delle più ricche regioni francesi, nota per i suoi castelli da favola e per i vini eccellenti. Le ciclovie, che non richiedono un particolare allenamento per essere percorse, si estendono da Chalonnes-sur-Loire a Sully-sur-Loire e affiancano vigneti e palazzi d’epoca all’interno di un territorio che è Patrimonio Unesco dal 2000. Gli itinerari possibili sono tantissimi e permettono realmente di scoprire l’intera zona a 360 gradi. Dalla Loira Centrale all’Atlantico, le strade seguono il corso del fiume diramandosi dalle sue sponde per addentrarsi nel territorio regalando non solo lunghe pedalate, ma anche visite a cantine, dimore storiche e città eleganti, come Nantes e Tours, due tappe da non perdere lungo il percorso. 

The Camel Trail Cycle Route, Cornovaglia (Regno Unito). La Camel Trail è un viaggio nel tempo a bordo di una bicicletta, perché segue le antiche e ormai abbandonate ferrovie che un tempo servivano il sud ovest del Regno Unito. Lontana dal traffico e dal turismo di massa, la ciclovia solca la Cornovaglia da Bodmin a Padstow, passando per Wadebidge, e, prima di arrivare alla foce del fiume Camel, che le dà il nome, attraversa la brughiera e alcuni dei paesaggi più tipici della campagna inglese. Lungo il percorso si possono trovare paesini dove il tempo sembra essersi fermato: vale la pena sostare durante il viaggio in un cottage, tradizionale abitazione rurale inglese. L’intero percorso è lungo poco meno di 30 chilometri ed è adatto a tutta la famiglia e a tutti i livelli di allenamento. L’Alta Via dei Monti Liguri (Italia). La Liguria, non è solo una deliziosa meta estiva per moltissimi ma regala bellezze naturalistiche e un meraviglioso entroterra. Per chi è un po’ più allenato e vuole provare l’esperienza della mountain bike l’Alta Via dei Monti Liguri è una perfetta soluzione per mettersi alla prova. Un percorso divisibile in 18 tappe e che si snoda per 440 km da Ventimiglia a Ceparana, attraversando l’intera regione e regalando uno scenario da sogno, immerso nella natura, tra Appennini e mare. 

Amsterdamse Bos (Olanda). L’Amsterdamse Bos è un grande parco di circa 10 chilometri quadrati che si trova a sud della capitale, tra il comune di Amsterdam e quello di Amstelveen. Al suo interno ci sono sentieri, aree ristoro e tantissime ciclabili che permettono di scoprirlo in sella alle due ruote, nel vero spirito dei Paesi Bassi. Uno dei percorsi più importanti per i ciclisti parte addirittura dalla stazione centrale di Amsterdam, affianca l’Amstel River e poi, seguendo un tracciato quasi circolare, torna al punto di partenza. Il tutto sfiorando palazzi e luoghi storici, mercati e i famosi canali della città. Il percorso ciclabile è interamente in piano, perfetto sia per gli esperti che per i poco allenati, ed è adatto a tutta la famiglia non solo per la facilità del tragitto, ma anche per le numerose attività che mette a disposizione, dalla visita allo zoo a quella alle fattorie. Un vero e proprio polmone verde pronto per essere attraversato in sella a una bicicletta. 

Connemara National Park (Irlanda). Il Connemara National Park è uno dei più importanti d’Irlanda e si trova nell’ovest del Paese, all’interno della Contea di Galway e affacciato sull’Atlantico. È uno dei luoghi più autentici e selvaggi dell’Isola Verde, un’area che invita al viaggio on the road sia in auto che in bicicletta. Proprio per chi vuole scoprirlo sulle due ruote, esistono tantissimi percorsi attrezzati, diversi non solo nella lunghezza, ma anche nei panorami che offrono e nelle attrazioni che si possono scoprire lungo il tragitto. Il Ballyconneely and Roundstone Loop, per esempio, è un tragitto lungo 40 chilometri e permette di vedere da vicino luoghi storici come il sito del disastroso atterraggio del primo volo transatlantico o uno dei più antichi villaggi irlandesi di pescatori. Lo Sky Road Loop, invece, è lungo solo 16 chilometri e, da un’altezza privilegiata, si affaccia sull’Oceano e sulle isole di Inishturk e permette di ammirare da vicino le rovine del castello di Clifden. Ogni viaggiatore non deve far altro che scegliere e partire. 

Elbe River bike path (Germania). L’Elbaradweg è uno dei percorsi ciclabili più apprezzati di tutta la Germania. Pedalando lungo i suoi 1300 chilometri si incontrano non solo tanta natura, ma anche paesini da fiaba e importanti tesori culturali nazionali. Dalla foce alla sorgente del fiume Elba, il percorso è diviso idealmente in quattro parti: dall’estuario alla città di Amburgo, da lì a Magdeburg, da Magdeburg a Dresda per poi raggiungere il luogo nel quale il fiume vede la luce in Repubblica Ceca. Lungo tutto il percorso, il paesaggio cambia continuamente ed è composto sia da paesini affacciati sul Mare del Nord sia da cittadine dal gusto barocco. Tra mappe, punti di ristoro dove trascorrere la notte e attività per bambini, il tragitto è adatto a tutta la famiglia e a ogni tipo di esperienza. Un tracciato che si addentra nel cuore dell’Europa seguendo uno dei suoi fiumi più importanti.

Baltic Sea Route (Danimarca). La Danimarca è uno dei Paesi biker friendly per eccellenza a livello europeo, non c’è quindi da stupirsi per il grande numero di piste ciclabili che attraversano lo Stato in lungo e in largo. Una di queste è la Baltic Sea Route, che, come dice il nome, si concentra sulla costa affacciata sul Mar Baltico. Vincitrice del premio “Ciclovia dell’anno” nel 2019, questo percorso attraversa lo Jutland del Sud dando la possibilità a ciclisti e viaggiatori di scoprire alcuni tra i paesaggi più spettacolari della Danimarca. Vallate, colline, foreste, letti di antichi ghiacciai: un vero paradiso per gli amanti della natura. Ci sono oltre 3000 chilometri di percorsi che permettono ai ciclisti di scoprire non solo il paesaggio e la natura incontaminata danese, ma anche la storia e l’enogastronomia.

Connemara National Park (Irlanda)

A proposito di Volagratis.com

Lanciato in Italia nel 2004, Volagratis.com è stato il pioniere dei motori di ricerca per voli. Oggi il sito propone un’ampia offerta integrata che comprende voli da compagnie aeree tradizionali e low cost, pacchetti vacanze, hotel, crociere, noleggio auto e molti altri prodotti e servizi legati ai viaggi. I clienti possono cercare, confrontare e prenotare rapidamente le migliori offerte, per utilizzare al meglio il proprio budget. Volagratis.com è parte del gruppo lastminute.com, una travel company con l’obiettivo di ispirare e arricchire la vita dei propri clienti, leader nel settore dei viaggi online e del tempo libero a livello mondiale. Il gruppo opera attraverso un portafoglio di brand noti come lastminute.com, Volagratis, Rumbo, weg.de, Bravofly, Jetcost e Hotelscan.

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Maggiori informazioni: www.volagratis.com

Fonte: agenziapressplay.it

Gli agricoltori comprano un Lidl e lo trasformano in un mercato contadino

In Alsazia un collettivo di agricoltori ha comprato un supermercato della catena Lidl trasformandolo in un mercato di vendita diretta. Qui le logiche della grande distribuzione vengono ribaltate a tutto vantaggio della qualità dei prodotti, del rapporto di fiducia con i consumatori e della prosperità per l’economia locale. Come poter fare per vendere i propri prodotti di verdura e frutta direttamente ai consumatori, evitando i distributori tradizionali che gravano sul prezzo finale e riducono all’osso il guadagno dei produttori? Questa è la domanda che si sono posti 35 agricoltori e contadini dell’Alsazia. La risposta è arrivata rapidamente: raggrupparsi per comprare un supermercato!

L’iniziativa contadina per andare oltre la grande distribuzione, è crescente soprattutto negli ultimi tempi. Dall’esempio di altri agricoltori dell’est della Francia, zona Colmar, Denis Diegal, capo del collettivo dei produttori agricoli di Sélestat, ci racconta come è nato questo progetto di riscatto in Alsazia.

“Il pensiero era sorto da molto tempo: sono un produttore di verdure e pratico la vendita al dettaglio da anni senza vendere i miei prodotti alla grande distribuzione, sia per via dei ricarichi addossati al consumatore, sia per il tipo di servizio che offrono. Insieme ad altri agricoltori e contadini abbiamo pensato di comprare un magazzino Lidl, per arrivare direttamente al consumatore. Il supermercato è stato ribattezzato Coeur Paysan (Cuore contadino). È un luogo di vendita diretta dal produttore al consumatore, dove gli agricoltori vendono regolarmente. È un mezzo per prodotti locali e valorizzare il savoir-faire ancestrale dei produttori, cioè quello che la grande distribuzione non vuole!”.

Per Denis Diegel e i suoi colleghi, l’obiettivo è anche rispondere a una domanda in aumento di prodotti locali, soddisfatta da produttori che orbitano tutti in un raggio di 40 km dal supermercato. “In termini di prezzi siamo più vantaggiosi rispetto ai grossisti, per esempio, sulle primizie che vendiamo a 10 euro al chilo, mentre nelle grandi distribuzioni il prezzo è di 12/13 euro; per altri prodotti, tipo i formaggi, siamo più cari perché la qualità del prodotto non è sicuramente la solita!”.coeur2

Anche il modello economico del magazzino è diverso da quello della grande distribuzione: gli agricoltori e i contadini sono proprietari dei loro prodotti fino all’arrivo alla cassa del supermercato, dove viene imposta una commissione che va dal 22% al 32% da lasciare al magazzino; fino a lì i produttori sono responsabili dei loro prodotti con il consumatore, con cui trattano il prezzo faccia a faccia. Un altro obbligo dei produttori è la presenza nel supermercato in almeno due mezze giornate al mese. Questa presenza è apprezzata dai consumatori perché in questo modo hanno una trasparenza del prodotto che acquistano del 100%.

È la fine dell’anonimato alimentare“, sottolinea Denis. “Abbiamo necessità del ritorno del consumatore con cui ci si confronta e per cui ci adeguiamo al suo bisogno! Per esempio dei clienti ci hanno chiesto gli involtini primavera per il Capodanno cinese……e li abbiamo finiti tutti velocemente!”.

Dentro al magazzino Coeur Paysan si possono scoprire e ritrovare varietà di frutta e verdura dimenticati nella grande distribuzione: è un cambio nutritivo e gustativo! In più si possono trovare prodotti freschi ad un giusto prezzo che remunera correttamente i piccoli produttori. Non è difficile immaginare che questo supermercato possa far nascere altri piccoli magazzini, basta che questa esperienza venga conosciuta e divulgata a più persone possibile e che altri agricoltori e contadini prendano esempio dai colleghi Alsaziani!

Qui l’articolo originale. 

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2018/03/coeur-paysan-agricoltori-comprano-lidl-trasformano-mercato-contadino/

La Louve: la food coop francese che fa tremare la GDO

Il regista del documentario Food Coop, l’americano Tom Boothe, è anche uno dei fondatori del primo supermercato autogestito in Europa. Si tratta di La Louve, la cooperativa parigina dalla quale hanno preso spunto diverse esperienze simili in Francia, in Belgio e anche in Italia. Ecco come funziona. Tom Boothe, il regista del documentario Food Coop, ci aveva già parlato della storica esperienza di Park Slope a New York, il supermercato cooperativo dove i clienti sono anche soci e gestori. Tom tuttavia non si è limitato a raccontare questo modello, ma l’ha esportato nel Vecchio Continente. Arrivato a Parigi, ha contribuito a fondare La Louve, la prima food coop europea, sulla scia della quale ne stanno nascendo molte altre.

Questa bella energia quindi non è solamente americana?

Anche i francesi ce l’hanno! Quando avete l’occasione di fare qualcosa, fatelo! Non ci sono che due o tre americani alla Louve, il resto sono francesi. Dei francesi pragmatici.

Questo modello di cooperazione esisteva già in Francia?

In Francia esiste una tradizione di cooperative di consumatori fin dal XIX secolo. A questo si aggiunge l’aspetto partecipativo. Non sono una novità: gli asili parentali e il noleggio di camper tra privati creato dalla Maif negli anni ’30 funzionano allo stesso modo. La novità è che si applica questo modello a un supermercato. Talvolta le persone mi chiedono: «Ma questo distrugge le imprese?». Mi piace questa domanda. Con la Park Slope Food Coop non è stata distrutta una sola impresa. Neanche una, perché a differenza degli altri supermercati le persone non la scelgono per la vicinanza, ma perché piace. C’è quindi interesse intorno al progetto. E, dal momento che le persone giungono da qualunque parte, sarebbe falso affermare che non si prenda una parte del giro d’affari dei supermercati vicini, ma questo effetto è molto più attenuato di quello che sembra.louve2

Quindi si può dire che abbia una ricaduta positiva sul tessuto sociale locale?

Ci sono molti aspetti positivi dal punto di vista economico. La Park Slope ha creato 80 posti di lavoro e gli impieghi proposti dalla Coop non sono dei lavori “di merda” (tempo determinato, turni scomodi, salari al minimo). Il salario iniziale alla Park Slope corrisponde a tra volte il salario minimo sindacale dello stato di New York, con alcuni vantaggi che hanno gli amministratori delegati negli Stati Uniti (vacanze, pensione, assicurazione sanitaria). Si inizia con due settimane di ferie pagate e si arriva a cinque settimane. Queste condizioni sono quasi inesistenti negli Stati Uniti. Il trattamento dei lavoratori fa parte integrante del modello. Mi sono chiesto: in che modo le persone senza molti soldi possono accedere a cibi di qualità senza aspettare una rivoluzione che non si farà domani? L’effetto economico positivo per i membri de La Louve, come per i membri della Park Slope è il risparmio sui prezzi. Si stima che una famiglia tipo risparmierà 250 $ al mese. Se 17000 persone in media risparmiano 3000 $ all’anno, con i soldi risparmiati non si creano nuovi posti di lavoro? Voi aprite La Louve, che ha una superficie di 1450 metri quadrati: cominciate alla grande! È molto importante: ci sono altre piccole esperienze come questa negli Stati Uniti, a Brooklyn, nel Montana… ma non vanno avanti bene perché sono troppo piccole. È logico se ci pensi: se chiedi alle persone di impiegare tre ore al mese a lavorare nel supermercato, le stesse persone si aspettano in cambio che il loro supermercato offra loro una grande varietà di prodotti. Ma se si comincia in piccolo, le persone faranno forse un terzo dei loro acquisti lì e saranno obbligate ad andare in altri supermercati per completarli. C’è una fase nella militanza dove le persone restano impegnate, ma finiscono per andarsene quando la strada diventa troppo complessa.

Come si dividono i gruppi di lavoro a La Louve ?

I compiti principali sono la cassa, la manutenzione, l’accettazione delle consegne, il confezionamento dei prodotti, il taglio dei formaggi, la divisione in piccole quantità degli alimenti per metterli nei sacchetti, le pulizie, un poco di amministrazione, l’area bambini, l’informatica. A La Louve si fa tutto in sede. Negli altri supermercati occorre contabilizzare alla casa madre tutto quello che fanno gli intermediari. Alla Park Slope, come a La Louve, i salariati si occupano dell’amministrazione (acquisti, contabilità, gestione dei soci e tutto quello che riguarda la gestione finanziaria) e i soci si occupano dei compiti descritti.louve3

Vi viene richiesta una consulenza per altri progetti simili?

Sì, spesso. In Francia adesso ci sono sei o sette progetti e siamo spesso contattati. Recentemente ci ha chiamato una coop svizzera. Recentemente abbiamo incontrato dei gruppi di Toulouse, Bordeaux, Bayonne e condividiamo con loro tutto quello che abbiamo imparato.

È stata emozionante l’apertura de La Louve ?

Non tanto per l’inaugurazione, quanto per la speranza che possa funzionare. In questo momento a La Louve si avverte un’atmosfera molto eccitante. Affinché funzioni, è necessario che tremila persone si impegnino regolarmente nei prossimi due anni. Però partiamo da solidi punti fermi: abbiamo quasi 2400 membri, ciascuno di loro ha già versato 100 € e si è impegnato a lavorare tre ore. Abbiamo uno spazio bellissimo e i nostri prezzi sono convenienti.

Si può dire che la food coop è una brutta notizia per il capitalismo?

Non se ne è mai parlato in questi termini. Io ne ho parlato un poco, ma non ho alcun problema con le strutture a scopo di lucro gestite da persone oneste. Al contrario, non mi piace lasciare la mia alimentazione nelle mani dell’agro-business, per cui la qualità della nutrizione importa solo in funzione dei soldi che guadagna. È un sistema che non funziona. Avviene lo stesso nella sanità: se il sistema è ben fatto, non sono i soldi a dettare legge. Ci sono alcuni esponenti del Partito Repubblicano alla Park Slope, che sono molto conservatori, ma ne fanno parte. È una buona cosa. Quindi anche noi, me compreso, siamo tutti di idee politiche diverse. In altre parole, più ti concentri sui dettagli pragmatici, più agisci concretamente per il cambiamento. Non si passa molto tempo sui grandi sistemi, come cambiare il mondo e così via. Si devono solo definire le cose da fare veramente e concretamente: questa è una cosa che la sinistra ha perso, secondo me.

Questo modello può cambiare il mondo?

È talmente poco quello che si fa. Secondo me, se non si contrasta lo scarto della distribuzione della ricchezza nel mondo, la nostra Coop resterà un fenomeno marginale. Quello che fa ha un senso, ma ha probabilmente poco impatto su questo squilibrio e questo è un grosso problema, come si può leggere nell’intervista di uno dei fondatori: «Questo progetto mi piace perché c’è del reale: ciascun membro acquisirà nuove abitudini. Non idee, ma abitudini democratiche. Dire: “posso cambiare le cose”. Questo implica delle discussioni con gli altri e si comincia a prendere coscienza dei cambiamenti. Le persone si domandano: “perché non funziona così dappertutto?”». Con la Coop diventi esigente, il quadro cambia completamente, quando tutte le nostre abitudini, le nostre aspettative, i nostri ritmi sono influenzati dal consumismo. Si parla molto di educazione popolare a La Louve. Il fatto più importante è che con il nostro sistema posso permettermi di comprare prodotti di buona qualità con il mio reddito, cosa che per me prima non era ovvia. E questo significa che, a poco a poco, diventerà la norma. Ti abitui a questi gusti, che non sono industriali né attenuati, questo è un grande problema. A livello di gusto tutto è ormai diluito. Ma se ti abitui a una alimentazione di buona qualità, sarai abituato al vero gusto. E poi resterai esigente per tutta la vita ed è questo genere di supermercato che può profondamente cambiare il rapporto della nostra società con il consumo.louve1

LA LOUVE

Per la prima volta in Francia, migliaia di persone si uniscono per realizzare un supermercato collaborativo. Non un negozietto, ma un grande supermercato in un quartiere popolare di Parigi, dove ognuno partecipa attivamente in cambio di alimenti di qualità a un prezzo abbordabile. Per partecipare a La Louve e potervi accedere per gli acquisti, occorre investire 100 € e impegnare tre ore al mese come volontari. Chi ha un reddito minimo sociale può parteciparvi con soli 10 €. Questo investimento è rimborsabile per qualunque socio decidesse di uscire dalla cooperativa. Ma la porta non è mai chiusa e durante gli orari di apertura ci sarà sempre qualche socio a disposizione dei curiosi! La Louve propone ai propri soci un’alimentazione di qualità a basso prezzo (dal 15% al 40% in meno rispetto alla grande distribuzione), ma non è tutto. Come in qualsiasi altro supermercato, vi si possono trovare anche prodotti non alimentari, ad esempio per l’igiene e la pulizia o per i piccoli lavori fai da te (lampadine, pile). La lista dei prodotti è destinata ad allungarsi in base alle richieste dei soci della cooperativa e agli acquisti. La Louve non avrebbe mai potuto esistere senza il modello della Park Slope Food Coop, una cooperativa nata in un quartiere di New York quarant’anni fa, che oggi vanta oltre 17000 soci che gestiscono insieme un supermercato di 1000 metri quadri, aperto dalle 8 alle 22, 365 giorni l’anno. Da cinque anni i soci e i dipendenti di Park Slope sono al nostro fianco per condividere con noi le loro esperienze e aiutarci con la nostra. Food Coop, il documentario sulla Park Slope Food Coop girato da Tom Boothe, uno dei soci fondatori di La Louve, rivela come si è potuto concretizzare questo incredibile esempio di cooperazione, una delle esperienze sociali più riuscite negli Stati Uniti.

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2018/02/la-louve-food-coop-francese-fa-tremare-gdo/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

Percorso casa-lavoro, in Francia si pensa di rendere obbligatoria l’Indemnité Kilométrique Vélo

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Uno studio promosso da associazioni, Ong e think tank guidate da Matthieu Orphelin mette in evidenza i vantaggi dell’obbligatorietà dell’indennità chilometrica per tutti i cittadini che si recano a lavoro in bici. La bicicletta rappresenta solo il 3% della quota modale del pendolarismo in Francia. Tuttavia, con le questioni relative alla riduzione del gas serra, oltralpe c’è tutto l’interesse a promuoverne l’uso grazie al dibattito pubblico che si sta creando attorno alla Indemnité Kilométrique Vélo (IKV), l’indennità prevista dalla legislazione francese, grazie alla legge sulla transizione energetica, che prevede una remunerazione di 25cent/km per tutti i dipendenti di aziende private che utilizzano la bicicletta per andare a lavoro. Ad oggi solo 85 aziende private hanno promosso questa iniziativa per i loro dipendenti, ma a fine dicembre un gruppo di associazioni legate al mondo della bicicletta, ONG e think tank, guidate da Matthieu Orphelin hanno presentato alla Ministra dei Trasporti Élisabeth Borne un dossier nel quale si mettono in mostra tutti i benefici dell’estensione obbligatoria della IKV a tutte le aziende, sia pubbliche che private. Un dossier subito sostenuto dalla ministra che ha già annunciato novità nella prima parte del 2018 con un annuncio fatto in seguito alla pubblicazione dei dati relativi agli incidenti avvenuti sulle strade francesi nel 2017.388928_2

Misure incentivanti

Tuttavia, una misura che assegna al dipendente fino a 35 € al mese gli consentirebbe di rendere redditizio l’acquisto della bici e le riparazioni relative ad un uso quotidiano, nonché il costo delle attrezzature. D’altra parte, metterebbe la bici su un piano di parità con altri mezzi di trasporto come l’auto personale soggetta a un’indennità chilometrica e il trasporto pubblico rimborsato fino al 50% dal datore di lavoro. Nelle aziende che hanno attuato la IKV, i risultati sono promettenti, come sottolinea l’Ademe (l’Agenzia pubblica per il controllo dell’ambiente e dell’energia) dopo il feedback ottenuto dalle aziende che lo hanno sperimentato: “nelle aziende è stato registrato un aumento della quota di biciclette rispetto alle altre modalità di trasporto del 50% dopo alcuni mesi e del 125% dopo un anno“.

In pratica se l’IKV fosse generalizzato e reso obbligatorio in tutta la Francia, raddoppierebbe il numero di utenti giornalieri della bici, da 700.000 a 1.4 milioni. “Non c’è nulla di impossibile – dice Matthieu Orphelin – dal momento che il 75% dei percorsi casa lavoro sono a meno di 5 km e il 70% di questi viaggi vengono effettuati in auto“,

Vantaggi per il dipendente e il datore di lavoro

Oltre ai benefici riconosciuti di un’attività sportiva sulla salute (aiuta a prevenire l’obesità, il diabete, il cancro e gli infarti), il ciclismo sembra avere un impatto positivo sull’assenteismo, quest’ultimo ridotto del 15% tra i dipendenti delle aziende che hanno introdotto l’indennità. Così le aziende aumentano la loro produttiva e i costi della IKV vengono ammortizzati rapidamente. Tralasciando la potenziale riduzione delle emissioni di gas serra che si otterrebbe con l’obbligatorietà delle Indemnité Kilométrique Vélo, i ciclisti vorrebbero ancora vedere aumentare la loro sicurezza, il numero di servizi (in particolare i parcheggi di interscambio vicino alle stazioni) e una migliore dissociazione delle piste ciclabili dalle carreggiate dedicate al solo traffico veicolare. Obiettivi questi più lunghi da realizzare a causa della costruzione di nuove infrastrutture, ma con l’estensione della Ikv sembra più facile e veloce far lasciare l’auto a casa per gli spostamenti verso i luoghi di lavoro.

Fonte: ecodallecitta.it

A Parigi si testano navette elettriche senza pilota

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Parigi, bellissima e immortale, ha un serissimo problema legato all’inquinamento atmosferico: il traffico parigino è bestiale e il comune sta cercando di elaborare proposte diverse che incentivino la cittadinanza ad usare i mezzi pubblici. Il test più avanguardistico riguarda la sperimentazione di due navette elettriche completamente automatiche a guida autonoma – che significa senza pilota – che possono trasportare ciascuna fino a sei passeggeri seduti. Le navette hanno preso servizio sul ponte Charles de Gaulle di Parigi, collegando le stazioni di Gare de Lyon e Austerlitz. L’esperimento è stato lanciato e comunicato dal Comune di Parigi lunedì 23 gennaio 2017 e durerà un paio di mesi, fino al prossimo 7 aprile: le navette saranno completamente gratuite, lo scopo infatti è quello di testare il mezzo e non la sua redditività, oltre che la volontà effettiva della cittadinanza a recepire questa novità ultra-tecnologica. I mezzi, chiamati EZ10, sono forniti da Easymile, hanno un sistema di guida autonoma basato sul GPS ma avranno sempre a bordo un operatore per questioni di sicurezza e effettueranno servizio 7 giorni su 7 tra le 14 e le 20.  Similmente ad una metropolitana le navette faranno su e giù lungo il ponte Charles de Gaulle su un’unica corsia, percorrendo poche centinaia di metri a una velocità non superiore ai 25km/h. Nel corso di quest’anno il Comune ha annunciato altri esperimenti di mobilità collettiva pubblica simili.

Fonte: ecoblog.it

Francia, inaugurato il primo chilometro di autostrada solare

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Lo scorso 22 dicembre in Francia è stato inaugurato il primo tratto di autostrada a energia solare, un chilometro di provinciale all’interno del Comune di Tourouvre-au-Perche, in Normandia, progettato in pannelli solari fotovoltaici sui quali transiteranno i veicoli.  A realizzare il progetto e l’opera sono stati l’impresa Colas (del gruppo Bouygues) e l’Istituto nazionale per l’energia solare francese, che hanno messo in piedi una partnership con l’università della Savoia: la strada è composta da 2.800 metri quadrati di pannelli fotovoltaici al suolo, sotto forma di “piastrelle” e rivestite con una speciale resina che consente loro di sopportare anche il peso dei Tir più grandi, garantendo al contempo la stessa aderenza dell’asfalto. L’energia elettrica prodotta dai pannelli sarà immessa nella rete elettrica locale: il chilometro di strada fotovoltaica permetterà di erogare illuminazione pubblica per una cittadina di circa 5.000 abitanti. Il costo non è per nulla contenuto, 5 milioni di euro finanziati dal governo parigino per appena un chilometro di strada, e i benefici sarà possibile calcolarli sul medio e lungo periodo solo tra qualche tempo. Resta tuttavia un’esperimento molto interessante: il test in Normandia durerà un paio d’anni durante i quali i tecnici francesi stimano che il tratto verrà percorso da circa duemila veicoli al giorno e che l’energia prodotta in un anno supererà i 280 megawattora. L’energia prodotta potrà anche essere utilizzata per le colonnine di ricarica delle auto elettriche, un mercato sempre più in espansione anche in Francia. Se tutto andrà bene e se i risultati del test saranno soddisfacenti il governo francese ha già annunciato la visione futura: Ségolène Royal, ministro dell’ecologia e dell’energia, ha infatti dichiarato nel febbraio scorso che l’intenzione è quella di implementare oltre 1.000 km di strade con pannelli solari fotovoltaici entro i prossimi cinque anni. Forse saranno di più ma certamente il futuro è già qui.

Fonte: ecoblog.it

In Francia dal 2020 stop a stoviglie in plastica usa e getta. “Sforzo importante ma la legge rischia di generare qualche messaggio deteriore”

Enzo Favoino, coordinatore scientifico Zero Waste Europe, spiega ad Eco: “La norma consente l’uso di stoviglie usa e getta compostabili ma chiede che siano certificate come compostabili in sistemi di compostaggio domestico. Potrebbe passare il messaggio che si possano degradare in condizioni naturali, quindi abbandonandole nell’ambiente”386181_1

In Francia nel 2020 scatterà il divieto di produzione, vendita e cessione gratuita di stoviglie monouso di plastica. La legge da poco entrata in vigore fa parte delle misure approvate nel luglio scorso nel quadro della “Transizione energetica per la crescita verde” scaturita dalla conferenza sul clima di Parigi del dicembre 2015, la Cop21. Si tratta della stessa legge con la quale nei mesi scorsi sono stati definiti termini e condizioni per il divieto degli shopper monouso in plastica, legge che ha seguito le norme di quella analoga Italiana adottata qualche anno fa. In merito, abbiamo intervistato Enzo Favoino, coordinatore scientifico di Zero Waste Europe, uno dei massimi esperti su gestione dei materiali post consumo, riduzione e raccolta differenziata, e da sempre attento ai temi della riduzione delle plastiche e degli standard di settore per la loro sostituzione (standard alla cui definizione ha peraltro partecipato, all’inizio degli anni 2000). “La Francia è il primo paese al mondo a vietare le stoviglie monouso in plastica – dice Favoino – e questo è certamente uno sforzo importante. Lavorando da sempre per superare la cultura dell’usa e getta non possiamo che gioire per questo primo importantissimo segnale, sperando che venga seguito presto dall’Italia (primo paese ad adottare il divieto sugli shopper in plastica) e da altri paesi. Va comunque sottolineato che il provvedimento presenta delle criticità nelle definizioni delle esenzioni e nelle previsioni accessorie, criticità che rischiano di generare confusione”.

Il testo definisce l’elenco dei prodotti – tazze, bicchieri e piatti – che hanno nella plastica la componente strutturale principale, e che verranno vietati, ma consente l’uso di stoviglie usa e getta compostabili. “Il che – spiega Favoino – ha una sua ragione, ad esempio per l’uso in eventi o servizi catering in cui per motivi logistici non è possibile organizzare il lavaggio, o ancora per lo street food in occasione di fiere ed eventi. Ma il problema – aggiunge – è che la disposizione francese richiede che tali manufatti siano compostabili in sistemi di compostaggio domestico“. Favoino sottolinea come questo generi confusione. Perché la ragione, ed il destino, dello stovigliame compostabile non è quello di venire poi incorporato in sistemi di compostaggio domestico, ma di essere un requisito per l’integrazione nei circuiti di raccolta differenziata, destinati poi a centri di compostaggio: “il requisito della compostabilità nei sistemi di compostaggio domestico, oltre a non rispondere a situazioni concrete, tende a generare un messaggio distorto, ossia che il manufatto si possa degradare in condizioni naturali e questo può fare pensare che il requisito della compostabilità sia una risposta all’abbandono nell’ambiente. Così non è e va sottolineato con forza, e tenuto a mente per sperabili disposizioni analoghe in Italia o altrove: la compostabilità non è una soluzione al littering, ma uno strumento per l’integrazione  nei circuiti di raccolta differenziata. Solo in tali condizioni, catering senza sistemi di lavaggio o distribuzione di street food, il compostabile ha una sua ragione d’essere”

La norma richiede poi che i manufatti siano realizzati con materiali bio-based (cioè da fonti rinnovabili) per tutto o in parte. Nello specifico ammette prodotti che contengano un 50% minimo di materiali bio-based nel 2020 ed un minimo di 60% nel 2025. “E’ solo un requisito ancillare, non centrale – spiega Favoino – ma anche  questo potrebbe generare confusione, perché molti potrebbero confondere bio-based con biodegradabile e viceversa, e così non è. Il requisito di componenti bio-based può avere significato nel medio e lungo termine, per una riduzione della dipendenza da materie fossili, ma la condizione primaria da tenere a mente è anzitutto che il manufatto risponda ai requisiti di compostabilità come da standrad europeo EN 13432, che da tempo costituisce il riferimento per l’incorporazione nei sistemi di compostaggio.”

Fonte: ecodallecitta.it

Francia emetterà il primo stato ‘legame verde’ nel 2017

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Francia diventerà il primo stato al mondo ad emettere obbligazioni “verdi” nel 2017, come parte del suo sforzo per finanziare gli investimenti a basso impatto ambientale. 

Le condizioni di mercato permettendo, lo Stato francese sarà il prossimo anno emettere le sue prime obbligazioni verdi. Progettato come una fonte di finanziamento per i progetti ambientali, questi prodotti finanziari sono stati in precedenza appannaggio di imprese e un gruppo selezionato di istituzioni pubbliche. La Francia è “conferma la sua posizione come la forza trainante dietro la continua ambizione dell’accordo di Parigi, concluso nel dicembre scorso, diventando il primo stato al mondo ad emettere obbligazioni verdi”, Ségolène Royal, il ministro francese per l’ecologia, ha detto il Venerdì ( 2 settembre) in una dichiarazione congiunta con il ministro delle Finanze Michel Sapin.

“L’arrivo di Stato francese sul mercato obbligazionario contribuirà ad accelerare il suo sviluppo, per fare di Parigi una delle più importanti centri finanziari per sostenere la transizione energetica”, ha aggiunto Sapin.

Un impegno 9000000000 € in tre anni

In realtà, questo annuncio è solo una conferma: in una conferenza sull’ambiente, il 25 aprile di quest’anno, il presidente François Hollande ha detto che il paese si stava preparando il suo ingresso nel mercato obbligazionario verde. La dichiarazione congiunta vagamente accennato “un’operazione del valore di diversi miliardi di euro”. Wildlife ONG WWF Francia specifica una cifra più precisa di “9 miliardi di euro in tre anni”, con l’obiettivo, in concreto, di finanziare gli investimenti “verdi” nel terzo turno degli investimenti di Francia per il programma futuro. L’organizzazione indipendente la tutela dell’ambiente ha detto che “ha accolto con favore” questo passaggio dallo stato francese. Pascal Canfin, il direttore generale del WWF Francia, ha detto che vede “due aspetti positivi importanti” nella decisione. In primo luogo, protegge “€ 9 miliardi di finanziamento pubblico per la transizione ecologica, qualunque sia il risultato delle elezioni future”. E in secondo luogo, l’esempio della Francia potrebbe ispirare altri paesi, come la Cina o il Regno Unito, per investire in obbligazioni verdi.

Un mercato in forte espansione

Il giovane mercato obbligazionario verde prima apparizione nel 2007, con obbligazioni emesse da istituzioni pubbliche come la Banca europea per gli investimenti e la Banca Mondiale per finanziare progetti di efficienza energetica e di energia rinnovabile, tra gli altri. Più di recente, le aziende come EDF, Air Liquide, Engie e Schneider Electric hanno aderito al mercato come strumento sia di finanziare la loro transizione energetica e la diversificazione delle loro investitori. Le autorità locali hanno anche aderito al partito, con, ad esempio, le obbligazioni verdi emessi dalle regioni di Île-de-France, Nord-Pas-de-Calais e Provenza-Alpi-Costa Azzurra per finanziare progetti di trasporto pubblico e l’energia aggiornamento efficienza. Il mercato globale per le obbligazioni verdi è cresciuto da soli $ 13 miliardi nel 2013 a $ 48 miliardi nel 2015, e si prevede di colpire il segno di $ 100 miliardi di quest’anno, secondo i dati del governo francese.

Fonte: euractiv.com

Francia, oltre 600mila firme per salvare le api

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Diverse associazioni ambientaliste hanno consegnato al ministro dell’ecologia francese, Ségolène Royal, una petizione dopo avere raccolto fra le 600mila e le 700mila firme richiedenti la proibizione dei neonicotinoidi, dei pesticidi che aggravano la mortalità delle api. Le organizzazioni sperano che la proibizione dei neonicotinoidi sia inscritta nella legge sulla biodiversità che deve passare in seconda lettura all’Assemblea nazionale fra qualche giorno.

Royal ha fatto sapere di voler sostenere questa proibizione:

“È indispensabile mettere fine all’utilizzo di questo tipo di prodotti chimici, degli insetticidi che uccidono le api e influenzano la biodiversità ma anche l’agricoltura, poiché le api sono impollinatrici. I neonicotinoidi toccano il cervello della api e dunque hanno anche impatto sulla salute umana. È tempo di capire che è fissando delle regole ferme che i ricercatori e gli industriali investiranno in altri prodotto sostitutivi che non influenzano la salute umana”.

Come confermato dal ministro dell’agricoltura, Stéphane Le Foll, ogni anno 300mila colonie di api vengono decimate dai neonicotinoidi. Questi pesticidi sono stati oggetto di una moratoria parziale, da parte dell’Europa, dalla fine del 2013.

Fonte:  Le Monde

Foto | Davide Mazzocco