Spesa di stagione: i prodotti del mese di Febbraio

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Frutta tanta frutta, solo frutta! Sì, perché se a febbraio il tempo non accenna a placarsi significa che i malanni di stagione sono sempre dietro l’angolo. Meglio premunirsi e continuare a comprare arance che non solo fanno bene ma allontanano i sintomi del raffreddamento. Se poi siete stanchi  di arance, mandarini e clementine ed avete bisogno di vitamine, i kiwi fanno al caso vostro. PotassioFosforo, Magnesio, Vitamina C, Calcio, Ferro e fibre ecco il patrimonio di questo gustosissimo frutto. I dietologi e i nutrizionisti li consigliano perché ricchi di acqua e proteine e danno un basso apporto calorico, solo 40 calorie per 100 gr di frutto. Ottimi per le diete, i kiwi diventano eccezionali nella prevenzione delle anemie e per contrastare gli effetti dei radicali liberi. Altri frutti di stagione sono le mele, i pompelmi ricchi di fibre,flavonoidi, vitamine A, B, C e pectine, e infine i limoni. Quest’ultimi possono essere utilizzati per delle deliziose insalate, mentre le scorzette possono essere grattugiate e mangiate, ricordate però di accertarvi che il frutto sia biologico. Bere succo di limone poi serve ad abbassare il livello del colesterolo, allevia i sintomi del mal di gola e aiuta a digerire i grassi. Strofinare poi uno spicchio di limone sui denti, una volta alla settimana, li rende più bianchi. Tra le verdure del mese di febbraio troviamo bietole, carciofi, carote, cavoli e cavolfiori, cicoria, cipolle, indivia riccia, lattuga invernale e spinaci. Quest’ultimi  hanno un basso contenuto di calorie, sono ricchi di minerali e fanno bene al cuore e al pancreas. Ricordatevi di comprarli solo se sono freschi e con le foglie verdi. La presenza di foglie gialle e appassite sono infatti sintomo di prodotto scadente. A fine Febbraio poi è possibile raccogliere le foglie del tarassaco ottime da consumare crude, per quanto riguarda invece il pesce, febbraio è il mese ideale per sogliola e spigola mentre sardina, merluzzo e sgombro pur essendo tipici di questa stagione sono considerate specie a rischio di estinzione. Attenti dunque alla spesa, un occhio più attento salvaguarderà la salute e il portafogli.

 

Fonte: tuttogreen.it

Peecycling per i tetti verdi di Amsterdam

Il “peecycling” è il riciclo dell’urina raccolta dai gabinetti pubblici. Una città di un milione di abitanti potrebbe produrre mille tonnellate di fertilizzanti all’annoPee-cycling-586x395

“Peecycling” è una nuova parola per indicare il riciclo dell’urina. Ad Amsterdam stanno inziando a farlo nei gabinetti pubblici per poter produrre fertilizzante per i tetti verdi della città. Non si tratta di orti urbani in cima alle case, ma tetti ricoperti di suolo ed erba per rendere la città più permeabile. Nei suoli cementificati il deflusso della pioggia è assai più rapido e questo aumenta il rischio di inondazioni, come sappiamo bene in Italia. Trattenere un po’ di acqua sui tetti è un contributo alla soluzione del problema. Waternet, la società olandese che si occupa del ciclo idrico, intende estrarre azoto e fosforo dalle urine per farne fertilizzante. Secondo una stima, una città di un milione di abitanti potrebbe produrre 1000 tonnellate di concime in un anno. Non si tratta solo di una stranezza o di una curiosità, dal momento che l’agricoltura del pianeta sta andando avanti con massicce iniezioni di fosforo estratto dalle miniere, di cui una gran parte finisce nei corsi d’acqua e ne fondali oceanici. Il fosforo non è un minerale scarso, ma come tutte gli elementi chimici e i composti della crosta terrestre, è soggetto al picco di Hubbert, che potrebbe avvenire già nella prima metà del secolo. Ne ho parlato in un vecchio post (con i dati allora disponibili traevo delle conclusioni eccessivamente pessimiste, ma che il picco avvenga tra 10,20 o 30 anni la sostanza del discorso non cambia). Il fosforo è troppo prezioso per lasciarlo andare tutto negli oceani: iniziare a riciclarlo è un’ottima idea.

Fonte: ecoblog

Le castagne: proprietà salutari e 5 ricette per gustarle

Le castagne sono il frutto dell’autunno e ci accompagnano fino all’inverno. Hanno moltissime proprietà salutari e sono particolarmente nutrienti2

I castagneti sono probabilmente una delle fonti di cibo più importanti che si siano avute dal Medioevo a oggi. Le castagne, infatti, sono un frutto particolarmente calorico e usato da sempre nell’alimentazione di molte popolazioni. La castanicoltura si consolida nel tempo e diviene una vera e propria forza economica all’inizio del secolo scorso quando le esportazioni delle pregiate castagne italiane raggiungono volumi interessanti. Ma come mai tanto interesse per le castagne? Perché sono ricche di carboidrati ma non hanno glutine e dunque in varie forme, lessate arrosto o come farina si prestano a fornire molte calorie. Infatti 100 gr. di castagne fresche assicurano 200 Kcal, mentre secche apportano 350Kcal, il 7-8% di fibre il 35% di zuccheri, pochi grassi 3gr., tanto potassio, magnesio, calcio, zolfo e fosforo nonché le vitamine B1, B2, PP, C. Insomma, un vero concentrato di energia.

Come si puliscono le castagne3

Pulire le castagne è semplice ma non tutti oggi sanno come si fa e dunque ecco spigato il procedimento. Se vogliamo castagne arrosto allora è necessario inciderle con un coltellino affilato sul lato piatto a forma lineare o a croce (la foto in alto ci mostra quello fatto sulle caldarroste) dopo averle tenute a mollo in acqua fredda per un paio di ore. Una volta pronte e e incise possiamo metterle sulla placca e infornarle a 250 gradi C per circa 25 minuti ricordandoci di rigirarle spesso. Se invece ci servono castagne bollite possiamo procedere così: andiamo a sbucciare le castagne senza eliminare la pellicina interna. Le mettiamo in una pentola e le copriamo di acqua aggiungendo del sale e qualche foglia di alloro. Lasciamo bollire e quando infilando una forchetta in uno dei frutti lo sentiamo morbido, allora possiamo essere sicuri che è cotto. Scoliamo avendo cura di raccogliere l’acqua perfetta per risciacquare i capelli. Infatti un antico rimedio naturale per i capelli vuole che si usi l’acqua dove sono state fatte bollire le castagne per risciacquare i capelli dopo lo shampoo per renderli più lucidi e aumentare i riflessi chiari. Una maschera rinforzante per capelli si ottiene proprio con le castagne bollite mescolate a olio di germe di grano e questo composto va massaggiato su cute della testa e capelli per circa 20 minuti. Si risciacqua poi con uno shampoo e acqua tiepida.

Infuso di foglie di castagno contro tosse e raffreddore4

Le foglie di castagno che si possono anche acquistare in erboristeria in infuso aiutano contro la tose e il raffreddore. Ne bastano 2 cucchiai da far bollire in circa mezzo litro di acqua. Il liquido poi raffreddato va bevuto a piccoli sorsi.

La ricetta del pane di castagne alla calabrese5

A dimostrazione che le castagne erano un alimento molto comune e molto usato in passato eco il pane di castagne tipico della Calabria. E’ un antichissimo prodotto perfetto per accompagnare zuppe e minestre autunnali e invernali. Si prepara mescolando 2 parti di farina di grano a una parte di farina di castagne a cui va unito lievito madre, un pizzico di zucchero e un pizzico di sale. E’ molto saporito e perfetto anche per antipasti a base di patè di olive e verdure lessate.

Le crepes di farina di castagne ovvero i necci toscani6

In Toscana le castagne sono davvero molto comuni e presenti in tantissime ricette tra cui il famoso castagnaccio. Una preparazione che merita di essere riscoperta riguarda i necci, ovvero le crepes con farina di castagne che sono per tradizione farcite con ricotta di pecora addolcita da zucchero o miele. Questi gli ingredienti necessari:

300 gr. di farina di castagne,
mezzo litro di acqua a temperatura ambiente,
un cucchiaio di olio
un pizzico di sale fino

Procedimento. In una ciotola alla farina di castagne si aggiunge il cucchiaio di olio, il pizzico di sale e l’acqua versata a filo. Si mescola fino ad avere un impasto liscio e omogeneo. Nel frattempo scalderemo su fiamma vivace un padellino per preparare le crepes. Il padellino va unto con poco olio e verseremo un mestolo di impasto facendo cuocere i necci da entrambi i lati. Si possono farcire sia con ripieno dolce come pere e cioccolato, ad esempio, sia salato con verdure di stagione.

Fonte: ecoblog

Allevamenti killer: moria di pesci in laguna a Venezia

Migliaia di pesci galleggiano senza vita nella laguna di Venezia. All’origine della moria di pesci vi sarebbe il maggior rilascio di azoto e fosforo, che proviene dagli allevamenti. “La scelta per l’ambiente è incompatibile con l’alimentazione carnivora”.laguna_venezia

Di che cosa sono morti le migliaia di pesci che galleggiano senza vita nella laguna di Venezia, dopo una lunga e penosa agonia? Secondo quanto riportato dai giornali, la proliferazione e successiva decomposizione delle alghe ha provocato la carenza di ossigeno nelle acque e il conseguente“soffocamento” dei pesci; questo fenomeno ha visto sì come causa scatenante le intense precipitazioni prima e l’aumento di temperatura poi, ma il problema di base, come ribadito dalle fonti citate dai vari quotidiani, rimane il livello troppo alto di composti a base di azoto e fosforo, che da decenni le imprese e le aziende agricole sversano in laguna e che funzionano da fertilizzante per le alghe. Il Centro Internazionale di Ecologia della Nutrizione intende proporre una riflessione proprio su questo aspetto, facendo notare come, in ogni parte del mondo, sia l’industria dell’allevamento di animali per la produzione di carne, latticini e uova ad avere la maggior responsabilità relativamente all’inquinamento delle acque. Ciò è confermato anche dal dossier della FAO del 2006 “Allevamenti, una grande minaccia per l’ambiente” in cui si afferma che, per quanto riguarda le acque, i maggiori agenti inquinanti sono proprio le deiezioni degli animali, ricche di antibiotici e altre sostanze chimiche usate nell’allevamento nonché i fertilizzanti e pesticidi usati nella coltivazione dei mangimi per gli animali. Infatti, i raccolti assorbono solo da un terzo alla metà dell’azoto applicato al terreno come fertilizzante: le sostanze chimiche rimaste inutilizzate inquinano il suolo e l’acqua. Dato che, secondo le statistiche della FAO, metà dei cereali e il 90% della soia prodotti nel mondo sono usati come mangimi per animali, e che queste sostanze chimiche sono per la maggior parte usate nelle monocolture per la produzione di mangimi animali, è chiaro che la maggior responsabilità per questo enorme uso di sostanze chimiche sta proprio nella pratica dell’allevamento.pesticidi8__

Un ulteriore problema sono le deiezioni degli animali allevati: le deiezioni liquide e semi-liquide contengono livelli di fosforo e azoto al di sopra della norma, perché gli animali possono assorbire solo una piccola parte della quantità di queste sostanze presenti nei loro mangimi. Quando gli escrementi animali filtrano nei corsi d’acqua, l’azoto e fosforo in eccesso rovina la qualità dell’acqua e danneggia gli ecosistemi acquatici e le zone umide. Circa il 70-80% dell’azoto fornito ai bovini, suini e alle galline ovaiole mediante l’alimentazione, e il 60% di quello dato ai polli “da carne” viene eliminato nelle feci e nell’urina e finisce nei corsi d’acqua. Oggi, le deiezioni in eccesso vengono sparse sul terreno e nelle acque, mettendo in pericolo la salubrità delle acque e i pesci che ci vivono. Questo accade in ogni zona del mondo, perché ormai la pratica dell’allevamento intensivo è diffusa ovunque. Per esempio, lo spandimento delle deiezioni animali è strettamente collegato alla “zona morta” di 7.000 miglia quadrate nel Golfo del Messico, che non contiene più vita acquatica. Nel giugno 2010 il Programma per l’Ambiente delle Nazioni Unite ha pubblicato un report intitolato “Calcolo degli impatti ambientali dei consumi e della produzione” le cui conclusioni affermano: “Si prevede che gli impatti dell’agricoltura aumentino in modo sostanziale a causa dell’aumento di popolazione e del conseguente aumento del consumo di alimenti animali. Una riduzione sostanziale di questo impatto sarà possibile solamente attraverso un drastico cambiamento dell’alimentazione globale, scegliendo di non usare prodotti animali”. Lo stesso report specifica: “La produzione di cibo è quella che più influenza l’utilizzo del terreno, e quindi il cambiamento di habitat, il consumo di acqua, il sovrasfruttamento delle zone di pesca e l’inquinamento da azoto e fosforo”.allevamento__vacche_2

Gli animali d’allevamento, oggi considerati come “macchine” che producono “proteine animali”, hanno bisogno di una grande quantità di mangime per “produrre” una quantità di carne, latte, uova molto più bassa. Si possono definire in questo senso “fabbriche di proteine alla rovescia”, perché per ottenere un kg di carne sono necessari mediamente 15 kg di vegetali coltivati appositamente. Ernst von Weizsaecker, uno scienziato ambientale dell’IPCC (il Panel di scienziati dell’ONU sui cambiamenti climatici), ha dichiarato nel 2010: “Il bestiame oggi consuma la maggior parte dei raccolti mondiali, e di conseguenza la gran parte dell’acqua potabile, di fertilizzanti e di pesticidi”. Se le persone, anziché basare la propria alimentazione sui cibi animali, si nutrissero di cibi vegetali, come accadeva fino a pochi decenni fa, il risparmio, in termini di risorse e di inquinanti emessi, sarebbe enorme. Nello studio “Alimentazione e ambiente: quel che mangiamo è importante?” pubblicato nel 2009 dalla rivista scientifica “American Journal of Clinical Nutrition”, i risultati mostrano che la dieta non vegetariana richiede 13 volte più fertilizzanti rispetto a una dieta vegetariana. Dal punto di vista dell’ambiente, concludono gli scienziati, quello che ciascuno sceglie di mangiare fa la differenza. Se la terra fosse usata per produrre cibo per il consumo umano diretto, infatti, da un lato servirebbero molti meno terreni, dato che la quantità di vegetali da produrre sarebbe molto minore (perché viene eliminato lo spreco della trasformazione da prodotti vegetali a prodotti animali, che da 15 kg di vegetali fa ottenere 1 solo kg di carne), dall’altro la produzione potrebbe avvenire in maniera sostenibile, con la tradizionale coltivazione a rotazione, che non richiederebbe l’attuale uso massiccio di sostanze chimiche. E i pesci non morirebbero soffocati. Prima scegliamo di spostare i nostri consumi verso i cibi vegetali anziché quelli animali, prima potremo contrastare i danni enormi che il pianeta e tutti gli esseri che ci vivono (noi inclusi) è costretto a subire. E potremo così evitare che la meravigliosa laguna di Venezia rischi di diventare una delle “zone morte” del pianeta.

Fonte: il cambiamento

Gli ingredienti della cucina naturale: l’anguria

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L’anguria (conosciuta anche come cocomero) è uno dei frutti dissetanti per eccellenza. Chi di voi nelle torride giornate d’estate non ne hai mai addentato una bella fetta? E’ infatti ricchissima di acqua, appartiene alla famiglia delle cucurbitacee, come la zucca e il cetriolo. Il suo nome scientifico è citrullus vulgaris e la sua origine è antica. Proviene dall’Africa e le prime testimonianze della presenza dell’anguria si ritrovano già nell’Antico Egitto, perché gli Egizi collocavano le angurie nelle tombe dei Faraoni affinché se ne cibassero nella vita ultraterrena. E’ un frutto sicuramente gradito a chi ha problemi di peso perché ha pochissime calorie e zero grassi. Largo all’uso delle angurie nelle diete dimagranti, perché sazia, facilita la diuresi e la disintossicazione dell’organismo. E per questo è utile anche per combattere la cellulite. Dal punto di vista nutrizionale le angurie sono ricche di vitamina A, C e B6, quest’ultima molto importante per la salute del sistema immunitario e per il funzionamento del sistema nervoso. Mentre i sali minerali maggiormente presenti sono fosforo, magnesio ma soprattutto  potassio. Questo frutto estivo quindi, aiuta l’organismo nelle situazioni di stanchezza e spossatezza. Non meno importanti sono le proprietà antiossidanti poiché contiene carotenoidi, soprattutto il licopene (presente anche nei pomodori), che sono naturali antitumorali e antinvecchiamento.cocomero

Sono tantissimi i modi per consumare l’anguria, dalla classica fetta da morsicare ben fredda alle macedonie  al frullato con l’aggiunta di menta fresca. Noi ne suggeriamo due, completamente diversi l’uno dall’altro. La prima proposta è la ricetta dell’anguria in insalata, per consumare questo frutto in modo salato. Ecco gli ingredienti:

  • 300 gr di insalata verde mista
  • 400 gr di polpa di anguria
  • 100 gr di peperone
  • 200 gr di pomodori
  • basilico

Preparazione. Tagliate le verdure a striscioline e mescolatele in una insalatiera con l’insalata. A parte preparate una vinaigrette con le foglie fresche di basilico, sale, olio e aceto nelle quantità desiderate. Condite l’insalata e servite. L’altra idea riguarda l’anguria al cognac, e qui siamo nel regno delle consumazioni dolci. Vi occorrono questi pochi ingredienti:

  • anguria media
  • 4 cucchiai di zucchero di canna
  • 3 bicchierini di cognac

Preparazione. Tagliate l’anguria a metà e poi scavatene la polpa con l’aiuto di un cucchiaio da gelato, avendo cura di eliminare i semi. Mettete le palline d’anguria in un recipiente e distribuitevi sopra lo zucchero. Spruzzate  il cognac e trasferite il tutto all’interno dell’anguria scavata per bene fino alla parte bianca. Si può decorare il bordo scolpendo un orlo a zigzag. Riponete in frigorifero per almeno 2 prima di servire.

Fonte: tuttogreen

Gli ingredienti della cucina naturale: le susine e le prugne

Tra i vari frutti estivi un posto di riguardo va alle susine e alle prugne, anche se molti le confondono prendendole per la stessa cosa. Le susine sono i frutti della Prunus domestica mentre le prugne del Prunus salicina. Il primo è detto susino europeo mentre il secondo susino cino-giapponese. Si tratta di due varietà distinte per colore e forma che però hanno le stesse proprietà, perché appartengono alla famiglia delle Rosacee, sono originarie dell’Oriente e giunsero in Europa in seguito alle Crociate. Entrambi i frutti hanno molte varietà, che differiscono principalmente per il colore che va dal giallo, al rosso e al viola, e per la forma, in alcune varietà più tonda in altre più ovale. In Giappone sono diffuse le prugne umeboshi, una varietà molto apprezzata anche nella cucina macrobiotica, che si utilizzano come accompagnamento del riso, per via del loro sapore acido ed estremamente salato. sour and salty. Possono essere gustate persino prima del the verde matcha perché sembra che preparino il palato ad accoglierne il sapore simile all’erba. La susina ha un sapore acidulo per la presenza di acido malico. La prugna è invece più dolce. Comunque sia, in generale si tratta di un frutto dalle notevoli proprietà antiossidanti, questo secondo i risultati di uno studio condotto negli Stati Uniti, pertanto il consumo di susine aiuta a combattere l’invecchiamento e i radicali liberi perché abbondano in polifenoli, e non sono da meno dei più decantati mirtilli neri. Entrambi i frutti si consumano freschi ma le prugne si possono anche essiccare anche se il loro contenuto calorico e zuccherino aumenta notevolmente. Entrambe hanno proprietà lassative dovute alla presenza della difenil-isatina e di tante fibre. I benefici non sono solo per l’intestino ma anche per il sangue poiché viene facilitata l’eliminazione del colesterolo ‘cattivo’, il famigerato colesterolo LDL. Inoltre, l’elevata concentrazione di potassio fa sì che susine e prugne siano anche diuretiche e utili a combattere la ritenzione idrica. Dal punto di vista nutrizionale questi due frutti, oltre al potassio, contengono anche calcio, fosforo e magnesio, vitamina A, B1, B2, C, quest’ultima aiuta l’assorbimento del ferro, rinforza le difese dell’organismo, è antibatterica e antivirale.ricetta-prugne

Per tutte queste ragioni è bene approfittare della stagione estiva per gustare questi frutti, senza esagerare per evitare un eccessivo effetto lassativo,da giugno a settembre possiamo approfittare di tutte le diverse varietà che giungono a maturazione, mentre per il resto dell’anno abbiamo a disposizione quelle secche, altrettanto benefiche, solo un po’ più caloriche. Un lassativo naturale, da utilizzare in caso di reale necessitò, è dato dal decotto di prugne che si fa molto mettendo in un pentolino 5-6 prugne secche, aggiungendo acqua quanto basta per ricoprirle e portando a ebollizione per una decina di minuti. Si lascia raffreddate un pochino, quindi si mangiano le prugne bollite e si beve il decotto. In cucina le prugne e le susine sono perfette per i dolci come farcitura o decorazione e nelle marmellate, ma si accompagnano altrettanto bene nei piatti salati a base di carne e salumi. Il piatto più famoso forse è l’arrosto natalizio alla frutta secca. Un’altra cosa che si può fare a casa con le prugne, ma non solo, è essiccarle. Vengono perfette se si possiede un essiccatore anche se il forno, tenuto bassissimo e con lo sportello aperto, per 3-4 ore, farà un lavoro altrettanto egregio. Si potranno gustare così per tutto l’inverno frutti e verdure dell’estate. Una ricetta insolita per usare le prugne come antipasto sono i rotolini di speck e prugne secche. Fate rinvenire le prugne secche nell’acqua tiepida per 15 minuti,e sgocciolate e arrotolate attorno ad ogni prugna una fettina di speck. Infilzate uno stecchino per fermare il tutto.

Un’altra cosa che si può fare a casa con le prugne, ma non solo, è essiccarle. Vengono perfette se si possiede un essiccatore anche se il forno, tenuto bassissimo e con lo sportello aperto, per 3-4 ore, farà un lavoro altrettanto egregio. Si potranno gustare così per tutto l’inverno frutti e verdure dell’estate.

Fonte: tuttogreen

 

Gli ingredienti della cucina naturale: le pesche

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Tra i frutti più amati durante la stagione estiva, la pesca (nome scientifico Prunus Persica vulgaris) si caratterizza per il suo gusto fresco e dissetante nonostante il suo modesto apporto calorico. La pesca, infatti, come molta frutta è composta soprattutto da acqua (il 90 % circa) ed è una fonte di importanti nutrienti come sali minerali (in particolare potassio, sodio, calcio e fosforo) e complessi vitaminici (tra cui spiccano la vitamina A, B, C, E, K); questi frutti contengono anche zuccheri, proteine, lipidi, glucidi e fibre. Originarie probabilmente della Cina, tra tutte le varietà di pesche, se ne riconoscono tre tipi più diffusi: gialle, bianche e noci (o nettarine),ognuna caratterizzata da specifiche proprietà e virtù terapeutiche. In ogni caso, questo frutto ‘re dell’estate’ si distingue per il suo potere saziante e dissetante oltre che per la capacità di reintegrare i sali minerali persi soprattutto con il caldo durante la sudorazione. L’elevata concentrazione di vitamine C rende la pesca particolarmente utile per combattere le infezioni, fortificare le ossa e favorire il trasporto e l’assorbimento del ferro nel sangue; altra azione benefica è svolta dal beta-carotene contenuto nella pesca e che, con l’assunzione, si trasforma in vitamina A, valido alleato della pelle di cui favorisce l’abbronzatura, stimolando la produzione di melanina, e aiutando a mantenerla elastica e giovane.pesche-alla-griglia

Le uniche controindicazioni al consumo di questo frutto vanno rivolte ai pazienti diabetici e chi soffre di reazioni allergiche nei confronti della pelle vellutata delle pesche; per i bambini, inoltre, è meglio evitare che succhino il nocciolo data la presenza, per quanto ridotta, di una sostanza dannosa come l’acido cianidrico. In cucina le pesche si prestano a preparazioni dolci e possono essere trasformate in marmellate e composte da sole o assieme ad altri frutti. Una ricetta velocissima ma d’effetto sono le pesche grigliate accompagnate da sciroppo di lavanda e gelato al fior di latte. La preparazione è facile. Lavate bene delle pesche a pasta gialla e tagliatele a età, eliminando il nocciolo. Ponetele con la polpa verso il basso in una griglia già calda e fate cuocere per 4 minuti massimo senza girare. In una padella fate addensare 4 cucchiai di zucchero e uno d’acqua assieme ad 1 cucchiaino di fiori di lavanda essiccati finché il  liquido diventa sciropposo e di color ambrato, ma  non deve caramellarsi. Servite le pesche dal lato grigliato, nappate con lo sciroppo alla lavanda e una pallina di gelato.

Fonte: tuttogreen

Gli ingredienti della cucina naturale: il melone

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Uno dei frutti più consumati in estate è il melone. Forse non tutti sanno che appartiene alla famiglia delle cucurbitacee, come la zucca e lo zucchino, e come queste verdure ha la caratteristica di essere coltivato in modo da svilupparsi disteso lungo il terreno e, meno frequentemente, come rampicante. La pianta prende il nome scientifico di cucumis melo, mentre i frutti, quelli che chiamiamo normalmente meloni, hanno il nome di peponidi. Originariamente proviene dall’Asia, nell’area del Mediterraneo si è diffuso grazie al popolo Egizio, attualmente la Cina è il più forte produttore di questo frutto, mentre in Europa è coltivato soprattutto in Spagna, Romania, Italia e Francia. Il largo consumo di questo frutto è giustificato dal suo notevole potere nutrizionale, infatti esso è ricco di vitamina A, il betacarotene, importante antiossidante e antinvecchiamento, alleato anche della tintarella poiché stimola la melanina. Possiede anche buone dosi di vitamina C e di vitamine del gruppo B, in particolare la B6, che aiuta l’equilibrio del sistema nervoso. Contiene molto ferro, fosforo, magnesio e potassio, quindi è un efficace rimineralizzante, che fa bene soprattutto alle ossa e ai denti. Poiché nel melone vi è molta acqua, circa il 92% del contenuto, aiuta a idratare e a dissetare il corpo specie in estate, oltre a facilitare la diuresi e la disintossicazione, mentre la presenza di fibra ne fa un naturale lassativo. Chi soffre di sovrappeso non avrà problemi a mangiare questo frutto poiché è poco calorico e contiene pochi zuccheri, la sola controindicazione è di evitare di consumarne in eccesso in quanto può sovraccaricare lo stomaco e affaticare la digestione, per la stessa ragione è opportuno, quando si mangia il melone, anche moderare l’assunzione di liquidi.macedonia-melone-anguria1-e1371078805351

Macedonia di melone, anguria e menta

Il melone può essere consumato in tanti modi diversi e, oltre all’intramontabile re delle tavole estive, il prosciutto e melone, noi vi proponiamo due ricette.

Macedonia di melone e anguria alla menta.  Ingredienti: 1 melone,1/2 anguria, 1 cucchiaino di zucchero, 1 limone, 1 cucchiaino di zenzero fresco grattugiato, 2 cucchiaini di pistacchi tritati, foglioline di menta fresca. Tagliate a cubetti oppure a palline la polpa dei due frutti. A parte raccogliete il loro liquido, aggiungete il succo di limone, lo zucchero, lo zenzero e le foglioline di menta.  Versate in coppette individuali, condite con lo sciroppo e guarnite con i pistacchi.

Spiedini di melone con feta e rucola. Ingredienti: 1 melone, 15 gr di rucola, 300 gr feta. Tagliate il melone a metà, eliminate i semi e con uno scavino fate delle palline, quindi tagliate la feta a piccoli cubetti e montate gli spiedini sugli stecchini, alternando palline di melone, foglie di rucola e cubetti di feta.

Vi auguriamo un’estate rinfrescata da questo frutto gustoso.

Fonte: tuttogreen

Stati Uniti, allarme acque: il 55% dei fiumi è inquinato

La Us Environmental Protection Agency (Epa)ha recentemente lanciato un allarme su tutto il territorio degli Stati Uniti: il 55% dei fiumi americani sarebbe infatti gravemente inquinato, al punto da mettere a rischio la vita acquatica

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Secondo l’ente di protezione ambientale americano gli alti livelli di inquinamento riscontrati nelle acque degli 1,2 milioni di chilometri di corsi d’acqua a stelle e strisce ne stanno mettendo a serio rischio l’equilibrio ambientale. Non solo il colosso cinese, ma anche il sempiterno gigante mondiale Usa deve fare i conti con l’inquinamento, a dimostrazione che capitalismo o “comunismo” poco cambia quando si tratta di inquinare. Gli scarichi delle aree urbane, l’inquinamento batterico, gli alti livelli di mercurio, fosforo ed azoto sono tra i problemi di maggiore incidenza per i fiumi degli Stati Uniti: in un’analisi svolta tra il 2008 ed il 2009 dall’Epa ha svelato come ci sia stato un calo del 4%, rispetto al 2004, dei corsi d’acqua giudicabili in buone condizioni. La ricerca ha messo a nudo una situazione piuttosto preoccupante:

La salute di fiumi, laghi, baie ed acque costiere della nostra nazione dipende dalla vasta rete di corsi d’acqua fin da dove iniziano e questa nuova ricerca scientifica a dimostra che i torrenti e fiumi in America sono sotto una pressione significativa. Dobbiamo continuare a investire nella protezione e nel ripristino dei corsi d’acqua e dei fiumi della nostra nazione, in quanto sono le fonti vitali della nostra acqua potabile, sono ricchi di opportunità ricreative e svolgono un ruolo fondamentale per l’economia

Con queste parole Nancy Stoner, vice amministratrice dell’Epa’s Office of water acting, ha commentato la ricerca dell’ente di protezione ambientale. Secondo l’Epa nel 27% dei fiumi americani si riscontano eccessivi livelli di fosforo, mentre nel 40% dei casi è l’azoto a rappresentare l’agente inquinante più presente: questi nutrimenti altamente inquinanti altro non fanno che aumentare la produzione di alghe, che a loro volta abbassano il livello di ossigeno nelle acque e danno vita ad un fenomeno chiamato eutrofizzazione. L’inquinamento da mercurio è invece un aspetto decisamente più preoccupante: l’Epa ha calcolato che in 13.000 miglia di fiumi vivono pesci con livelli eccessivi di mercurio, cosa pericolosa sia per il consumo umano che per la balneazione in quelle acque. Nel 9% dei corsi d’acqua americani invece il livello di batteri viene considerato eccessivo: ciò mette a rischio la salute pubblica e rende necessario alle autorità rivedere le autorizzazioni alla balneazione.

Fonte: Us-Epa

 

“La Terra non si governa con l’economia”: l’appello degli accademici italiani.

“La Terra non si governa con l’economia. Le leggi di natura prevalgono sulle leggi dell’uomo”. Questo il titolo dell’appello lanciato dalla comunità scientifica italiana e promosso dalla Società Italiana di Meteorologia, presieduta dal noto climatologo Luca Mercalli, tra i promotori dell’iniziativa. L’appello è indirizzato ai decisori economici e politici affinché inizino finalmente a considerare la questione ambientale una priorità.

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La crisi economica iniziata nel 2008 sottende molti altri segnali di fragilità connessi con:

– esaurimento delle risorse petrolifere e minerarie di facile estrazione;

– riscaldamento globale, eventi climatici estremi

pressione insostenibile sulle risorse naturali, foreste, suolo coltivabile, pesca oceanica;

– instabilità della produzione alimentare globale;

– aumento popolazione (oggi 7 miliardi, 9 nel 2050);

– perdita di biodiversità – desertificazione;

– distruzione di suolo fertile;

– aumento del livello oceanico e acidificazione delle acque

squilibri nel ciclo dell’azoto e del fosforo;

– accumulo di rifiuti tossici e inquinamento persistente dell’aria, delle acque e dei suoli con conseguenze sanitarie per l’Uomo e altre specie viventi;

– difficoltà approvvigionamento acqua potabile in molte regioni del mondo.

La comunità scientifica internazionale negli ultimi vent’anni ha compiuto enormi progressi nell’analizzare questi elementi.

Milioni [1] di articoli rigorosi, avallati da accademie scientifiche internazionali, una su tutte l’International Council for Science, nonché numerosi programmi di ricerca nazionali e internazionali, mostrano la criticità della situazione globale e l’urgente necessità di un cambio di paradigma. Il dominio culturale delle vecchie idee della crescita economica materiale, dell’aumento del Prodotto Interno Lordo delle Nazioni, della competitività e dell’accrescimento dei consumi persiste nei programmi dei governi come unica via d’uscita di questa crisi epocale. Queste strade sono irrealizzabili a causa dei limiti fisici planetari. Una regola di natura vuole che ad ogni crescita corrisponda una decrescita. La crescita economica, con i paradigmi attuali, segna la decrescita della naturalità del pianeta. I costi economici di queste scelte sono immani e le risorse finanziarie degli stati sono insufficienti a sostenerli. L’analisi dei problemi inerenti alla realtà fisica del mondo viene continuamente rimossa o minimizzata, rendendo vano l’enorme accumulo di sapere scientifico che potrebbe contribuire alla soluzione di problemi tuttavia sempre più complessi e irreversibili al trascorrere del tempo. Chiediamo pertanto al mondo dell’informazione di rompere la cortina di indifferenza che impedisce un approfondito dibattito sulla più grande sfida della storia dell’Umanità: la sostenibilità ambientale, estremamente marginale nelle politiche nazionali degli ultimi 20 anni e ad oggi assente dalla campagna elettorale in corso. Non si dia per scontato che il pensiero unico degli economisti ortodossi sia corretto per definizione. Si apra un confronto rigoroso e documentato con tutte le discipline che riguardano i fattori fondamentali che consentono la vita sulla Terra – i flussi di energia e di materia – e non soltanto i flussi di denaro che rappresentano una sovrastruttura culturale dell’Umanità ormai completamente disconnessa dalla realtà fisico-chimica-biologica. È quest’ultimo complesso di leggi naturali che governa insindacabilmente il pianeta da 4,5 miliardi di anni: non è disponibile a negoziati e non attende le lente decisioni umane.

1. Si ottiene con una semplice ricerca web di articoli scientifici sul tema Global Change.

Primi firmatari:

Ferdinando Boero, docente di Zoologia e Biologia Marina all’Università del Salento e associato all’Istituto di Scienze Marine del CNR.

Danilo Mainardi, professore emerito di ecologia comportamentale, università di Ca’Foscari, Venezia

Andrea Masullo, Docente di Fondamenti di Economia Sostenibile all’Università di Camerino

Luca Mercalli, Presidente Società Meteorologica Italiana e docente SSST Università di Torino

Angelo Tartaglia, docente al Politecnico di Torino, Dipartimento di Scienza Applicata e Tecnologia

Roberto Danovaro, professore di ecologia, Università Politecnica delle Marche, Presidente della Società Italiana di Ecologia.

Fonte: il cambiamento