VIDEO: la danza delle gocce arcobaleno

Un gruppo di gocce colorate che interagiscono tra loro: alcune rimbalzano, altre si inseguono a vicenda, altre girano in tondo e altre ancora cambiano la loro posizione in base alle loro diverse proprietà e caratteristiche: è quello che succede in un video che accompagna uno studio pubblicato su Nature, che studia il moto delle particelle e la loro interazione con la superficie su cui esse sono collocate. Quando delle gocce vengono collocate su una superficie, capita molto spesso che esse, a causa delle loro caratteristiche, risultino in qualche modo “fissate” ad essa, e questo solitamente limita il loro movimento. Manu Prakash e i suoi colleghi hanno mostrato che questo fenomeno può essere evitato se le gocce sono composte di due liquidi diversi, dove uno dei due ha una maggiore tensione superficiale (sfruttata, ad esempio, da alcuni insetti per “camminare” sull’acqua) e una maggiore pressione di vapore (ossia la pressione parziale del suo vapore quando viene raggiunto l’equilibrio fra la fase liquida e quella aeriforme) , in questo caso acqua e glicole propilenico, un composto chimico inodore e incolore. Quando questo avviene, una volta collocata sulla superficie la particella, il componente con la maggiore pressione di vapore (in questo caso l’acqua) crea una differenza di tensione superficiale che spinge il liquido verso il centro della goccia, evitando che essa si espanda sulla superficie. Di conseguenza, basta applicare una forza estremamente piccola per far muovere la goccia: come ad esempio il vapore emesso da una goccia nelle vicinanze, da qui le interazioni osservate nel video.

Riferimenti: Nature doi: 10.1038/nature14272

Credits immagine: Nate Cira/Adrien Benusiglio/Manu Prakash

Fonte: galileonet.it

La fine del carbone in Gran Bretagna

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La chiusura della miniera di Daw Mill nel centro dell’Inghilterra, segna simbolicamente la fine della storia del carbone inglese, prima risorsa fossile sfruttata su larga scala fin dall’inizio della rivoluzione industriale. La produzione mineraria è cresciuta fino a 292 Mt nel 1913 per poi calare inesorabilmente nel corso del 20° secolo. Nonostante tutte le innovazioni tecnologiche introdotte, gli inglesi, non solo non hanno aumentato le estrazioni, ma non sono nemmeno riusciti a tenerle costanti. Perchè?

E’ un fenomeno fisico molto semplice ben descritto dal modello di Hubbert. Detto in breve, i giacimenti più grandi, accessibili e di migliore qualità vengono sfruttati per primi; e solo dopo si estrae da miniere più piccole, più scomode e pericolose e con carbone di minore qualità. Questo fa sì che quando la domanda è all’apice, la produzione non riesce più a reggere il ritmo degli anni precedenti. (1) Le innovazioni tecnologiche hanno aumentato la produttività dell’industria mineraria (infatti la curva blu degli occupati è scesa più in fretta della curva di produzione), ma non possono andare contro la geologia e la fisica. E’ una lezione che dovremmo tenere tutti  bene a mente. Se qualcuno si fosse chiesto nel 1913 quanto a lungo sarebbe durato il carbone, dividendo le riserve stimate per la produzione annua avrebbe detto che il carbone inglese sarebbe finito negli anni ‘60. Nella realtà, è invece durato oltre 40 anni in più perchè non è stato possibile mantenere la produzione costante. E’ durato di più, ma è stato meno disponibile fin da subito.

Questo è il problema del peak coal e del peak oil, non che le risorse fossili finiscono (questo è ovvio), ma che dopo il picco non è possibile estrarle come la domanda economica vorrebbe. Il picco del carbone ha segnato anche il picco dei lavoratori che da oltre un milioni sono scesi a poche migliaia. Dopo il picco sono peggiorate le condizioni di lavoro, come testimoniano i grandi scioperi del 1921 e 1926, ben visibili nel grafico. Quando M.Thatcher (su di lei l’oblio) intraprese la sua ignobile guerra contro i minatori (sciopero del 1984) sapeva di poter vincere perchè anch’essi ormai erano nella parte calante della curva di Hubbert.

(1)     Esiste una bellissima teoria matematica per descrivere tutto questo, ma lo spazio di questo post è troppo esiguo per poterla descrivere… Dico solo che la produzione annua  p(t)(curva rossa qui sopra) è la derivata della curva logistica P(t) soluzione dell’equazione p=dP/dt = rP(1-P/K). Chiaro, no?

Fonte:ecoblog