Dalle aule di ingegneria alla vita nella natura: l’apicoltore Luca Bianchi.

L’apicoltore Luca Bianchi, tra i protagonisti della docu-serie Forza della Natura, ci racconta di come è passato dalle aule universitarie di ingegneria alla vita di campagna, seguendo le orme dei suoi nonni. Ci parla di quanto si senta legato al territorio dove è cresciuto e di come lo voglia valorizzare attraverso il suo lavoro e la collaborazione con altri piccoli produttori locali. Nel 2014 Luca ha scoperto le api e se ne è innamorato immediatamente. Da studente di ingegneria si è appassionato di un mondo che definisce perfetto, creato da un animale perfetto quanto indispensabile quale è l’ape. La passione di Luca si è trasformata anche in un lavoro, con la creazione, nel 2016, dell’Azienda agricola Luca Bianchi. A fare da sfondo a questa attività c’è la zona montana delle Marche, la sua regione d’origine, ricca di tanti paesaggi molto differenti tra loro e che intrattiene un forte legame con l’attività quotidiana dell’apicoltura. 

Luca, oltre ad essere innamorato delle sue api, è anche un ambasciatore della loro importanza: oltre ai prodotti strettamente legati all’alveare, che tutti noi abbiamo imparato a gustare, le api svolgono un lavoro molto più ampio fornendo un perfetto servizio di impollinazione e di garanzia di biodiversità. Secondo Luca, però, è necessaria una grande sinergia tra la flora e la fauna di un determinato ambiente: se le api stanno bene faranno un ottimo lavoro e questo può essere garantito solo dalla salubrità dell’habitat nel quale si trovano. In questo modo, grazie alla loro attività, gran parte di quello che mettiamo quotidianamente nel piatto, deriva indirettamente dal loro lavoro. Luca non ha un modo preciso per scegliere dove posizionare le api, viene guidato da un sesto senso, da una sorta di colpo di fulmine per un determinato territorio, nel quale le api possono dare una buona risposta. Il territorio scelto, però, deve essere sempre biologico e incontaminato perché queste sono le uniche certezze di Luca; per quanto riguarda la flora, quella sarà una sorpresa al momento della raccolta. Un po’ come scartare un regalo il giorno del tuo compleanno. La produzione di miele, infatti, non è vista come una rincorsa alla quantità, ma è un servizio di benessere offerto alle api: solo in questo modo il prodotto finale avrà delle caratteristiche uniche e speciali capaci di conquistare Luca e i consumatori del suo miele – e prodotti dell’alveare. Sono le api, alla fine, che scelgono cosa raccogliere, quando farlo e in quale quantità garantendo densità e completezza al miele.

Le restrizioni e i cambiamenti dovuti al Covid-19 non hanno bloccato la natura che, anzi, ha regalato molte giornate di tempo buono permettendo alle api di mettere una marcia in più, con un miele precoce che è stato un bellissimo regalo in questo momento un po’ negativo. L’unica cosa che ha subito delle modifiche a causa della situazione degli ultimi mesi è stata la modalità di far arrivare i prodotti alle persone: le spedizioni sono state potenziate e si è sempre cercato di garantire la filiera al consumatore, anche per riuscire a raccontare il prodotto nel modo più adeguato, con tutte le sfumature della natura che si possono assaporare. 

Il legame di Luca con la natura, infatti, non potrebbe essere più stretto. Il rispetto e la conoscenza sono solo due delle lezioni che ogni giorno si possono apprendere dal vivere a contatto con tutto quello che la natura ci da. Sta a noi, secondo Luca, decidere se sfruttare la terra o scegliere di valorizzarla e restituirle qualcosa a nostra volta. L’idea che tutto quello che si semina, letteralmente e in modo metaforico, verrà poi raccolto è centrale nella filosofia di Luca e della sua Azienda agricola; la sua è una grande storia d’amore, un rapporto fatto di rispetto e di attese perché se si lavora con una certa ideologia si viene ripagati con la stessa moneta.

Luca non ha paura del futuro, pur provando una certa soggezione. Tutti noi vorremmo essere in grado di comandarlo e di definirlo in qualche modo e l’idea di non riuscirci può fare spavento; sarà però necessario cercare di rimanere al passo con i tempi della natura, che scandiscono in modo preciso la quotidianità di Luca, ma anche con quelli della società. La coscienza di questa sfida è uno stimolo a continuare a cercare una spiegazione per tutto quello che quotidianamente riesce a fare. Il miele, lontano dall’essere un semplice nettare, è una vera e propria fotografia di quel paesaggio in un determinato momento, se si pensa che per produrre un chilo di miele le api visitano circa due milioni di fiori. Fiori che sono come pixel di un territorio che abbiamo l’opportunità di assaggiare grazie all’attività quotidiana di persone come Luca, a servizio delle api e della biodiversità.

Forza della natura, una docu-serie di LUMA video, racconta le storie di piccole attività agroalimentari che durante il periodo difficile dovuto al Covid-19 non si sono mai fermate. Vuole dare voce a chi ha continuato a portare avanti la propria attività a testa alta, dimostrando l’importanza di coltivare il nostro presente e il nostro futuro.

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2020/09/da-ingegneria-vita-natura-apicoltore-luca-bianchi-piccoli-produttori-3/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Le api “sentono” il campo elettrico dei fiori

Le api sono in grado di riconoscere i fiori grazie al loro campo elettrico, è questa la straordinaria scoperta che è stata fatta dai ricercatori guidati da Daniel Robert dell’Università britannica di Bristol e pubblicata negli scorsi giorni su Pnas, la rivista dell’Accademia delle Scienze degli Stati Uniti. Dunque nel sofisticatissimo sistema del più operoso degli insetti non contano solamente i colori e i profumi, ma ha un ruolo determinante anche il campo elettrico che si forma dallo squilibrio di carica tra la terra e l’atmosfera. Sino a poco tempo fa, i ricercatori non avevano idea che le api avessero anche questa abilità e pensavano che l’orientamento nella fase di impollinazione fosse determinato soltanto da vista e olfatto. Servendosi di un laser per la misurazione delle vibrazioni, però, i due hanno rilevato i movimenti della peluria sul corpo delle api provocati dal campo elettrico dei fiori. I ricercatori hanno constatato che quando le api ronzano a 10 centimetri di distanza dal fiore, il campo elettrico attiva i neuroni alla base dei peli che rivestono il corpo dell’insetto facendogli percepire la presenza del campo.

Fonte:  Pnas

Foto | Davide Mazzocco

“Vivi vivaio”, il 17 e il 18 maggio porte aperte al vivaio comunale di Torino

Il vivaio comunale di strada manifattura Tabacchi n. 32 ospita la manifestazione “Vivi vivaio… per fare un albero ci vuole un fiore”, interamente gestita dal servizio Verde gestione e ad ingresso libero378989

Dove nascono le aiuole fiorite dei nostri giardini pubblici? Dove crescono gli alberi che andranno a sostituire gli alberi mancanti nelle alberate? Un luogo di lavoro abituale per gli agronomi e i tecnici del verde pubblico ma chiuso ai non addetti ai lavori si svela ai cittadini sabato 17 e domenica 18 maggio: il vivaio comunale di strada manifattura Tabacchi n. 32 ospita la manifestazione “Vivi vivaio… per fare un albero ci vuole un fiore”, interamente gestita dal servizio Verde gestione e ad ingresso libero. Sarà l’occasione per sensibilizzare i cittadini sui temi del patrimonio arboreo torinese e del verde in città, presentando lo sviluppo dell’albero dalla coltivazione alla messa a dimora alla manutenzione. Inoltre, dato che la coltivazione ha offerto un gran numero di piante che superano le possibilità da parte dei tecnici di utilizzarle nella manutenzione estiva delle aiuole, queste saranno poste in vendita per finanziare l’acquisto dei materiali necessari per le future coltivazioni: terriccio, semi, vasi, …Il Vivaio comunale sorge alle spalle della manifattura Tabacchi al confine con il Parco della Colletta e si estende per circa 64mila mq, dei quali 30mila per la coltivazione di alberi e 8500 per coltivare arbusti e alberi di “pronto effetto”, immediatamente disponibili cioè per nelle dimensioni ottimali al piantamento.

Fonte: ecodallecittà.it

Il declino delle api crea problemi per l’impollinazione in agricoltura

Le politiche agricole europee hanno fatto aumentare la superficie di raccolti che dipendono dall’impollinazione degli insetti cinque volte più in fretta dell’aumento delle colonie di api. Questo ha creato gravi deficit soprattutto nei paesi del nord EuropaImpollinazione

Le piccole api rendono un enorme servizio agli ecosistemi, e quindi anche all’agricoltura, provvedendo ogni anno all’impollinazione dei fiori.  Senza di loro, oltre 120 specie vegetali consumate dall’uomo si riprodurrebbero con maggiore difficoltà. Secondo uno studio appena pubblicato su PlosOne, il declino delle api in tutta Europa sta sollevando preoccupazioni  sulla disponibilità di sufficienti servizi di impollinazione all’agricoltura. Nello stesso tempo, le politiche agricole hanno spinto per una maggiore estensione di colture che necessitano di impollinazione, tra cui i biofuel. Tra il 2005 e il 2010, l’estensione di queste colture è cresciuta cinque volte più rapidamente delle colonie di api, che soddisfano meno del 90% della domanda in 22 paesi europei su 41. Se l’Italia ha fortunatamente visto crescere la capacità di impollinazione dal 50 al 75% (vedi la mappa qui sotto), n Gran Bretagna, Finlandia, paesi baltici e Moldavia, essa si situa al di sotto del 25%, iniziando a porre serie preoccupazioni sulla sicurezza alimentare, non solo in termini quantitativi, ma anche qualitativi, dal momento che un’altra ricerca rileva come i maggiori apporti all’umanità di vitamina A e C, di calcio, fluoro e acido folico provengono proprio dai raccolti impollinati dalle api.Capacità-di-impollinazione

Fonte: ecoblog

Gli addobbi di Natale in carta riciclata promossi da Comieco

Abeti natalizi in cartone, eco-presepi, statuine per il Natale,stoviglie, arredi, accessori e fiori da tavola: il Natale diventa ecologico con gli addobbi in carta riciclatalampade-da-tavola

Comieco, il Consorzio per il riciclo degli imballaggi a base cellulosica, presenta la nuova edizione de L’altra faccia del Macero dedicata a Feste e ricorrenze. Ci propone dunque una rassegna di prodotti ecosostenibili a base di carta e cartone riciclati che si possono usare durante i ricevimenti e i party incluso il matrimonio con bomboniere, decori, cake topper e inviti. Sono tutti prodotti confezionati con carta e cartone di riciclo, disponibili sul mercato e spesso in vendita anche on line sui siti che si trovano al termine del pdf. La prima rassegna de L’Altra faccia del macero è stata dedicata ai giochi per bambini e all’arredo in cartone riciclato.accessori-da-tavola-portacandele

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Accanto agli alberi di Natale in cartone riciclato troviamo anche le decorazioni e sopratutto le stoviglie da poter usare per allestire la tavola di Natale. Molto particolari e legati alla tradizione i personaggi del presepe in cartapesta riciclata di Cartapesta Salentina che si trova a Lecce. Sono presepi artigianali che nascono dalle mani di Santino Merico. Peraltro Merico che è un artista e scultore plasma in cartapesta anche bambole, angeli, fanciulli e pagliacci, nonché proprio i pastori da mettere sul presepio di casa.

Fonte: ecoblog.it

L’effetto serra: il fantasma del palcoscenico

Una presenza spesso impalpabile per i media, una quotidiana e catastrofica realtà per gli esseri viventi piccoli e grandi, per la vita intera.termometro_cambiamento_climatico

Pochi giorni fa, il 10 novembre, ho cucinato una padella di zucchine con relativi fiori. Le zucchine a novembre sono fuori stagione, noi non mangiamo verdure fuori stagione, ma quelle zucchine erano del nostro orto. Il nostro orto non è in Sicilia o in Marocco, è a cinquecento metri di altezza nella Toscana centro-settentrionale. Le zucchine alla fine di agosto avevano detto “basta” e cominciato a ingiallire e seccare. Poi, dopo un ottobre intero a venti gradi e oltre, hanno pensato di essersi sbagliate e hanno ricominciato a vegetare e dare frutti e fiori. Intanto, i boschi sono ancora verdi. Di un verde spento che vira al marrone spento. Le rose in giardino stanno fiorendo e così i tagete; in giardino sta anche crescendo una bella pianta di pomodoro, il cui seme sarà stato nel terriccio del composto con cui abbiamo concimato le piante. I cavoli invece sono attaccati inesorabilmente da lumache e chiocciole che, a novembre, non sono in letargo mentre dovrebbero, ma sono vispe e probabilmente si stanno riproducendo fuori stagione. L’altro giorno, mentre raccoglievamo le olive, ci siamo “beccati” una dose abbondante di punture di zanzare. A novembre. Non è un’annata eccezionale, è il normale, tragico andamento dell’effetto serra negli ultimi decenni. Nonostante ci siano “autorevoli” personaggi e famigerati scienziati che continuano a negarlo, con una faccia tosta degna di miglior causa. Lo negano anche di fronte ai risultati di ricerche rigorosissime, accuratissime, approfondite e decennali degli scienziati dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC).

“Gli dei accecano coloro che vogliono perdere” (Pindaro).

Chi vive in campagna non ha bisogno di ricerche scientifiche a meno che non sia stato anche lui accecato, non dagli dèi, ma dal fragore cacofonico dei media ufficiali, impegnati a distogliere l’attenzione da qualsiasi riferimento ai disastri ambientali che vada al di là della macabra superficialità. L’evidenza quotidiana e stagionale glielo dimostra senza possibilità di dubbio. In trent’anni, nella zona del Chianti in cui vivo, sono scomparsi prima i peschi: gelate sempre più tardive, estati sempre più calde; poi gli albicocchi: a loro sono bastate le gelate sempre più tardive; infine i ciliegi: non sopportano calure e siccità estreme. I vecchi ricordano quando da bambini andavano a rubare le ciliegie primaticce in questo o quel podere particolarmente fornito di rigogliosi e generosi ciliegi primaticci. I pomodori degli orti, che un tempo qui da noi maturavano verso la fine di giugno, ora cominciamo a mangiarli in agosto, perché tutte le piantine messe a terra prima di maggio, sono destinate a soffrire e ammalarsi per temperature che, magari estive in marzo, si abbassano improvvisamente intorno ai dieci gradi in aprile, a maggio, e negli ultimi anni persino nella prima metà di giugno. Un clima in convulsioni che stermina gli impollinatori: la primavera scorsa tacevano tutti i loro ronzii, i fiori disertati sfiorivano tristemente senza allegare. Chi coltiva la terra e produce il cibo sa che ogni anno per lui e per le sue creature diventa più difficile. La vita delle piante, la vita degli insetti e degli animali selvatici è sempre più precaria, non della naturale precarietà di tutte le vite, ma della precarietà di una nave nella tempesta. La tempesta è un clima che sta diventando inadatto alla vita come si è sviluppata sul nostro pianeta in centinaia di migliaia di anni. L’11 novembre 2013 un vento di tramontana soffiava con raffiche a ottanta chilometri orari; un vento di tramontana “eccezionale”, dovuto alla “eccezionale” discesa della temperatura di circa dieci gradi in una notte. Squassava i cipressi come se volesse strapparli dalla terra, faceva cadere coppi dal nostro tetto e da quello dei vicini, strappava le foglie ancora verdi degli alberi nel frutteto e nel bosco. La strada che porta a casa nostra è ora coperta di un tappeto di foglie, come dovrebbe essere in autunno, peccato che le foglie (di quercia) siano verdi. Mentre un amico di Alzano Lombardo nello stesso giorno mi diceva al telefono che da loro, quattrocento chilometri più a nord, era una giornata primaverile da camicia e giacchetta. Quando ero bambina in Lombardia a novembre mettevamo il cappotto, dopo il soprabito in ottobre e la giacca sopra il golf in settembre. Eppure mi sembra di sentire come trapani nel cervello le voci dal tono sicuro e arrogante che dicono che questi eventi eccezionali ci sono sempre stati. Ma è vero! Il problema è che non sono più “eccezionali”! Sono ormai quotidiane eccezionali tempeste, eccezionali siccità, piogge eccezionali, freddi eccezionali, caldi eccezionali. Ma una società ormai in preda a un marasma non inferiore a quello climatico tenta ancora di negare l’innegabile. I Padroni del vapore pagano scienziati (una parte infima ormai) e organi di “informazione” (la gran parte ormai) per negare, mettere in dubbio, o semplicemente omettere, nascondere, confondere. Nelle Filippine un tifone apocalittico, come non se ne sono mai verificati prima, uccide decine di migliaia di persone, non si sa quante e probabilmente non lo sapremo mai, ma la notizia nel giro di due giorni viene spazzata sotto il tappeto: bisogna dimenticarla e, soprattutto, evitare di mettere in relazione questo “evento eccezionale” nella sua intensità (ossia ricorrente in quelle zone, ma a un altro livello di impeto però) con l’eccezionale riscaldamento del pianeta. Dobbiamo continuare a produrre, consumare, inquinare, distruggere, distruggerci.

Non dobbiamo allarmarci, riflettere, correre ai ripari: che ne sarebbe dell’economia, del PIL, dei profitti, del dominio?

Ma che ne sarà di loro, dei dominatori, dei loro figli e nipoti? I potenti e i loro servi hanno scoperto la formula magica per l’invulnerabilità e l’immortalità?

O sono semplicemente incapaci di comprendere?

Quelli che venivano chiamati “scemi di guerra”? Il risultato di una società aggressiva, feroce, competitiva, che seleziona ai suoi vertici i più psicologicamente disturbati?

Il guaio è però che al giorno d’oggi noi gente comune, noi che ci preoccupiamo per il futuro dei nostri figli e magari anche per il futuro del pianeta e di tutti i viventi, abbiamo contratto la malattia degli “scordoni”: non abbiamo più memoria, spirito d’osservazione, capacità critica. E questo grazie alla nostra (tossica) dipendenza dagli “organi d’informazione”. Se la televisione ci dice che piove, usciamo con l’ombrello anche se c’è il sole. Se televisione, radio, giornali ci bombardano con le manfrine sul debito pubblico e la necessità di “tagliare” (lo stato sociale, ovviamente, non le grandi opere), noi ci preoccupiamo del debito pubblico. I “media” sono ormai i nostri sacerdoti, la nostra religione, la nostra cultura, la nostra memoria; grazie a loro non siamo più in grado di vedere la vita, la realtà. E così tutti in coro ci dimentichiamo l’effetto serra e le sue devastazioni e, se a novembre a Milano ci sono venti gradi all’ombra, diciamo: “Che bella giornata!”. Mentre dovremmo correre a comprarci il manuale dell’autosufficienza, convincere quattro amici e creare di corsa una comune agricola biologica fondata sulla permacultura, con le pale eoliche per l’energia, e sbrigarci a imparare a tessere la lana e il lino e ad addestrare cavalli e asini per viaggiare e trasportare.

Ma come? Siamo matti? Qui si vuole tornare all’età della pietra? Al neolitico?

Niente paura. Le popolazioni più longeve del pianeta sono popolazioni di agricoltori e piccoli allevatori che vivono in luoghi rimasti fuori dal gran flusso del “Progresso”; che vivono in maniera poco diversa da come vivevano i loro antenati nel neolitico, in genere immuni alle cause legali, agli assassinii, al ridurre i propri simili in schiavitù. Sono popolazioni arretratamente felici.

«Un po’ di pazzia a primavera

è opportuna anche per un re,

ma Dio protegga il folle

che pondera su questo portentoso spettacolo

sull’intero esperimento verde

come se fosse roba sua».

Emily Dickinson

Fonte: il cambiamento

Come tenere lontano le formiche dalla cucina

Ecco alcuni semplici suggerimenti su come allontanarle dalla cucina senza ricorrere agli spray chimici ma utilizzando solo rimedi naturali.come-combattere-le-formiche-rimedi-naturali

Come ogni anno, con l’arrivo della bella stagione, tornano anche le formiche che, non solo invadono i nostri giardini, i fiori e le verdure dell’orto ma soprattutto le nostre case. Sicuramente vi sarà già capitato di trovarne qualcuna sulla soglia della finestra o sul pavimento della cucina: è questo il luogo della casa in cui è più facile scovarle. Hanno infatti un olfatto molto sviluppato che permette loro di individuare facilmente miele, zucchero, biscotti  e altri alimenti che si trovano in cucina. Se siete anche voi tra coloro che vogliono eliminarle senza ricorrere agli spray chimici, nocivi per la salute e altamente inquinanti, ecco alcune semplici alternative naturali per evitare l’invasione di questi piccoli ospiti indesiderati. Per cominciare, cercate di ripulire a fondo ogni angolo della cucina, anche quelli più nascosti in cui potrebbero esserci tracce di zucchero o briciole di pane, evitate di lasciare a lungo i piatti sporchi nel lavello e chiudete le eventuali fessure dalle quali arrivano in casa. Non è difficile individuarle dal momento che le formiche si muovono a gruppo e in lunghe file: vi basterà seguirle al contrario per individuare subito il formicaio. Una volta individuato il punto di ingresso in casa non vi resta che bloccarlo con qualcosa che dia loro molto fastidio: tra spezie, foglie, fiori, erbe e caffè sono tanti i rimedi naturali decisamente sgradevoli per le formiche e capaci di creare una sorta di barriera naturale in grado di impedirne l’ingresso. Sapete che lavare il pavimento con una miscela di acqua, aceto bianco e olio essenziale di limone vi permetterà di dare alle stanze di casa un profumo di pulito alquanto disgustoso per le formiche tanto da tenerle lontane a lungo? Utilizzate la stessa miscela anche per porte e finestre.come-combattere-le-formiche-rimedi-naturali-2-640x472

Anche le foglie di menta essiccate e sbriciolate nei punti di ingresso in casa possono rivelarsi un utile rimedio naturale per tenerle alla larga. E ancora, anche il caffè è ottimo per combattere le formiche. Potete scegliere se utilizzare i chicchi o i fondi, perfetti soprattutto se le formiche hanno invaso il vostro giardino. Vi basterà distribuire i chicchi o la polvere dei fondi di caffè tra le piante o negli angoli della cucina per vedere le formiche rinunciare in breve tempo all’invasione. Stessa cosa per le spezie: l’odore pungente di peperoncino, chiodi di garofano, cannella e paprika è in grado di ostacolare il loro cammino. Ottimi infine anche l’alloro e l’origano: riponete qualche rametto sui diversi ripiani della cucina per essere tranquilli che le formiche non si avvicinino alle vostre provviste.

Fonte: non sprecare

Giardino botanico di Mentone, microcosmo dei tropici

Non solo palme, piante succulente e splendidi fiori,ma anche piante alimentari ed esemplari minacciati di estinzione

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Un giardino botanico riassume il mondo intero in pochi ettari di terreno: il suo fascino sta proprio in questo suo essere un microcosmo del nostro pianeta, ed è un fascino percepibile anche dai non esperti o appassionati di botanica. Il giardino Val Rahmeh di Mentone (1), appena oltre il confine di Ventimiglia, offre in particolare uno sguardo sulla vegetazione dei tropici. Anzi si potrebbe quasi dire che qui i tropici sono reinventati: palme, bambù e piante acquatiche nelle vallette in ombra, agavi, cactus e altre piante succulente nelle zone aride esposte in pieno sole. Il giardino merita di essere visitato non solo per i suoi splendidi fiori (nella foto in alto un ibisco, mentre nella gallery in fondo si possono ammirare, tra gli altri,  una dracena del Madagascar, un giglio africano, un loto delle Indie), ma anche per la sua collezione di piante alimentari. Per ognuna di esse (cacao, caffè, canna da zucchero, banana, agrumi) è fornita una bella mappa dei luoghi originari di coltivazione e della sua progressiva diffusione nei vari angoli del pianeta, ricostruendo in qualche modo la storia dell’umanità attraverso le piante. Il giardino ha dato anche un importante contributo alla conservazione di una specie che si sarebbe altrimenti estinta: la sophomora totomiro dell’isola di Pasqua. Il suo piccolo tronco era usato dagli abitanti locali per intagliare statuette e oggetti cerimoniali. Il numero di esemplari si ridusse nel XIX secolo per il pascolo intensivo sull’Isola  al punto che rimase un solo esemplare, estintosi verso la metà del XX secolo (2). Per fortuna erano stati presi rami da quest’ultimo alberello, poi trapiantati nelle serre di varie università. Il giardino di Mentone è l’unico ad essere riuscito a fare riprodurre la sophora all’aria aperta.

(1) Rahmeh non è francese, ma nemmeno arabo; era il cognome maltese della moglie di lord Ratcliff, governatore dell’isola di Malta che acquistò la villa nel 1905 e iniziò a curare il giardino.

(2) Evidentemente gli indigeni dell’isola di Pasqua non avevano imparato la lezione…leonotis-nepetifolia

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Fonte: ecoblog

Il Parco Giardino Sigurtà, un angolo di paradiso in provincia di Verona

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Dalla fusione di un parco storico e un giardino moderno nasce uno dei parchi più belli d’Italia: 600.000 mq di tappeti erbosi, fioriture mozzafiato e affascinanti frammenti di storia. E’ il Parco Giardino Sigurtà, acquistato nel 1941 da Carlo Sigurtà che, avvalendosi di un secolare diritto di attingere acqua dal vicino fiume Mincio, ha contribuito a renderlo sempre più lussureggiante. Dal 1978, data in cui è stato aperto al pubblico, il Parco attira ogni anno molti visitatori, grandi e piccini.

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A Primavera è un trionfo di colori, una meta ideale per gli appassionati di fotografia e botanica: 5 grandi fioriture rallegrano il parco da marzo a novembre, con colori e sfumature tutte da immortalare. ‘Tulipanomania‘ è la fioritura più importante in Italia di 1 milione di bulbi di tulipani, accompagnati da cento cinquanta varietà di giacinti, muscari e narcisi; il Viale delle Rose è 1 chilometro dedicato a 30.000 rose di varietà diverse che, durante la fioritura, rendono estremamente romantico il paesaggio, mentre i Laghetti Fioriti, al centro del Grande Tappeto Erboso, e i Giardini Acquatici vedono la fioritura delle ninfee tropicali e rustiche. Otre a questo, occorre aggiungere le tante varietà di dalie e altre bulbose.

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I più piccoli, poi, rimarranno affascinati dai numerosi laboratori che periodicamente vengono organizzati dallo staff: costruire e far volare un aquilone, intrattenimenti con clown e “facepainting” per tutti, lavorare la lana, costruire sagome di cartone di tutti gli animali e tanti altri appuntamenti. Ma il Parco Giardino Sigurtà non è solo fiori e divertimento, è anche ricco di arte e storia: percorrendo gli ampi viali e i ripidi sentieri si va alla scoperta di angoli incantati come l’Eremo, un affascinante tempietto neogotico realizzato nel 1792, o il Castelletto, un’antica sala d’armi oggi dedicata alla conservazione delle memorie storiche, letterarie e scientifiche della famiglia Sigurtà.

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Un altro luogo molto suggestivo è il Poggio degli Imperatori: da qui, nel1859, gli imperatori Francesco Giuseppe I d’Austria e Napoleone III di Francia osservarono il campo di battaglia degli scontri di Solferino e San Martino. Altri luoghi di straordinario interesse sono la grotta votiva, dedicata a Carlo Sigurtà e alla Madonna di Lourdes; la Grande Quercia, con i suoi ben 4 secoli di vita; il Labirinto, composto da 1.500 esemplari di tasso e costruito con la collaborazione di Adrian Fisher, il più noto disegnatore di labirinti al mondo. Oltre alla possibilità di scoprire il Parco attraverso lunghe passeggiate, a disposizione diversi mezzi: è possibile, infatti, noleggiare una bicicletta o portare la propria da casa; noleggiare un golf cart dotato di GPS per organizzare al meglio la visita; salire sul trenino elettrico o lo shuttle elettrico. In ogni caso, qualsiasi mezzo o periodo scegliate, sarà una giornata fantastica!

 

Fonte: tuttogreen