Cocktail chimici ogni giorno: ecco come ci fanno ammalare

Oltre 80 differenti sostanze chimiche cui siamo esposti ogni giorno possono avere effetti sinergici e agire favorendo lo sviluppo del cancro: lo conferma uno studio condotto da una rete di 174 scienziati in 28 paesi del mondo.chimica_tossica

Le sostanze chimiche cui siamo esposti ogni giorno nella nostra quotidianità sono spesso approvate dagli enti governativi che hanno stabilito soglie minime e massime affinché non risultino pericolose. E per anni ci è stato ripetuto che “è la dose che fa il veleno”.  Può anche essere stato vero in determinate condizioni e per determinate sostanze, ma oggi siamo esposti a talmente tante sostanze chimiche insieme che è ormai chiaro come non sia più possibile calcolarne la tossicità singolarmente. Pensate a un semplice picnic in un parco cittadino. L’aria che respirate è piena di particolato inquinante proveniente dalla combustione delle auto, i terreni sono trattati con erbicidi o fertilizzanti chimici la plastica dentro cui è confezionato il vostro cibo può contenere BPA o ftalati, le bibite possono contenere conservanti, gli spray detergenti che usate dopo mangiato possono contenere triclosan e i filtri solari che vi spalmate sulla pelle probabilmente contengono nanoparticelle. Ora moltiplicate tutto questo per ogni giorno della vostra vita. Il settore agricolo ci permette di comprendere, a livelli estremi, come questo meccanismo di intossicazione può avvenire. In un’azienda agricola si è esposti ad azoto, fosforo, potassio sotto forma di fertilizzanti chimici, erbicidi, insetticidi e fungicidi. Si tratta di sostanze per le quali esistono soglie limite e quantità massime cui essere esposti in un determinato periodo di tempo, ma non si considera che un agricoltore vi è esposto tutto l’anno e tutti gli anni, utilizzando peraltro mix di queste sostanze che hanno azioni sinergiche per buona parte sconosciute. Ora arriva uno studio condotto da 174 scienziati su 28 paesi che indaga quali sono i livelli minimi di esposizione per 85 sostanze chimiche quali sono gli impatti delle combinazioni di sostanze sullo sviluppo del cancro. Tutte le sostanze sono state selezionate perché sono dappertutto nell’ambiente e non sono classificate come cancerogene per l’uomo prese singolarmente. Ognuna di esse agisce attraverso diversi canali e modalità e gli autori dello studio sospettano che le interazioni possano aumentare il rischio di cancro. Il team ha attestato che 50 di queste 85 sostanze possono avere un ruolo nella genesi del cancro anche alle basse dosi con cui sono presenti nell’ambiente ed è stata avanzata la richiesta di regolamentarle. Purtroppo invece si continua ostinatamente ad andare nella direzione esattamente opposta. Ogni sostanza viene considerata a sé e mai nella sua azione combinata con tutte le altre cui siamo esposti. Basti pensare, per esempio, agli inceneritori; vengono misure le emissioni degli impianti sostanza per sostanze per verificare se ognuna di esse resta sotto i limiti di legge ma non si considera mai che la popolazione è esposta alla miscela di queste sostanze che escono dai camini sotto forma di fumi.

Fonte: ilcambiamento.it

Raccolta umido, il 24 giugno parte nella seconda area di Milano

AMSA presenta a Palazzo Marino la “Fase 2” della nuova raccolta dell’organico iniziata il 26 novembre scorso e che coprirà Milano sud-est, con partenza il 24 giugno. Dal 18 marzo è iniziata la distribuzione di 170.000 nuovi kit a 9.000 numeri civici. Raccolta differenziata complessiva nell’area sud-ovest vicina al 50%

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L’assessore Maran e la presidente AMSA Cantoni hanno presentato alla stampa il 19 marzo la partenza della raccolta umido nel secondo quarto di città e i dati dei primi due mesi del 2013 nell’area sud-est che, complessivamente, portano Milano al 47% di raccolta differenziata in alcune zone. La media annuale di Milano nel 2012 è stata del 36,7%.
Lunedì 18 marzo è partita la seconda fase della raccolta dell’umido con la distribuzione dei kit e dei cassonetti a 170.000 famiglie della zona sud est di Milano, l’intera zona 4 e parte delle zone 1, 3 e 5: Corvetto, Ticinese, Rogoredo, Ponte Lambro, Gratosoglio tra i quartieri coinvolti, dove la raccolta della frazione umida presso le utenze domestiche partirà lunedì 24 giugno. L’assessore Pierfrancesco Maran ha sottolineato “l’ottimo risultato raggiunto con la prima fase della raccolta dell’umido, tra le principali azioni in corso per trasformare sempre più Milano in una città sostenibile, anche in vista dell’Expo”. Maran ha ricordato che Milano si colloca come leader tra le città italiane sopra i 200.000 abitanti nella raccolta differenziata e che il dato del 47% complessivo in alcune zone è un record per le grandi città di oltre 1 milione di abitanti.  La presidente Sonia Cantoni ha illustrato le fasi dell’estensione della raccolta umido alla zona sud-ovest, che porterà così a coprire il 50% di Milano (con l’obiettivo del 100% nel 2014) coinvolgendo 170 mila famiglie (circa 350.000 cittadini), oltre 9.000 numeri civici e 887 vie. 12.000 i cassonetti marroni che saranno distribuiti ai condomini. I 170.000 kit per le famiglie comprendono un cestello aerato da 10 litri e una fornitura gratuita di sacchetti compostabili realizzati in Mater-Bi, grazie ad un accordo tra il Comune di Milano e la società Novamont. I cestelli areati favoriscono l’evaporazione, limitando così la formazione di liquidi e cattivi odori nell’organico raccolto. Sonia Cantoni ha poi ricordato che “i risultati registrati nella zona sud ovest della città, dove il servizio è stato attivato lo scorso 26 novembre, sono molto buoni: da gennaio ad oggi il quantitativo medio di rifiuto umido raccolto, fra le utenze domestiche e le grandi utenze, si è attestato a circa 1,8 kg per abitante a settimana, un dato quantitativo superiore a quello stimato in fase di progetto, che porta a circa 90 kg di rifiuto annuo recuperato per abitante”.
L’analisi della qualità del rifiuto organico raccolto – di cui Eco ha già parlato – affidata alla Scuola Agraria del Parco di Monza, ha evidenziato un rifiuto di buona qualità e purezza. 8 campioni sui 9 esaminati si collocano, per percentuale di materiale non compostabile presente, nella migliori classi di qualità, con una presenza di frazioni estranee inferiori al 5% (per 6 campioni la percentuale è sotto il 2,5%). AMSA ha confermato che anche l’umido raccolto nel secondo quarto di Milano sarà trattato dall’impianto di digestione anaerobica di Montello (BG) per la produzione di energia da biogas e di fertilizzanti. Il Gruppo A2A sta preparando però le fasi di una nuova gara per la creazione di un futuro impianto di smaltimento umido di proprietà AMSA.

Fonte. Eco dalle città

 

USA: il 44% del mais è destinato a biofuel

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Negli USA la terra arabile è sempre più usata per produrre biofuel invece che cibo. Come si vede dal grafico, la produzione di mais per bioetanolo è letteralmente esplosa nell’ultimo decennio ed ormai interessa il 44% della superficie destinata a questo cereale, per un’area pari a oltre 150 000 km², ovvero un’estensione maggiore dell’intero stato dell’Iowa.(1)  La quota rimanente è in massima parte destinata ad essere usata come mangime negli allevamenti intensivi.

La pressione generata dai biofuel sta aggredendo  un’importante area naturale quale la grande prateria, in particolare in South Dakota e Iowa.  Secondo una ricerca di Wright e Wimberly negli ultimi 5 anni oltre 5300 km² di prateria sono stati messi a coltivazione per il mais. In questo modo sono stati distrutti habitat importanti per gli uccelli, in particolare le anatre selvatiche.

Ma la follia del bioetanolo non si ferma qui.

Primo: l’attuale produzione di bioetanolo, pari a 22,6 Mtep, copre appena il 3% dei consumi di petrolio degli USA. Nemmeno se tappezzassero tutta l’Unione di campi di mais, gli americani potrebbero soddisfare la loro economia ultra energivora.

Secondo: il mais per il bioetanolo è coltivato con grandi input fossili (fertilizzanti, trasporto, trattamento chimico) e il guadagno energetico è modesto, in genere di qualche punto percentuale.

Terzo: i cambiamenti climatici potrebbero ridurre in modo significativo la resa agricola negli USA e quindi occorrerà più terra per produrre lo stesso cibo: la terribile siccità dell’estate del 2012 potrebbe essere solo un’avvisaglia di quello che ci aspetta.

(1) Fonti: Renewable Fuel Association e Faostat. I dati relativi alla produzione e alle rese del 2012 provengono invece da USDA.

 

Fonte: ecoblog