Perù e Bolivia, un’alleanza per salvare il Lago Titicaca

L’inquinamento prodotto da El Lato e Puno mette in pericolo l’ecosistema del lago più alto e grande del Sud America

View of beached boats in the shore of th

L’inquinamento è arrivato anche lassù, ai 3800 metri sul livello del mare del Lago Titicaca che non è soltanto il più alto del Sud America, ma è anche il più esteso con i suoi 8372 kmq divisi fra Perù (4772 kmq) e Bolivia (3790). In quello che dovrebbe essere un paradiso naturale, dove le popolazioni di quechua e aymara vivono su isole di terraferma e isole artificiali costruite con le canne, l’inquinamento sta diventando un problema da risolvere tanto che i due governi dei paesi che si affacciano sul Lago hanno deciso di investire 500 milioni di dollari nell’arco di dieci anni: 117 fino al 2020 e 400 entro il 2025. Il bacino andino è 25 volte più ampio del Lago di Garda e nelle sue acque finiscono ben 27 fiumi. Lo stato di salute del lago è di vitale importanza per le comunità peruviane e boliviane: la fauna ittica e la sopravvivenza di rane uccelli determinano l’equilibrio che ha reso il lago abitabile negli ultimi tre millenni. A inquinare le acque del lago è stato lo sviluppo della città boliviana di El Alto che ospita ormai un milione di abitanti. Il rio Seco che la attraversa riversa nel Lago Titicaca rifiuti organici e industriali. Una situazione analoga si verifica a Puno, dove la popolazione è decisamente più contenuta: 200mila abitanti. I ministri dell’Ambiente Alexandra Moreira (Bolivia) e Manuel Pulgar (Perù) hanno spiegato di avere deciso un investimento in due tempi che è già iniziato con lo stanziamento di fondi per gli “impianti di trattamento delle acque reflue per far fronte ai principali problemi che il lago sta avendo a causa dei livelli di inquinamento”.  Oltre all’inquinamento prodotto dall’antopizzazione delle regioni che si affacciano sul lago, l’ecosistema lacustre viene minacciato dai cambiamenti climatici: l’azione combinata del riscaldamento che scioglie i ghiacciai e della maggiore intensità della radiazione solare contribuiscono alla progressiva contrazione del lago.

Fonte:  IBT

 

 

 

 

Plastica nel Lago di Garda: i polimeri sono entrati nella catena alimentare

Secondo la rivista Current Biology, le microparticelle di polimeri sono già entrate nella catena alimentare degli invertebrati d’acqua dolce118603482-586x389

Il Lago di Garda finisce sull’autorevole rivista Current Biology e, purtroppo, non per una buona notizia. Il più grande lago italiano, infatti, è invaso dalla plastica, da microparticelle di polimeri che rischiano di soffocarne la fauna ittica. L’allarme arriva da un pool di ricercatori guidato dai biologi Natalia Ivleva della Technische Universität di Monaco di Baviera e daChristian Laforsch dell’Università di Bayreuth che hanno scoperto come la plastica stia ormai entrando nella catena alimentare che interessa gli invertebrati d’acqua dolce. Nell’articolo pubblicato su Current Biology, una delle più autorevoli riviste di biologia al mondo, si parla di “un mondo di plastica nel cuore dell’Europa” e si spiega come la zona più a rischio sia quella delle spiagge settentrionali. Gli studiosi sono rimasti negativamente sorpresi dai tassi di inquinamento da polimeri riscontrati alle foci dei molti affluenti alpini che si gettano nel Lago di Garda. La quantità di microparticelle rilevata nella parte settentrionale del lago è risultata essere dieci volte superiore a quella delle acque a sud del bacino del Garda, il che farebbe pensare che la plastica arriva dalle catena alpine vicine al lago, quelle di Lombardia, Trentino Alto Adige e Veneto. Ma c’è un’altra pista che sembra essere più credibile e, cioè, che sia il vento Ora a spingere i rifiuti dalla pianura lombardo-veneta verso nord, finendo in quel vero e proprio “collo di bottiglia” che è l’estremità settentrionale (e trentina) del Lago di Garda. Ma anche questa non sarebbe una buona notizia: significherebbe una presenza ancora più massiccia nelle acque di pianura.

Fonte:  Current Biology