Legname illegale e interferenti endocrini, le leggi bloccate in Commissione europea

Secondo EurActiv sembra che José Mauel Barrso presidente uscente della Commissione Europea e il suo segretario generale Catherine Day abbiano cassato come irrilevanti le proposte legislative su commercio illegale di legname e interferenti endocrini. EurActiv pubblica in esclusiva la testimonianza di un funzionario Ue che riferisce che il presidente uscente della Commissione Europea e il suo segretario generale Catherine Day avrebbero cassato come irrilevanti le norme per reprimere gli interferenti endocrini e il legname illegale importati nella UE. A poche settimane dalle dimissioni del Presidente della Commissione, riferisce EurActiv, le lingue presso l’esecutivo della Ue iniziano a sciogliersi. Già Barroso e Day sono stati spesso individuati dagli ambientalisti come in contrasto con le leggi con orientamento ambientale anche se i loro portavoce hanno sempre negato. Sembra però che le proposte legislative fondamentali avanzate dalla Commissione europea – Ambiente siano state cassate da Barroso e dal suo segretario generale, dopo essere state considerate irrilevanti.BELGIUM-EU-SUMMIT

E veniamo a quanto riferisce la fonte contatta da EurActiv:

Se si guarda al programma di lavoro della Commissione per il 2013-14, si troveranno un sacco di proposte per l’ambiente mai prese in considerazione. E non sono state accolte perché, ci hanno detto non potevano essere prese in considerazione.

Nel caso degli interferenti endocrini il programma di lavoro della Commissione nel 2013 aveva come obiettivo la revisione della strategia per tutelare salute pubblica e ambiente. Gli interferenti endocrini sono sostanze presenti in moltissimi prodotti di uso comune, come cosmeticicibo o abbigliamento e proprio per regolamentarne la presenza che sopratutto dalla Francia sono giunte pressioni in Europa per intervenire.

GLI INTERFERENTI ENDOCRINI IN CASA

Ma una legge che regolamentasse la presenza di interferenti endocrini non è mai stata varata e ufficialmente i portavoce della Commissione hanno riferito che i ritardi per la produzione di criteri per l’individuazione dei limiti erano:

giustificati a causa della complessità della questione, per la continua evoluzione della scienza e per le divergenti opinioni tra esperti e parti interessate.

Ebbene l’alto funzionario interpellato da Euractiv, in anonimato ha spiegato:

La strategia di contrasto agli interferenti endocrini è stata bloccata a causa delle pressioni dell’industria cosmetica.

Non cambia il discorso per le biomasse. La Commissione ambiente doveva riferire sui criteri di sostenibilità sopratutto per evitare deforestazione e contenere le emissioni di gas serra. La biomassa rappresenta il 50% delle rinnovabili in Europa ma mancano delle regole in merito ai parametri e alla contabilizzazione delle emissioni di CO2. Il che tradotto: non sappiamo se la biomassa che usiamo in Europa non provenga da foreste abbattute per produrla. Lo scorso aprile i funzionari della Commissione hanno annunciato che la pubblicazione dei progetti di criteri per la bioenergia era stata rinviata a dopo il 2020. Si è immediatamente pensato che Catherine Day avesse potuto fermare i lavori. Peraltro gi ambientalisti non hanno lesinato critiche. Ma i documenti per cui è stato richiesto lo stop non sembrano siano consultabili perché il file era classificato “sensibile”.

Ribadisce un altro funzionario Ue a EurActiv:

“Un sacco di piani ambientali sono stati bloccati. L’atteggiamento generale di Barroso era: quella roba ambientale non interessa. Voleva essere ‘grande sui grandi cose e piccole sulle piccole cose’ e ​​l’ambiente era una piccola cosa.

Questione legname illegale. I prodotti di legno di contrabbando sono i frutto della deforestazione e responsabile del 17% di tutte le emissioni di gas serra di origine antropica, il 50% in più rispetto alle navi e agli aerei e ai trasporti terrestri combinati. Ma i paesi europei hanno grandi disparità, norme giuridiche e tradizioni per regolare il commercio del legname. Questo è problematico. così come il disboscamento illegale che rappresenta il 15-30% di tutta la produzione forestale globale, secondo un recente rapporto UNEP / Interpol – e ha un fatturato stimato tra i 30 -100 miliardi di dollari. Le multe per trasgressori possono variare dai 7500 € in Bulgaria a € 5.000.000 in Repubblica Ceca. Una norma armonizzata è stata vista come il modo migliore per colmare le lacune nel mercato del legname in Europa, ma fonti comunitarie hanno detto che che la squadra di Barroso prima ha ritardato la proposta – a causa delle elezioni – e poi ha incaricato i funzionari a rilasciare il file comunque. L’esecutivo Ue ha pubblicato una classifica che mostra che 12 Stati membri non avevano ancora applicato integralmente il regolamento Timber UE che vieta importazioni illegali di legname, 16 mesi dopo la sua emanazione. Spagna, Polonia, Ungheria e Malta non hanno rispettato neanche uno dei tre obblighi della legge: designazione di un’autorità competente, adozione di sanzioni e controllo sulle performance delle imprese.A pesare è l’ assenza di una norma uniforme europea, gli ambientalisti spiegano che i contrabbandieri di legname possono semplicemente indirizzare i loro prodotti al mercato dell’UE attraverso gli stati con i percorsi meno rischiosi e punitivi.

Ebbe a dire Claude Turmes eurodeputato dei Verdi:

La manipolazione di Barroso e Catherine Day per tutto il pacchetto 2030 su clima e energia è semplicemente gigantesca. E’destinato a compiacere gli inglesi e a distruggere la politica dell’UE in materia di energie rinnovabili e efficienza energetica.

Ma non è detto che questa linea non possa cambiare, poiché molto dipende dalle pressioni che gli Stati membri della Ue sapranno adottare.

Fonte: ecoblog.it

© Foto Getty Images

Risorse genetiche, l’Europa fa un passo avanti verso la ratifica del Protocollo di Nagoya

Nella votazione del 12 settembre il Parlamento europeo ha dato il via al corso per la ratifica del protocollo di Nagoya, una convenzione delle Nazioni Unite sulla biodiversità104138638-594x350

Il protocollo di Nagoya è un accordo che disciplina la tutela della biodiversità, impostando limiti sulla quantità di una risorsa genetica, sia essa vegetale o animale, che le aziende possono sfruttare per i loro prodotti. Le regole del Protocollo stabiliscono anche che le proprietà delle risorse genetiche appartengono anche alle comunità indigene in cui si trovano le risorse genetiche. Il tentativo di diluire queste regole è stato manifestato anche nell’ultima votazione ma il rischio è stato allontanato come a riferito a Euractiv perché come ha rilevato un parlamentare:

Il 90 % delle risorse genetiche sono nell’emisfero meridionale e il 90 % dei brevetti sono nell’emisfero settentrionale

Il punto è che la regolamentazione è necessaria per i tanti casi di biopirateria, ad esempio con Enola un fagiolo giallo del messico o una varietà di geranio del SudAfrica , il Pelargonium sidoides, già sfruttati da tempo per le loro proprietà antimicrobiche e espettoranti.

Piante : come il ” Enola ” , un fagiolo giallo originaria del Messico , e sidoides Pelargonium , una varietà di geranio sudafricano noto per le proprietà antimicrobiche e qualità espettoranti, sono stati i soggetti di casi di biopirateria di lunga durata.

Un certo numero di aziende ha già iniziato di propria iniziativa a compensare le comunità indigene per lo sfruttamento delle risorse genetiche ma attualmente in Europa solo 16 Paesi hanno ratificato il protocollo (l’Italia ha aderito nel 2011).Il termine per la ratifica del protocollo di Nagoya è luglio 2014 e ne occorrono 50 per renderlo valido. Al momento sono state attivate 20 ratifiche.

Fonte: Euractiv

Centrali a carbone in Polonia, pressioni su Bruxelles per fermare i progetti a Opole

Come riferisce l’esclusiva di Euractiv, i parlamentari europei e gruppi ambientalisti stanno sollecitando la Commissione europea a intervenire repentinamente per bloccare la costruzione di due nuove centrali a carbone in Polonia176536357-594x350

La Polonia si appresta a costruire due nuove centrali a carbone da 900mW a Opole e sembra abbia violato anche le leggi europee in materia di cattura e stoccaggio della CO2 (CCS). Questa l’esclusiva che presenta oggi Euractiv riferendo che parlamentari europei e associazioni ambientaliste stanno lavorando per fare pressione sulla Commissione europea affinché siano sospesi i progetti. Il primo ministro polacco Donald Tusk, ha annunciato che a Opole oltre all’ampliamento da 1.8GW sarà costruita anche una unità di stoccaggio per la CO2 (CCS) da 2,7 milioni di euro anche se non sono ancora giunte le autorizzazioni, peraltro richieste ignorate da Varsavia. In effetti un anno la Corte Suprema della Polonia aveva stabilito che la costruzione di Opole era legale,poiché il governo non aveva prodotto alcuna direttiva nazionale sui CCS a recepimento delle direttive europee. Il che de da un lato potrebbe aprire la strada a procedure europee per infrazione con multe salate, dall’altro lascia campo libero al Governo polacco di determinare come costruire le centrali a carbone non tenendo conto dell’impatto sull’inquinamento dell’aria se non in riferimento alle normative nazionali e non europee. Ma le emissioni di questo impianto sono state stimate pari a 1,5 miliardi di tonnellate di anidride carbonica per i prossimi 55 anni. Il che porta molto lontano la Polonia dal raggiungere l’obiettivo del 15% di energia prodotta da fonti rinnovabili entro il 2020.

Come riferiscono i gruppi ambientalisti la Polonia, unico Stato membro europeo a non aver notificato alla Commissione le misure adottate per conformarsi alla direttiva CCS, il che appunto consente che nello Stato si proceda troppo autonomamente anche a costo poi di pagare salatissime multe alla Ue. Per Jo Leinen parlamentare socialista (S&D) nel MEP, come ha riferito a Euractiv:

E’ molto urgente che la Commissione si attivi per fare pressione sulle autorità polacche e invitarle a seguire le norme UE. Opole è un banco di prova per il fatto che le nostre politiche sono valide o esistenti solo sulla carta.

Leinen con altri sei eurodeputati di cinque gruppi politici il mese scorso ha presentato interrogazioni parlamentari sulla questione al Commissario dell’UE sul clima, Connie Hedegaard. Ora le discussioni in Polonia tendono a sminuire l’impatto inquinante del nuovo impianto a carbone sostenendo che con le moderne tecnologie le emissioni sono ridotte di almeno 6 volte. Il primo ministro Tursk però nonostante sia stato già richiamato in passato dall’Europa per la sua visione sulla politica energetica della Polonia prosegue spedito per la sua strada e anzi proprio lo scorso 6 giugno aveva dichiarato:

Il governo troverà i fondi per sostenere questo investimento.

Ora il braccio di ferro tra Varsavia e Bruxelles riguarda l’inizio dei lavori che sarebbero dovuti partire il 15 agosto e che invece sono slittati al 15 dicembre, il che secondo gli ambientalisti fornisce un lasso di tempo sufficiente a Bruxelles per mettere lo sgambetto e mandare a gambe all’aria il progetto di Varsavia. Riguardo invece il mancato recepimenti della Polonia delle direttive Ue in materia di energie rinnovabili è già partita la richiesta di Bruxelles alla Corte di Giustizia europea di multare Varsavia per 133 mila euro al giorno fino al raggiungimento delle conformità. Ma non risulta che la comunicazione sia stata recepita da Varsavia. In effetti la posta in gioco è davvero alta e si quantifica in investimenti milionari a Opole a cui neanche l’Italia è indifferente se UniCredit Group la inserisce tra le possibili opzioni. Infatti proprio il 14 agosto è stato annunciato che il gigante francese dell’energia Alstom è entrato a far parte del gruppo di costruttori assieme ai polacchi Rafako, Polimex-Mostostal e Mostostal Warszawa. Ora la corsa è contro il tempo per evitare che sia iniziata la costruzione dei due nuovi impianti è iniziato, poiché poi sarà difficile invertire o addirittura bloccare i lavori.

Fonte:  Euractiv, Icis

 

Monsanto annuncia il ritiro degli OGM in Europa, siamo alla propaganda?

Siamo alla fase due della resa di Monsanto in Europa che sembra piuttosto una propaganda che non il vero ritiro dal mercato delle sementi OGM nel Continente.monsanto-594x350

Euractiv con Reuters riportano la notizia secondo cui Monsanto, la multinazionale degli OGM americana, starebbe meditando di ritirare tutte le richieste di approvazione per coltivare nuovi tipi di colture geneticamente modificate nell’Unione europea, a causa della mancanza di prospettive commerciali. Il ritiro riguarda 5 varietà di mais, 1 di colza e 1 di barbabietola da zucchero. La multinazionale ha però precitato che non avrebbe ritirato la sua domanda di rinnovo solo per il mais MON810 unica coltura OGM attualmente coltivata e in commercio in Europa tra cui anche in Italia, attraverso le battaglie legali condotte da Giorgio Fidenato. Il presidente della Monsanto e Managing Director per l’Europa, Jose Manuel Madero, ha detto a Reuters che lo ha contattato telefonicamente:

Ci sarà il ritiro delle approvazioni nei prossimi mesi.                                  

Madero ha spiegato che la decisione avrebbe permesso alla società di concentrarsi sulla crescita nel settore delle sementi convenzionali in Europa. Un portavoce della Commissione europea, che gestisce il sistema di approvazione degli OGM dell’UE, ha confermato che la Monsanto aveva comunicato la sua intenzione di ritirare le richieste di approvazione. Ma il dubbio che si possa trattare di propaganda piuttosto che di genuina seppur sofferta decisione inizia a avanzare. In effetti c’è una novità che probabilmente preoccupa Monsanto. Lo scorso 25 maggio si è tenuta la March Against Monsanto Marcia contro Monsanto che ha coinvolto milioni di persone su tutto il Pianeta, anche se l’Italia era assente. Hanno manifestato contemporaneamente contro la multinazionale americana in 52 paesi. Il punto è che la manifestazione è sorta spontaneamente e si è coordinata attraverso i social network senza la collaborazione di alcuna associazione governativa o non governativa e innescata negli Stati Uniti dalla firma di quel Monsanto Protection Act firmato dal presidente Barack Obama, ceh assicura alla multinazionale protezione, ai limiti dell’impunità, sulle conseguenze che potrebbero avere i suoi prodotti sulla salute umana. Per intenderci, una protezione simile è riservata alle case farmaceutiche per i vaccini. In effetti, come rileva anche Altra informazione, i social dunque sono stati la rete di collegamento nel mondo e per la prossima volta potrebbero sfondare il muro della Cina o dell’India e far si che la protesta sia davvero completamente globale. E ciò evidentemente può diventare un problema serio da gestire in quanto le controparti non sono aggregare in organismi societari individuabili. In occasione della March against Monsanto la multinazionale divulgò un comunicato stampa in cui sostanzialmente ribadì il proprio ruolo e la correttezza con cui questo era svolto:

L’agricoltura sostenibile deve essere economicamente sostenibile e socialmente responsabile. Deve essere volta a preservare la terra, l’acqua e le risorse genetiche per le generazioni future. Altri gruppi sostengono che le prossime sfide che dovranno essere affrontate con un sistema agricolo che tenga conto della manodopera e meno dell’innovazione. Rispettiamo tale parere, anche se non lo condividiamo. A nostro avviso, a vantaggio dell’agricoltura, così come molti altri settori della vita quotidiana, vi è il progresso e l’ innovazione. Produrre di più. Conservare le risorse. Migliorare gli standard di vita. Questa è l’agricoltura sostenibile, e questo è ciò che è la Monsanto.

E dunque piuttosto che di frustrazione per Monsanto che risponde per ben due volte con messaggi molto più che rassicuranti e del tipo: ok avete vinto voi, diventa sempre più consistente pensare che ci sia stata una revisione della strategia di comunicazione, ossia fare un passo indietro per rassicurare l’opinione pubblica. Ricorda infatti proprio Euractiv che nonostante la pubblica ostilità l’Europa resta uno dei principali acquirenti mondiali di grano biotech per un’importazione di più di 30 milioni di tonnellate di mangimi GM per la sua industria del bestiame. I mangimi OGM non si dichiarano e dunque per l’opinione pubblica non esistono.

Fonte: ecoblog