OGM, i 10 motivi per non temerli: e ci dobbiamo credere?

Ci sono due mele OGM, l’Arctic Granny e l’Arctic Golden, che presto potrebbero arrivare sul mercato statunitense. Prima che si levi il coro di proteste ecco pubblicato su Popular Science un articolo che spiega perché gli organismi geneticamente modificati non siano da temere: ci dobbiamo credere? L’articolo Core Truths: 10 Common GMO Claims Debunked pubblicato su Pupular Science a firma di Brooke Borel, saggista e giornalista nonché laureata in ingegneria biomedica alla Boston University, dovrebbe tranquillizzare i consumatori statunitensi circa la sicurezza degli OGM. Negli Usa è in atto una battaglia consistente grassroots che sta richiedendo che in etichetta siano indicati gli ingredienti OGM. Sul mercato Usa dovrebbero arrivare entro un un paio di anni due mele OGM, l’Arctic Granny e l’Arctic Golden e già si teme che l’etichetta No OGM possa comparire su tutte le altre mele, penalizzando così le due nuove varietà. L‘articolo è stato tradotto dal Movimento Libertario che lo ha pubblicato sulle sue pagine. Ora, prima di riportare la lista dei 10 motivi per cui non c’è nulla da temere dagli OGM, chiedo: ma se è vero che gli OGM sono sicuri, allora perché combattere una legge che esponga in maniera trasparente il contenuto di ingredienti che provengono da colture geneticamente modificate?177532909-620x350

Ci dice Brooke Borel che gli OGM sono stati studiati intensamente. Infatti nel caso delle mele Arctic si è giunti alla variazione genetica attraverso la combinazione di geni tra le varietà Granny Smith e Golden Delicious, modificate per sopprimere l’enzima che causa l’imbrunimento. Altre combinazioni sono state studiate e progettate per rendere le piante resistenti a fitofarmaci e erbicidi e oggi le colture OGM sono estese per oltre 430 milioni di ettari sul Pianeta. Lo studio dei ricercatori prosegue nello strutturare piante che possano sopravvivere a malattie, inondazioni o siccità, piuttosto che intervenire sui cambiamenti climatici.

  1. L’ingegneria genetica è una tecnologia radicale

Gli esseri umani stanno manipolando i geni da millenni per ottenere piante dalle caratteristiche desiderate, un esempio perfetto sono le migliaia di varietà di mele. Quasi tutte le nostre colture sono state modificate genericamente. In questo senso, gli OGM non sono affatto radicali e la tecnica differisce notevolmente da un impianto nelle colture tradizionali. Ecco come funziona: gli scienziati estraggono un po ‘di DNA da un organismo per modificare o crearne delle copie e lo incorporano nel genoma della stessa specie o di una seconda. Lo fanno sia usando batteri per consegnare il nuovo materiale genetico, sia sparando con una pistola genetica piccole punte di metallo rivestite di DNA nelle cellule vegetali. Gli scienziati non possono controllare esattamente dove il DNA estraneo si collocherà ma possono ripetere l’esperimento fino a quando ottengono un genoma con le informazioni giuste collocato nel posto giusto.

  1. Gli OGM sono troppo nuovi per sapere se sono pericolosi

Dipende come si intende per nuovo. Le piante geneticamente modificate sono apparse per la prima volta in laboratorio circa 30 anni fa e sono divenute un prodotto commerciale nel 1994. Da allora, sono stati pubblicati più di 1700 studi sulla loro sicurezza tra cui cinque lunghe relazioni del National Research Council, che si concentrano sulla salute umana e l’ambiente. Il consenso scientifico è che gli OGM che conosciamo oggi non sono né più e né meno rischiosi delle colture convenzionali.

  1. Gli agricoltori non possono ripiantare i semi geneticamente modificati

I cosiddetti geni terminator, che rendono i semi sterili, non sono mai usciti dal 1990 dall’ufficio brevetti. Le aziende sementiere fanno firmare agli agricoltori accordi che vietano reimpianti al fine di garantire le vendite annuali. Il mais è un ibrido di due linee della stessa specie, quindi i suoi semi non passeranno le caratteristiche alla prossima generazione. I semi di soia e cotone potrebbero essere ripiantati ma la maggior parte degli agricoltori non se ne occupa.

  1. Non abbiamo bisogno di OGM, ci sono altri modi per sfamare il mondo

Gli OGM da soli probabilmente non risolvono i problemi alimentari del pianeta. Ma con i cambiamenti climatici e la crescita della popolazione l’approvvigionamento alimentare è minacciato e le colture geneticamente modificate potrebbero aumentare significativamente il volume di produzione vegetale.

  1. Gli OGM provocano allergie, cancro e altri problemi di salute

Molte persone temono che l’ingegneria genetica introduca proteine ​​pericolose, in particolare allergeni e tossine, nella catena alimentare. È una preoccupazione ragionevole: teoricamente, è possibile che un nuovo gene possa provocare una risposta immunitaria. Ecco perché le aziende biotech si consultano con la Food and Drug Administration in merito ai potenziali alimenti OGM e eseguono molti test per le allergie e la tossicità. Sono test sono volontari, ma all’ordine del giorno e se non superati, la FDA può bloccare i prodotti. Uno studio spesso citato, il Seralini pubblicato nel 2012 da ricercatori dell’Università di Caen, in Francia, ha affermato che uno dei mais OGM della Monsanto ha causato tumori nei topi da laboratorio. Ma lo studio è stato ampiamente screditato a causa dei metodi di prova difettosi e la rivista che lo ha pubblicato lo ha poi ritrattato nel 2013. Più di recente, i ricercatori dell’Università di Perugia in Italia hanno pubblicato una recensione su 1.783 test di sicurezza degli OGM.; 770 hanno esaminato l’impatto sulla salute dell’uomo o degli animali e non hanno trovato alcuna prova della pericolosità degli alimenti.

  1. Tutte le ricerche sugli OGM sono finanziate da Big Agropharma

Questo non è vero. Negli ultimi dieci anni, centinaia di ricercatori indipendenti hanno pubblicato studi sulla sicurezza. Almeno una dozzina di gruppi medici e scientifici di tutto il mondo, tra cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’Associazione Americana per l’Avanzamento della Scienza hanno affermato che gli OGM attualmente approvati per il mercato sono sicuri.

  1. Le colture geneticamente modificate provocano un uso eccessivo di pesticidi ed erbicidi

Questa affermazione richiede un po ‘di analisi. Due OGM dominano il mercato, il primo è composto con una proteina ricavata dal batterio Bacillus thuringiensis (Bt), che è tossico per alcuni insetti. E ‘anche l’ingrediente attivo nei pesticidi utilizzati dagli agricoltori biologici. Colture Bt hanno ridotto drasticamente il ricorso a insetticidi chimici in alcune regioni.
Il secondo OGM permette alle coltivazioni di tollerare il glifosato in modo che gli agricoltori possono spruzzare interi campi più liberamente distruggendo solo le infestanti. L’uso del glifosato è salito alle stelle negli Stati Uniti dal momento che questi OGM sono stati introdotti nel 1996. Glifosato è l’erbicida con una tossicità di 25 volte inferiore alla caffeina.

  1. Gli OGM creano super-insetti e super-erbacce

Se gli agricoltori si affidano troppo pesantemente a Bt o al glifosato è inevitabile che si sviluppi la resistenza ai resistenza ai pesticidi. La soluzione consiste nel praticare la lotta integrata, che comprende le colture in rotazione. Lo stesso vale per qualsiasi tipo di coltura.

9) Gli OGM danneggiano gli insetti benefici

Questa affermazione è stata parzialmente smentita. Gli insetticidi Bt che si attivano nell’intestino di alcuni insetti, colpendo le specie bersaglio. Per la maggior parte degli insetti, un campo di colture Bt è più sicuro di uno spruzzato con un insetticida che uccide indiscriminatamente. Le farfalle monarca producono le stesse proteine ​​come uno dei parassiti bersaglio del Bt e un esperimento di laboratorio della Cornell University nel 1999 ha dimostrato che il polline di mais rivestito di Bt potesse uccidere le larve. Cinque studi pubblicati nel 2001, però, hanno scoperto che le farfalle Monarca non sono esposte a livelli tossici di Bt in natura. Nel 2012 uno studio della Iowa State University e University of Minnesota hanno suggerito che gli OGM tolleranti al glifosato sono responsabili del recente declino della popolazione delle farfalle monarca che uccide le euforbia unica fonte alimentare del larve.

  1. I geni modificati si diffondono ad altre colture e a piante selvatiche contaminando l’ecosistema

La prima parte potrebbe essere certamente vero: le piante scambiano materiale genetico per tutto il tempo in cui si diffonde il polline, che porta eventuali frammenti geneticamente modificati. Secondo Wayne Parrott, un genetista vegetale che lavora all’Università della Georgia, il rischio per le aziende agricole confinanti è relativamente basso. Per cominciare, è possibile ridurre il rischio di impollinazione incrociata cambiando i tempi di impianto in modo che l’impollinazione avvenga in periodi diversi. E se qualche polline OGM finisce in un campo biologico non si deve necessariamente annullare lo status. Anche gli alimenti che portano l’etichetta NO OGM-tollerano lo 0,5% di OGM sul peso secco. Per quanto riguarda la contaminazione tra OGM in piante selvatiche, la sopravvivenza dipende in parte dal fatto che si attua il cosidetto vantaggio adattivo. I geni che aiutano le piante selvatiche sopravvivono e potrebbero diffondersi, mentre quelle che, per esempio, aumentare il contenuto di vitamina A potrebbe rimanere poche o esaurirsi del tutto.

Fonte:  Movimento Libertario

© Foto Getty Images

“Etichetta furbetta”, un prodotto su tre è venduto con etichette energetiche scorrette

“Etichetta furbetta” è l’indagine che Legambiente ha realizzato in collaborazione con il Movimento Difesa del Cittadino con lo scopo di riscontrare la situazione italiana sulle applicazioni delle etichette sugli elettrodomestici. Dall’indagine è risultato che un prodotto su tre è venuto senza etichette o con etichette scorrette379578

Le etichette energetiche sugli elettrodomestici in Italia vengono applicate correttamente? L’indagine“Etichetta furbetta” di Legambiente e Movimento Difesa del Cittadino ha voluto approfondire proprio la situazione attuale italiana. Sono 2522 i prodotti ad esser stati esaminati, sia venduti online sia in negozi fisici, e ciò che è risultato dall’indagine è che un prodotto su tre viene venduto senza etichetta o con l’etichetta scorretta. La ricerca è stata presentata a Roma presso la sede del CNEL-Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro e rientra nel progetto pilota MarketWatch, la campagna per combattere gli sprechi affiancando le istituzioni nel settore del controllo di mercato nel campo delle etichette energetiche. L’obiettivo finale dell’indagine è quello di monitorare la corretta applicazione della direttiva sull’etichetta energetica nei negozi online e fisici sia le dichiarazioni dei produttori e la veridicità delle etichette dei prodotti. Tra i prodotti che vengono venduti quasi regolarmente con l’etichetta ci sono frigoriferi, freezer e forni elettrici. Situazione differente, invece, per le televisioni, cantinette e condizionatori: questi infatti presentano maggiormente errori nell’applicazione dell’etichetta. Irregolarità che nella maggior parte dei casi deriva, più che dall’assenza di etichetta, dal suo mal posizionamento: spesso, infatti, viene collocata in angoli ciechi o a più di due metri di altezza ostacolando il consumatore nella lettura. Ma non solo. Sono state ritrovate anche etichette fotocopiate, scritte a mano o al computer dal personale del negozio. Avendo effettuato la ricerca tenendo conto anche delle diversi canali di vendita, Legambiente ha riscontrato anche una differenza nel modo in cui le etichette vengono applicate irregolarmente.
Per i prodotti venduti online, infatti, la problematica più diffusa riguarda la dispersione delle informazioni: queste, infatti, vengono riportate su più pagine o, al contrario, i dettagli risultano essere troppo esigui (per esempio, viene riportata solamente la classe energetica, senza il consumo annuale). “Dalla ricerca emerge un quadro non completamente soddisfacente dell’applicazione della normativa europea, in particolar modo nel mondo del trading online”, spiega Davide Sabbadin, responsabile in Italia del progetto MarketWatch. Infrazione questa, che ricade direttamente sul bilancio familiare provocando sprechi, sovraccaricando le reti elettrice e – come ricorda Edoardo Zanchini, vicepresidente nazionale di Legambiente – contribuendo negativamente al cambiamento climatico.

 

Fonte: ecodallecittà.it

Sicurezza alimentare: 2 milioni di etichette false dall’inizio del 2013

Negli ultimi giorni sequestrate 77 tonnellate di prodotti e 600 etichettature irregolari11

L’etichettatura è il più importante strumento di controllo nella quotidiana battaglia per garantire la sicurezza alimentare. Dall’inizio del 2013, in Italia, sono stati scoperti ben due milioni di confezioni di alimenti etichettate in maniera ingannevole. Il ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali, Nunzia De Girolamo, ha presentato quest’oggi i risultati dei controlli svolti dall’Ispettorato Controllo Qualità e Repressione Frodi (Icqrf) di concerto con il Nucleo antifrodi carabinieri:

Ho chiesto fin dai primi giorni del mio mandato che gli accertamenti sulla filiera agroalimentare fossero intensificati e razionalizzati. Per questo non nascondo la grande soddisfazione che provo nel vedere quali risultati stia dando il programma di controlli straordinari, che abbiamo avviato con azioni congiunte del nostro Ispettorato, l’Icqrf, con i Nas dei carabinieri. Proprio in questi giorni infatti sono stati sequestrati oltre 77.000 kg di prodotti e oltre 600.000 etichette irregolari, che portano a 2 milioni le componenti di packaging ingannevoli scoperte da inizio 2013.

Nonostante sia scesa nelle classifiche relative alla sicurezza alimentare, l’Italia resta uno dei Paesi con le normative più severe riguardo al controllo degli alimenti commercializzati. Molte delle frodi riguardano l’indebito uso dei marchi a denominazione, con un danno sia per i consumatori che cercano prodotti di qualità, sia per i produttori di eccellenze che devono fare i conti con la concorrenza sleale. Gli accertamenti sono stati effettuati sulla commercializzazione di prodotti con marchi di qualità Dop, IgpStg biologico in settori quali il lattiero-caseario, l’ortofrutticolo e quello dei prodotti gastronomici lavorati. Fra le principali irregolarità: 1) 9 tonnellate di latte vaccino sequestrate e bufalino senza tracciabilità e in violazione delle norme igienico-sanitarie sequestrate a Salerno, 2) 50 tonnellate di alimenti e 300mila etichette e componenti di packaging false a Mantova, 3)300mila etichette di prodotti ortofrutticoli commercializzate e pubblicizzate irregolarmente a Cesena e Brescia con l’utilizzo improprio del marchio Dop.

Fonte: Agi

 

Uova di Pasqua: come differenziare l’involucro?

La maggior parte delle uova sono ricoperte da involucri in plastica o in poliaccoppiato e vanno gettati nella raccolta della plastica. Ma ci sono anche uova ricoperte con pellicole in alluminio o in tessuto… Come differenziarle? Il vademecum di Amiat

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Dopo aver gustato il cioccolato delle uova, e aver riutilizzato più volte l’involucro per conservare quello avanzato, quando si tratta di decidere come disfarsi definitivamente della “carta” delle uova di Pasqua, molti cittadini hanno le idee confuse, perché non si tratta affatto di semplice carta. Il primo passo è dunque quello di verificare la tipologia del materiale di cui è fatto l’involucro del nostro uovo. La maggior parte delle uova sono ricoperte da involucri in plastica o in poliaccoppiato. Il primo è il caso delle uova da pasticceria, o di alcune marche da supermercato: si tratta degli imballaggi più leggeri, completamente trasparenti, semitrasparenti o di colore chiaro. Il secondo caso è quello del poliaccoppiato, costituito da plastica e alluminio, solitamente colorato all’esterno e argentato all’interno. Si tratta degli involucri più comuni perché economici e resistenti; se accartocciati, oltre a sfrigolare, mantengono in parte la forma impressa. In entrambi i casi COREPLA, il consorzio per il recupero e riciclo degli imballaggi in plastica, consiglia di gettare gli incarti in plastica e in poliaccoppiato nella raccolta differenziata degli imballaggi in plastica.
Ci sono poi uova –soprattutto piccole- ricoperte da un sottile strato di pellicola in alluminio colorato, materiale fragile che si accartoccia completamente: questi incarti devono essere gettati nei contenitori della raccolta differenziata di vetro e lattine. Come ultima tipologia di incarto per le uova di Pasqua troviamo il tessuto non tessuto o TNT, materiale morbido e resistente, adatto alle alte temperature. In questo caso l’incarto va gettato nella raccolta dei rifiuti non recuperabili. Parliamo infine degli altri rifiuti derivanti dalle uova di Pasqua: normalmente le etichette sono in carta, e possono essere conferite nel contenitore giallo per la raccolta di carta e cartone. Il conetto di supporto dell’uovo, invece, è in plastica: gettatelo nel contenitore grigio per la raccolta degli imballaggi in plastica. Anche il contenitore in plastica che contiene la sorpresa (solitamente un ovetto più piccolo, o una bustina trasparente) deve essere conferito tra gli imballaggi in plastica.

Fonte: eco dalle città