Amianto: la denuncia della figlia di un militare morto per mesotelioma

La figlia di un dipendente dell’Arsenale de La Maddalena morto per mesotelioma ha sporto denuncia per disastro ambientale alla Procura di Padova129039503-586x332

Giuseppina Bartolozzi, figlia di un dipendente dell’Arsenale, morto nel 1984 a causa di unmesotelioma pleurico, ha sporto denuncia per disastro ambientale alla base militare de La Maddalena, in Sardegna, dove suo padre

ha lavorato in assenza di qualsiasi informazione sul rischio cui era esposto e senza essere munito di alcuna protezione in un ambiente di lavoro, chiuso, dove non venivano aspirate le polveri nè confinati i luoghi in cui c’era la dispersione di fibre di amianto.

Giulio, il padre della donna, era addetto alle pulizie delle celle frigorifere, dove l’amianto veniva utilizzato come materiale isolante.

A oggi il sito non è stato ancora bonificato e la sottoscritta chiede che l’autorità giudiziaria accerti chi, volontariamente e scientemente, ha disposto di sfregiare il territorio di La Maddalena con un disastro ambientale che è sotto gli occhi di tutti,

scrive nel suo esposto Giuseppina Bartolozzi, assistita dall’avvocato Ezio Bonanni con il supporto di Ona, Osservatorio nazionale amianto. La donna aggiunge che i materiali di amianto e altri rifiuti delle officine di base della Marina militare della Maddalena sono stati gettati in mare, inquinando la zona, tanto che il transito nell’area contaminata è stato vietato alle imbarcazioni. Proprio a Padova, nel 2005, ci fu la prima inchiesta sull’amianto presente a bordo delle navi militari, conseguente ai decessi del capitano di vascello Giuseppe Calabrò e del meccanico di bordo Giovanni Baglivo. Da quel momento sono circa seicento le cartelle cliniche depositate nelle mani degli inquirenti padovani: se la Procura torinese è diventata il punto di riferimento per le rivendicazioni dei lavoratori e dei cittadini “contaminati” dalle attività dell’Eternit, la Procura di Padova è il punto di riferimento per quanto riguarda l’utilizzo dell’amianto da parte della Marina Militare italiana.

Fonte: Unione Sarda

 

Rifiuti industriali: alle porte di Torino la discarica che crea energia

In un quarto di secolo la discarica situata alle porte di Torino è diventata uno dei punti di riferimento nello smaltimento dei rifiuti industriali1623336601-586x346

La discarica di Barricalla, situata nell’area industriale di Collegno, alle porte di Torino, è attiva dal 1988 e in questi 25 anni è diventato un punto di riferimento, a livello comunitario, nel trattamento e nella gestione delle sostanze potenzialmente pericolose. Collocata in un’area che ospitava una cava di ghiaia, in un quarto di secolo la discarica non ha mai generato rischi ambientali ed ha, invece, saputo trasformare i rifiuti in una risorsa. Gestita dalla Barricalla Spa, nata nel 1984, con capitale misto pubblico (il 30% è di Finpiemonte) e privato (il 70% è equamente diviso fra Sereco Piemonte Spa e Ambienthesis). Principale discarica di rifiuti industriali, il sito di Barricalla accoglie fanghi da depurazione di acque, scorie dell’industria metallurgica, ceneri di abbattimento fumi, ma anche amianto, terreni da bonifiche e residui chimici e delle lavorazioni metalmeccaniche. Sono circa 130mila le tonnellate che, ogni anno, trovano collocazione nei quattro lotti del sito torinese che si sviluppa su di una superficie di 75mila metri quadri e un volume di 1,23 milioni di metri cubi. L’iter della collocazione avviene in tre fasi: 1) controllo preventivo, classificazione e omologazione dei rifiuti, 2) conferimento in area sicura per evitare contaminazione fra mezzi di trasporto e aree di stoccaggio, 3) riempimento dell’invaso a seconda della composizione chimica dei rifiuti. Grazie al coinvolgimento dell’Università e del Politecnico di Torino, ma anche di studiosi provenienti da tutto il mondo, la discarica di Barricalla è diventata una sorta di laboratorio ambientale. All’interno della discarica, sui due lotti di terreno esauriti, è stato costruito un parco fotovoltaico da 4.680 metri quadri che produce energia per la cittadinanza.

Fonte: Televideo

commento di 5 minuti per l’ambiente

Certamente una realtà interessante, soprattutto economicamente. Da 25 anni stanno buttando scorie di ogni genere e pericolose nel terreno, e questo viene dichiarato laboratorio ambientale…….Poi nei terreni esauriti ci costruiscono un parco fotovoltaico per pulirsi la coscienza!?!?!?Per sanare il terreno esaurito?!?!?Producendo energia per la cittadinanza, certo il percolato che si infiltra nel terreno da 25 anni svanisce con un impianto fotovoltaico che produce reddito alla Barricalla Spa, bel esempio di sanare il terreno….Complimentoni questo è il futuro che lasciate ai posteri….CHE AMAREZZA!!!!

Mario

Eternit, vittime e familiari chiedono l’intervento dello Stato

In una lettera aperta l’Afeva chiede al premier Letta e ad alcuni ministri il sostegno necessario per riuscire ad ottenere le provvisionali dal condannato Stephan Schmidheiny

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A un mese esatto dalla sentenza della Corte d’Appello di Torino che ha confermato, inasprendola, la condanna di primo grado dell’imputato Stephan Schmidheiny, l’AFEVA, l’Associazione Famigliari Vittime Amianto, ha scritto una lettera aperta al premier Enrico Letta, ai ministri Anna Maria Cancellieri (Giustizia), Andrea Orlando (Ambiente), Beatrice Lorenzin (Salute), Emma Bonino (Esteri) e a numerosi altri onorevoli affinché lo Stato sostenga le rivendicazioni economiche dei 932 cittadini ed ex lavoratori ai quali è stata assegnata, dal dispositivo, una provvisionale di 30mila euro. Oltre agli ammalati e agli eredi si aggiungono le provvisionali disposte in favore di regioni, enti locali e associazioni: solo per citarne alcune, 20 milioni di euro alla Regione Piemonte, 30.934.446,37 euro al comune di Casale Monferrato, 5 millioni all’ASL di Alessandria e 100.000 euro per sigle sindacali e associazioni di familiari (compresa la scrivente) per un totale di oltre 90 milioni di euro. Dalla sentenza all’incasso, però, c’è un abisso ed per questa ragione che l’Afeva chiede l’intervento dello Stato:

Alla soddisfazione per l’esito processuale si accompagna tuttavia una profonda preoccupazione per l’effettiva riscossione di tali somme; l’esperienza del primo grado, al termine del quale erano già state disposte provvisionali immediatamente esecutive a carico dell’imputato, ha infatti dimostrato la totale indisponibilità di Schmidheiny a effettuare un qualsivoglia risarcimento in ottemperanza alla sentenza della Magistratura italiana.

Il miliardario svizzero non vuole pagare. E la morte dell’altro imputato Louis de Cartier de Marchienne ha imbrogliato ancora di più la matassa. La soluzione, secondo l’AFEVA, potrebbe essere

in azioni esecutive internazionali (anche di carattere cautelare) a carico delle persone indicate. Tale procedimento è tuttavia proceduralmente complesso, in ragione della cittadinanza svizzera e della residenza costaricense dell’imputato, ed economicamente molto impegnativo.

L’elevata onerosità delle spese da affrontare da parte degli ammalati e dei famigliari dei cittadini e lavoratori deceduti risulterebbe sproporzionata rispetto alle somme esigibili. Ecco perché l’associazione richiede al presidente del Consiglio e ai ministri di poter dare tutela effettiva alle parti civili di questo processo, cioè alle vittime di una strage purtroppo ancora in corso (solo a Casale e Cavagnolo circa 60 mesoteliomi all’anno) ma soprattutto per il principio di giustizia in esso affermato, siamo a richiederVi formalmente un sostegno concreto e deciso dello Stato, finalizzato al superamento degli ostacoli procedurali ed economici evidenziati.

Nella Conferenza nazionale sull’Amianto svoltasi a Venezia in marzo i ministri Balduzzi, Clini e Fornero avevano già preso un impegno per rendere esecutive le provvisionali e, in tal senso, la conferma dell’Appello dovrebbe avere un effetto rafforzativo. L’AFEVA, comunque, non dorme di certo sugli allori e non abbassa la guardia. E chiede allo Stato un ruolo attivo. Anche perché lo Stato è esso stesso parte lesa, per le numerose risorse che cure, ricerca e prevenzione richiedono. La lettera si chiude con una richiesta d’incontro diretta al premier Letta.

Fonte:  Comunicato stampa

 

Amianto alla Pirelli: Procura di Torino chiede rinvio a giudizio per 20 dirigenti

Dopo  l’appello Eternit, la Procura di Torino apre un procedimento per 39 casi di malattia negli stabilimenti Pirelli di Settimo Torinese168947658-586x390

Quello all’Eternit, purtroppo, non sarà l’ultimo processo per morti da amianto. Anzi, il verdetto torinese, confermato con la sentenza d’appello dello scorso 3 giugno farà giurisprudenza, mettendo con le spalle al muro molte aziende. Comitati di familiari e di vittime dell’asbesto si stanno costituendo ovunque. Del processo in corso per i malati di mesotelioma della Solvay, Ecoblog ha scritto qualche settimana fa, fra i processi con il silenziatore c’è, senza dubbio, quello a 11 dirigenti o ex dirigenti del gruppo Pirelli in corso a Milano per la morte di venti operai per malattie connesse all’esposizione all’amianto. Già lo scorso anno alcuni familiari avevano accettato un accordo stragiudiziale nell’ordine di centinaia di migliaia di euro a famiglia, nel dibattimento erano rimasti una decina di familiari di operai deceduti e tre operai ammalatisi. Dal 19 dicembre 2011 il giudice titolare del procedimento è già cambiato due volte e il silenzio che copre la vicenda è piuttosto “rumoroso”. A Torino sembra, però, aprirsi un nuovo fronte. La Procura che ha condotto in porto con successo i primi due gradi del procedimento contro Eternit, ha chiesto il rinvio a giudizio per 20 persone indagate nell’inchiesta chiamata Pirelli Ter per 39 casi tra dipendenti ed ex lavoratori dei tre stabilimenti della Pirelli a Settimo Torinese: 21 di loro sono morti, gli altri 18 si sono ammalati per malattie e tumori legati all’amianto. I venti ex dirigenti, amministratori e direttori di stabilimento tra il 1969 e il 2000 sono indagati per omicidio e lesioni colposi. In relazione agli stessi capi d’accusa si sono già svolti due procedimenti che hanno portato in primo grado a un totale di 22 condanne e 11 assoluzioni. A coordinare l’inchiesta è il pm Sabrina Noce.

Fonte:  AdnKronos

 

Amianto in spiaggia: a Imperia scatta l’allarme

Il ritrovamento in una spiaggia libera fra i Bagni Oneglio e la Succursale Spiaggia d’oro.

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Dalla sabbia di una spiaggia libera ligure sono emessi i residui di una copertura ondulata di Eternit. Succede a Imperia fra in uno dei pochi arenili rimasti liberi sulla costa imperiese, precisamente fra Bagni Oneglio e la Succursale Spiaggia d’oro. La scoperta è inquietante oltre che altamente simbolica: l’immagine che restituisce è quella di un’Italia incapace di preservare le proprie bellezze e capace, invece, di trasformare coste che farebbero la fortuna di qualsiasi altro Paese in discariche ed immondezzai. Dopo il ritrovamento l’area è stata opportunamente transennata dall’Arpal che ha provveduto all’analisi dei reperti sospetti. L’esame dei reperti ha confermato la presenza di amianto e ora toccherà all’amministrazione comunale rimuovere il materiale pericoloso. L’intervento non può essere ulteriormente rimandato, tanto più che con l’arrivo dell’estate quel lembo di spiaggia rimasto pubblico verrà preso d’assalto da turisti e villeggianti. Pur nell’urgenza della situazione la burocrazia, in questi casi, prevede una catena di passaggi che va dall’amministrazione comunale a Ecoimperia e da questa alla ditta specializzata che si dovrà occupare della rimozione e della bonifica del sito e dall’ASL responsabile sotto il profilo sanitario. Un intervento che costerà alcune migliaia di euro. Nella zona non esistono discariche autorizzate per questo tipo di rifiuti e il fenomeno del fai-da-te può diventare pericolosissimo. E molto costoso: a causa dell’incuria o, peggio ancora, degli smaltimenti dolosamente abusivi il comune di Imperia ha sborsato crca 15mila euro in bonifiche. Soldi di tutti per risanare il danno di pochi incoscienti.

Fonte:  Il Secolo XIX 

 

Amianto: Afeva scrive una lettera aperta alla Convenzione di Rotterdam

Nonostante si conosca la sua nocività da mezzo secolo, l’amianto crisotilo continua a non essere inserito nella black list della Convenzione di Rotterdam154674418-586x389

L’Afeva, l’Associazione dei Familiari e delle Vittime dell’Amianto ha scritto una lettera aperta che sarà consegnata domani, martedì 7 maggio, alla sesta Conferenza della Convenzione di Rotterdam. L’associazione, in prima fila nel processo Eternit giunto alla fase d’appello al Tribunale di Torino, chiede alle nazioni presenti alla Conferenza della Convenzione di Rotterdam di sostenere la proposta di inclusione dell’amianto crisotilo nella lista delle sostanze nocive della Convenzione, come raccomandato per ben quattro volte dal pool scientifico di esperti (Chemical Review Committee) della medesima.

L’amianto crisotilo rappresenta il 100% del commercio d’amianto oggi, e nel secolo scorso il 95%. Esiste un consenso scientifico universale sul fatto che tutte le forme di amianto, incluso il crisotilo, sono nocive per la salute. Durante decenni l’industria dell’amianto ha coperto e negato ogni evidenza scientifica del fatto che l’amianto causa malattia e morte, e in conseguenza di questo, molte migliaia di persone hanno perso le proprie vite,

si legge nel testo che sottolinea la condanna a 16 anni di reclusione, nel primo grado di giudizio, per Stephan Schmidheiny e Louis de Cartier de Marchienne, rei di avere nascosto la tossicità dell’amianto e di avere causato una catastrofe umana e ambientale nel periodo al timone dell’Eternit. La Convenzione di Rotterdam è un trattato internazionale che richiede ai paesi esportatori di fornire informazioni preventive prima della messa in circolazione e in commercio delle sostanze nocive contenute nella lista della Convenzione. Paradossalmente, nonostante la nocività dell’amianto crisotilo sia provata scientificamente da circa mezzo secolo, forti gruppi di pressione e nazioni come il Canada, insistono per tenere fuori questo materiale dalla black list delle sostanze tossiche, consentendo ai Paesi che ancora lo producono (come India e Brasile) di esportarlo senza fornire indicazioni sulla sua presenza nei manufatti.

Fonte:  Comunicato stampa

 

L’amianto e il mondo. Comunità e diritti, salute, ambiente, lavoro

Dove: Corso Stati Uniti 23, Torino1742

Il Centro Studi Sereno Regis, L’Ecoistituto del Piemonte e Medicina Democratica invitano la cittadinanza ad un seminario per discutere di partecipazione, prevenzione e promozione della salute come strumento e obiettivo di democrazia e delle lotte dei movimenti e delle comunità per l’affermazione dei diritti alla pace, alla salute, al lavoro e all’ambiente

Seminario/dibattito
L’amianto e il mondo. Comunità e diritti, salute, ambiente, lavoro

Venerdì 17 maggio 2013, h. 15:00

Sala incontri Regione Piemonte Corso Stati Uniti 23 – Torino

Dal mese di febbraio 2013 sono in corso a Torino le udienze del processo di appello per disastro doloso permanente e omissione dolosa di misure antinfortunistiche contro i proprietari e amministratori dell’Eternit, la multinazionale dell’amianto. La giustizia segue il suo corso, la sentenza è attesa a inizio giugno, ma non risolverà tutti i problemi: nei luoghi infestati dalle fibre d’amianto ci si continua ad ammalare e si muore, in attesa delle risorse per la bonifica e l’attuazione del Piano Nazionale di coordinamento per l’assistenza, la ricerca e la cura delle malattie da amianto. Occorre mantenere l’attenzione sul processo e su questa vertenza democratica, che non è solo torinese e italiana ma universale, perché l’unica risposta possibile alla globalizzazione degli interessi del mercato – rappresentati dai proventi enormi dell’amianto – è la globalizzazione dei diritti alla salute, all’ambiente salubre e a un lavoro non nocivo e solidale. A partire dalla vertenza Eternit, che ha introdotto elementi chiave nella gestione dei procedimenti sulle condizioni di lavoro e di rispetto ambientale, e dalle linee del Piano Nazionale Amianto, che riconosce il ruolo svolto dalle realtà sociali e dalle comunità locali, “senza le quali la battaglia sanitaria, culturale e giuridica non si sarebbe mai realizzata”, il Centro Studi Sereno Regis, L’Ecoistituto del Piemonte e Medicina Democratica invitano la cittadinanza al Seminario “L’amianto e il mondo. Comunità e diritti, salute, ambiente, lavoro”, venerdì 17 maggio, h: 15.00, presso il Centro Incontri della Regione Piemonte in corso Stati Uniti n. 23, Torino, per discutere di partecipazione, prevenzione e promozione della salute come strumento e obiettivo di democrazia e delle lotte dei movimenti e delle comunità per l’affermazione dei diritti alla pace, alla salute, al lavoro e all’ambiente. Parteciperanno la professoressa Bice Fubini dell’Università di Torino e il professor Benedetto Terracini ex direttore di Epidemiologia e Prevenzione, le associazioni Sicurezza e lavoro, AFEVA (Associazione familiari e vittime amianto di Casale Monferrato), LegambienteAIEA (Associazione Italiana Esposti Amianto), ISDE (International society of doctors for the environment). Al dibattito, aperto al pubblico sono stati invitati gli Assessorati Sanità Regionali e la Commissione Sanità della Regione Piemonte. A margine della manifestazione, si segnala l’esposizione della mostra “L’Italia che muore al lavoro. Tragedie sul lavoro e malattie professionali in Italia”, a cura di Sicurezza e Lavoro, periodico per la promozione di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. Giorni 14, 15 e 16 maggio 2013, dalle h. 11:00 alle h. 17:00 presso i locali del Centro studi Sereno Regis, via Garibaldi 13, Torino. Il 17 maggio dalle h. 15:00 alle h. 19:00 presso Centro Incontri Regione Piemonte, corso Stati Uniti 23, Torino In collaborazione con Cinemambiente, rassegna di documentari sull’amianto ”Da Casale a Mumbay”: lunedì 3 giugno e mercoledì 5 giugno, h. 14:00 – 17:00, sala Gandhi, Centro studi Sereno Regis, via Garibaldi 13, Torino.

Fonte: eco dalle città

Tavolo tecnico per l’Eternit: Inail e Governo in campo per il pagamento delle provvisionali

Stephan Schmidheiny e Louis de Cartier non vogliono onorare i risarcimenti previsti dal processo di primo grado conclusosi il 13 febbraio 2012

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Ormai sono passati quasi quattordici mesi dal verdetto del processo di primo grado a Eternit che ha visto la condanna degli imputati Stephan Schmidheiny, 66 anni, e Louis de Cartier de Marchienne, 92 anni, a 16 anni e al pagamento di circa 95 milioni di euro di provvisionali. Gli ammalati di asbestosi e mesotelioma pleurico, però, continuano ad aspettare. Il processo d’appello e, se ci sarà, quello in Cassazione serviranno ad allungare i tempi, a dare ai due imputati la possibilità di sottrarsi alle loro responsabilità. Governo e Inail, ieri mattina, hanno avviato il tavolo tecnico per accelerare i risarcimenti in esecuzione contenuti nella sentenza Eternit di un anno fa. Il tavolo tecnico è istituito dal Ministero del Lavoro con il Ministero della Salute, le amministrazioni interessate e i soggetti danneggiati rientra nel Piano nazionale amianto. La garanzia delle tutele alle parti lese sarà uno dei punti principali del piano fortemente sostenuto dai due ministri piemontesi Fornero e Balduzzi.  L’obiettivo è quello di costringere i due condannati a ottemperare a questa sentenza e poiché essi non sono perseguibili nei loro interessi sul nostro territorio, il tavolo di confronto cercherà di fare in modo che enti e familiari possano ricevere quanto riconosciuto dal processo di primo grado. Tutto questo parallelamente al processo d’appello in corso di svolgimento a Torino. Nell’appello il pm Raffaele Guariniello ha ribadito la richiesta fatta in primo grado, vale a dire la condanna a venti anni di reclusione per entrambi i responsabili.

Fonte.  Help Consumatori

Il dossier sui treni all’amianto al vaglio del pm Guariniello

Sul tavolo del procuratore Raffaele Guariniello, anima del processo Eternit di cui, in queste settimane, si sta consumando l’appello, è arrivato il dossier sul “viaggio” verso sud compiuto dalla scoibentazione dell’amianto dei vagoni ferroviari.

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A fare da tramite fra Guariniello e Vittorio Grimaldi, ex dipendente delle FS costretto a letto a causa di un mesotelioma pleurico, è l’avvocato Ezio Bonanni che ricopre il ruolo di presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto. Proprio come accaduto su vasta scala nel maxi-processo torinese all’Eternit, Bonanni punta a stabilire il nesso di casualità tra il mesotelioma e gli anni in cui Grimaldi ha lavorato a contatto con la fibra killer. Dal 1971 al 1978 Grimaldi ha lavorato presso le Officine Grandi Riparazioni di Torino e Firenze, poi fino al 1985 a quelle di Roma, senza che nessun datore di lavoro o responsabile prendesse le dovute cautele o lo informasse della dannosità del materiale con il quale entrava quotidianamente in contatto. Solo dalla metà degli anni Ottanta la scoibentazione si è spostata dalla capitale ad Avellino, precisamente alla Isochimica di Elio Graziano, vincitrice dell’appalto delle Ferrovie dello stato. Si racconta che gli ispettori preposti ai controlli sulla sicurezza sul lavoro avessero detto, al ritorno da un controllo “tanto o muoiono di fame, o muoiono di amianto”. Erano gli anni in cui anche Casale Monferrato era chiamata alla fatidica scelta fra la tutela della salute e quella del posto di lavoro. Secondo la testimonianza di Grimaldi, dopo aver ricavato le fibre di amianto da lavorare per i manufatti, il pietrisco residuo sarebbe stato utilizzato fra i binari. Quindi fra i binari della nostra rete ferroviaria ci sarebbero tonnellate di residui della lavorazione dell’amianto, frantumati nel Mulino Hazemag di Casale Monferrato. Eternit, purtroppo, non è che la punta dell’iceberg, o, meglio, il punto di partenza di una serie di processi che toglieranno il velo sul dissennato senso degli affari di un’industria i cui vertici sapevano già tutto cinquant’anni fa.

Fonte: Il Ciriaco