Trivellazioni, le regioni contro la ricerca di petrolio

Sono al momento cinque i Consigli regionali che, per difendersi da possibili estrazioni nei loro mari, hanno approvato una proposta di legge alle Camere per vietare ricerche di petrolio e gas. Le regioni in questione sono: Veneto, Abruzzo, Molise, Marche e Puglia.piattafoma_mare

Un anno fa, più o meno in questo periodo, vi spiegavamo il nuovo piano energetico del Governo Monti e di come fosse solo una scusa per favorire combustibili fossili e trivellare ancora di più la nostra penisola. 365 giorni sono passati ma l’emergenza ancora non sembra scemare. Sono già 5, infatti, i Consigli regionali che, per difendersi da possibili estrazioni nei loro mari, hanno approvato una proposta di legge alle Camere (come stabilito dall’articolo 121 della Costituzione) per vietare ricerche di petrolio e gas in mare. Le regioni in questione sono: Veneto, Abruzzo, Molise, Marche e Puglia. Quest’ultima, roccaforte di Nichi Vendola da parecchio tempo, è stata la capo fila, avendo approvato già nel luglio 2011 una proposta da sottoporre alle Camere in tal senso. “Ed ora”, sottolinea fiero Onofrio Introna, Presidente del Consiglio regionale pugliese, “anche i Consigli che hanno aderito al nostro invito ad assumere iniziative analoghe hanno adottato un testo netto e inequivocabile”. La proposizione vieta la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi in Adriatico, da applicare “ai procedimenti autorizzatori avviati e non conclusi, fatti salvi, fino all’esaurimento dei relativi giacimenti, i permessi, le autorizzazioni e le concessioni in essere, nei limiti stabiliti dai provvedimenti stessi”. Introna ha poi inviato una lettera al Ministro dell’Ambiente Orlando e ai Presidenti dei Consigli interessati (Eros Brega, per la Conferenza dei Presidenti dei Consigli, Nazario Pagano per l’Abruzzo, Vincenzo Niro per il Molise, Vittoriano Solazzi per le Marche e Clodovaldo Ruffato per il Veneto) per sottolineare l’esigenza di una moratoria dello sfruttamento di greggio e gas, vista come unica difesa dell’ecosistema costiero e delle economie turistiche delle coste. Introna nella nota ha informato il Ministro anche delle iniziative intraprese da tempo dalle Regioni: “la battaglia che non da oggi le Regioni adriatiche stanno conducendo contro la ricerca di petrolio e gas nella piattaforma continentale marina antistante le nostre coste”, chiedendo poi un incontro, utile “a stabilire le giuste sinergie tra Ministero e Regioni per un efficace iter parlamentare della proposta di legge che i cinque Consigli regionali hanno trasmesso alle Camere”. In Sicilia la situazione non è molto diversa. “Dove tutte le navi passano, dove tutti i pescatori pescano, nel cuore più prezioso del Canale di Sicilia, lo Stato Italiano vorrebbe trasformare il tragitto, da libero qual è, ad una corsa ad ostacoli sotto il segno del petrolio – ha detto Marco Costantini, responsabile mare del WWF Italia – Il WWF vuole fermarlo creando una nuova area protetta a Pantelleria, un obiettivo che possiamo raggiungere solo con l’aiuto dei cittadini di Pantelleria e dei tantissimi cittadini italiani e europei che firmeranno la nostra richiesta”. La richiesta a cui si fa riferimento è contenuta nella campagna“Sicilia: il petrolio mi sta stretto”. Il WWF ha chiesto alla commissione tecnica competente del Ministero dell’Ambiente di cancellare i progetti di ricerca di idrocarburi che Eni e Edison hanno presentato nel Canale di Sicilia (che sono attualmente sotto esame alla Commissione Valutazione di impatto Ambientale). I progetti in questione si vanno ad aggiungere a due permessi di ricerca concessi alle suddette aziende in un’area attigua e ad altri sette titoli minerari tra istanze, permessi e concessioni che riguardando sempre il Canale di Sicilia, area molto importante per il turismo, la biodiversità, gli animali (delfini, balenottere, mante mediterranee, aquile di mare, squali, tonni, pesci spada e tartarughe marine). Molto importante il fatto poi che l’area è a rischio sismico a causa di vulcani sottomarini tutt’ora attivi. Anche per questi motivi, il WWF chiede al ministero di Via Cristoforo Colombo di ripensarci. La petizione “Sicilia, il Petrolio mi sta stretto”, promossa anche da change.org, serve a mobilitare le coscienze dei cittadini per scongiurare l’eventualità di uno stravolgimento ambientale notevole, chiedendo di firmare per fermare le trivelle e per istituire un’area protetta a Pantelleria, isola vulcanica del Mediterraneo, unica isola non tutelata nello Stretto di Sicilia e quindi preda di progetti di estrazione petrolifera.

Fonte: il cambiamento

Lo shale gas in Europa non è conveniente come negli Usa

Il fracking per la produzione di shale gas in Europa? Forse non è così conveniente come sembra169558724-594x350

Robin Miege, director of strategy Environment Directorate-General della Commissione europea gela le possibilità dell’Europa di ottenere gas a prezzi bassi attraverso le estrazioni di shale gas. Anche se la consultazione pubblica in merito lanciata dal 20 dicembre 2012 al 23 marzo 2013 i cui risultati sono stati presentati lo scorso 7 giugno riporta che i cittadini europei (per la verità hanno votato 22.122 cittadini per lo più polacchi, francesi, rumeni, spagnoli e tedeschi) si sono espressi positivamente nei confronti dello sviluppo dello shale gas. La posizione Europea è la seguente e l’ha espressa Connie Hedegaard commissario europeo per l’azione per il clima che nel corso dell’European Business Summit dello scorso 15 maggio ha detto:

In Commissione europea non ci importa dello shale gas. Se gli Stati membri vogliono lo shale gas, possono farlo. La scelta del mix energetico spetta agli Stati membri. E se decidono per lo shale gas, gli esperti gli diranno che in UE non sarà possibile ottenere gli stessi prezzi degli Stati Uniti.

Anche secondo Miege, le condizioni in Europa sono piuttosto diverse e probabilmente non potranno essere replicate quelle di vantaggio ottenute negli Stati Uniti in merito all’abbassamento dei prezzi del gas. Il punto però è che con i prezzi per l’energia in Europa oltre il doppio dei livelli degli Stati Uniti, i combustibili fossili non convenzionali iniziano a essere considerati interessanti anche qui. Per Friend’s of Earth Europe la consultazione non dice che i cittadini europei,per lo più polacchi e direttamente interessati alle trivellazioni, siano favorevoli alle estrazioni di gas scisto, anzi viene posta l’attenzione su fatto che non esiste in merito una legislazione adeguata. In merito c’è molta cautela anche da parte dell’IEA, l’Agenzia internazionale per l’ambiente che avverte che i costi di produzione sui carburanti non convenzionali costano il doppio in Europa. Infatti, ci sono importanti differenze geologiche e geografiche tra Stati Uniti e Europa, così come la maggiore densità di popolazione e infrastruttura per il gas da sviluppare in alcuni paesi. Sostanzialmente ogni Stato membro può decidere ovviamente per se stesso ma nella consapevolezza che: a)estrarre gas scisto costerà troppo anche per l’ambiente con inquinamento delle acque e emissioni di CO2; b) non ci sono stime sufficienti rispetto alle possibili quantità di gas che si andranno a ottenere tali da giustificare le estrazioni; c) l’Europa non sembra essere troppo interessata.

Fonte: Euractiv