Epidemia di sovra-diagnosi e trattamenti inutili o dannosi: lo zampino dell’industria farmaceutica

La sovra-diagnosi e il conseguente sovra-trattamento di condizioni cliniche che in assenza di trattamento non porterebbero a problemi di salute, sono stati definiti una “moderna epidemia”. L’articolo, a cura di Alice Fabbri, collaboratrice dell’associazione “No Grazie Pago Io”.Immagine

Abbiamo ormai numerose prove dell’influenza dell’industria farmaceutica sulla sovra-diagnosi attraverso strategie di marketing volte a espandere i pazienti potenzialmente trattabili. Può anche la formazione continua in medicina sponsorizzata dall’industria giocare un ruolo nell’attuale epidemia di sovra-diagnosi?

Nuovi dati provenienti dall’Australia gettano ulteriore luce su questo fenomeno. (1)

Dal 2007 al 2015, le industrie farmaceutiche australiane sono state obbligate a pubblicare rapporti dettagliati su tutti gli eventi formativi rivolti a professionisti sanitari che hanno sponsorizzato. Ricercatori dell’Università di Sydney hanno recentemente analizzato quattro anni di eventi “educativi” sponsorizzati dall’industria dedicati a tre condizioni potenzialmente a rischio di sovra- diagnosi e sovra-trattamento: depressione, vescica iperattiva e osteoporosi. L’analisi ha incluso oltre 3.000 eventi con quasi 100.000 partecipanti, svoltisi tra ottobre 2011 e settembre 2015. La ricerca ha rivelato una forte concentrazione delle sponsorizzazioni tra poche aziende. Ad esempio, Servier (che commercializza l’agomelatina) e AstraZeneca (che commercializza la quetiapina), hanno sponsorizzato rispettivamente il 51.2% e il 23.0% degli eventi dedicati al tema della depressione. Amgen e GlaxoSmithKline, che hanno co-commercializzato denosumab, hanno sponsorizzato il 49.5% degli eventi sull’osteoporosi, mentre Astellas e CSL (che commercializzano mirabegron e solifenacina) hanno sponsorizzato l’80.5% degli eventi sul tema della vescica iperattiva. L’aspetto preoccupante è che nella maggior parte dei casi, i medicinali sopra citati non sono considerati le scelte economicamente più vantaggiose per la condizione che intendono trattare. Ad esempio, alcuni di questi prodotti sono stati considerati inaccettabili per il rimborso da parte del Pharmaceutical Benefit Scheme (il programma governativo australiano che sovvenziona i costi dei farmaci per la popolazione) e altri sono stati associati a problemi di efficacia e sicurezza. È inoltre interessante notare come molti degli eventi analizzati si sono svolti in contesti non clinici, come i ristoranti. A tal proposito, la letteratura scientifica ha già ampiamente dimostrato come anche piccoli doni, ad esempio cibo e bevande, possono influenzare il comportamento prescrittivo. (2) L’analisi appena pubblicata su BMJ Open suggerisce quindi un potenziale legame tra marketing farmaceutico e sovra-diagnosi/sovra-trattamento di determinate condizioni, evidenziando ancora una volta la necessità di un’educazione professionale priva di sponsorizzazioni commerciali.

A cura di Alice Fabbri, co-autrice dell’articolo.

Si ringrazia l’associazione “No grazie pago io”

  1. Mintzes B, Swandari S, Fabbri A et al. Does industry-sponsored education foster overdiagnosis and overtreatment of depression, osteoporosis and over-active bladder syndrome? An Australian cohort study. BMJ Open 2018;8:e019027
  2. DeJong C, Aguilar T, Tseng CW et al. Pharmaceutical industry-sponsored meals and physician prescribing patterns for medicare beneficiaries. JAMA Intern Med 2016;176:1114-10: dx.doi:10.1001/jamainternmed.2016.2765

Fonte: ilcambiamento.it

Epidemia di chikungunya in Polinesia

Le zanzare sono il vettore della malattia che può portare alla morte i soggetti più deboli. Il governo della Polinesia francese ha annunciato mercoledì 15 ottobre la diffusione di un’epidemia di chikungunya: il primo caso è stato rilevato venerdì scorso e, da allora, ne sono stati identificati 59, mentre altre 200 persone sono giudicati “sospetti”. Attualmente i malati ospedalizzati sono tre; la scorsa settimana il governo aveva annunciato i primi tre malati in un comune a sud di Tahiti. Le autorità sanitarie locali speravano di soffocare sul nascere la diffusione della malattia, attaccando il suo vettore, la zanzara, con polverizzazioni di insetticidi nei quartieri interessati dalle febbri. Il tentativo è fallito: non solo il numero di casi è quadruplicato in cinque giorni, ma altre isole dell’arcipelago polinesiano sono state interessate dal fenomeno: Tubuai, Raiatea e Apataki. Nell’isola di Tahiti sono attualmente undici i comuni del sud e dell’est toccati dall’epidemia. La chikungunya provoca forti febbri e dolori articolari: nei casi più acuti questi sintomi possono perdurare per mesi quando non per anni. La malattia può essere mortale per i pazienti più deboli, specialmente per le persone anziane. Il ministero della salute ha invitato la popolazione a mobilitarsi e a prendere le dovute precauzioni per contrastare le zanzare. Il governo polinesiano ha inoltre spiegato di avere predisposto da tempo un laboratorio di isolamento con lo scopo di anticipare l’eventuale diffusione dell’ebola, un luogo che, tenuto conto della situazione creatasi a livello internazionale dopo la diffusione del virus al di fuori dei Paesi dell’Africa occidentale, non potrà essere liberato e messo a disposizione delle autorità sanitarie locali prima di 4 o 5 mesi.150159696-586x421

Fonte:  Le Monde

© Foto Getty Images

Bimbi supervaccinati ma l’epidemia arriva lo stesso

La popolazione cinese è tra le più vaccinate al mondo e il vaccino per il morbillo è obbligatorio. Eppure ci sono state oltre 700 epidemie di morbillo tra il 2009 e il 2012. Perché? La domanda se la pone Sajer Ji, fondatore di GreenMedInfo, membro del Comitato direttivo della Global Gmo Free Coalition e della National Health Federation. Ji prova anche a rispondere: che sia perché il vaccino è inefficace?vaccino_morbillo_cina

«Un recente studio pubblicato su Plos ha fatto emergere come due vaccini per il morbillo (la combinazione morbillo-rosolia e quella morbillo-parotite-rosolia) non siano stati in grado di prevenire epidemie in popolazioni altamente vaccinate» spiega Sajer Ji. Nello studio si legge che «la copertura per il vaccino morbillo-rosolia e per quello morbillo-parotite-rosolia è maggiore del 99% nella provincia di Zhejiang. Eppure l’incidenza di morbillo, parotite e rosolia resta elevata». La zona è nella parte orientale della Cina e conta 55 milioni di abitanti. Tutti i bambini hanno ricevuto la prima dose obbligatorie di vaccino morbillo-rosolia a 8 mesi e un’altra dose di morbillo-parotite-rosolia a 18-24 mesi. Sajer Ji fa anche notare come la copertura vaccinale sia anche parecchio più alta di quella che solitamente si ritiene necessaria per garantire la cosiddetta “herd immunity”, cioè l’immunità di gregge (88-92%), e che viene ritenuta la soluzione per estinguere le malattie infettive. Eppure, l’,8,6% dei soggetti ha sviluppato comunque il morbillo. Un altro studio pubblicato sul Bollettino dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ha individuato 707 epidemie di morbillo in Cina tra il 2009 e il 2012, con un aumento anche nel 2013: «Il numero di casi riportato nei primi 10 mesi del 2013 (26.443) è tre volte maggiore di quelli riportati nell’intero 2012». Quindi, come mai, stante l’altissima copertura vaccinale, i casi di morbillo non diminuiscono? Sajer Ji prende in considerazione la possibilità che «i vaccini non siano così efficaci come dicono» e che «il concetto di immunità di gregge» faccia acqua, data l’evidenza epidemiologica. «L’inutilità del titolo anticorpale dato dalle vaccinazioni ai fini della prevenzione delle malattie acquista maggior senso se si considerano i dubbi sorti di recente sulla teoria dell’efficacia dei vaccini basata sugli anticorpi. Iniettare alluminio e altri adiuvanti altamente immunotossici nell’organismo per stimolare un titolo anticorpale elevato non basta a garantire l’affinità degli anticorpi all’antigene dal quale si pensa dovrebbero proteggere». Ji consiglia poi la lettura del libro“Vaccine illusion” di Tetyana Obukhanych (Ph.D. in immunologia alla Rockefeller University di New York). Nel 2005 la commissione regionale dell’Oms per l’area del Pacifico Orientale aveva stabilito il 2012 come data entro cui eliminare completamente il morbillo dalla zona e il ministro della sanità cinese aveva reso obbligatorio il vaccino. Eppure non ha funzionato. Si legge su PloS: «Le epidemie di morbillo sono continuate nel 2008 con 12.782 casi; dal 2009 al 2011 l’incidenza del morbillo è rimasta alta, quella della parotite è aumentata da 394,32 per milione a 558,26 nel 2007 e nel 2008. Infine, i casi di rosolia sono aumentati da 3284 a 4284 nel 2007 e nel 2011 con un aumento del 30,45%». L’unica direttiva che arriva, malgrado questi dati, è quella di vaccinare di più e di più. Sajer Ji si dice rattristato di fronte alla constatazione che l’establishment medico, malgrado il fallimento, continui a programmare e imporre la prevenzione concentrandola unicamente sui vaccini, dimenticando la nutrizione, la vitamina D, il miglioramento del sistema sanitario e dell’igiene. Aspra poi la critica riguardo al fatto che lo studio in questione non accenni minimamente agli effetti collaterali dei vaccini, mentre dovrebbe farlo stante, per esempio, i dati forniti in un altro studio cinese secondo cui «il 42% delle reazioni ai farmaci riguarda i vaccini». Da non dimenticare, poi, come i Centers for Diseases Control americani abbiano nascosto dati riguardo la correlazione tra vaccino antimorbillo e autismo.

Bibliografia utile:

Zhifang Wang, Rui Yan, Hanqing He, Qian Li, Guohua Chen, Shengxu Yang, Enfu Chen. Difficulties in eliminating measles and controlling rubella and mumps: a cross-sectional study of a first measles and rubella vaccination and a second measles, mumps, and rubella vaccination. PLoS One. 2014 ;9(2):e89361. Epub 2014 Feb 20. PMID: 24586717

Vaccination and herd immunity to infectious diseases. Anderson RM, May RM Nature. 1985 Nov 28-Dec 4; 318(6044):323-9.

Fonte: ilcambiamento.it

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Ebola su Lancet: l’epidemia non si è voluta evitare

L’emergenza Ebola in Africa si sarebbe potuta evitare se i governi e le istituzioni sanitarie avessero agito seguendo le raccomandazioni che l’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva fornito anni addietro. Risposte frammentarie e in ritardo, sistemi sanitari allo sfascio, mancanza di mezzi hanno trasformato qualcosa di contenibile e gestibile in un problema di salute pubblica. E’ questa la sentenza, senza appello, del professor Lawrence Gostin, dello O’Neill Institute for National and Global Health Law di Georgetown, Washington.ospedale_liberia_ebola

Per chi avesse avuto qualche residuale dubbio, anche dopo la lettura dei precedenti articoli che abbiamo dedicato all’argomento (“Ebola, il nuovo incubo (l’ennesimo” e “Non preoccupatevi di Ebola (e iniziate a preoccuparvi di cosa significa)“, arriva un’altra presa di posizione, stavolta pubblicata sulla rivista scientifica The Lancet. Lawrence Gostin, dello O’Neill Institute for National and Global Health Law di Georgetown (Washington), interviene affermando che “la risposta internazionale nell’Africa occidentale all’attuale epidemia di Ebola è stata frammentaria ed è giunta in ritardo”. E aggiunge: “Gli ospedali dei paesi colpiti sono diventati luogo di amplificazione della trasmissione della malattia poiché sono privi di sistemi di controllo rigorosi e non hanno modo di isolare i malati in maniera sterile e sicura. Di conseguenza, i pazienti terrorizzati hanno evitato gli ospedali diffondendo l’infezione nella comunità, costituita da miriadi di individui già provati da innumerevoli altre patologie, dalla malaria alle malattie croniche”.

“Anche gli operatori sanitari in quei paesi avevano e hanno paura e spesso si rifiutavano e si rifiutano di visitare i malati e di raccogliere campioni di sangue e urine. Le infrastrutture sanitarie necessarie a prevenire la malattia e a contenerla nello stadio iniziale restano fuori dalla portata dei più poveri. Gli Stati colpiti non hanno strutture adeguate, né laboratori, né sistemi di sanità pubblica e personale clinico preparato; non hanno strumentazioni per tenere sotto controllo le infezioni né protocolli da seguire; non formano gli operatori, non hanno attrezzatura ad alta biosicurezza né unità di isolamento, né tanto meno sistemi di comunicazione che possano diffondere le informazioni tra la gente. Tali paesi spesso organizzano cordoni militari per separare ampi segmenti di popolazione impedendo però in questo modo l’accesso al cibo, all’acqua pulita e alle cure. Tutto ciò vìola le norme internazionali di salute del 2005 che prescrivono alle nazioni di dotarsi di sistemi capaci di individuare le emergenze sanitarie e rispondere ad esse”.

Poi un passaggio altrettanto importante dell’intervento di Gostin: “La risposta non sta in farmaci non testati, quarantene di massa o aiuti umanitari”. La risposta sta nel dotare di strutture e sistemi adeguati i paesi più fragili, eliminando le carenze strutturali. Sei mesi dopo la diffusione del virus i piani di rafforzamento strutturale dei paesi africani sono stati ulteriormente posticipati, mentre 490 milioni di dollari sono stati destinati ad affrontare l’emergenza epidemica, ma così facendo, continuando a non dotare chi ne ha bisogno di ciò che sarebbe utile per fermare il virus, ci saranno persone che continueranno ad ammalarsi e altri soldi, in un circolo vizioso senza fine, saranno spesi per rincorrere l’emergenza.

Fonte: ilcambiamento.it

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Epidemia da febbre Dengue in America centrale trasmessa dalle zanzare

Dall’Honduras al Costa Rica si moltiplicano i casi di febbre Dengue malattia trasmessa dalle zanzare172560558-594x350

La febbre Dengue è diventata una vera epidemia in America Centrale per cui si contano 120 mila casi e 60 morti. Le zanzare genere Aedes specie aegypti trasmettono il virus della Dengue che si distingue in 4 tipi diversi e che causa un rash simile al morbillo, febbre alta, dolore articolare e muscolare e cefalea e che in alcuni casi può evolvere in febbre emorragica. L’Organizzazione panamericana della Salute ha annunciato una esplosione di casi e un anno epidemico particolarmente aggressivo in America centrale e la situazione rischia di aggravarsi a causa della stagione delle piogge che iniziata a giugno termina a novembre. In questo periodo si sono avute particolari piogge abbondanti e temperature molto elevate il che ha favorito la proliferazione delle zanzare. A causa dei numerosi casi Honduras, Salvador e Costa Rica hanno già dichiarato alla fine di luglio lo stato di emergenza sanitaria. Ma resta l’Honduras il paese più colpito con 20 mila casi di contagio e 17 morti, ha richiesto l’aiuto della Croce Rossa. Non esiste un vaccino per la Dengue come riferisce l’ISS e si guarisce completamente in due settimane. Il virus non si trasmette da persona a persona. In Brasile hanno iniziato la sperimentazione umana di un vaccino contro la Dengue e lo studio durerà 5 anni su 300 volontari con un investimento di 100 milioni di dollari. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità ogni hanno si verificano tra i 50 milioni e i 100 milioni di casi in più di 100 paesi.

Fonte:  Le Monde

 

In Messico abbattuti 2 milioni e 100 mila polli per influenza aviaria

Oltre 2 milioni di polli abbattuti in Messico a causa dell’aviaria. Gli animali positivi al virus sono stati oltre 1 milione e 200 mila in 18 aziende agricole dello stato centrale di Guanajuato.

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Due milioni e 100 mila polli sono stati abbattuti in una settimana, la scorsa, in Messico nello stato centrale di Guanajuato a causa dell’infezione virale dell’influenza aviaria. Il ministero per l’Agricoltura messicano ha precisato:

Questo ceppo del virus è esclusivo per gli uccelli, quindi non c’è alcun rischio per la salute pubblica. L’epidemia di influenza aviaria è controllata

Le autorità hanno spiegato che vi sono stati diversi conteggi sui polli abbattuti e il ministro per l’Agricoltura Enrique Martinez aveva annunciato lunedì scorso l’abbattimento di 2 milioni e 100 mila polli tra cui 519 mila tra produttori di uova; 722.265 mila polli di allevamento e 900 mila polli allevati per la carne. Autorità offerto conteggi diversi quanti uccelli infetti sono stati abbattuti. Secondo Javier Usabiaga Arroyo funzionario statale per l’agricoltura i polli abbattuti e infetti erano circa 1 milione e 200 mila mentre sono già stati vaccinati 1 milione e 900 mila polli da quando l’epidemia è scoppiata dagli inizi di aprile e in programma c’è la vaccinazione per un altro milione di volatili. Gli abbattimenti hanno causato la speculazione e le carni hanno subito un impennata dei prezzi anche se le autorità hanno immediatamente specificato che non vi è motivo essendo il numero dei polli abbattuti una piccola parte degli enormi allevamenti presenti in Messico. Resta forte e sentita la preoccupazione per la possibile trasmissione del virus dell’aviaria all’uomo considerato che l’influenza aviaria in Cina ha già fatto 6 morti.

Fonte: CNN