Energie rinnovabili in crescita negli Stati Uniti

Nel primo semestre 2013 le fonti rinnovabili hanno coperto il 14% del fabbisogno energetico complessivoInInghilterraleolicocostatroppo

Continua a crescere il “peso” delle fonti rinnovabili nella produzione energetica degli Stati Uniti. Sebbene le fonti fossili siano ancora nettamente preponderanti, la quota percentuale soddisfatta dalle energie pulite cresce e a dirlo è l’ultimo rapporto dell’Eia (Energy Information Administration), l’Agenzia americana per l’energia che ha spiegato come nel primo semestre 2013 le fonti rinnovabili abbiano superato il 14% dell’intera generazione elettrica statunitense. Una dato che rappresenta una crescita rispetto al 13,5% dello stesso semestre dell’anno precedente. A trainare la crescita sono le fonti alternative diverse dall’idroelettrico come eolico, solare, biomasse e geotermia: le nuove energie alternative rappresentano il 6,7% della produzione netta, mentre l’idroelettrico pesa per il 7,5%; domina incontrastato l’eolico (4,6% del totale), mentre le biomasse sono all’1,4%, la geotermia allo 0,4% e il solare allo 0,19%. Fra le fonti fossili resta prioritario il carbone che copre il 39% della produzione totale, seguito dal gas che è sceso al 26,4% (nel 2012 era al 40%) e dal nucleare, fermo al 19,5%. Il boom dell’eolico – con installazioni per un totale di 13 GW – è stato generato dal timore che venissero cancellati gli sgravi fiscali che sono poi stati prorogati dalla Casa Bianca. I forti investimenti nel settore hanno permesso agli States di superare la Cina, diventando il primo Paese al mondo per investimenti nell’economia verde.

Fonte: Eia

Energie rinnovabili: i Paesi emergenti scommettono sulla green economy

Secondo il Worldwatch Institute dal 2005 a oggi il numero di Paesi con investimenti consistenti nelle energie rinnovabili è passato da 48 a 127175646103-586x389

Paesi emergenti scommettono sulle energie rinnovabili, consci del fatto che le risorse fossili siano al capolinea o, quantomeno, inferiori a quelle di un Pianeta che galoppa verso gli 8 miliardi di abitanti. Secondo una ricerca del Worldwatch Institute dal 2005 a oggi il numero di Paesi con investimenti consistenti nelle energie rinnovabili è passato da 48 a 127, ma il dato più evidente è che sono soprattutto i paesi emergenti a scommettere sul futuro della green economy. Otto anni fa il 58% degli Stati che finanziavano le energie sostenibili erano in Europa e Asia centrale, nel 2013 i Paesi di queste due aree pesano solamente per poco più di un terzo del totale. Le sorprese vengono dall’Africa Sub-sahariana, con ben 25 stati che hanno fatti grandi investimenti per il passaggio alle energie pulite. C’è grande vivacità anche nell’area caraibica e nel Centro America (17 paesi) e fra Medio Oriente e Nord Africa (12 paesi). Europa, Nord America e Asia hanno invece subito una forte battuta d’arresto dovuta alla crisi economica che ha frenato gli incentivi. Le modalità con le quali i singoli paesi promuovono le energie rinnovabili vanno dal tax credit (sgravio fiscale sulla produzione energetica green) alle deduzioni, dal feed-in tariff (simile al nostro conto energia) e il renewable portfolio standard (l’obbligo per i produttori di ottenere determinate percentuali di energia da fonti rinnovabili). Ma la vera sfida per gli Stati e per le utilities è riuscire a integrare in maniera armonica e produttiva le vecchie fonti in esaurimento e le nuove in via di sviluppo in un unico sistema.

Fonte:  Worldwatch Institute

 

James Hansen: le scelte energetiche di oggi decideranno del futuro dell’umanità

Il pianeta ha abbastanza combustibili fossili di cattiva qualità da fare esplodere l’effetto serra. Secondo Hansen l’umanità deve salvare il proprio futuro con una completa decarbonizzazione entro il 2030Terra-dallo-spazio-586x419

“Ci sono abbastanza risorse fossili per scatenare l’effetto serra in modo esplosivo, con feedback fuori controllo che dureranno per secoli”. In un’intervista al Guardian, il prof. James Hansen, ex direttore del Goddard Space Institut e ed uno dei più importanti climatologi del pianeta, ha anticipato le conclusioni di un articolo che apparirà a breve sulle Philosophiocal Transactions della Royal Society. Il lavoro di Hansen non riguarda tanto la modellizzazione climatica, quanto la ricostruzione delle correlazioni tra CO2temperatura e livello dei mari negli ultimi 65 milioni di anni. Secondo Hansen, sulla base delle passate esperienze del pianeta, la combustione di tutte le riserve fossili accessibili pomperebbe talmente tanta CO2 in atmosfera da poter fare salire la temperatura dai 16 ai 25 gradi nell’arco di qualche secolo. In queste condizioni sarebbe impossibile coltivare i cereali e si ridurrebbe drasticamente lo strato di ozono, rendendo di fatto la terra inabitabile agli umani. Andremmo incontro a simili effetti anche bruciando solo 1/3 del carbone, delle sabbie bituminose o dell’olio di scisto che si trovano sotto terra. Hansen non è un catastrofista; come spiega in un’altra intervista su Euractive, la ricetta per evitare di  rendere la terra inabitabile è semplice: investire nelle energie rinnovabili e mettere un prezzo al carbonio emesso in atmosfera. Solo pagando alla società il vero costo della combustione è possibile riaggiustare le cose. Secondo Hansen, anche le compagnie fossili potrebbero avere un futuro se investissero le loro risorse in energie pulite invece che corrompendo i governi o finanziando i negatori della realtà.

 

Fonte: ecoblog

SCIENCE: IMMAGAZZINARE CON L’IDROGENO LE ENERGIE PULITE

LA RICERCA DEI CHIMICI DELL’UNIVERSITÀ DI CALGARY

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L’energia solare è virtualmente illimitata, non genera gas serra ma è inutile tra il tramonto e l’alba. Anche l’energia eolica è abbondante, poi non emette carbonio, può essere raccolta di giorno o di notte ma non quando l’aria è calma. Una scoperta annunciata su “Science” può suggerire un modo per aggirare queste scoraggianti difficoltà. Alcuni chimici dell’università di Calgary, in Canada, hanno scoperto un modo efficace per trasformare l’energia elettrica dell’eolico e del solare in idrogeno, che a sua volta può essere utilizzato come combustibile. “In sostanza, stiamo usando l’idrogeno come un meccanismo per immagazzinare l’elettricità”, ha detto il co-autore Curtis Berlinguette in un’intervista.
Anche i sistemi di immagazzinaggio attraverso l’idrogeno si sono rivelati finora inefficienti. Questa tecnologia funzione grazie al passaggio della corrente elettrica attraverso l’acqua, la scissione dell’H20 in ossigeno (O) e idrogeno (H). Il rovescio della medaglia? Berlinguette ha detto: “Ci vuole molta  energia elettrica”. Ma è possibile velocizzare il processo utilizzando un catalizzatore, che aiuta a dividere le molecole di acqua. Al momento, i migliori disponibili sono quelli a base di metalli rari con una struttura atomica cristallina e stratificata. I chimici di Calgary propongono un’ingegnosa soluzione alternativa: usare come catalizzatore la ruggine. Il sistema non avrebbe senso economico se servisse solo a produrre idrogeno, ma può averlo per “immagazzinare” in questo modo l”energia prodotta da una centrale eolica o solare, che – per forza di cose – non possono essere sempre in funzione.

Fonte: animali e ambiente nel cuore