Cancellato in Texas progetto da 40 Mt per terminal del carbone

E’ il quarto progetto di terminal del carbone che viene cancellato negli USA con grande soddisfazione degli ambientalisti. Le energie rinnovabili e le prime politiche per la mitigazione del global warming stanno iniziando a rendere questo sporco combustibile un ricordo del passato

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Tempi duri per il carbone: il progetto di un mega terminal da 40 milioni di tonnellate all’anno presso il porto di Corpus Christi, Texas è stato cancellato. La motivazione: crollo della domanda:

«Al momento il mercato di esportazione del carbone si è considerevolmente contratto. Il mercato interno [USA] ha visto la chiusura di vecchie centrali o la loro trasformazione in centrali a gas. L’energia eolica e solare spinte dagli incentivi hanno creato un’ulteriore pressione sul carbone. L’entusiasmo per i terminali di esportazione tra i produttori di carbone è quindi diminuito.»

L’australiana Ambre Energy sognava di costruire il terminal per esportare il carbone USA in Europa e in Asia, ma ha dovuto ricredersi, preferendo pagare la penale per la cancellazione del contratto piuttosto che imbarcarsi in un progetto dal futuro disastroso. Questo è il quarto progetto di terminal che viene cancellato negli USA. Sembra quindi essersi invertito il trend crescente di esportazione del carbone USA.  «Il fallimento di Ambre è un enorme sollievo per i residenti di Cropus Christi ed è un choaro segno che l’abbandono del carbone sta accelerando, ha dichiarato Hal Suter del Sierra Club «I texani non vogliono il carbone, gli altri stati del golfo non vogliono il carbone e non lo vogliono nemmeno i mercati internazionali».

Quando scoppierà, la bolla del carbonio mieterà le prime vittime proprio nell’industria del carbone, la più inquinante sia a livello locale (un singolo trasporto ferroviario di carbone rilascia nell’ambiente oltre 25 tonnellate di polveri) che globale, per le maggiori emissioni specifiche di CO2.

Fonte: ecoblog

Al Gore mette in guardia la finanza dalla bolla del carbonio

Secondo l’ex vicepresidente USA, non è possibile attendere gli accordi internazionali, ma gli investitori devono iniziare a individuare i “rischi da carbonio” nei loro portafogli, spostando il denaro dai fondi fossili ad alternative più sostenibiliAl-Gore-586x385

L’ex vicepresidente USA Al Gore, noto per il suo impegno per la lotta ai cambiamenti climatici, ha messo in guardia il mondo della finanza dal rischio estremamente reale delle scoppio della bolla del carbonio, già messo in luce in un rapporto curato da Lord Nicholas Stern. Due terzi delle riserve di carbonio nel sottosuolo sono di fatto non bruciabili (unburnable) se si intende mantenere gli aumenti di temperatura nell’ambito dei due gradi. La manifestazione progressiva dei pericoli legati al cambiamento climatico porterà a maggiori regolamentazioni sulle emissioni ed ad una carbon tax; tutti i fondi di investimento legati alle fonti fossili saranno a rischio proprio a causa della necessità di dare vita a un’economia low carbon. Non si tratta solo di speculazioni, perchè parte del mondo della finanza si sta muovendo in questo senso e lo stesso Al Gore ha fondato la Generation Investment Management insieme con David Bloom, ex CEO di Goldman-Sachs, per introdurre criteri di sostenibilità negli investimenti finanziari. Conflitto di interessi? E’ possibile che sia così; tuttavia per il bene del pianeta forse non è il caso di essere troppo schizzinosi se il risultato potrebbe essere una finanza meno rapace e più sostenibile. Gore e Bloom sostengono che non c’è tempo di aspettare nuovi accordi internazionali, per cui gli investitori dovrebbero identificare e rendere pubblici i “rischi da carbonio” nei loro portafogli, per arrivare a diversificare gli investimenti privilegiando le opzioni a basso carbonio come le fonti energetiche rinnovabili e i veicoli elettrici e dismettendo il proprio denaro dai fondi legati alle compagnie petrolifere per cercare soluzioni a più basso carbonio. Queste scelte certo non miglioreranno oggi la vita delle persone più svantaggiate su questo pianeta, ma almeno avranno il coraggio di iniziare a cambiare direzione prima che sia troppo tardi.

Fonte: ecoblog

Energie rinnovabili in crescita negli Stati Uniti

Nel primo semestre 2013 le fonti rinnovabili hanno coperto il 14% del fabbisogno energetico complessivoInInghilterraleolicocostatroppo

Continua a crescere il “peso” delle fonti rinnovabili nella produzione energetica degli Stati Uniti. Sebbene le fonti fossili siano ancora nettamente preponderanti, la quota percentuale soddisfatta dalle energie pulite cresce e a dirlo è l’ultimo rapporto dell’Eia (Energy Information Administration), l’Agenzia americana per l’energia che ha spiegato come nel primo semestre 2013 le fonti rinnovabili abbiano superato il 14% dell’intera generazione elettrica statunitense. Una dato che rappresenta una crescita rispetto al 13,5% dello stesso semestre dell’anno precedente. A trainare la crescita sono le fonti alternative diverse dall’idroelettrico come eolico, solare, biomasse e geotermia: le nuove energie alternative rappresentano il 6,7% della produzione netta, mentre l’idroelettrico pesa per il 7,5%; domina incontrastato l’eolico (4,6% del totale), mentre le biomasse sono all’1,4%, la geotermia allo 0,4% e il solare allo 0,19%. Fra le fonti fossili resta prioritario il carbone che copre il 39% della produzione totale, seguito dal gas che è sceso al 26,4% (nel 2012 era al 40%) e dal nucleare, fermo al 19,5%. Il boom dell’eolico – con installazioni per un totale di 13 GW – è stato generato dal timore che venissero cancellati gli sgravi fiscali che sono poi stati prorogati dalla Casa Bianca. I forti investimenti nel settore hanno permesso agli States di superare la Cina, diventando il primo Paese al mondo per investimenti nell’economia verde.

Fonte: Eia

Centrali a carbone in Cina troppo pericolose, si discute sulle alternative

Le emissioni provenienti da nuove previste centrali a carbone nella provincia del Guangdong potrebbero causare la morte di 16.000 persone nei prossimi 40 anni. A sostenerlo è una ricerca commissionata da Greenpeace a un consulente privato americano esperto in qualità dell’aria375994

Le emissioni provenienti da nuove previste centrali a carbone nella provincia del Guangdong potrebbero causare la morte di 16.000 persone nei prossimi 40 anni. A sostenerlo è una ricerca commissionata da Greenpeace a Andrew Gray, un consulente privato americano esperto in qualità dell’aria. La scioccante rivelazione avrebbe rimesso in discussione per la provincia l’apertura dei 22 nuovi impianti, dei quali la metà sono già in costruzioni e l’altra metà in fase di progettazione, tornando alla vecchia politica del 2009 che prevedeva l’alt all’apertura di nuovi impianti nella zona del Delta del fiume delle Perle. Nel solo 2011 ci sono state 3600 morti riconducibili all’inquinamento da emissioni provenienti dai 96 impianti già operativi nella provincia del Guangdong e a Hong Kong, e 4000 casi di asma infantile. Delle ipotetiche 16.000 morti che si verificherebbero nei prossimi 40 anni, i due terzi avverrebbero per ictus e il resto per cancro al polmone e per malattie cardiache. L’inquinamento provocherebbe anche 15.000 nuovi casi di asma e 19.000 casi di bronchite cronica. Ma non tutti sembrano d’accordo sull’ipotesi di bloccare i nuovi impianti.

Le alternative al carbone?

Il blog di Hong Kong Clear the Energy riporta gli interrogativi di uno studente della Stanford University che si occupa di ricerche sulle politiche ambientali, Yu Yang – trasportare elettricità dalla zona sud occidentale del paese?”. Secondo lo studente una tale ipotesi creerebbe ancora più inquinamento e danni per l’ecologia locale. Altra ipotesi sarebbe quella di fare ricorso all’energia nucleare, ma la stessa  Greenpeace ha portato avanti campagne contro l’energia nucleare sollevando questioni di sicurezza.

Fonte: eco dalle città

 

Centro per l’energia e l’ambiente di Springe, 20 anni di formazione

Il Centro per l’Energia e l’Ambiente di Springe in Germania con alle spalle 32 anni di esperienza, celebra quest’anno i venti anni del corso per italiani “Energia – Ambiente – Lavoro”, istituito per la prima volta nel lontano 1993.centro_springe_germania

Tra i più importanti e longevi in Europa, il Centro per l’Energia e l’Ambiente di Springe in Germania con alle spalle 32 anni di esperienza, celebra quest’anno i venti anni del corso per italiani “Energia – Ambiente – Lavoro”, istituito per la prima volta nel lontano 1993. L’idea del Centro era di fare una formazione esclusivamente indirizzata agli italiani per dare un esempio concreto di quello che di interessante e positivo si faceva in Germania nel campo delle energie rinnovabili, risparmio energetico e salvaguardia ambientale per poi riportare il tutto in Italia dove le potenzialità sono assai più grandi che nello stato tedesco. Infatti qualora l’Italia lavorasse e puntasse decisamente sulla formazione, la tecnologia e sugli interventi che ha fatto la Germania negli ultimi venti anni, potremmo in breve dimezzare la nostra dipendenza dai combustibili fossili. L’approccio del corso “Energia – Ambiente- Lavoro” si basa quindi sulla conoscenza pratica degli argomenti di cui si tratta e l’obiettivo è sempre stato quello di coniugare le informazioni tecniche con una visione olistica complessiva dove un pannello solare o una casa passiva sono tanto importanti quanto la permacultura o l’alimentazione biologica. Dal 1993 ad oggi oltre cinquecento italiani hanno frequentato i 23 corsi organizzati dal centro che hanno visto la partecipazione di ogni tipologia di persone: tecnici, insegnanti, studenti, attivisti, semplici interessati o persone che volevano cambiare lavoro o ne cercavano uno. Tutti uniti dal desiderio di trovare alternative concrete per un cambiamento ormai non più rimandabile. E quest’anno con il ventiquattresimo corso della serie si festeggiano i venti anni di formazione per italiani al Centro. Un grande successo e un risultato che difficilmente ci saremmo aspettati all’inizio di questa avventura e che ci fa ben sperare per il futuro.

Per maggiori informazioni sul corso clicca qui

Fonte: il cambiamento

Pensare come le Montagne

Voto medio su 3 recensioni: Buono

€ 12

Aereo solare in volo coast-to-coast

Questo velivolo a pannelli solari, senza carburante, attraverserà gli Stati Uniti per promuovere l’uso di energie alternative

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Si chiama Solar Impulse l’aeroplano mosso da energia solare, presentato presso un centro di ricerca della Nasa in California. Il velivolo, a energia solare, ha riscosso un enorme successo già nel 2010 volando senza scalo, per un giorno intero, con l’ausilio dei soli pannelli solari e delle batterie. Ora attraverserà gli Stati Uniti in un coast-to-coast davvero unico nel suo genere, facendo tappa a Phoenix, Dallas, Washington DC, e New York City.

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Solar Impulse è mosso da 12.000 celle fotovoltaiche che permettono di volare senza carburante. Per costruirlo ci sono voluti sette anni e un team composto da 70 tra tecnici e ricercatori. E’ in grado di raggiungere la velocità di 80 km/h e viaggia con un solo pilota. Per ora i suoi spostamenti sono un’iniziativa scientifica che nasce dalla mente dei due progettisti, nonché piloti, gli svizzeri Bertrand Piccard e André Borschbergè con l’obiettivo di promuovere questa forma di energia alternativa.

Questo incredibile aereo ha un’apertura alare di oltre sessanta metri, come un Airbus A340, ma è un vero ultraleggero perché pesa soltanto 1,6 tonnellate (poco più di un’utilitaria). E’ già in fase avanzata di costruzione un secondo prototipo che sarà destinato a fare il giro del mondo nel 2015.

Fonte-. Web news