Ispra: nel 2017 aumenta il Pil e diminuiscono le emissioni di gas serra

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Presentato l’inventario nazionale ISPRA delle emissioni in atmosfera dei gas serra e le proiezioni al 2030

In Italia, per il 2017, le prime stime delle emissioni mostrano una diminuzione pari allo 0.3%, a fronte di un incremento del PIL pari a 1,5%, che conferma il disaccoppiamento in Italia tra la crescita economica e le emissioni di gas serra. Tale andamento sembra confermato anche nel primo trimestre del 2018.

Nel 2016, le emissioni totali di gas serra sono diminuite del 17,5% rispetto al 1990, passando da 518 a 428 milioni di tonnellate di CO2 equivalente, e dell’1,2% rispetto all’anno precedente. Il principale contributo alla diminuzione delle emissioni di gas serra negli ultimi anni è da attribuire alla crescita della produzione di energia da fonti rinnovabili (idroelettrico ed eolico) e all’incremento dell’efficienza energetica nei settori industriali. Questi sono solo alcuni dei dati contenuti nell’Inventario nazionale delle emissioni in atmosfera dei gas serra presentato da ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) che fornisce anche le proiezioni al 2030. Scopo del Rapporto è fornire dati che siano utile strumento per la definizione di ottimali politiche di riduzione delle emissioni.

I settori della produzione di energia e dei trasporti sono responsabili di circa la metà delle emissioni nazionali di gas climalteranti. Rispetto al 1990, le emissioni di gas serra del settore trasporti sono aumentate del 2,4%, a causa dell’incremento della mobilità di merci e passeggeri; per il trasporto su strada, ad esempio, le percorrenze complessive (veicoli-km) per le merci sono aumentate del 16%, e per il trasporto passeggeri del 19%. Sempre rispetto al 1990, nel 2016 le emissioni delle industrie energetiche sono diminuite del 23,9%, a fronte di un aumento della produzione di energia termoelettrica da 178,6 Terawattora (TWh) a 198,7 TWh, e dei consumi di energia elettrica da 218,7 TWh a 295,5 TWh. Dall’analisi dell’andamento delle emissioni di CO2 per unità energetica totale, emerge che l’andamento delle emissioni di CO2 negli anni ’90 ha seguito sostanzialmente quello dei consumi energetici.

Negli ultimi anni, al contrario, si è registrata una diminuzione delle emissioni e la sostituzione di combustibili a più alto contenuto di carbonio con il gas naturale sia nella produzione di energia elettrica che nell’industria oltre ad un incremento dell’utilizzo di fonti rinnovabili. Nel periodo 1990-2016, le emissioni energetiche dal settore residenziale e servizi sono aumentate dell’4,5% a fronte di un incremento dei consumi energetici pari al 18,3%. In Italia il consumo di metano nel settore civile era già diffuso nei primi anni ’90 e la crescita delle emissioni, in termini strutturali, è invece correlata all’aumento del numero delle abitazioni e dei relativi impianti di riscaldamento oltre che, in termini congiunturali, ai fattori climatici annuali. L’incremento dei consumi è strettamente collegato al maggior utilizzo di biomasse.

Le emissioni del settore dell’industria manifatturiera sono diminuite del 48,6% rispetto al 1990, prevalentemente in considerazione dell’incremento nell’utilizzo del gas naturale in sostituzione dell’olio combustibile per produrre energia e calore e, per gli ultimi anni, a seguito del calo o della delocalizzazione delle produzioni industriali. Per quel che riguarda il settore dei processi industriali, nel 2016 le emissioni sono diminuite del 58,1% rispetto al 1990. L’andamento delle emissioni è determinato prevalentemente dalla forte riduzione delle emissioni di Ossido di diazoto – N2O (-92,0%) nel settore chimico, grazie all’adozione di tecnologie di abbattimento delle emissioni nella produzione dell’acido nitrico e acido adipico. Le emissioni dal settore dell’agricoltura sono diminuite del 13,4% tra il 1990 e il 2016. Tale riduzione si è ottenuta per la diminuzione dei capi allevati, in particolare bovini e vacche da latte, e, grazie a un minor uso di fertilizzanti azotati. Negli ultimi anni si è registrato un incremento della produzione e raccolta di biogas dalle deiezioni animali a fini energetici, evitando emissioni di metano dallo stoccaggio delle stesse.

Nella gestione e trattamento dei rifiuti, le emissioni sono aumentate del 5,6%, principalmente a causa dell’aumento delle emissioni derivanti dallo smaltimento dei rifiuti solidi urbani in discarica (+11,6%). Le emissioni del settore sono destinate a ridursi nei prossimi anni, attraverso il miglioramento dell’efficienza di captazione del biogas e la riduzione di materia organica biodegradabile in discarica grazie alla raccolta differenziata.

Entro il 2020 l’Italia deve ridurre le emissioni da tali settori del 13% rispetto al 2005. Tale obiettivo sarà molto probabilmente raggiunto: negli anni, infatti, dal 2013 al 2016, le emissioni di tali settori sono state pari in media a 272 Mt di CO2 equivalente contro un obiettivo al 2020 pari a 291 Mt di CO2 equivalente.

Gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra al 2030 sono definiti, a livello europeo, dal pacchetto “Unione dell’energia” che prevede una riduzione delle emissioni di gas a effetto serra del 40% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990.

Per raggiungere l’obiettivo di una riduzione delle emissioni almeno del 40%:

→ i settori interessati dal sistema di scambio di quote di emissione (ETS) dell’UE dovranno ridurre le

emissioni del 43% (rispetto al 2005);

→ i settori non interessati dall’ETS dovranno ridurre le emissioni del 30% (rispetto al 2005) e ciò dovrà essere tradotto in singoli obiettivi vincolanti nazionali per gli Stati membri.

Per raggiungere gli obiettivi 2030, in accordo con gli ultimi scenari di proiezioni, l’Italia dovrà ridurre, rispetto al 2016, le emissioni di gas serra in questi settori di una quantità pari a circa 50 Mt di CO2 equivalente annui, che equivale alla metà delle emissioni dal trasporto stradale.

L’Inventario è disponibile sul sito web dell’ISPRA: www.isprambiente.gov.it/

Fonte: ecodallecitta.it

 

 

Smog, la lista degli 11 paesi europei dove l’aria è più inquinata

Sono 11 gli Stati membri che hanno sforato i limiti di emissione per quattro inquinanti: anidride solforosa (SO2) , ossidi di azoto (NOx) , ammoniaca ( NH3) e composti organici volatili ( COVNM ). Nel 2012 ben 11 paesi Stati membri europei hanno sforato il tetto massimale di emissioni in atmosfera. La sostanza responsabile dei maggiori sforamenti è stato l’ossido di azoto (NOx), con nove Stati membri che hanno superano i livelli massimi consentiti. Il trasporto su strada ha contribuito per circa il 40 % del totale delle emissioni di NOx dell’UE ed è uno dei principali fattori alla base del gran numero di sforamenti. Le riduzioni dell’ossido di azoto così come previste per gli ultimi due decenni non hanno portato a grandi risultati. Due paesi – Danimarca e Finlandia – hanno superato il limite per l’ammoniaca (NH3) , mentre solo il Lussemburgo ha violato due livelli uno per composti organici volatili (COVNM) e l’altro per il NOx; inquinamento oltre soglia anche in Austria, Belgio, Francia, Germania, Irlanda, Lussemburgo, Malta e Spagna hanno violato i livelli di ossido di azoto (NOx) nel 2010, 2011 e 2012. Danimarca e Finlandia hanno superato i livelli di NH3 per tre anni consecutivi; Malta ha sforato anche per l’anidrite solforosa (SO2). Nonostante le molteplici violazioni dei livelli di massima, le emissioni di tutti e quattro gli inquinanti sono diminuite in generale nell’UE tra il 2011 e il 2012.DOUNIAMAG-FRANCE-PARIS-ENVIRONMENT-TRANSPORT-POLLUTION

Hans Bruyninckx, direttore esecutivo dell’AEA , ha dichiarato:

L’inquinamento atmosferico è ancora un problema molto reale – basta guardare le alte concentrazioni smog avute di recente in vaste aree dell’Europa occidentale. Dobbiamo migliorare questa situazione mediante ulteriori tagli alle emissioni. Le nuove tecnologie e le buone pratiche possono aiutare, dobbiamo anche incoraggiare le persone ad agire scegliendo, ad esempio, alternative all’uso dell’automobile.

Lo smog è cancerogeno e ce lo dice l’OMS e i veicoli con motori a diesel sono i più inquinanti e la causa principale delle emissioni nocive in atmosfera. Ovviamente né le case automobilistiche e né gli automobilisti sono propensi a rinunciare a questo genere di autovetture.

Fonte: EEA

Amianto: in Friuli il primo impianto per la trasformazione e il riuso delle fibre

A Sedegliano sorgerà il primo impianto industriale in grado di trasformare le fibre di amianto rendendole inerti e riutilizzabili nel ciclo produttivo53474572-586x388

Nascerà a Sedegliano, in provincia di Udine, il primo impianto industriale in grado di trasformare le fibre di amianto rendendole inerti e, addirittura, riutilizzabili nel ciclo produttivo. L’impianto è frutto da un accordo fra la Friulana Costruzioni srl di Sedegliano, titolare del contratto di esclusiva, e la Chemical Center srl di Castello d’Argile (Bo) che ha sviluppato il brevetto in grado di eliminare la tossicità mediante un processo di disgregazione e di reazione idrotermale con altri prodotti. Gli studi preliminari e di laboratorio per la successiva progettazione sono nella fase di avvio, ma l’innovativo brevetto potrebbe portare grandi benefici alla collettività, specialmente ora che molti Paesi dell’Ue hanno avviato un processo per arrivare a territori interamente “asbestos free”. La scoperta di Chemical Center è stata fatta appena 9 mesi fa, quando si è fatto interagire l’amianto con il siero di latte scoprendo di poter rendere così rendere inerti i rifiuti pericolosi.

E’ stata un’intuizione all’epoca eravamo impegnati nella costruzione del centro raccolta amianto a Pannellia di Codroipo e con la consociata Friulana Ambientale eravamo già specializzati in bonifiche ambientali, è bastata qualche settimana per capire che l’abbinata sarebbe stata vincente e poco dopo abbiamo preso contatto per saperne di più. Quello che mi ha maggiormente entusiasmato del progetto è che non vi siano emissioni in atmosfera e che venga creato un alto valore aggiunto dalla trasformazione di due rifiuti abbinati insieme, nel nostro caso siero di latte e amianto. Ma non è finita qui, il siero è solo una delle materie in analisi di valutazione, non l’unica: siamo interessati anche ad altri scarti di lavorazione della filiera agricola aventi base acida, anche questo fa parte dello studio di fattibilità,

spiega Alberto Steolo, titolare dell’azienda friulana. Le fibre d’amianto potranno essere recuperate, riciclate e riutilizzate nel ciclo produttivo. Il Chemical Center cui si deve l’innovativo brevetto è uno spin off dell’Università di Bologna, operante nel settore delle nanotecnologie e biotecnologie per la progettazione, sintesi e caratterizzazione chimico-fisica di nuovi materiali tecnologicamente avanzati.

Fonte: Arezzo Web

I RISPARMI ECONOMICI

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Con l’aumento dell’efficienza energetica è possibile ridurre la spesa energetica, sia a livello nazionale che a livello individuale di imprese e famiglie.

L’abbattimento degli sprechi, così come i comportamenti e le scelte improntate ad un minor consumo energetico, permettono di conseguire consistenti risparmi immediatamente visibili sulle bollette di imprese, cittadini e sulla bolletta energetica nazionale.

I risparmi economici ottenuti con l’efficienza energetica possono essere utilizzati e reinvestiti dalle imprese, dai cittadini e dallo Stato, generando nuovi stimoli per l’economia.

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Vantaggi ambientali

La riduzione delle emissioni di CO2 rappresenta un obiettivo prioritario sia per i Paesi avanzati, che per quelli in via di sviluppo.

Nell’ultimo trentennio le emissioni in atmosfera sono aumentate del 60%, soprattutto a causa dell’importante crescita economica che ha caratterizzato questo periodo, determinando un incremento della domanda di servizi energetici e, di conseguenza, dei consumi di energia.

Una maggiore efficienza energetica consente di utilizzare meno combustibili fossili e quindi di ridurre il livello delle emissioni di gas ad effetto serra, che contribuiscono al surriscaldamento globale

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fonte:ENEA