Nuovo studio ZWE: includere l’incenerimento dei rifiuti nel sistema ETS dell’UE è un percorso per generare benefici climatici e occupazione

L’incenerimento dei rifiuti urbani è attualmente escluso dal sistema europeo di scambio di quote di emissione. Se lo si include, spiega Zero Waste Europe, le aziende dei rifiuti dovranno acquistare crediti di emissione per ogni tonnellata di CO2 che emettono durante il trattamento di rifiuti domestici, aziendali e industriali. Questo costo aggiuntivo può fungere da incentivo per la prevenzione e il riciclo, che diventeranno quindi più competitivi (meno costosi) dell’incenerimento


Rifiuti. Il termovalorizzatore di CopenHill a Copenhagen. Roma, 17 giugno 2019. FACEBOOK

Un nuovo studio di CE Delft richiesto da Zero Waste Europe mostra che l’inclusione dell’incenerimento nell’ambito dell’Emission Trading System (ETS) dell’Unio Europea incoraggerebbe la prevenzione e il riciclaggio dei rifiuti e genererebbe benefici per il clima e l’occupazione.

L’incenerimento dei rifiuti urbani è attualmente escluso dal sistema europeo di scambio di quote di emissione. Se lo si include, le aziende dei rifiuti dovranno acquistare crediti di emissione per ogni tonnellata di CO2 che emettono durante il trattamento di rifiuti domestici, aziendali e industriali. Questo costo aggiuntivo può fungere da incentivo per la prevenzione e iriciclo, che diventeranno quindi più competitivi (meno costosi) dell’incenerimento.

Inoltre, verranno creati nuovi posti di lavoro poiché le attività di riciclo sono più impegantive rispetto all’incenerimento dei rifiuti. Da qui al 2030, dice lo studio, c’è il potenziale per creare più di 14.000 posti di lavoro.

I potenziali impatti dell’inclusione sono stati studiati sulla base di due scenari: il primo è quello fossile, che vede incluse solo le emissioni di CO2 fossile (emissioni di CO2 provenienti ad esempio dall’incenerimento della plastica), il secondo è quello calcolato sulle emissioni di CO2 sia fossili che biologiche (derivanti dall’incenerimento dei rifiuti alimentari) incluse nell’EU ETS.

Janek Vähk, coordinatore per il clima, l’energia e l’inquinamento atmosferico di Zero Waste Europe, afferma: “Il nuovo rapporto mostra che l’inclusione è una triplice situazione vantaggiosa per tutti, poiché va a vantaggio non solo del clima, ma crea anche occupazione e aiuta l’Europa a muoversi verso una maggiore economia circolare favorendo la prevenzione e il riciclo dei rifiuti”.

Le principali conclusioni dello studio di ZWE sono:

  • L’inclusione dell’incenerimento nel sistema ETS dell’UE incoraggerà le attività di riciclaggio da parte delle famiglie e delle imprese. Poiché le imprese hanno un incentivo più diretto sui prezzi se l’incenerimento è incluso nel sistema, gli impatti saranno maggiori per loro (riduzione dei rifiuti dall’8 al 25%) rispetto alle famiglie (riduzione dei rifiuti dallo 0,2 al 5%).
  • L’incenerimento nell’EU ETS può ridurre le emissioni di CO2 che vanno da 2,8 milioni di tonnellate all’anno nel 2022 nello scenario fossile, fino a 8,8 milioni di tonnellate all’anno nello scenario fossile e biologico nel 2030. Oltre il 90% dei benefici ambientali deriva dalla riduzione dei rifiuti commerciali e industriali.
  • Poiché le attività di riciclo sono più impegnative rispetto all’incenerimento o al collocamento in discarica, incluedere l’incenerimento nel sistema ETS dell’UE potrebbe comportare 6.800 posti di lavoro aggiuntivi nello scenario fossile nel 2022 e fino a oltre 21.000 posti di lavoro nello scenario fossile e biologico nel 2030.

Zero Waste Europe invita il Parlamento europeo e il Consiglio dell’UE a modificare la proposta della Commissione e includere gli inceneritori di rifiuti urbani, facendo in modo che paghino le loro emissioni.

Leggi il rapporto completo qui.

Fonte: ecodallecitta.it

Impatto ambientale degli imballaggi riutilizzabili vs monouso, nuovo rapporto Zero Waste Europe

Il lavoro di ZWE in collaborazione con l’Università di Utrecht mette in evidenza come gli imballaggi riutilizzabili producano molte meno emissioni di Co2 rispetto alò packaging monouso

Lunedì 7 dicembre Zero Waste Europe, in collaborazione con l’Università di Utrecht, ha pubblicato il lungo e dettagliato report Reusable VS single-use packaging: a review of environmental impact sull’impatto ambientale degli imballaggi riutilizzabili rispetto a quelli monouso. Ottanta pagine in cui viene messo in evidenza ancora una volta come il packaging riutilizzabile produca molte meno emissioni di Co2 rispetto al packaging monouso. A seguire l’abstract del report e al fondo il link al documento completo:

I rifiuti e la loro cattiva gestione sono diventati una questione globale significativa. Il litter (rifiuti abbandonati volontariamente o involontariamente nell’ambiente, ndr) sembra essere ovunque; lo si può vedere intrappolato lungo  recinti, sparso nelle strade, lungo le spiagge e ai bordi delle carreggiate, dove inquina i corpi idrici, gli oceani, la nostra terra e l’aria.

La gestione tradizionale dei rifiuti si concentra in gran parte sul riciclo, che, sebbene sia importante e rappresenti un segmento del ciclo di vita di materiali e prodotti, chiaramente non è una panacea per i nostri problemi. Negli ultimi anni c’è stata una spinta a concentrarsi su altre strategie di economia circolare che potrebbero ulteriormente evitare il consumo di energia e risorse, come il riuso.

Con la consapevolezza che gli imballaggi da soli rappresentano il 36% dei rifiuti solidi urbani in Europa, questo rapporto si concentra su come e quando il riutilizzo degli imballaggi sia un’alternativa migliore rispetto al monouso. Questo viene fatto analizzando i risultati delle valutazioni del ciclo di vita che confrontano gli impatti ambientali del monouso con le alternative rappresentate da imballaggi riutilizzabili.

I risultati dimostrano che la grande maggioranza degli studi punta a imballaggi riutilizzabili come opzione più rispettosa dell’ambiente. Il report identifica le tipologie di packaging valutate dai vari studi e quali aspetti chiave, come il numero di cicli o distanze e punti di pareggio, favoriscano il successo ambientale degli imballaggi riutilizzabili.
Discute anche, più in dettaglio, come formati di packaging specifici, come bottiglie e casse, differiscano negli impatti.
La relazione si chiude con una discussione su ciò che deve essere migliorato per aumentare ulteriormente i vantaggi dei sistemi di riutilizzo e il ruolo importante dei sistemi di restituzione dei depositi (DRS), di pooling, di standardizzazione, l’accessibilità dei prezzi ai consumatori e altre misure che potrebbero aiutare garantire il successo di un sistema di packaging riutilizzabile.


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Fonte: ecodallecitta.it

Energia, ENEA: aumentano consumi finali e produzione elettrica ma anche emissioni di CO2

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È uno scenario complesso quello delineato da ENEA per i primi tre mesi del 2017, con un sensibile peggioramento dell’indice ISPRED che misura la transizione del sistema energetico nazionale sulla base di sicurezza, prezzi e andamento della CO2. Segnali di ripresa per il sistema energetico nazionale con l’aumento di consumi finali di energia (+1,7%) e produzione elettrica (+6,4%) ma, allo stesso tempo, criticità emergenti sul fronte della sicurezza, dei prezzi e delle emissioni di anidride carbonica. È uno scenario complesso quello delineato dall’Analisi Trimestrale ENEA relativa ai primi tre mesi del 2017, con un sensibile peggioramento (-10% su base annua) dell’indice ISPRED che misura la transizione del sistema energetico nazionale sulla base di sicurezza, prezzi e andamento della CO2.

“L’inverno 2016/2017 – spiega Francesco Gracceva, l’esperto ENEA che ha coordinato l’Analisi – ha fatto emergere alcune fragilità del nostro sistema energetico che negli ultimi anni erano state sottovalutate e mostrato come la transizione energetica continui a presentare aspetti problematici. Le nostre simulazioni così come quelle di ENTSO-E, l’Associazione europea dei gestori delle reti elettriche, evidenziano che nel corso dell’estate potrebbero verificarsi problemi di adeguatezza, in particolare nel Centro-Nord, qualora si verificasse un mix di condizioni estreme con alte temperature, bassa produzione da fonti rinnovabili non programmabili e bassa idraulicità”.

Ma non solo. Il forte aumento della produzione interna di elettricità e la ripresa della domanda di gas per usi finali hanno determinato il secondo incremento trimestrale consecutivo delle emissioni di CO2  (+2,8%), che quest’anno potrebbero raggiungere livelli simili a quelli del 2013. Nello specifico, dall’Analisi emerge che nel primo trimestre 2017, i consumi di energia primaria sono tornati a crescere (+0,9%), trainati dal forte aumento dell’utilizzo di gas (+9%), mentre i consumi finali sono aumentati dell’1,7%, con un +3% nel civile, per effetto delle condizioni climatiche e un +2% nell’industria per la ripresa della produzione. In crescita anche la produzione elettrica nazionale (+6,4%) con una quota di termoelettrico pari al 73% del totale (con punte del 77% a gennaio), un livello che non si registrava da un decennio. In sensibile calo l’import di elettricità (-29%) anche se in misura minore rispetto al -60% del IV trimestre 2016. Questo insieme di elementi ha determinato un periodo transitorio di forti rialzi dei prezzi sulla borsa elettrica, fino a 94 euro/MWh di media giornaliera nella zona Nord a gennaio. Una dinamica simile ha coinvolto il sistema gas, dove i picchi di domanda vicini ai massimi storici (425 Mm3) hanno indotto i decisori a raccomandare un aumento delle importazioni con un impatto sui prezzi che, sempre a gennaio, sul mercato all’ingrosso italiano sono stati di quasi 4€/MWh più alti rispetto al resto d’Europa. Di fatto, nel caso in cui non fossero completamente disponibili tutti i punti di entrata nella rete nazionale, la copertura di picchi eccezionali di domanda potrebbe risultare problematica. Tre fattori hanno determinato questo scenario: il forte calo delle importazioni di elettricità (con un picco di -68% a gennaio) per il fermo temporaneo di parte degli impianti nucleari francesi tra fine 2016 e inizio 2017; la scarsa idraulicità che ha determinato una diminuzione della produzione idroelettrica che prosegue ormai da due anni; la progressiva sostituzione del carbone con gas, un trend iniziato nel 2016. Questi tre elementi hanno spinto la ripresa del ruolo del gas che nel I trimestre 2017 ha segnato + 18% dopo il +27% del IV trimestre 2016.

“Nel breve-medio periodo sarà importante capire in che misura i fattori congiunturali che hanno determinato le criticità degli ultimi mesi possano divenire strutturali. Le prospettive incerte del parco nucleare francese, la possibilità che i cambiamenti climatici già in atto abbiano effetti di lungo termine sull’idraulicità come anche sui picchi di caldo estivo, la possibilità che si verifichino nuovamente punte invernali della domanda di gas vicine ai massimi storici costituiscono altrettante ragioni per ritenere che la seconda eventualità non possa essere esclusa a priori”, conclude Gracceva. Il nuovo numero dell’Analisi Trimestrale ENEA contiene anche una valutazione della dinamica del peso dell’energia sui costi dell’industria italiana, da cui emerge, tra le altre cose, che la crisi economica sembra aver portato a un peggioramento della posizione relativa dell’industria italiana energy intensive.

Per l’Analisi Trimestrale completa clicca qui

Fonte: ecodallecitta.it

 

La dieta vegetale fa bene alla salute e dimezza le emissioni di CO2

Lo abbiamo sempre sostenuto: la dieta a base vegetale, meglio vegana, fa bene alla salute e all’ambiente perché fa risparmiare emissioni di gas CO2. Oggi, grazie a una ricerca inglese sappiamo anche quante emissioni risparmiamo

Il consumo di carne è dannoso sia per l’ambiente sia per la salute: mangiare troppa carne rossapuò creare problemi alla salute e tutto ciò era noto. Ciò che invece non conoscevamo era la stima relativa ai gas serra associati alla produzione dei vari alimenti. A risultare meno inquinanti per l’ambiente i prodotti vegetali legati ai menù sia vegani sia vegetariani.

Spiega Ilaria Ferri direttore scientifico dell’ENPA:

Per soddisfare la richiesta giornaliera di chi consuma carne in grande quantità vengono prodotti ben 7,2 chilogrammi di anidride carbonica a persona, pari al doppio di quelli necessari per la dieta vegan (appena 2,9 chilogrammi) e vegetariana (3,8 chilogrammi).460297605-536x350

Lo studio Dietary greenhouse gas emissions of meat-eaters, fish-eaters, vegetarians and vegans in the UK dunque mette a confronto quattro grandi gruppi di consumatori: di carne, pesce, vegetariani e vegani. Gli alimenti più dispendiosi sono legati alla produzione della carne bovina per cui 1 kg di polpa lo paghiamo 68,8 chilogrammi CO2; seguono la carne ovina (64,2 kg) e le interiora (35,9 kg). Si capovolge la stima se si guarda alle emissioni prodotte per ottenere 1 kg di mais appena 0,7 kg di anidride carbonica; 0,8 per un chilo di fagioli e 0,4 per un chilogrammo di patate.

Nella prefazione allo studio si legge:

In conclusione, le emissioni di gas serra per i consumatori di carne sono due volte circa superiore a quelle dei vegani. E ‘probabile che la riduzione dei consumi di carne possa portare alla riduzione delle emissioni di gas serra derivati dalla produzione alimentare.

La dieta vegetariana (che include latte e uova) e la dieta vegana (priva di alimenti di origine animale), dunque, grazie al loro contenuto di vegetali si attestano sempre più per essere lo stile alimentare più sano. Ricordo che in una dieta equilibrata devono essere inclusi legumi, cereali e verdure di stagione in almeno 5 porzioni al giorno.

Fonte:  ENPA

© Foto Getty Images

Le Lavatrici di Genova verso la riqualificazione energetica: è il progetto R2City

Genova per l’Italia, Valladolid per la Spagna e Kartal per la Turchia faranno da apripista per il progetto di riqualificazione energetica residenziale europeo R2City: 15 milioni di euro per intervenire su tre quartieri altamente inefficienti, che serviranno da casi di studio379594

Genova con Valladolid in Spagna e Kartal in Turchia sono le tre città apripista dell’efficienza energetica nell’edilizia residenziale pubblica con l’obiettivo di avviare una nuova fase di ristrutturazioni su larga scala in Europa, nel quadro di nuove strategie di pianificazione urbana. E’ il progetto europeo R2 Cities, con durata di quattro anni e finanziato per 15 milioni di euro dal Seventh Framework Programme europeo per le attività di ricerca, con specializzazione nella riqualificazione energetica. Nel programma sono coinvolti Officinae Verdi (UniCredit-Wwf), altri 15 partner di sei differenti nazionalità, tra cui la Fondazione Cartif, l’Energy Institute di Istanbul, il Comune e l’Università degli Studi di Genova, Abb spa. Attraverso interventi di efficienza energetica sui 57.000 metri quadrati complessivi di edilizia residenziale pubblica dei tre siti coinvolti nel progetto si punta a livelli di consumo di 70 kWh/mq, con una riduzione del 60% dell’utilizzo di energia attuale. E nel lungo periodo, a sviluppare una metodologia di progettazione, realizzazione e gestione di riqualificazioni energetiche che permetta di raggiungere livelli di consumo “quasi zero”, applicando soluzioni economicamente sostenibili e replicabili in contesti differenti. Ma l’obiettivo è anche abbattere le emissioni di CO2.  In Europa, spiega Officinae verdi, “oltre il 60% della popolazione – il 70% entro il 2030 – si concentra nelle città, responsabili del 40% dei consumi complessivi dell’Unione e del 36% delle emissioni di CO2. E nonostante i 160 milioni di edifici che costituiscono il patrimonio immobiliare comunitario siano generalmente datati, il tasso di ristrutturazioni annuo è inferiore al 2%“. Nell’ambito di R2 Cities, Officinae Verdi si occupa di valutare la sostenibilità economica e l’efficacia in termini di prestazione energetica degli interventi proposti, su un set di circa 30 tecnologie, di supervisionare le attività di misura e verifica delle prestazioni energetiche, di delineare modelli di business per lo sviluppo delle soluzioni individuate sul mercato.

GENOVA
Genova, il quartiere coinvolto nel progetto è quello delle Lavatrici, oltre 500 abitazioni di edilizia popolare costruite tra il 1980 e il 1990 in cui vivono per lo più anziani a basso reddito. È stato l’ultimo sito ad entrare nel progetto e la fase di diagnosi energetica non è ancora stata completata. Al momento, tra le soluzioni da adottare, si stanno considerando l’isolamento del tetto e delle pareti, la sostituzione degli infissi e dei balconi dotati di “vetri a effetto serra”, che causano aumento del calore.

VALLADOLID
Nel quartiere Cuatro de Marzo di Valladolid, formato da oltre 1.900 abitazioni costruite nei primi anni Sessanta, la fase preliminare di diagnosi energetica è stata realizzata. Gli obiettivi da raggiungere sono il 60% di risparmio energetico e il 60% di riduzione delle emissioni di CO2. Le soluzioni ipotizzate comprendono l’isolamento delle facciate, l’installazione di caldaie centralizzate a biomassa e di impianti fotovoltaici.

KARTAL
Il quartiere Yakacik di Kartal, Turchia, è caratterizzato da un isolamento insufficiente e sistemi di illuminazione a bassa efficienza energetica. L’area individuata per gli interventi di riqualificazione copre quasi 19.000 mq. Raccolta dei dati, elaborazione del modello di performance energetica e diagnosi energetica sono in fase di completamento.

Fonte: ecodallecittà.it

Patto dei Sindaci: PAES collettivo per 12 piccoli comuni del Veneto

Le 12 amministrazioni hanno aderito al Patto dei Sindaci, elaborando il primo PAES d’area del Veneto. Promosso dall’IPA, sostenuto dalla Camera di Commercio e realizzato con il Consorzio per lo Sviluppo della Bioedilizia, il Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile programma gli interventi di efficientamento energetico dell’intero territorio377902

Porta la firma di 12 sindaci della Pedemontana del Grappa l’importante convenzione che segna l’avvio del primo PAES territoriale del Veneto. Firmando insieme il Patto dei Sindaci, le amministrazioni si sono impegnate a realizzare il Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile in forma aggregata, segnando un’innovazione di sistema che coinvolge Borso del Grappa, Castelcucco, Cavaso del Tomba, Crespano del Grappa, Fonte, Maser, Monfumo, Mussolente, Paderno del Grappa, Pederobba, Possagno e San Zenone degli Ezzelini, in qualità di capofila. I primi cittadini hanno scelto di superare i confini comunali e pianificare in modo condiviso gli interventi destinati all’efficientamento energetico e alla lotta ai cambiamenti climatici. Per realizzare il PAES d’area sarà effettuata una mappatura delle emissioni di CO2 e dei consumi energetici utile a definire e programmare gli interventi relativi alla gestione delle fonti energetiche, ma anche all’edilizia, alla mobilità, alla pianificazione urbana, alle tecnologie di informazione e comunicazione, agli appalti pubblici. L’obiettivo finale è molto concreto: con il Patto dei Sindaci, stipulato direttamente con l’Europa, i primi cittadini si impegnano a ridurre le emissioni e i consumi energetici, ad aumentare l’uso delle rinnovabili di oltre il 20% entro il 2020.
Nonostante l’ampio spettro di soggetti coinvolti e la novità della proposta, l’intesa è stata raggiunta in pochi mesi, a seguito di un proficuo confronto tra i sindaci che hanno deciso di aprirsi a questa sfida. A promuovere l’aggregazione, l’Intesa Programmatica d’area della Pedemontana del Grappa e dell’Asolano, ente di concertazione e programmazione dello sviluppo territoriale, di cui tutti i Comuni fanno parte. Fra le novità della visione di sviluppo indicata dal PAES, anche la partecipazione attiva dei privati. “Le scelte strategiche per lo sviluppo del territorio non possono che essere definite su orizzonti condivisi e in piena collaborazione con i privati, imprese e cittadini – dichiara Italo Bosa, presidente del Tavolo di Coordinamento dell’IPA – Questo percorso ha l’obiettivo di coordinare la programmazione degli interventi, facilitare l’acquisizione dei finanziamenti per la loro realizzazione e incidere direttamente sulla gestione efficiente delle risorse”.  L’IPA ha investito 10.000 euro per la realizzazione del PAES e la Camera di Commercio ha garantito un contributo di ulteriori 10.000 euro, a sostegno di tutte le amministrazioni comunali che partecipano direttamente in quota parte. Il budget complessivo del Piano, quasi 90.000 euro, è destinato alla rilevazione dei consumi energetici e delle emissioni di CO2 nel territorio, alla gestione del percorso di partecipazione con stakeholder e cittadini per la concertazione delle priorità su cui agire, fino alla definizione del piano di interventi e all’attività di accompagnamento delle amministrazioni per la verifica di accessibilità ai fondi europei. San Zenone degli Ezzelini è il comune capofila e a nome di tutti, il sindaco Luigi Mazzaro ribadisce la scelta improrogabile dell’aggregazione. “L’area dei 12 comuni che rappresentiamo ospita oltre 55.000 abitanti ed un sistema produttivo importante. Ai cittadini e alle imprese dobbiamo garantire risposte qualificate. Le ricadute del PAES saranno significative e di lungo raggio: da qui al 2020 il piano è destinato a mobilitare investimenti pubblici e privati nel territorio”. “Si tratta di un’iniziativa – spiega il presidente della Camera di Commercio di Treviso Nicola Tognana – che deve rappresentare un modello anche per altre realtà del nostro territorio e non solo: un’esperienza che ci insegna a “fare sistema”. Unire insieme le forze e le energie di diversi enti pubblici, ma anche del tessuto imprenditoriale e sociale, è la strada maestra per uscire dalla crisi”. Il Consorzio per lo Sviluppo della Bioedilizia è il partner tecnico del Piano, mentre la Regione Veneto è stata identificata come ente di supporto nei rapporti con l’Europa. “L’adesione al Patto dei Sindaci mette il territorio nelle condizioni di accedere ai fondi che incentivano un percorso di efficientamento oramai obbligato – afferma Michele Noal, presidente del Consorzio – da sempre ci impegniamo perché questo processo di innovazione sia una occasione di lavoro e di crescita di competenze per le nostre aziende.”  Il coinvolgimento dei cittadini, delle imprese e delle categorie economiche e sociali verrà realizzato attraverso un percorso partecipativo che prevede incontri di informazione e sensibilizzazione, per arrivare alla definizione condivisa delle scelte strategiche da adottare e quindi degli interventi da inserire nel Piano. Con il PAES d’area realizzato dai 12 comuni, che verrà integrato con quello già adottato dal Comune di Asolo, si consolida il percorso di innovazione del sistema produttivo e sociale dell’area, già imboccato dai sindaci dell’IPA, nella comune convinzione che la sfida dello sviluppo sostenibile possa essere affrontata solo accettando di superare la logica dei campanili.

Fonte: ecodallecittà

Cina e Stati Uniti contro i cambiamenti climatici si impegnano a non inquinare

Cina e Stati Uniti dopo la due giorni di confronto a Washington si impegnano a ridurre le emissioni di HFC e gas serra

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La Cina inquina e anche troppo e dunque nell’incontro bilaterale tenuto a Washington per 48 ore tra i presidenti Obama e Xi Jinping, la decisione bilaterale di intervenire sulle emissioni dei gas serra, soprattutto dei temuto HFC di cui la Cina è il principale produttore. Sebbene il HFC non sia pericoloso per lo strato di Ozono ha però effetti sui cambiamenti climatici. L’accordo è stato chiuso ieri 8 giugno e prevede sforzi comuni contro i cambiamenti climatici in particolare nel contenimento delle emissioni di HFC, idrofluorocarburi, che hanno sostituito i vecchi CFC e dei gas industriali. Ha detto Obama durante il briefing con i giornalisti che alla base dei rapporti amichevoli tra i due Paesi deve sussistere il principio di collaborazione reciproca:

Nessuno dei due paesi è in grado di affrontare la sfida dei cambiamenti climatici da solo. Questo è un problema che dovremo affrontare insieme. La Cina in qualità del più grande paese che continua a svilupparsi e che sarà il più grande emettitore di anidride carbonica se non troviamo nuovi meccanismi per la crescita verde. Gli Stati Uniti hanno la più grande impronta di CO2 pro capite nel mondo.

Per quanto riguarda gli HFC, gli Stati Uniti e la Cina hanno deciso di lavorare insieme e con altri paesi attraverso approcci multilaterali nel rispetto del protocollo di Montreal per eliminare gradualmente dal basso la produzione e il consumo di questi gas. Gli HFC sono gas serra potenti e molto utilizzati in frigoriferi, condizionatori d’aria e le applicazioni industriali. Il loro uso è in rapida crescita come sostituti delle sostanze dannose per l’ozono. La crescita delle emissioni di HFC potrebbe crescere di quasi del 20 per cento rispetto alle emissioni di anidride carbonica entro il 2050, il che comporterebbe grave preoccupazione per il contenimento della temperatura globale.

Negli ultimi quattro anni gli Stati Uniti, Canada e Messico hanno proposto un emendamento al protocollo di Montreal che include una componente di assistenza finanziaria per i paesi che possono già accedere al Fondo Multilaterale del Protocollo.

Fonte: Le Monde

 

La Cina riuscirà a ridurre le emissioni di CO2 dal 2025?

La Cina contribuisce ad oltre un quarto delle emissioni totali (più di USA, Russia e Giappone insieme) ed ogni sua decisione in merito è cruciale per il futuro del pianeta

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Una buona notizia: per la prima volta, in Cina si inizia a parlare di ridurre le emissioni di CO2 a partire dal 2025, o forse persino prima. Le emissioni Cinesi hanno superato quelle della UE nel 2003 e degli USA nel 2006 per raggiungere 9 miliardi di tonnellate all’anno e molto probabilmente le statistiche ufficiali sottostimano i valori reali. Non c’è da stupirsi visto che il regno di mezzo è diventato la fabbrica del pianeta. Con il 19% della popolazione mondiale, la Cina oggi consuma la metà del carbone estratto ed utilizza il 60% del cemento e dell’acciaio; ogni sua decisione è quindi essenziale per il futuro di tutti. Zhou Dadi, vice segretario del comitato per l’energia ha affermato che la Cina si è già impegnata a ridurre le emissioni per unità di PIL del40-50% entro il 2020(1) e di produrre il 15% dell’energia da fonti non fossili entro la stessa data (nel 2011 era a meno del 7%). Da diversi anni le foreste stanno ricrescendo in Cina e l’impegno è di aggiungere altri 400 mila km² (un’area più vasta dell’Italia) entro il 2020. Zhou ha ammesso che la situazione è talmente complessa e l’inerzia del sistema talmente grande che è difficile fare previsioni precise su quando verrà raggiunto il picco delle emissioni. La maggiore incognita è naturalmente data dal peso che avrà il carbone nella produzione di energia: nel 2011 rappresentava il 70% di tutti i consumi energetici!(2) Iniziare a parlarne è comunque più importante di quel che può sembrare pechè è così che hanno principio i mutamenti culturali e politici.

(1)  Questa “efficienza di PIL” è naturalmente del tutto insufficiente, perchè ogni sforzo in questo senso può essere annullato dal cosiddetto paradosso di Jevons: una maggiore efficienza energetica potrebbe spingere l’economia a muoversi ancora più velocemente.

(2) Tutti, cioè non solo quelli elettrici: 1,8 Gtoe su 2,6. La fonte di tutti i dati è la BP.

Fonte: ecoblog

 

Cloud, reti wireless e 4G molto energivore e inquinanti

Wireless, cloud e tecnologia 4G sono particolarmente energivori: nel 2015 consumeranno nel mondo oltre 40 TWh, con 30 Mt di emissioni di CO2, pari a 5 millioni di veicoliWireless-energy-consumption-586x410

Cloud, wi-fi e 4G, sono le parole magiche del 21° secolo: la modernità come possibilità di collegarsi e di gestire ogni tipo di informazioni da qualunque luogo (1) e in qualunque momento. Come ben diceva lo scrittore Arthur Clarke, ogni tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia, e alla maggior parte di noi sembra decisamente magico poter navigare e comunicare istantaneamente in modo social senza fili e costrizioni; e la magia si sa, non ha limiti e non ha soprattutto costi. E’ bene tornare con i piedi per terra e ricordarsi che inviare un segnale via radio costa energia: secondo uno studio del CEET, nel 2012  i sistemi wireless e cloud hanno consumato nel mondo oltre 9 TWh di energia (2): altro che bit senza peso! Da qui al 2015 si prevede uno sviluppo impetuoso nell’uso del wireless, che potrebbe fare esplodere i consumi a valori compresi tra 32 e 43 TWh. Sarei propenso a ritenere più credibile la cifra più alta, perchè ho l’impressione che gli estensori del rapporto siano stati troppo ottimisti nel valutare gli incrementi di efficienza energetica (3). Tutto ciò porterà ad un incremento delle emissioni di CO2 fino a 30 milioni di tonnellate all’anno, pari ad un incremento del parco auto di 5 milioni di veicoli. Non è un problema trascurabile, per cui lo sviluppo delle reti wi-fi andrebbe monitorato con cura per evitare che una crescita imprevista e troppo rapida acceleri ulteriormente i cambiamenti climatici: dopotutto non ne vale la pena se il vantaggio sarà soprattutto quello di poter vedere film o usare videogame negli aeroporti o nella metropolitana.

(1) Forse non proprio qualunque, diciamo qualunque luogo “civilizzato”.

(2) Per fare un confronto la produzione eolica italiana nel 2012 è stata pari a 13 TWh

(3) I consumi della tecnologia 4G, che farà la parte del leone, nel 2010 erano pari a 300-600 µJ/bit (p. 19 del rapporto) e ci si aspetta che l’efficienza energetica migliori del 26% ogni anno, il che vorrebbe dire ridurre i consumi a 70-140 µJ/bit nel 2015.

Fonte: ecoblog

 

«Seguiteci»: i paesi più poveri del pianeta vogliono ridurre le emissioni di CO2

I 49 paesi più poveri del mondo, situati nell’Africa equatoriale, in Asia e Oceania si impegnano per ridurre l’emissioni di CO2 anche se sono responsabili solo per l’1,4%. Un bello schiaffo politico e morale verso l’ingordigia dei ricchi del pianeta

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Con una mossa politica straordinaria, i Least Developed Countries (LDC) cioè i 49 paesi più poveri del pianeta hanno deciso di impegnarsi a riduzioni significative nelle emissioni di CO2, in modo da spingere i paesi più ricchi a fare altrettanto. Queste nazioni rappresentano il 12% della popolazione mondiale, ma sono responsabili solo dell’1,4% delle emissioni (era l’1,6% nel 1982, dati BP). Per fare un confronto, l’Unione Europea, che rappresenta solo il 7% della popolazione, contribuisce invece per il 12%. Gli LDC hanno il potenziale reale di velocizzare i tempi geologici dei negoziati delle Nazioni Uniti per il clima. Il bengalese Quamrul Chawdhury, capo negoziatore per il clima degli LDC, dice che lo slogan dei più poveri è “seguiteci”, come a dire che i paesi più ricchi ora non hanno più scuse nell’impegnarsi seriamente nel taglio delle emissioni. I settori in cui si potrebbero avere miglioramenti sono quello forestale (riduzione della deforestazione e nuove forestazioni) e quello energetico; ci sono interessanti progetti di sviluppo di micro-idroelettrico in Buthan e di fotovoltaico in Bangladesh, mentre  Somalia, Mozambico e Madagascar hanno un ottimo potenziale per l’energia eolica. Se gli LDC si impegneranno in questa direzione avranno ottime possibilità di successo perché, a differenza delle “grasse” economie occidentali hanno molto meno da tagliare.

Fonte: ecoblog