Torino, nasce un Osservatorio permanente delle associazioni per monitorare la riduzione delle emissioni climalteranti

Tra i partecipanti Legambiente, Bike Pride, Fridays for Future, ISDE, Greenpeace, Ecoborgo Campidoglio: “Crediamo che la candidatura di Torino tra le 100 città europee che vogliono raggiungere la neutralità carbonica entro il 2030 debba essere resa credibile attraverso una serie di cambiamenti strutturali. Questo richiederà il coinvolgimento attivo di cittadini e cittadine, per questo abbiamo deciso di costituirci in Osservatorio per monitorare l’avanzamento delle azioni”

Il 10 novembre 2021, all’indomani dell’insediamento della nuova Giunta della Città di Torino, 22 associazioni e realtà della società civile hanno inviato una lettera al Sindaco e all’Assessora alla Transizione Ecologica proponendo un programma di azioni strategiche e di azioni di breve periodo da avviare o realizzare nei primi 100 giorni per affrontare efficacemente la crisi climatica ed ecologica. In questi 100 giorni alcuni rappresentanti delle associazioni firmatarie hanno avviato un confronto con l’Assessora Foglietta che ha portato a discutere in modo approfondito le proposte e altre iniziative avviate nel frattempo dall’Amministrazione comunale in tema di mobilità e tutela della qualità dell’aria e del clima.

L’Assessora ha confermato la disponibilità ad avviare le iniziative strategiche proposte:

  • una campagna di informazione sulla crisi climatica ed ecologica rivolta a cittadini/e;
  • l’adozione di un piano organico di riduzione delle emissioni climalteranti;
  • la convocazione entro la fine del 2022 di un’assemblea di cittadini/e. 

“Prendiamo atto favorevolmente di questa disponibilità e restiamo in attesa di ricevere informazioni più dettagliate sulle loro modalità e tempi di realizzazione”, commentano le associazioni “Riconosciamo anche la determinazione di voler proseguire al completamento ed al potenziamento di alcune iniziative già avviate dalla precedente amministrazione, in materia di scuole car free – ossia strade davanti alle scuole chiuse al transito di veicoli a motore durante le ore di scuola -, le zone 30 km/h – con la richiesta di andare verso una città con velocità a 30 km/h – e mobilità ciclabile, destinando risorse aggiuntive e affrontando alcune problematiche che si erano già evidenziate”.

Le associazioni hanno però anche evidenziato alcune criticità legate a decisioni che rischiano di allontanare la Città di Torino dal raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione, come il ritardo nel ripristino della ZTL e di un’assenza per ora di un progetto più efficace di quello attuale, l’inefficacia delle misure di lotta alle emergenze smog, la decisione di eliminare il limite di 20 km/h nei controviali, l’annuncio di voler costruire ulteriori infrastrutture stradali e la difficoltà ad abbandonare progetti destinati a creare ulteriori emissioni e consumo di suolo per far posto a nuovi centri commerciali.

“Crediamo che la candidatura di Torino tra le 100 città europee che vogliono raggiungere la neutralità carbonica entro il 2030 debba essere resa credibile attraverso una serie di cambiamenti strutturali in tutti i settori, che guardino contemporaneamente alla giustizia sociale e alla giustizia climatica. Questo richiederà il coinvolgimento attivo di cittadini e cittadine, per questo abbiamo deciso di costituirci in Osservatorio permanente, per monitorare l’avanzamento delle azioni che abbiamo proposto e più in generale le politiche di decarbonizzazione della Città di Torino e fornire il nostro contributo di idee e competenze. A questo proposito abbiamo rivolto un invito a unire le forze ai docenti e ricercatori delle Università torinesi che hanno recentemente espresso con una lettera aperta all’Amministrazione comunale preoccupazioni analoghe alle nostre, e rivolgiamo un analogo appello alle altre forze della società civile ad unirsi a questa iniziativa”.

Comitato Torino Respira

Fiab Torino Bike Pride

Fridays For Future Torino

Legambiente Piemonte e Valle D’Aosta

Sottoscritto da:

Comunet Officine Corsare

Donne per la difesa della società civile

Ecoborgo Campidoglio Aps

Fiab Torino Bici & Dintorni

Fiab Val di Susa Biketrack

Greenpeace – Gruppo Locale di Torino

Greentoso a.s.d.

IMBA Italia (International Mountain Bicycling Association)

ISDE Torino

Associazione Laqup APS

Legambiente L’Aquilone

Legambiente greenTO

Legambiente Metropolitano

Legambiente Molecola

Legambiente Protezione Civile Piemonte

SEQUS – Sostenibilità EQuità Solidarietà Circolo di Torino “Piero Gobetti”

Comitato provinciale di Torino per l’UNICEF

Urban Roller Torino ASD

Fonte: ecodallecitta.it

L’impatto dell’economia usa e getta sulle emissioni climalteranti | il rapporto di Circle Economy

I paesi stanno trascurando il massiccio impatto dell’economia “usa e getta” sulle emissioni di riscaldamento del pianeta. Secondo una ricerca pubblicata dall’associazione ambientalista il 19 gennaio che ha calcolato che più di mezzo trilione di tonnellate di materiali vergini sono stati consumati dall’accordo sul clima di Parigi del 2015

Dall’abbigliamento al cibo, dagli aerei agli edifici: una ricerca dell’organizzazione Circle Economy stima che il 70% delle emissioni di gas serra sono legate alla produzione e all’uso di prodotti.

Nel suo rapporto annuale sullo stato dell’uso dei materiali nel mondo, i ricercatori hanno affermato che gli impegni nazionali per il clima per ridurre le emissioni climalteranti si concentrano strettamente sull’uso di combustibili fossili e ignorano il crescente bisogno globale per apparecchi, cose e oggetti. Matthew Fraser, capo della ricerca presso Circle Economy, ha affermato che il rapporto mirava a guardare oltre il semplice utilizzo di combustibili fossili e la transizione verso l’energia verde e a interrogarsi sulle implicazioni delle emissioni date dall’utilizzo di meno risorse.

Il rapporto stima che se l’economia fosse più circolare, riducendo l’estrazione e il consumo di risorse del 28%, il mondo potrebbe raggiungere l’obiettivo di Parigi sul riscaldamento massimo, fissato a 1,5° C sopra i livelli preindustriali.

Il rapporto evidenzia però che solo un terzo degli impegni climatici delle nazioni menziona l’economia circolare come parte dei suoi obiettivi sulle emissioni. L’umanità sta consumando il 70% in più dei materiali “vergini” di quanto il mondo possa rifornire in maniera sostenibile.

“Metabolismo” economico

L’analisi esamina i flussi di materiali globali in base alle cifre nazionali di importazione ed esportazione e li traduce in stime dei materiali utilizzati e riutilizzati. Calcola anche l’uso annuale delle risorse che è cresciuto da 89,8 miliardi tonnellate del 2016 a oltre 100 miliardi di tonnellate nel 2019 e per il 2021 ha fatto una stima di 101,4 miliardi.

Circle Economy ha scoperto che quasi tutti i materiali estratti vanno sprecati, con solo l’8,6% dei materiali riciclati nel 2020, quello che chiamano il divario di circolarità. Questa è una percentuale ancora più bassa rispetto al 2018, quando i materiali riutilizzati erano il 9,1% del totale, poiché la domanda globale di più cose aumenta.

Il rapporto ha identificato una serie di pratiche in tutti i settori, dalla produzione alimentare ai trasporti, che potrebbero aiutare a frenare l’uso in continua espansione di materiali “vergini”. Fraser ha affermato che l’attuale modello che consente alle persone dei paesi più ricchi di acquistare prodotti da tutto il mondo e vederseli consegnare entro poche ore o pochi giorni, dovrà inevitabilmente cambiare.

Il rapporto ha anche valutato strategie come:

  • consentire la riparazione di prodotti elettrici (che contengono materie prime fondamentali come oro, argento e cobalto)
  • riprogettare gli articoli per renderli più facili da riciclare
  • limitare la plastica monouso e noleggiare i prodotti, tipo le automobili, invece di acquistarli.

Fraser ha affermato che la politica dei governi deve essere ridisegnata verso incentivi economici che rendano più economico il riutilizzo delle risorse e più costoso l’utilizzo di quelle nuove. Questa politica dovrebbe essere considerata parte integrante degli sforzi per frenare il riscaldamento globale.

Fonte: ecodallecitta.it

“Dal campo alla tavola”: la transizione ecologica dell’agricoltura europea (speriamo!)

Si chiama “Farm to Fork” (Dal campo alla tavola) ed è la strategia della Commissione Europea che era stata annunciata e che ieri è stata presentata ufficialnente, allo scopo di incentivare l’avvio di una politica agroalimentare integrata. La Coalizione #CambiamoAgricoltura plaude all’iniziativa, ma sottolinea: «Mancano le misure operative».

La Commissione Europea ha reso nota ieri i contenuti della strategia che ha chiamato “Farm to Fork” ( F2F) [dal campo alla tavola]. La Coalizione #CambiamoAgricoltura ha commentato positivamente l’iniziativa, il cui scopo dichiarato è di avviare la transizione verso un sistema agro-alimentare più sostenibile. «Adesso è necessario concentrare gli sforzi sugli strumenti per la sua concreta applicazione, a partire dalla riforma della Politica Agricola Comune post 2020» ha detto la Coalizione.

«Il documento dichiara che “i sistemi alimentari devono urgentemente diventare sostenibili e operare entro i limiti ecologici del pianeta” e che “la sostenibilità deve ora diventare l’obiettivo chiave da raggiungere” – spiega la Coalizione – Le associazioni ambientaliste e del biologico italiano guardano fiduciose all’impegno dell’Unione Europea, ma non nascondono anche una parte di delusione per la carenza di misure operative, nonché di target vincolanti di riduzione delle emissioni dei gas climalteranti».

Tra gli obiettivi della Strategia F2F, che la Coalizione #CambiamoAgricoltura valuta positivamente per le ambizioni ambientali, «si evidenziano in particolare il ruolo positivo attribuito all’agricoltura biologica con l’impegno al raggiungimento del 25% della superficie agricola europea (SAU) in biologico, e il 10% delle aree agricole destinate ad infrastrutture verdi per la conservazione della natura, in coerenza con l’altra importante Strategia 2030 per la Biodiversità, presenta sempre oggi dalla Commissione UE, sottolineando la dipendenza dell’agricoltura dalla tutela della biodiversità».

Positivo, anche se non del tutto soddisfacente, «l’impegno alla riduzione del 50% del rischio e della quantità dei pesticidi utilizzati in agricoltura. Questo obiettivo dovrà essere chiarito e rafforzato nel corso dell’iter di condivisione della strategia da parte del Parlamento europeo, arrivando ad una reale messa al bando dei pesticidi di sintesi entro il 2050, insieme al bando dei fertilizzanti di sintesi e degli antibiotici».

Positiva viene giudicata anche «la volontà di agire sul versante della maggior consapevolezza dei consumatori e delle imprese di trasformazione, affinché si riduca sia lo spreco alimentare che l’alimentazione a base di zuccheri, grassi e prodotti di origine animale. Del resto, i dati sulla salute degli europei sono eloquenti: oltre il 50% della popolazione adulta è in sovrappeso, e l’obesità sta dilagando nell’infanzia, specie nei Paesi mediterranei».

Per le Associazioni della Coalizione #CambianoAgricoltura, «il principale punto debole di questa strategia riguarda il settore zootecnico per il suo contributo alle emissioni climalteranti, non fissando obiettivi di riduzione vincolanti, insieme alla necessaria promozione della progressiva riduzione e qualificazione dei consumi di prodotti di origine animale. La Commissione fornisce i dati che danno la misura della sfida: a partire dal ‘peso’ del sistema agro-alimentare nel bilancio delle emissioni climalteranti (il 29% sul totale) di cui ben la metà rappresentato dalla sola filiera zootecnica, che utilizza oltre i 2/3 dei terreni agricoli europei, risultando così la maggior beneficiaria di sussidi PAC».

«Le ambizioni della Farm to Fork saranno praticabili solo con una energica revisione della PAC per incidere sui sussidi perversi che oggi premiano la sovrapproduzione degli allevamenti intensivi e delle grandi superfici a monocoltura» affermano le Associazioni della Coalizione. «La PAC, impegna oggi il 38% dell’intero budget UE, oltre 60 miliardi l’anno, ed è per questo tra le politiche europee la più importante e maggiormente finanziata. Solo modificando profondamente le regole della PAC sulla base dei contenuti positivi di questa strategia F2F si potrà avviare concretamente una transizione ecologica della nostra agricoltura».

La stessa Strategia F2F raccomanda una «particolare attenzione per lo sviluppo di Piani Strategici nazionali in linea con il Green Deal», insistendo sugli eco-schemi come importante flusso di finanziamenti a favore di pratiche ecologiche.

«La Strategia Farm to Fork riconosce “il ruolo chiave di agricoltori, pescatori e acquacoltori nel rendere i sistemi alimentari sostenibili”, come sempre sostenuto dalle Associazioni di CambiamoAgricoltura, ma proprio per questo la nuova PAC dovrà, a differenza del passato, valorizzare questo ruolo di protagonisti del mondo agricolo promuovendo gli investimenti per l’ambiente, la difesa e restauro degli spazi naturali, aiutando le piccole aziende familiari che garantiscono il presidio dei territori, sostenendo maggiormente l’agricoltura  biologica e spostando risorse per la zootecnia dalla produzione intensiva a quella estensiva e di qualità, con il miglioramento del benessere animale e la riduzione delle importazioni delle materie prime per i mangimi dai Paesi extraeuropei, causa principale della deforestazione».

La Coalizione #CambiamoAgricoltura auspica poi che «il percorso della Strategia F2F porti l’Unione Europea a diventare un modello positivo di riferimento per la sostenibilità dei sistemi agroalimentari, una sfida molto complessa, quanto necessaria, e confida sull’impegno dei Parlamentari europei per rafforzare ulteriormente questo processo di transizione verso l’agroecologia, in coerenza con il Green Deal».

Fonte: ilcambiamento.it