L’Italia e le emissioni di gas serra: buone notizie per il futuro, anche se l’Italia non ha raggiunto gli obiettivi di Kyoto

Il mancato raggiungimento degli obiettivi di Kyoto da parte dell’Italia continua ad essere ignorato e sottovalutato. Sebbene formalmente raggiunto l’obiettivo a livello globale, le sue poco lungimiranti aspettative – in attesa di impegni più sostanziosi che si spera di ottenere alla conferenza di Parigi di fine anno – sono sotto gli occhi di tutti: lo dimostra quanto sta accadendo in fatto di sconvolgimenti climatici. E l’Italia, seppur fautrice di un taglio alle emissioni, è ancora lontana dagli obiettivi.kyoto

Come ogni anno, puntualmente come se fosse il 25 dicembre per il Natale o il 15 agosto per il Ferragosto, in occasione della ricorrenza dell’entrata in vigore del Protocollo di Kyoto (16 Febbraio), appaiono articoli sulla stampa nazionale che fanno riferimento a questo importante evento. A dire il vero, sono sempre di meno questi articoli, come se l’emergenza climatica non ci riguardasse da vicino e le conseguenze degli impatti del cambiamento climatico fossero lontane dal verificarsi; sappiamo invece che non è così e ogni giorno sperimentiamo sulla nostra pelle tali conseguenze, a volte devastanti in alcune aree del nostro pianeta. Ma tornando alla ricorrenza, si fa riferimento, ancora una volta, ad un articolo pubblicato su Repubblica.it dal titolo “Gas serra, l’Italia li ha tagliati del 20%”. Nell’articolo si riportano i dati relativi alle emissioni nazionali dell’anno 2014 e – correttamente – si rileva come tali emissioni siano notevolmente diminuite rispetto al 1990 (20%), ma anche rispetto all’anno precedente (6-7%). Facendo direttamente riferimento all’accordo di Kyoto che assegnava all’Italia un obiettivo di riduzione delle emissioni del 6,5% entro il 2012, l’articolo ha però dimenticato di ricordare che il nostro Paese al momento non risulta in linea con gli impegni presi. Sulla base delle più recenti valutazioni, il gap che l’Italia deve ancora colmare per raggiungere il proprio obiettivo di Kyoto è di circa 20 MtCO2 equivalente. Quindi, ben vengano le buone notizie sulla riduzione delle emissioni dell’Italia nel periodo post-Kyoto – peraltro utili per l’impegno che il nostro paese ha assunto in sede europea nell’ambito della politica climatico-energetica al 2030 – ma altra cosa è far finta di non sapere o dimenticare la grave inadempienza del nostro Paese nei riguardi del Protocollo di Kyoto. Cogliamo quindi l’occasione per mantenere alta l’attenzione dei lettori de “Il Cambiamento” e anche del governo nazionale affinché possa presto affrontare questo problema ed evitare di incorrere nelle sanzioni previste. In primavera sarà pubblicato un articolo su Nimbus, la rivista scientifica di meteorologia, clima e ghiacciai della Società Meteorologica Italiana (SMI) nel quale saranno presentati nel dettaglio i dati (tratti dalle fonti ufficiali) relativi alle emissioni nazionali di gas serra e la situazione del nostro Paese nei confronti del Protocollo di Kyoto; non mancheremo di informare i lettori de “Il Cambiamento” di questa uscita.

Fonte: ilcambiamento.it

Global warming, solo 90 imprese pubbliche o private responsabili di due terzi delle emissioni di CO2

Solo 90 aziende pubbliche e private, prevalentemente nel settore fossile, minerario e del cemento, sono responsabili di due terzi delle emissioni dell’umanità dal 1750 ad oggi. Chi più inquina, più dovrebbe ridurre.Emissioni-CO2-prime-90-imprese-2

Se tutta l’umanità contribuisce al global warming con le emissioni di CO2 e altri gas serra, è pur vero che alcuni inquinano più di altri. Un’interessante ricerca del Climate Accountability Institute (1) mostra che due terzi delle emissioni provengono solo da 90 soggetti pubblici o privati del pianeta, i cui amministratori potrebbero comodamente essere ospitati in una piccola sala. Dal 1750 ad oggi (la CO2 si accumula e decade lentamente, per cui bisogna anche tenere conto del passato) sono state emesse 1450 miliardi di tonnellate di CO2. Sorprendentemente, il principale responsabile non sono gli USA, ma la Federazione Russa con la sua eredità storica di URSS e paesi alleati) con quasi il 16%. USA e Canada contano per il 12%, come l’Asia. L’Europa, con 9,7% precede il Medio Oriente e Nordafrica. Quelle che Enrico Mattei chiamava le sette sorelle , ora ridotte a 4 per le acquisizioni contribuiscono da sole all’11% di tutte le emissioni dell’umanità e sono in ordine decrescente Chevron-Texaco, Exxon-Mobil, BP e Shell. Per quanto riguarda l’Italia, ENI contribuisce con lo 0,41%. La metà di queste emissioni è avvenuta negli ultimi 25 anni, quando la consapevolezza dell’impatto ambientale della CO2 sui cambiamenti climatici si è progressivamente fatta strada.

Molte di queste compagnie detengono tuttora significative riserve di combustibili fossili, che, se bruciate, potrebbero friggerci tutti, portando l’aumento di temperatura ben oltre i 4°C. In questo momento cruciale di negoziati per il futuro dell’umanità, è importante che non si parli solo di emissioni  degli Stati, ma che si facciano anche i nomi e i cognomi dei soggetti pubblici e privati che portano la maggiore responsabilità della corsa verso il disastro.

(1) La ricerca sarà di prossima pubblicazione sul Journal of Climatic Change e prende in considerazione le emissioni cumulative di CO2 dal 1750 ad oggi. I dati disaggregati sono consultabili qui. I 90 soggetti sono rappresentati da compagnie private, compagnie pubbliche e stati (questi ultimi solo per il periodo di gestione collettivizzata del comunismo).

 

Fonte: ecoblog.it