Il coronavirus chiude le scuole? Le maestre leggono le fiabe a distanza

Nella scuola dell’Infanzia “Villaggio Sportivo” di Biella il coronavirus non spaventa le insegnanti che hanno deciso di leggere a distanza una fiaba al mattino e una al pomeriggio fino alla riapertura della scuola, per tenere compagnia ai bambini e trasformare quest’emergenza in una divertente opportunità. La cultura sopravvive sempre, qualsiasi emergenza o epidemia contagiosa possa presentarsi. Ce lo dimostrano le insegnanti della scuola dell’infanzia del quartiere Villaggio Sportivo di Biella che non si sono arrese al coronavirus e hanno ideato un modo divertente e creativo per prendersi cura dei bambini tenendogli compagnia a distanza e abbattendo le barriere obbligate dallo stato di emergenza. Come ci racconta Grazia Flessibile, insegnante e ideatrice dell’iniziativa, «in questi giorni di chiusura delle scuole abbiamo avuto modo di confrontarci con diversi genitori dei bambini a proposito della sospensione e molti di loro ci hanno fatto notare che ai loro figli mancava il momento della lettura con le maestre. Allora, insieme alle colleghe, ci siamo dette: Perchè non continuare a raccontare le storie come abbiamo sempre fatto, ma questa volta a distanza sfruttando la tecnologia? Per noi è stato un primo esperimento ma ci siamo dette “proviamo e vediamo come va”!».

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Tramite due videostorie al giorno, una al mattino e una al pomeriggio, le maestre hanno così deciso di leggere in diretta i racconti, condividendoli sulla pagina Facebook dell’istituto. «Questa è per noi un’occasione per avvicinarci ai bambini anche quando non siamo vicine a loro. E continueremo fino alla riapertura della scuola» ci spiega Grazia. E dalla prima storia pubblicata, ovvero il racconto di Cappuccetto Verde, numerosi sono i genitori che hanno apprezzato l’iniziativa e stimolato le insegnanti a proseguire. «Quelle che raccontiamo sono principalmente storie che abbiamo a casa e che selezioniamo dalle nostre librerie pubblicandole sulla pagina Facebook della scuola che normalmente utilizziamo per condividere le foto delle attività e dei lavori che svolgiamo e che è stata creata per condividere dei begli attimi coi genitori che si perdono tanto della vita dei piccoli, perché, come ben sappiamo, il tempo trascorso a scuola rappresenta una bella fetta della loro crescita».

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Come ci racconta Grazia, la lettura è per i bambini il pane quotidiano e, se accompagnate dalla voce delle loro insegnanti, diventa un piatto ancora più appetitoso.

«In quest’iniziativa la nostra dirigente Emanuela Verzella ci ha fin da subito sostenuto e quindi stiamo andando in questa direzione aspettando che la “normalità” arrivi al più presto. Questa è stata però un’occasione positiva per metterci in gioco dimostrandoci che è possibile reagire a un’emergenza inaspettata come la diffusione del coronavirus in modo semplice e divertente, proponendo qualcosa di nuovo e costruttivo a cui diversamente non avremmo mai pensato. E visto il successo dell’iniziativa, il prossimo passo è quello di proseguire con il racconto delle storie, magari una volta al mese, portando avanti questo piccolo ma efficace progetto». Fonte: https://www.italiachecambia.org/2020/03/coronavirus-chiude-scuole-maestre-leggono-bambini-fiabe-distanza/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Emergenza acqua: ne va della nostra vita

L’acqua ricopre il 70% della superficie terrestre e rappresenta un bene da preservare se vogliamo garantire anche la nostra esistenza sulla Terra: se c’era bisogno dell’ennesima conferma, ecco che arriva dal rapporto “Water is life” dell’Agenzia Europea per l’Ambiente.9943-10734

L’acqua copre oltre il 70% della superficie terrestre, è in acqua che è iniziata la vita sulla Terra, è un bisogno vitale, una risorsa locale e globale e un regolatore del clima. Ma negli ultimi due secoli è divenuta l’approdo degli innumerevoli inquinanti che l’uomo ha rilasciato in natura. Occorre dunque cambiare radicalmente il modo in cui usiamo e trattiamo l’acqua. Ed è proprio questo è il filo conduttore del rapporto “Water is life” dell’Agenzia Europea per l’Ambiente.

Uso dell’acqua in Europa: quantità e qualità, grandi sfide

Gli europei usano miliardi di metri cubi di acqua ogni anno non solo per bere, ma anche per agricoltura, industria, riscaldamento e raffreddamento, turismo e altri servizi. Con migliaia di laghi d’acqua dolce, fiumi e fonti d’acqua sotterranee disponibili, la fornitura di acqua in Europa può sembrare senza limiti. Ma la crescita della popolazione, l’urbanizzazione, l’inquinamento e gli effetti dei cambiamenti climatici, come la siccità persistente, stanno mettendo a dura prova l’approvvigionamento idrico in Europa e la sua qualitàacqua1

La vita nell’acqua è fortemente minacciata

La vita nelle acque dolci d’Europa e nei mari regionali è fortemente minacciata. Il pessimo stato  degli ecosistemi ha un impatto diretto su molti animali e piante che vivono nell’acqua e questo colpisce altre specie e soggetti. Lo stato dei mari europei è compromesso, principalmente a causa della pesca eccessiva e dei cambiamenti climatici, mentre le acque dolci soffrono per acidificazione e habitat alterati. L’inquinamento chimico ha un impatto negativo su sia sui corsi e invasi d’acqua dolce che sull’acqua marino-costiera.acqua2

Un oceano di plastica

La plastica prodotta in serie è stata introdotta intorno alla metà del secolo scorso come un materiale miracoloso: leggero, plasmabile, e resistente. Da allora, la produzione di materie plastiche è aumentata rapidamente e ora la produzione annuale supera i 300 milioni di tonnellate e… non scompare dall’ambiente!

Cambiamenti climatici e acqua: mari più caldi, inondazioni e siccità

Il cambiamento climatico sta aumentando la pressione sui corpi idrici. Dalle inondazioni e dalla siccità, all’acidificazione degli oceani e all’innalzamento del livello del mare, gli impatti dei cambiamenti climatici sull’acqua dovrebbero intensificarsi negli anni a venire. È quanto mai necessario che ogni Stato e Federazione di Stati attui misure pronte, efficaci e drastiche per fermare questo fenomeno.acqua3

L’acqua nelle città

Diamo tutto per scontato nelle nostre case: apriamo i rubinetti, scarichiamo le acque reflue e ci aspettiamo che sarà per sempre così. Ma sbagliamo. Per la maggioranza dei cittadini europei, l’acqua nelle abitazioni è potabile e disponibile 24 ore al giorno, ma l’acqua fa un lungo viaggio per arrivare nelle nostre case e incontra molti ostacoli.

Gestire l’acqua in una città non è una questione che interessa solo i gestori dei sistemi idrici pubblici.

Il cambiamento climatico, lo sviluppo urbano e le modifiche ai bacini fluviali possono portare a più frequenti e dannose inondazioni nelle città, lasciando alle autorità una sfida sempre più grande.

Per scaricare il rapporto integrale QUI

Fonte: ilcambiamento.it

Siamo all’emergenza, sì, ma non è il momento di arrendersi. Anzi…

Dobbiamo prenderne atto: con le nostre azioni dissennate abbiamo fatto impazzire un pianeta, il nostro, la Terra. Ma se siamo nel pieno di un’emergenza mai vista prima, è anche vero che non è il momento di arrendersi, anzi…è il momento di reagire una volta per tutte.9751-10528

Siamo a febbraio, possiamo considerarci ancora all’inizio di un anno, dato che la natura non si è ancora risvegliata, o almeno così dovrebbe essere. Semi e gemme riposano in attesa che la terra si risvegli, noi potremmo intanto provare a fare bilanci e programmi. Un bilancio che riguardi proprio la natura e che non abbiamo trovato sui giornali né ci è stato fornito da radio e televisione. Quelli si limitano a ripeterci che c’è ripresa, c’è crescita. Tutto va bene, madama la marchesa. Il 2017 è stato l’anno più caldo della storia, e a questo ormai ci siamo ottusamente abituati: ogni anno è più caldo di quelli che l’hanno preceduto, il pianeta sta arrostendo e noi con lui. La differenza del 2017 sta nel fatto che le conseguenze di tale riscaldamento si sono palesate come mai prima. Mezza California è bruciata, città e campagne, piante, esseri umani, altri animali, case, vitigni, foreste: deserti carbonizzati e cosparsi di cadaveri. Un disastro immane, una tragedia in tutti i suoi aspetti, una guerra con morti di ogni specie. I media borbottavano, bisbigliavano, tacevano. Ci raccontano tutto degli USA, il vero e il falso, ma di questo disastro di dimensioni apocalittiche non volevano parlarci, gli s’inceppava la lingua. Naturalmente bruciava anche l’Italia, ma da noi bruciavano principalmente i boschi, le foreste, i parchi nazionali e le oasi naturali. Chissà come mai. Sempre notizie occultate, minimizzate. A meno che non si dovesse prenderle a pretesto per perorare la causa delle dighe o quella del taglio dei boschi, così non bruciano. Gli incendi italiani non hanno dato la stura ad articoli, dibattiti, discussioni per capire come e perché e rimediare e prevenire. Niente trasmissioni televisive, non è un problema che li riguardi. Sopratutto, non è un falso problema che possa distogliere i cervelli dai problemi veri. La distruzione dell’ambiente è un problema vero da cui bisogna distogliere i cervelli.

E infatti chi se lo ricorda più?

Chi si ricorda un’estate di fiumi asciutti; che non è un discorso estetico, i corsi d’acqua sono l’habitat di miliardi di creature, dalle libellule agli anfibi, dai pesci agli uccelli acquatici. Tutti esseri viventi che senza acqua perlopiù muoiono.

Chi si ricorda i raccolti distrutti, disseccati dalla siccità e dal calore; chi si ricorda le vacche senza erba (e gli erbivori selvatici?), il fieno introvabile, le api senza miele (e quelle selvatiche?) Forse se lo ricordano i contadini, i pastori, gli apicultori ma chissà se almeno loro sono in grado di “collegare”, se, dopo aver fatto il bilancio, fanno anche il programma dei buoni propositi. Oppure continuano a spargere pesticidi e diserbanti, a comperare trattori sempre più grandi per spargere più velocemente veleni e sventrare sempre più profondamente la terra?

Dopo l’estate africana, con i suoi fuochi distruttivi dalla California alla Sicilia, con la siccità devastante, con i camion cisterna che andavano e venivano senza interruzione  per portare acqua ai paesi dell’Italia centrale (presa da quali invasi?), cosa ci ha riservato l’inverno?

Nella parte orientale degli Stati Uniti ci sono state temperature siberiane, meno trenta gradi. In Florida, per la prima volta dall’ultima glaciazione, sono ghiacciate le paludi, habitat di milioni di creature che nel ghiaccio non sopravvivono. E i nostri media? Ci facevano vedere gli alligatori intrappolati nel ghiaccio come una cosa curiosa, uno strano fenomeno.

Quanto al nostro inverno, quassù in cima a una collina in Toscana dove abito da trent’anni, nel mio piccolo ho potuto notare altre anomalie. Per la prima volta in trent’anni tutti i tipi di rose hanno continuato a fiorire; per la prima volta in trent’anni sedano e prezzemolo nell’orto hanno continuato a vegetare; per la prima volta abbiamo mangiato insalatina di campo tutto l’inverno, con il mestolino fiorito e le piantine di papavero che crescevano, i bombi che ronzavano sui fiori del rosmarino e su quelli delle rape. Tutte cose che, benché nell’immediato potessero sembrare positive, appaiono foriere di disastri futuri. Ci sono poi, ma ormai stanno diventando un’orrenda consuetudine ignorata dai più, terribili tempeste di vento ed acqua, a volte veri e propri tifoni che abbattono foreste e scoperchiano case, e che nel nord Europa sono ormai una delle caratteristiche dell’inverno. Ma colpiscono anche l’Italia, hanno abbattuto milioni di alberi nell’Appennino e devastato più di una volta le coste tirreniche. Mettiamo tutto questo nel bilancio e forse ci renderemo conto di aver bisogno di un adeguato programma per il futuro. Di fronte a questa dissipazione, a questo spreco di vite di ogni specie, un programma di risparmio. Cominciando col programmare qualche spesa. Come, non dovremmo consumare di meno? Proprio il meno possibile, perché non ci sono altre soluzioni, non ci sono scorciatoie per salvare un pianeta che sta diventando un’immensa pattumiera in tutti i suoi elementi, terra, acqua, aria. Ma possiamo programmare qualche piccola spesa che riduca i consumi e gli sprechi. Per esempio, potremmo regalare una borraccia di metallo a quella nostra amica a cui piace tanto fare escursioni e che, ad ogni escursione, si compera una bottiglia di acqua minerale da portarsi dietro. E possiamo regalarle anche un’informazione: il cloro si può eliminare dall’acqua del rubinetto semplicemente mettendola per qualche ora in un recipiente largo e scoperto, prima di consumarla. Il cloro è un gas e pian piano s’invola, continuerà a far danni al pianeta ma non a noi direttamente che, non consumando acqua confezionata in bottiglie di plastica, di danni ne faremo molto meno. Potremmo regalare una dozzina di fazzoletti di stoffa ad ogni compleanno di amici e parenti che usano i fazzoletti di carta, consumando energia, prodotti chimici e piante per soffiarsi il naso. Una bella scatola di matite colorate ai nostri bambini e a quelli di parenti e amici, che per disegnare usano pennarelli di plastica imbottiti di sostanze tossiche. Un certo numero di portatovaglioli ognuno diverso dall’altro con relativi tovaglioli di stoffa per coloro che usano tovaglioli di carta e sprecano energia e materie prime e creano rifiuti ogni volta che si puliscono la bocca. Una semplice Moka per tornare a fare il caffè senza le cialde; un bicchierino di metallo da portarsi appresso sul luogo di lavoro o a scuola per non consumare bicchieri di plastica; un barattolo d’orzo o di cicoria bio e italiani per diminuire il consumo di caffè coltivato dagli schiavi dove prima c’erano foreste o campi di contadini e trasportato per sei, otto, diecimila chilometri…Andate avanti voi, certamente ne troverete di cose da mettere in programma. Consumare di meno e consumare diversamente e responsabilmente, purtroppo, è alla portata di quasi tutti noi. “Purtroppo”, perché vuol dire che quasi tutti consumiamo di più e peggio di quel che potremmo e dovremmo. Bisognerebbe parlare di come usiamo i mezzi di trasporto, di come ci scaldiamo e vestiamo e calziamo, di come e dove trascorriamo le vacanze, di quanto e come viaggiamo. Però i prodotti usa e getta, del tutto inutili e consumati in quantità incommensurabili, gridano vendetta al cielo e alla terra di fronte al degrado ambientale in cui ci troviamo immersi. So che oggi molti pensano che consumare meno, fare un gesto di più (lavare i piatti,   temperare una matita, tritare con la mezzaluna) sia un sacrificio, una rinuncia. E già queste parole suonano offensive al giorno d’oggi. Un tabù, la rinuncia; un’eresia il “sacrificio” di impegnarsi mentalmente e materialmente per fare scelte responsabili, cambiare abitudini, essere “diversi”, darsi da fare per far crescere tale diversità fino a che non diventi comune. Erano i nostri genitori (o nonni) che parlavano tanto di sacrifici. E li facevano, in funzione di un’avvenire migliore per i loro figli. Tante piccole e grandi rinunce, magari solo per poter mandare i bambini in campagna durante le vacanze scolastiche, a respirare aria buona. Tanto lavoro e tanto risparmiare per aiutare i giovani a mettere su casa quando si sposavano; non per i pranzi da centocinquanta persone nel resort di lusso ma perché potessero arredare un appartamentino in affitto. Queste erano, certo, sempre soluzioni individuali ma molti di loro hanno fatto anche il “sacrificio” di lottare per il bene collettivo. Sono stati militanti politici e sindacali, impegnavano le serate e i giorni liberi dal lavoro in riunioni, assemblee, manifestazioni, volantinaggi; “sacrificavano” le possibilità di carriera in fabbrica, in azienda; rischiavano il posto di lavoro e, qualche volta, le botte della polizia.

Oggi il “sacrificio” è la prima cosa da evitare. A parole.

Perché poi, di fatto, in quest’epoca noi consumatori occidentali siamo popoli di Abrami che marciano, tenendo i propri Isacchi per mano, verso gli altari su cui li sacrificheranno. Però possiamo cambiare ruolo, ognuno di noi lo può: possiamo diventare l’Angelo che ferma quel braccio. Ma certamente l’Angelo lo fece con gesto deciso e voce sonora, non con timidi, esistanti sussurri e compromessi continui. Con passione, con slancio e con costanza possiamo fermare l’osceno sacrificio dell’avvenire dei nostri figli, del futuro del pianeta; possiamo acquistare e seminare intorno a noi comprensione, coerenza e responsabilità. Anche cominciando dal regalo di una borraccia.

Perché il 2018 ci dia speranza e coraggio, non sconforto e rassegnazione.

Fonte: ilcambiamento.it

Libano: emergenza rifiuti a Beirut [foto]

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Il Libano ha una superficie di 10.452 kmq, un’area un poco più piccola dell’Abruzzo. In questo spazio vivono 4,5 milioni di persone, di cui circa 2 milioni sono rifugiati politici. Negli ultimi anni, l’improvviso aumento della popolazione e gli errori di valutazione fatti quando si è costruita la discarica di Naameh, alle porte di Beirut, hanno fatto scivolare il Paese in un’emergenza igienico-sanitaria di proporzioni colossali. Sei mesi fa la discarica principale di Beirut è stata chiusa e ora anche il luogo messo a disposizione dalla società privata che doveva gestire temporaneamente lo smaltimento della spazzatura è al completo. I sacchetti si accumulano per le vie della città e un fiume di rifiuti maleodoranti e pericolosi travolge le strade senza che sia stata trovata una valida soluzione. Nel mezzo della crisi – di cui si può comprendere l’entità nella fotogallery d’apertura – il ministro dell’Ambiente Mohammad Machnouk ha tirato in ballo il sito di Naameh, a sud di Beirut, la vecchia discarica chiusa a luglio, quando i residenti impedirono l’accesso ai camion della nettezza urbana. Inaugurata nel 1997, era stata progettata con una capacità di circa 2 milioni di tonnellate di rifiuti, ma ne ha poi raccolti più di 15 milioni. Dopo la sua chiusura i rifiuti sono stati bruciati e scaricati in tutto il Paese oppure stoccati in discariche temporanee che ora non possono più accogliere alcun rifiuto.

Fonte:  Rainews

 

Emergenza smog: pratiche virtuose contro l’inquinamento

L’Italia è tra i peggiori paesi d’Europa per inquinamento atmosferico , ma alcuni comuni hanno già adottato pratiche virtuose che potrebbero risolvere definitivamente il problema, se utilizzati su larga scala. Secondo l’ultima relazione pubblicata dall’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA) l’inquinamento atmosferico è il principale fattore di rischio ambientale per la salute degli europei. C’è di peggio: in Europa l’Italia risulta essere la nazione con il tasso d’inquinamento atmosferico più alto in assoluto, registrando addirittura il record tra i 28 paesi UE di morti premature dovute allo smog.  In particolare, la regione d’Europa più colpita da inquinamento atmosferico, risulta essere la Pianura Padana. Questo record negativo in Italia è dovuto prevalentemente ad un’elevata concentrazione nell’atmosfera (per ordine di importanza) di micro polveri sottili (Pm 2.5, le più pericolose, anche perché in grado di penetrare profondamente nei polmoni, specie durante la respirazione dalla bocca), biossido di azoto (NO2) e ozono (O3) .image01042006_500m-1024x768

Come spiega molto bene ASPO Italia (Association for the Study of Peak Oil), nel nostro Paese si è registrato un trend negativo: accanto ad un miglioramento progressivo in termini di inquinamento da trasporto automobilistico, si è verificato un vero e proprio boom nell’uso di impianti di riscaldamento a biomasse nelle abitazioni. In particolare, l’aumento vertiginoso dei livelli del Pm 2.5 nell’atmosfera è dovuto al fatto che dal 2003 in poi, nel nostro Paese per riscaldarci abbiamo bruciato un’enorme quantità di legna e pellet nelle stufe e nei caminetti domestici. Proprio così: come riportato anche dalle fonti più autorevoli, il riscaldamento domestico pare sia una delle fonti primarie di produzione di micro polveri sottili, estremamente nocive per la salute. Ciò che però non viene riportato altrettanto spesso è che la combustione di biomasse quali la legna ed il pellet non è affatto ecologica, come spesso siamo erroneamente portati a pensare .  Ovviamente, più che misure d’emergenza transitorie e quindi poco efficienti come il blocco del traffico solo in determinati momenti dell’anno in cui si registrano livelli troppo alti di sostanze nocive nell’aria (come è successo ad es. a Milano dal 28 al 30 dicembre), ci sarebbe bisogno di misure efficaci e durature, atte ad evitare che il problema dell’inquinamento atmosferico molto oltre le soglie consentite dall’UE non si verifichi affatto.bosnia-environment-pollution-smog

A questo proposito Legambiente ha stilato un vero e proprio decalogo dove, tra le altre cose, chiede che si riduca l’inquinamento industriale, si incentivi l’uso di sistemi di riscaldamento non inquinanti vietando l’uso di combustibili fossili (e magari anche di legna e pellet, ndr), ad esclusione del metano e propone al governo di sostenere economicamente e replicare le buone pratiche. Come ad esempio quella della “Bicipolitana” di Pesaro  una metropolitana in superficie, dove le rotaie sono i percorsi ciclabili e le carrozze sono le biciclette. Lo schema utilizzato è quello delle metropolitane di tutto il mondo. Vi sono delle linee (gialla, rossa, verde, arancione…) che collegano diverse zone della città, permettendo uno spostamento rapido, con zero spesa, zero inquinamento, zero stress. La Bicipolitana è in fase di costruzione; ci sono alcune linee che sarano completate a breve, altre che richiederanno un tempo più lungo”. Ma anche il servizio di “Pedibus” e “Bicibus” scuola di Reggio Emilia: il Bicibus è un servizio di accompagnamento in bicicletta per scolari offerto da genitori, nonni e insegnanti volontari lungo percorsi prestabiliti, messi in sicurezza, segnalati da scritte a terra facilmente individuabili da bambini e automobilisti. Il Pedibus funziona allo stesso modo, ma il gruppo in questo caso si sposta a piedi.pedibus-badoere-2-1024x764

Un altro magnifico esempio di lotta contro l’inquinamento è il “Bosco Sociale” di Ferrara, che si pone come obiettivo quello di piantare alberi da frutto, che vengano curati dalla comunità cittadina e che siano utili all’assorbimento delle emissioni inquinanti . Noi di Italia che Cambia invece ci rivolgiamo soprattutto a voi lettori: massima attenzione dunque ai riscaldamenti nocivi per la salute e per l’ambiente; utilizzate la macchina solo se strettamente necessario e più in generale incentivate il più possibile le buone pratiche prendendo parte ad esse o facendo partire un progetto virtuoso nel vostro quartiere o nelle vostre città: sappiamo che ne siete capaci e che tutti insieme possiamo cambiare in positivo il volto, ma soprattutto l’aria del nostro Paese!

 

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2016/01/emergenza-smog-pratiche-virtuose-inquinamento/

Iran, emergenza inquinamento a Teheran: “Uscite solo se necessario”

Le autorità iraniane hanno lanciato l’allerta rosso chiedendo alla popolazione di uscire solamente in caso di necessitàFracking In California Under Spotlight As Some Local Municipalities Issue Bans

Teheran, capitale dell’Iran, è sotto assedio. Il nemico è invisibile, ma fa ammalare, quando non uccide e così le autorità della capitale iraniana hanno deciso di emanare un “allerta rosso” e, a causa della qualità “malsana” dell’aria di Teheran hanno consigliato alla cittadinanza di non uscire a meno che non vi siano urgenze. Una metropoli di quasi otto milioni di persone è sotto scacco: non è certo inusuale in Asia, mentre lo è abbastanza in Iran. Secondo Hassan Abbasi, capo del Servizio centrale delle emergenze, circa 400 persone sono state trattate negli ospedali di Teheran a causa dell’inquinamento nella sola giornata di lunedì 29 dicembre. Il numero ha iniziato a salire da venerdì 26 dicembre. L’Organizzazione per la difesa dell’ambiente sostiene che l’allerta rosso riguarda soprattutto le categorie deboli: donne incinte, bambini, persone con problemi cardiaci e respiratori. La attività delle fabbriche sono state sospese per due giorni e anche gli scolari sono stati trattenbuti all’interno degli edifici anche negli intervalli. Anche la circolazione delle auto provate è stata limitata all’interno del centro di Teheran. Qualora la situazione non dovesse migliorare, il Ministero della Salute potrebbe decidere di tenere chiuse le scuole situate a Teheran. Oltre all’orografia – Teheran si trova inh una sorta di conca attornata dalle montagne – l’inquinamento è determinato da altri fattori quali la cattiva qualità delle emissioni delle raffinerie, la quantità di auto, l’insufficienza si infrastrutture per il trasporto pubblico fanno sì che, a oggi, un abitante su tre muoia per problemi imputabili all’esposizione all’inquinamento atmosferico.

Fonte:  Le Monde

© Foto Getty Images

Ecosistema urbano, ecco dove si vive meglio (e peggio) nel 2013

Emergenza smog e trasporto pubblico in picchiata, aumentano le auto private, immutate depurazione e perdita d’acqua potabile. Questa la foto dei centri urbani di Ecosistema Urbano 2013. Venezia, Trento e Belluno in cima alla classifica ma solo 11 città raggiungono la sufficienza. Presentata a Bologna la XX edizione del rapporto di Legambiente, Ambiente Italia e Sole 24 Ore sulle eco-performance dei capoluoghi di provincia italiani.ecosistemaurbano2013

Non c’è da star allegri se le migliori 11 città del Paese raggiungono a malapena la sufficienza (con 60/100 di punteggio), quando soltanto rispettando tutti i limiti di legge (e quindi senza nessuna performance straordinaria) il punteggio complessivo di un centro urbano sarebbe molto vicino a 100. Non c’è proprio da stare allegri perché il quadro complessivo che emerge dalla XX edizione del rapporto di Legambiente, Ambiente Italia e Sole 24 Ore descrive un Paese pigro, apatico, che ha smesso di credere e investire nel cambiamento. Da Milano, ancora e sempre preda dell’emergenza smog, a Roma dove crescono il parco auto privato e il tasso di motorizzazione, a Palermo, dove si continua a depurare meno dei 2/5 dei reflui fognari, Ecosistema Urbano evidenzia l’esasperante incapacità con cui molte città affrontano sul proprio territorio alcune questioni chiave dal punto di vista ambientale. Eppure esperienze positive in alcune città non mancano e dimostrano la praticabilità di alcune soluzioni capaci di offrire un servizio migliore al cittadino e alla collettività. È il caso della raccolta differenziata di Novara o di Salerno, delle politiche sull’energia e sulla mobilità di Bolzano, della solarizzazione dei tetti delle scuole di Bergamo oppure dell’esperimento della moderazione della velocità in un intero quartiere di Torino. Il rapporto è stato presentato a Bologna nel corso di un convegno che ha visto la partecipazione, tra gli altri dei sindaci e degli assessori dei Comuni coinvolti. “Se nell’insieme le nostre città sono congestionate e inquinate, fragili rispetto al rischio sismico e idrogeologico, in ritardo rispetto all’erogazione dei servizi – ha dichiarato il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza -, esse rappresentano pure i luoghi ideali per le migliori soluzioni. Soluzioni che non possono più essere limitate a singoli e parcellizzati interventi ma devono rientrare in un disegno lungimirante e complessivo, che veda le città come fulcro della rinascita del Paese. Interventi mirati a migliorare qui la raccolta differenziata e là il trasporto pubblico, l’inquinamento acustico o la depurazione delle acque, non possono infatti dare risultati significativi se realizzati al di fuori di un progetto politico nazionale che riconosca alle città un ruolo centrale e imprescindibile. Si parla tanto di smart city ma non dobbiamo dimenticare che le città possono essere smart solo se ci sono smart citizens, e quindi relazioni, creatività e cultura per creare consapevolezza sulle sfide e nuovi stili di vita”.tabella_ecosistemaurbano1

Lo studio segnala, infatti, che la crisi urbana chiede di immaginare con urgenza un altro futuro. Bisogna avere il coraggio di abbattere per ricostruire, rigenerare interi quartieri, recuperare edifici e dare casa, in affitto e a prezzi accessibili, a chi ne ha bisogno fermando il consumo di suolo e restituendo al verde suolo oggi impermeabilizzato. Bisogna pensare un modo nuovo di usare le risorse e l’energia, di organizzare la mobilità, con spazi pubblici più sicuri, più salutari e meno alienanti, immaginando la città come luogo dove si realizzano le condizioni per favorire le relazioni sociali, il senso del vicinato, del quartiere, della comunità. Nello specifico, la ventesima edizione di Ecosistema Urbano, con gli oltre 100mila dati raccolti attraverso un apposito questionario rivolto e redatto dalle amministrazioni dei comuni capoluogo, vede sul podio delle migliori città Venezia per le grandi, Trento per le medie e Belluno per le piccole, tenendo presente che si tratta di capoluoghi che ottengono punteggi di poco superiori ai 60/100. La sufficienza quindi, in un panorama, purtroppo, di generale mediocrità. Venezia (prima tra le città con più di 200.000 abitanti), svetta in virtù di alcune buone performance, ma anche grazie alle sua peculiare conformazione. Qui migliora la concentrazione delle polveri sottili (Pm10) che scende dai 41,8 microgrammi al metro cubo della scorsa edizione ai 36,2 del 2012, così come la media di giorni di superamento dei limiti per l’Ozono (dai 50 giorni dell’edizione scorsa ai 40 di quest’anno). Cresce ancora la percentuale di depurazione dei reflui che si attesta per il 2012 al 94% (era al 90% lo scorso anno). Scende poi la produzione annua procapite di rifiuti (642,2 Kg per abitante, erano 664,7 nel 2011) e contestualmente la raccolta differenziata sale al 38,8% (35,4% lo scorso anno); in lieve calo i passeggeri trasportati annualmente dal sistema di trasporto pubblico: 564 viaggi procapite (erano 571 lo scorso anno). A Venezia c’è poi, grazie alla particolare conformazione urbana, il più basso tasso di auto immatricolate, pari a 41 ogni 100 abitanti; la migliore estensione procapite di isole pedonali con 5,10 mq/abitante (era 4,87 mq/abitante lo scorso anno); una buona porzione di suolo urbano destinato alle bici con 12,50 metri equivalenti ogni 100 abitanti (erano 10,71 lo scorso anno). Anche a Venezia però troviamo dati in flessione o lontani da livelli ottimali. Peggiorano, ad esempio, le medie relative alle concentrazioni di No2 che salgono a 41 microgrammi al metro cubo rispetto ai 38,8 della scorsa edizione e cresce la percentuale di acqua potabile dispersa dalla rete idrica (passa dal 36% dello scorso anno all’attuale 38%). Nella stessa categoria, al secondo posto troviamo Bologna seguita da Padova: in positivo la prima migliora la media di giorni di superamento dei limiti dell’Ozono, diminuisce l’acqua potabile dispersa dalla rete e aumenta la percentuale di rifiuti raccolti in maniera differenziata. Al contempo,Bologna vede salire le concentrazioni di No2 e pure il monte rifiuti annuo prodotto procapite, mentre calano i passeggeri trasportati annualmente dai bus. Padova invece deve il suo piazzamento al terzo posto, ma sempre tra le appena sufficienti, principalmente ai miglioramenti registrati in tutti e tre gli indici legati all’inquinamento atmosferico, alla continua crescita della percentuale di rifiuti raccolti in maniera differenziata, all’aumento del suolo destinato ai pedoni e al primato tra le grandi città dello spazio dedicato alle bici. A pesare in negativo, il calo dell’uso del trasporto pubblico. Trento, prima tra le città medie (comprese tra 80.000 e 200.000 abitanti), conferma il primo posto dello scorso anno grazie a buone performance in alcuni dei settori chiave della ricerca e ad un buon andamento generale. Migliora la già buona media relativa alle concentrazioni di polveri sottili che scende ancora a 25,5 microgrammi al metro cubo (erano 27,5 l’anno passato), scende la percentuale di acque potabili perse dalla rete idrica, che era il 18% l’anno scorso e si ferma al 15%; migliora la percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti: 65,6% quest’anno, era 64,3% l’anno passato. Sale ancora, seppur di poco, la frequenza di utilizzo del tpl che si attesta su i 185 viaggi per abitante all’anno rispetto ai 182 della passata edizione. Seconda, tra le medie è anche quest’anno Bolzano, in buona posizione grazie a medie complessivamente basse per quel che concerne i parametri relativi alla qualità dell’aria (per le concentrazioni delle polveri sottili è prima tra le medie con 15 microgrammi al metro cubo, mentre erano 18,7 lo scorso anno). Buoni poi i parametri relativi alla mobilità ciclabile e alle politiche energetiche. Parma si piazza terza tra le città medie principalmente per un buon andamento complessivo nei settori mobilità e energia e per qualche miglioramento, come per la media di giorni di superamento dei limiti della concentrazione di Ozono, diminuiti tra il 2011 e 2012 ma pur sempre sopra i limiti. A seguire Perugia e La Spezia che si caratterizzano per un andamento equilibrato nei diversi parametri senza nessun grosso exploit, con valori positivi che si alternano a elementi di sofferenza dell’ambiente urbano. Le prime cinque posizioni delle città Piccole, al di sotto degli 80.000 abitanti, sono occupate da Belluno (1ª), Verbania (2ª), Nuoro (3ª), Pordenone (4ª) e Mantova (5ª). Belluno è al primo posto grazie al buon livello complessivo della qualità dell’aria: migliora infatti in tutti e tre i parametri monitorati (No2, Pm10 e Ozono) e questo basta a far si che sopravanzi Verbania (prima lo scorso anno, quando Belluno fu seconda). Per il resto, i numeri di Belluno si confermano abbastanza buoni e spesso al di sopra della media tra le città piccole. Da segnalare le buone performances nel settore rifiuti: la produzione annua procapite scende ancora dai 405,3 kg annui del 2011 ai 395,9 di questa edizione e contestualmente cresce la percentuale di rifiuti raccolti in modo differenziato che passa dal 67,6% a oltre il 70% (70,4% quest’anno). Verbania che cede il primato a Belluno, conferma un andamento generalmente al di sopra della media delle città piccole. Per i rifiuti raccolti in modo differenziato si conferma ben oltre il 70% (72,8%, era al 72,1% l’anno scorso) ed è seconda solo a Pordenone. Migliora poi nei passeggeri trasportati dal servizio di tpl e fa segnare una crescita ormai costante per la superficie di suolo urbano destinato ai pedoni (con 2,14 mq/abitante, erano 2.02 l’anno scorso) e alle bici (24,41 metri equivalenti ogni 100 abitanti quest’anno, erano 23,69 l’anno passato). Terza tra le città piccole è la sorpresa Nuoro, in questa posizione principalmente per il fatto che ha finalmente iniziato a rispondere al nostro questionario e quindi può essere valutata mostrando anche valori bassissimi per quel che concerne gli inquinanti atmosferici. Quarta e quinta rispettivamente Pordenone e Mantova che invece sono più solite occupare la parte alta della classifica tra le piccole, con qualche flessione nei parametri più significativi della ricerca. Tra le peggiori invece troviamo un trittico tutto siciliano: Catania, per le grandi città, Siracusa per le città medie e Caltanissetta per le città piccole. Un triste risultato dovuto a molti “nd” e pessime performance in molti settori della ricerca, basti pensare all’ultimo posto di Catania nell’indice della produzione procapite annua di rifiuti con oltre 714,3 kg o, agli oltre 230 litri (230,3 l/ab/giorno) di acqua potabile consumata giornalmente dai catanesi, che fa il paio con l’altro ultimo posto tra le grandi città per l’acqua potabile persa dalla rete, che supera la metà del totale dell’acqua immessa in rete. Oppure, guardando al 3% di rifiuti raccolti in modo differenziato che vale l’ultimo posto tra le medie città per Siracusa, ultima pure per passeggeri trasportati dal servizio di tpl, con 8 viaggi procapite all’anno. Per Caltanissetta pensiamo agli “0” collezionati tra le città piccole negli indici legati alla mobilità ciclabile e alle zone a traffico limitato, o, ancora, agli 0,76 metri quadrati procapite di verde urbano fruibile, oppure al pessimo 63% di capacità di depurare i reflui.tabella_ecosistemaurbano2

 

Nel complesso, l’ecosistema urbano 2013 evidenzia con chiarezza la situazione di impasse in cui versa l’Italia delle città. L’inquinamento atmosferico, ad esempio, resta ancora a livelli di emergenza. Se scendono leggermente le media delle concentrazioni di Pm10 e di NO2, nell’insieme dei centri urbani sono invece in aumento i giorni di superamento dei limiti per l’O3 e il numero delle città che non rispettano i limiti per la protezione della salute umana fissati per l’ozono. Le città continuano a disperdere in media più di un terzo dell’acqua potabile immessa in rete (il 32%) e l’efficienza della depurazione migliora di uno “zero virgola” alla volta (oggi viene trattato l’89,6% dei reflui fognari, l’1 ,6% in più di un anno fa). Cala la produzione di rifiuti solidi urbani, soprattutto a causa della contrazione dei consumi, e restano praticamente stabili le quote della raccolta differenziata, che passa dal 38% al 39,3%. In questo settore solo nove le città raggiungono il target del 65% imposto dalla normativa per il 2012 e quasi tutte le grandi città non hanno raggiunto nemmeno quell’obiettivo del 35% che i Comuni avrebbero dovuto rispettare già nel 2006. Cresce lentamente ma costantemente il parco di autovetture circolanti che supera le 64 auto ogni 100 abitanti (64,2) e contestualmente prosegue il declino del trasporto pubblico urbano che continua a perdere passeggeri: i viaggi effettuati in media annualmente con i mezzi pubblici dagli abitanti dei capoluoghi di provincia scendono a 81 (erano 83 l’anno passato). Praticamente congelati gli indici dedicati a isole pedonali, zone a traffico limitato, reti ciclabili urbane.

Fonte: il cambiamento

Emergenza ambiente in Veneto e don Bizzotto inizia lo sciopero della fame

Don Albino Bizzotto fondatore dei Beati i costruttori di pace intraprende un nuovo sciopero della fame e questa volta per l’emergenza ambiente in Venetopadova-est-620x350

Probabilmente il Governatore Luca Zaia non sarà d’accordo ma l’emergenza ambiente è così grave in Veneto che don Albino Bizzotto ha deciso oggi di iniziare un nuovo sciopero della fame per sollecitare attenzione sulla disastrata situazione in Veneto (così la definisce lui stesso nel messaggio affidato alla pagina Fb del comitato Conselve) fatta di grandi opere e project financing.

Scrive Don Bizzotto:

Carissima/o,

desidero comunicarti che da venerdì 16 agosto inizierò un digiuno a sola acqua, a tempo indeterminato, per l’emergenza ambiente. Vorrei sollecitare l’attenzione e l’impegno sia per la situazione disastrata del Veneto (grandi opere, project financing), che per superare l’inerzia culturale riguardo al territorio. Non chiedo solidarietà personale, ma questo non significa che io la rifiuti. Ho scelto questo momento per non intralciare le attività di altri comitati. Se ritieni che la mia iniziativa possa essere utile all’impegno che stai profondendo con il tuo comitato o la tua associazione e che sia possibile coinvolgere altre persone, ne sarei contento, perché assieme potremmo contribuire alla crescita della coscienza comune. Per questo mi rendo pienamente disponibile per organizzare incontri di sensibilizzazione o per proporre prese di posizione condivise. Durante il digiuno ho intenzione di condurre le consuete attività quotidiane, nei limiti delle mie capacità e forze, permettendo a tutti coloro che lo vorranno di incontrarmi e verificare anche visivamente la serietà dell’impegno preso. Per questo da venerdì vivrò accampato in un camper, parcheggiato nel cortile dell’Associazione stessa, in via A. da Tempo n. 2 a Padova. Se credi che la mia iniziativa possa essere utile, ti chiedo di darne diffusione attraverso i tuoi contatti.

Ciao. Un saluto di Pace.

Don Bizzotto condurrà il suo sciopero della fame dal suo camper e contro le grandi opere in Veneto che considera uno spreco di risorse, suolo, e denaro che non porteranno beneficio alcuno neanche in termini di lavoro.

Fonte: ecoblog

Rifiuti Roma, le criticità del sito di Falcognana

Nessun bando per la discarica di Falcognana: i tempi e l’emergenza garantiranno il monopolioDiscarica-rifiuti-586x347

Dopo il passaggio del “cerino” discarica di Roma al sito di Falcognana, lungo la via Ardeatina, le proteste non tendono in alcun modo a placarsi: una delegazione di residenti sarà questa mattina all’Angelus del Papa in piazza San Pietro; oltre ai problemi “di ordine pubblico” che derivano dalla possibile (probabile? O forse solo paventata, chissà) futura discarica di Roma, ci sono anche altri nodi da sciogliere: uno su tutti quello relativo all’azienda che dovrà preparare e gestire la nuova discarica. I tempi strettissimi, fine agosto, e il fantasma emergenza (quella vera, con i rifiuti in strada perchè non si sa dove metterli) consegnano infatti un quadro complicato e abbondantemente critico della situazione, che impone decisioni unilaterali, rapide, definitive. Decisioni che saranno prese dal solito commissario straordinario Goffredo Sottile il quale, dopo aver selezionato il sito inviando una relazione dettagliata a Regione, Provincia e Comune ed al ministero dell’Ambiente, dovrà ora decidere a quale azienda affidare il tutto: troppo poco tempo per pubblicare un bando europeo, come vuole la legge. L’ipotesi più gettonata vuole l’affidamento della nuova discarica, che riceverà (almeno nelle intenzioni) solo rifiuti trattati, ad uno o più operatori del settore già presenti sul territorio, escludendo l’affidamento “in house” all’Ama (l’unico forse che avrebbe un senso senza gara, essendo l’Ama un ente pubblico); nel frattempo Massimiliano Iervolino e Riccardo Magi dei Radicali si sono presi la briga di leggere, analizzare e commentare la relazione del commissario straordinario, evidenziandone alcuni punti critici. La prima considerazione riguarda i rilievi effettuati per la scelta del sito: come fu con i siti di Riano e Corcolle (proposti dall’ex commissario, nominato dalla giunta Polverini, Giuseppe Pecoraro) la scelta sarebbe stata operata solo sulla base di studi cartografici e di fattibilità e non procedendo con rilievi effettivi sul luogo:

“E’ però corretto segnalare come le cosiddette “analisi sul campo” siano ad oggi di difficile realizzazione in punta di diritto, visto che l’area in questione appartiene ad un privato che, al momento, non ha ricevuto alcun indennizzo, né tantomeno si è visto espropriare il terreno. Oltre ciò costui, non ha neanche mai avanzato richiesta di costruzione e gestione di una discarica per rifiuti speciali non pericolosi.”

si legge nelle considerazioni. Altro tema sono le quantità: come già scritto più volte in passato è al momento impossibile quantificare i rifiuti prodotti giornalmente da Roma, quelli trattati e quelli no; in assenza di un’anagrafe dei rifiuti è infatti tutto più oscuro e, dunque, senza alcuna garanzia:

“[…] non fornisce i necessari dati quantitativi e qualitativi derivanti dal funzionamento degli impianti di trattamento meccanico biologico che lavorano i rifiuti di Roma, ivi compresi quelli relativi al trito vagliatore di Rocca Cencia. Tale mancanza è da ritenersi grave visto che senza avere conoscenza di detti dati sensibili è impresa ardua comprendere quanti e quali rifiuti dovranno essere smaltiti nella futura discarica di Roma.”

La presenza di “ecoballe” nella fossa del gasificatore di Malagrotta, ancora non è stato dato alcun dato preciso su quantità e motivazioni per cui sarebbero stoccate là, ma tant’è, è solo la dimostrazione di come una gestione opaca delle emergenze sfiducia quei cittadini che da decenni si avvelenano letteralmente l’esistenza, vuoi per la vicinanza alle discariche vuoi per una semplice questione di coscienza sociale. La discarica di Falcognana, su un terreno di proprietà della azienda Ecofer, avrà una capacità di abbancamento iniziale di 1 milione di metri cubi:

“Tale volumetria comporta due valutazioni, la prima attiene allo spazio ridotto dell’area prescelta che fa ben intendere la natura provvisoria dell’eventuale discarica […] ; la seconda invece, riguarda la tempistica di esaurimento del sito, difatti senza conoscere i dati sensibili riportati nel punto precedente è impossibile comprendere, oltre ogni ragionevole dubbio, quale sarà il tempo di funzionamento dell’invaso.”

Ci sono poi i nodi indennizzo e esproprio del terreno, l’eventuale gara europea e la questione trasparenza e, in ultimo, una nota di buon governo:

“Da apprezzare invece, l’ultimo richiamo riportato nel testo in oggetto, laddove si invita il ministero dell’Ambiente ad emanare quel decreto attuativo, delle esistenti disposizioni di legge, che servirebbe a definire le caratteristiche chimico fisiche della Fos e dunque permetterebbe l’uso di questo materiale per il recupero ambientale delle cave dismesse.”

Sul sito invece sia il sindaco Marino che il presidente Zingaretti sono stati piuttosto chiari: Falcognana è una soluzione ottimale, cosa che sta tirando loro addosso le ire dell’ex-sindaco Alemanno, il quale dimentica il totale immobilismo della sua amministrazione, che ha condotto ad una situazione senza ritorno.

Fonte. Ecoblog

 

Emergenza a Fukushima lo annuncia l’Autorità di regolamentazione Nucleare

E’ stata dichiarata l’emergenza dalla NRA l’Autorità di regolamentazione nucleare giapponese a Fukushima, dove l’acqua altamente radioattiva sfocia nel Pacifico senza che la TEPCO (Tokyo Electric Power) sia in grado di effettuare alcun controllofukushima2-594x350

Secondo la NRA l’acqua contaminata sta risalendo alla superficie, come ecoblog aveva già annunciato, oltre i limiti legali di scarico e a due anni dall’incidente nucleare dell’11 marzo 2011. Come riferisce l’Asahi Shimbun i livelli di radioattività delle acque al di sotto del reattore nucleare nr.1 dove in una cavità ai trovano circa 5000 litri di acqua radioattiva, sono saliti di 47 volte in soli cinque giorni. TEPCO ha riferito che sono state misurate 56.000 becquerel di sostanze radioattive, inclusi stronzio per ogni litro di acque sotterranee campionate ieri sotto il reattore nr. 1. L’entità della minaccia è rappresentata dall’acqua contaminata e dal suo impatto su ambiente e pesca sebbene non siano note con certezza le conseguenze. Ma fughe radioattive di questo tipo, è noto che possono influenzare la salute degli animali marini e degli uomini. Appena la settimana scorsa TEPCO aveva annunciato la scoperta di un lago radioattivo sotto i reattori nucleari nr.1 e nr.3 e le misure delle radiazioni in acqua sono state valutate tra i 20mila e i 40 miliardi di becquerel. Alla fine di luglio, la società aveva sostenuto che l’acqua contenente trizio, stronzio, cesio e altri elementi radioattivi era limitata ai laghi sotterranei ma solo dopo ha reso noto che quell’acqua si stava riversando nell’oceano Pacifico. Una notizia giunta, come rileva Le Monde all’indomani delle elezioni senatoriali che hanno portato alla vittoria il Partito Liberal Democratico del primo ministro Shinzo Abe, in gran parte favorevole al nucleare. A seguito di questa ammissione, le autorità nucleari giapponesi hanno aperto come previsto una serie di indagini per monitorare la contaminazione del mare. Tuttavia, Tepco aveva garantito che l’impatto della fuga radioattiva nel Pacifico era limitata. Ma le cose non stanno proprio così e ciò che ancora resta ignota è la fonte della fuga delle acque. La soluzione prospettata consiste in una serie di muri di contenimento in cemento armato che però sono stati bocciati proprio dall’NRA, essendo l’acqua innalzatasi oltre i livelli di altezza previsti per i muri di contenimento. Oggi la soluzione intravista è la solidificazione del terreno e l’impermeabilizzazione per evitare le perdite di acqua, ma sembra che questa risposta non sia sufficiente.

Fonte:  Asahi, Le Monde