Libano, a Beirut è emergenza rifiuti

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Quattro milioni di abitanti e un milione di profughi. Dall’inizio della crisi siriana il Libano è un paese nel pieno dell’emergenza e a quella dei rifugiati politici si è aggiunta negli ultimi mesi quella causata dalla saturazione della discarica di Karantina, situata nella parte settentrionale della capitale Beirut, non lontano dalle zone più glamour della città. Lo scenario è apocalittico: montagne di rifiuti imputridiscono al sole, dopo che la discarica principale della capitale libanese ha esaurito la sua capacità massima costringendo la compagnia privata di raccolta dei rifiuti a sospendere le attività nella capitale. I rifiuti hanno ricominciato ad ammucchiarsi nei quartieri residenziali di Beirut così come nelle periferie. Gli abitanti sono esasperati: “Le materie organiche fermentano, liberando odori nauseabondi e moltiplicando i batteri che si propagano in giro, causando infezioni intestinali”, spiega un addetto ai sistemi di riciclaggio. Anche i proprietari di attività commerciali sono stati penalizzati dall’odore nauseabondo provenienti dai mucchi d’immondizia e dagli insetti che prolificano. Nello scorso luglio violente proteste di piazza contro l’incapacità e la corruzione del governo avevano provocato decine di feriti a Beirut, minacciando la stabilità del governo, una fragile coalizione tra partiti sunniti e sciiti, paralizzata dalle rivalità interne anche a causa dal conflitto siriano. La polizia aveva dovuto fare ricorso a idranti e gas lacrimogeni per disperdere i manifestanti che chiedevano al governo di trovare una soluzione al problema dei rifiuti abbandonati in strada da settimane a causa del mancato accordo relativo a nuove discariche di smaltimento.

Fonte:  Askanews

Rifiuti in Campania, Bassolino colpevole ma il pm chiede la prescrizione

Il pm Paolo Sirleo chiede la prescrizione per Antonio Bassolino, ex Presidente della Regione Campania, al maxi processo per il disastro rifiuti in Campania.Bassolino-586x438

E’ durata 20 ore la requisitoria, il 10 giugno scorso, del pm Paolo Sirleo al maxi processo per il disastro rifiuti in Campania, che vede l’ex governatore ed ex commissario straordinario all’emergenza rifiuti Antonio Bassolino alla sbarra, con altri 27 imputati (tra cui Impregilo, Fisia e Fibe) per reati come truffa, falso, traffico di rifiuti ed abuso d’ufficio; una requisitoria che però ha la consistenza di un colpo di spugna, visto che il pm ha riconosciuto la colpevolezza di Bassolino ma ne ha chiesta la prescrizione di reato.

Ritengo che Antonio Bassolino abbia concorso nella perpetrazione dei reati, […] si chiede altresì la pronuncia di prescrizione per tutti i capi di imputazione a lui attribuiti.

Prescrizione: si riconosce il reato, la responsabilità e la necessità di condanna ma si getta tutto il processo alle ortiche (tutte le udienze, le carte, le intercettazioni, gli uomini che ci hanno lavorato per quasi dieci anni, tutto in vacca) per via dei tempi processuali, troppo lunghi, che non garantiscono agli imputati un “giusto processo”. La prescrizione, quella che in molti definiscono “amnistia per ricchi”, perchè solo chi può permettersi dieci anni di parcelle ai suoi avvocati ha la garanzia che costoro la tireranno per le lunghe. Prescrizione. Il primo vero istituto giuridico da abolire completamente.

Insomma, l’emergenza rifiuti campana tra il 2000 ed il 2004 (il processo avrebbe dovuto accertare i fatti fino al 2005) si è rivelata una truffa bell’e buona. Una truffa impunita, piena di connivenze, omertà, soldi e potere, una truffa nella quale hanno concorso lo Stato, la criminalità organizzata, i privati: depredata Napoli, depredate tutte le risorse della Campania, non restava altro che depredarne i rifiuti, inferendo forse il colpo di grazia al territorio più martoriato d’Italia. Lo scrive chiaramente Massimiliano Iervolino nel suo libro, uscito recentemente, “Il rifiuto del sud” (Di Girolamo editore):

La verità è una: da un lato la criminalità politica in merito ai rifiuti solidi urbani ha fatto sì che non venisse attuato il Decreto Napolitano, dall’altro la criminalità organizzata, approfittando del caos, ha gestito il trasporto e l’individuazione dei siti da adibire a discariche. Senza la criminalità politica, quella organizzata non avrebbe avuto terreno fertile per lucrare.

Cominciato nel 2008, il silenzio tombale che lentamente si è propagato attorno a questo dibattimento ha fatto si che in due giorni fossero in pochi a dare la notizia della richiesta di prescrizione per Bassolino: nessuna memoria storica, nessun reato, tutti puliti, pronti per un’altra, l’ennesima, avventura nel circo politico. Eppure i reati contestati, frode in pubbliche forniture e truffa ai danni dello Stato, dovrebbero essere di interesse pubblico: talmente tanto che nell’aula bunker del Tribunale di Napoli la Procura dispose il divieto di introdurre registratori, telecamere, macchine fotografiche; persi gli “strumenti del mestiere”, i giornalisti cominciarono a non provarci nemmeno più ad entrare, legittimando quella silenziosa, pelosissima, richiesta di silenzio assoluto che il potere giudiziario ha in un certo qual modo “imposto” alla stampa. Ad aprile 2012 le prime prescrizioni (18 i capi d’imputazione caduti per i tempi biblici del processo), nel 2013 il sapone laverà anche l’altra mano dei colpevoli: nessuno di loro pagherà. Non la galera, non il giustizialismo sfrenato, ma la necessità di verità mi spingono oggi a scrivere queste parole: dal 1998 le delibere della Regione Campania hanno letteralmente picconato norme e principi contenuti nel Decreto Napolitano, che cadenzava il raggiungimento della differenziata, il riciclo, la produzione di energia da Cdr, imponendo date, deadline, percentuali da raggiungere, hanno rappresentato il tentativo, portato a termine, di abbrancare i milioni di euro dei contributi Cip6 in Campania, i fatti avvenuti dopo il 2000 (dopo l’elezione a governatore di Bassolino). Dalla sua elezione invece Bassolino di fatto garantì la spartizione di una torta enorme: senza mai leggere un contratto (come da lui stesso dichiarato) in Campania si verificarono sovrastime di offerta rispetto alle reali possibilità dei contraenti e violazioni contrattuali sistematiche: “truffe” anche secondo il Gip. Le ecoballe continuano ad essere ammassate nei campi alle porte di Napoli e Caserta, le discariche abusive sono state rese pubbliche senza cambiare le modalità di smaltimento (lo Stato che va a scuola dalla camorra), gli impianti continuano a funzionare a singhiozzo e la raccolta differenziata resta un pallido miraggio di sviluppo: a cosa è servita l’emergenza rifiuti in Campania? Le ecoballe, umide per via del Cdr di bassa qualità, saranno inservibili per la bruciatura, ma oggi, in questo momento, avvelenano oltremodo il territorio campano: ammassate nei campi e coperte da teli neri, producono percolato (incredibile ma vero) che non viene incanalato in nessun pozzo di emungimento, ma disperso.

Nessun piano industriale è partito, dunque a breve potrebbe arrivare l’ennesima condanna alla Corte di Giustizia europea che dimostrerebbe, qualora ce ne fosse ancora bisogno, il disastro campano. In dieci anni sono state smaltite solo ottantacinque mila tonnellate dei sei milioni di ecoballe prodotte. Dopo un lungo periodo di tempo, continuano a giacere in quei luoghi producendo un danno, anche economico, enorme. Pensate che qualora la monnezza dovesse rimanere stoccata negli stessi siti per altri undici anni, lo Stato si troverebbe a dovere spendere circa 240 milioni di euro. Ma c’è di più: infatti non conoscere cosa sia stipato all’interno di queste “balle” rende difficile anche programmare un inceneritore per bruciarle. Qualora poi questo impianto venisse comunque costruito, servirebbero circa venti anni per portare a combustione il totale di rifiuti stoccati. Se invece tale massa imponente di monnezza venisse trasportata all’estero bisognerebbe impegnare circa seicento mila veicoli, un numero talmente elevato che coprirebbe l’intero percorso che divide Napoli da Oslo. Ma le “piramidi” sembrano non interessare nessuno, nonostante la ben nota devastazione di interi territori. I politici, i giornalisti e l’élite del nostro Paese fanno quasi finta di nulla.

Ha scritto Iervolino nel suo libro.

Fonte: ecoblog

“L’emergenza rifiuti” di Norvegia e Svezia: intervista a Rossano Ercolini

“Vendeteci i rifiuti o restiamo al buio. L’emergenza al contrario dei paesi nordici”. Dopo l’articolo di Repubblica, Eco dalle Città ha raccolto il commento di Rossano Ercolini (vincitore del premio internazionale “Goldman Environmental Prize 2013”)374807

“La Norvegia ha un problema. Ha finito la spazzatura e non sa più come riscaldarsi e produrre energia. Tutta colpa dei suoi abitanti, che riciclano quasi la metà di ciò che buttano e lasciano un misero 2 per cento alla discarica”. Inizia così l’articolo di Repubblica di domenica 5 maggio dal titolo “Vendeteci i rifiuti o restiamo al buio”. L’emergenza al contrario dei paesi nordici. Norvegia e Svezia sono in emergenza per la mancanza di rifiuti? Lo abbiamo chiesto a Rossano Ercolini del movimento nazionale Rifiuti Zero (vincitore del premio internazionale “Goldman Environmental Prize 2013”). “In quei Paesi – ha spiegato Rossano Ercolini – hanno realizzato inceneritori capaci di smaltire più di mille tonnellate al giorno. Oggi però non hanno più questi quantitativi. L’emergenza non sta nella mancanza di rifiuti ma nella decisione di investire in questi mega-impianti. Il problema è quindi l’over-capacity“. “E’ la crisi della termovalorizzazione e dell’incenerimento – ha continuato Ercolini -. Questo è un monito per l’Italia e per Torino in particolare: se verranno portati avanti gli obiettivi europei di riciclo vi troverete nella condizione di dover andare alla ricerca di materiali”. Ci fu un errore di valutazione dai parte dei Paesi nordici quando furono realizzati questi impianti? “Nei paesi nordici – ha spiegato Ercolini – è sempre prevalsa la cultura ingegneristica che ha portato a preferire impianti di grosse dimensioni piuttosto che piccole taglie (non convenienti dal punto di vista economico). A differenza dell’Italia, tuttavia, i Paesi nordici un alibi possono avercelo ed è costituito dallo sfruttamento di energia e calore date le necessità dettate dal clima”.  E’ noto che alcuni impianti del Nord Europa stanno importando rifiuti come avviene nel caso dei rifiuti Napoli. Secondo Ercolini “il trasferimento di rifiuti dai Paesi del Sud Europa verso gli impianti del Nord è una soluzione che serve a fronteggiare l’agonia. La strada da intraprendere credo che possa essere quella della Danimarca (che oggi brucia del 70% dei rifiuti) dove il governo ha deciso di adottare una strategia di uscita dalla termovalorizzazione. Lungo questa strada però – conclude Ercolini – occorrerà affrontare l’opposizione costituita dalla lobby dell’incenerimento”.

Fonte: eco dalle città

Emergenza rifiuti a Palermo: Amia fallita e le strade diventano una discarica

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La discarica di Bellolampo è al limite della saturazione, l’Amia è fallita e in tre anni di gestione commissariale sono stati persi altri 90 milioni di euro. Si aspettavano i profumi e i colori della primavera a Palermo e, invece, sono i maleodoranti sacchetti dell’immondizia e i colori spenti dei sacchetti di plastica a contraddistinguere questi giorni di fine aprile. Cumuli di rifiuti, cassonetti stracolmi che invadono i marciapiedi e persino le corsie riservate ai mezzi pubblici. Non è certo uno spettacolo edificante per i turisti che iniziano ad arrivare nel capoluogo siciliano. Dopo Napoli e Roma, dunque, l’emergenza rifiuti si sposta ancora più a sud, dove il mix dei primi caldi e dei rifiuti sta saturando l’aria con un odore nauseabondo. La situazione va avanti da alcune settimane ed è diventata critica quando il Tribunale di Palermo ha dichiarato fallita l’AMIA la società che si occupa della gestione dei rifiuti in città. Nei giorni scorsi il sindaco Leoluca Orlando aveva pesantemente attaccato i tre commissari Sebastiano SorbelloFrancesco Foti e Paolo Lupi puntando l’indice su una gestione commissariale che in tre anni di gestione ha fatto perdere ulteriori 90 milioni di euro all’utility già in difficoltà. Ora interverranno i curatori fallimentari . I problemi, purtroppo, non sono soltanto di ordine economico o, meglio, i buchi di bilancio hanno provocato disagi a livello logistico: la discarica di Bellolampo (le cui recenti traversie rappresentano un capitolo a parte di questa triste storia) potrebbe saturarsi entro fine mese. Anche quando ripartirà la raccolta dei rifiuti potrebbe non esserci lo spazio necessario a stoccarli. Si profila all’orizzonte la realizzazione di un termovalorizzatore che presuppone, però, una differenziazione nella raccolta dei rifiuti. Per il momento i cittadini, esasperati dagli odori nauseabondi, hanno deciso di dar fuoco ai rifiuti accendendo una cinquantina di roghi che hanno costretto le forze dell’ordine a intervenire. Molto duro il commento alla vicenda del Presidente dei Circoli dell’Ambiente, Alfonso Fimiani:

Le immagini di una Palermo invasa dai rifiuti non sono che l’epilogo di una situazione drammatica che denunciamo da anni. Durante le elezioni regionali la nostra critica è stata trasversale: nessuno dei candidati a Governatore si era minimamente preoccupato di avanzare proposte di risoluzione di una problematica che ha radici profonde e lontane nel tempo e questi sono i risultati. Non accettiamo che ci sia il solito scaricabarile: le responsabilità sono dell’intera filiera istituzionale che non è stata ancora in grado di assicurare alla Regione Sicilia impianti adeguati per la gestione e lo smaltimento dei rifiuti. Addossare le colpe agli eletti dell’ultima tornata è ridicolo: il tema non è stato mai affrontato con un piglio che possa portare ad una risoluzione definitiva. In Sicilia servono i termovalorizzatori: è necessario costruirne uno in ogni Provincia. A questi è necessario affiancare serie politiche di riduzione, recupero e riciclo: il rifiuto deve essere trasformato in risorsa, come recita il nostro slogan.

Fonte: Il Fatto Quotidiano