CondoMio: la comunità autorecupera le case popolari

La valorizzazione e rigenerazione urbana può partire dalla case popolari, beni comuni a tutti gli effetti, coinvolgendo la comunità locale e attivando I talenti del territorio. Alessia Macchi ci parla di CondoMio, il suo ultimo progetto nell’ambito dell’abitare collaborativo, completato da pochi mesi a Empoli. Un condominio, dodici famiglie ed un progetto di rigenerazione urbana che parte dalle case popolari e i loro abitanti. È Alessia Macchi, architetto e Agente del Cambiamento, l’ideatrice del progetto CondoMìo, realizzato nel Comune di Empoli per Publicasa Spa, ente che progetta e gestisce il patrimonio immobiliare dell’Unione dei Comuni – Circondario Empolese Valdelsa.condomio1

Che cos’è la “rigenerazione popolare” nominata nel progetto?

Si parla molto in questi ultimi tempi di rigenerazione urbana e valorizzazione dei beni comuni, ma poco del fatto che anche le case popolari sono a tutti gli effetti un bene comune, spesso situato in quartieri di grande marginalità. I condomini popolari possono diventare fulcro di rigenerazione, creando l’innesco per riattivare interi quartieri. Ma non si può fare rigenerazione urbana senza fare anche rigenerazione umana, coinvolgendo la comunità locale e valorizzandone i talenti.

Descrivici CondoMìo. Com’è nato e quali sono i suoi obiettivi?

Il progetto è nato dalla scoperta di quante potenzialità possano nascondersi in un condominio di edilizia popolare e dalla voglia di provare a costruire qualcosa di innovativo insieme alle persone che ci abitano. Sono state coinvolte 12 famiglie di sei nazionalità diverse che hanno rigenerato in maniera semplice ma efficace gli spazi condivisi del loro edificio. La sfida del progetto è legata non solo a riqualificare in chiave estetica e funzionale i luoghi utilizzati quotidianamente da queste persone, ma anche e soprattutto a creare “autostima collettiva”, a “ricucire” comunità e a farlo, perché no, divertendosi!

In cosa è consistito praticamente l’intervento di autorecupero?

Per cinque mesi, le famiglie che abitano nelle case popolari di una frazione di Empoli si sono incontrate, confrontate, hanno deciso quali erano le priorità per il loro condominio e hanno realizzato in prima persona i cambiamenti proposti. Hanno sostituito il pavimento in plastica dell’ingresso con un nuovo pavimento vinilico, cambiato le cassette della posta e creato una tool library condominiale per gli attrezzi da giardinaggio. Il tutto attraverso sei incontri di progettazione partecipata, quattro giornate di autorecupero e una giornata conclusiva di festeggiamenti. Simbolicamente, agendo sul pavimento, hanno deciso di rigenerare la base su cui camminare tutti insieme, o almeno questa è la lettura più bella che è stata data del progetto fino a ora!

Video realizzato da Marco Orazzini

Quali sono gli aspetti innovativi?

CondoMìo utilizza pratiche di autorecupero per innescare partecipazione e coinvolgimento dove prima non c’erano, in quanto è proprio l’agire insieme per la realizzazione di un obiettivo comune tangibile che contribuisce a raggiungere alti livelli di collaborazione anche in ambiti socialmente difficili, caratterizzati da multiculturalità e diffidenza. Nelle case popolari, difficilmente gli spazi comuni vengono percepiti come un qualcosa di cui avere cura. Migliorarli in prima persona, con il lavoro delle proprie mani, ribalta la prospettiva in positivo e getta le basi per una gestione resiliente portata avanti da cittadini attivi. Inoltre l’autorecupero rappresenta anche il mezzo per acquisire competenze spendibili in altri contesti, in un’ottica di formazione e autonomia personale.

Qual è stato il contributo dell’ente promotore al progetto?

CondoMìo si basa sulla collaborazione reciproca non solo tra vicini di casa, ma anche tra condominio e soggetto promotore del progetto, Publicasa S.p.A., che ha fornito tutto il supporto per avere i materiali necessari ai lavori, mentre gli inquilini si sono occupati personalmente delle attività di rigenerazione. E’ stata una sfida anche dal punto di vista burocratico, nel tentativo di tracciare un nuovo solco procedurale, e Publicasa S.p.A. l’ha accettata di buon grado, con grande spirito di innovazione e lungimiranza.condomio3

Esiste qualcosa di simile nel panorama nazionale?

La presa di coscienza del fatto che le politiche abitative stanno diventando sempre più “relazionali”, sta generando risposte orientate a creare nuovi condomìni pubblici più consapevoli e inclusivi, predisponendo sin dall’inizio luoghi e funzioni per la socialità. Ma con i condomìni esistenti come si fa? CondoMìo prova a dare una risposta originale, attraverso un progetto sperimentale con caratteristiche peculiari che per adesso non ritrovo in nessuna delle realtà italiane che ho conosciuto. La mediazione dei conflitti ad esempio rappresenta solo una parte del progetto, in un approccio che intreccia fin da subito rigenerazione di luoghi e relazioni, e dove vengono inseriti inoltre elementi di facilitazione, oasis game e sociocrazia. Si cerca di trasmettere un nuovo modo di pensare i rapporti e la gestione degli spazi condivisi, non limitandosi solo alla sottoscrizione di un patto di buon vicinato.

Qual è stato il risultato?

Il risultato è stato spiazzante! In un contesto come quello di un condominio di edilizia popolare non è facile mettersi in gioco, avvicinarsi, parlarsi, lavorare fianco a fianco. Devi superare la quotidianità, mettere da parte il risentimento, le dissidie accumulate negli anni. Puoi riscoprire il piacere di stare insieme, di collaborare anzichè litigare, ma non è detto. E invece è successo! Superati la diffidenza e i pregiudizi iniziali, queste persone hanno seguito con curiosità le riunioni atipiche dove ci si mette tutti in cerchio e si sono stupite del fatto che qualcuno chiedesse loro quali erano le priorità per gli spazi comuni del loro condominio. Si sono rimboccate le maniche e ognuno secondo le proprie capacità e competenze ha contribuito a rendere migliore il luogo in cui vivono. Ogni passo in avanti del progetto è stata una conquista, per loro e per me, ma alla fine quello che mi hanno dato è molto più di quello che io sono riuscita a dare loro. Mi hanno confermato che quelle potenzialità che avevo scorto prima della nascita del progetto erano l’intuizione giusta!condomio2

Quali i prossimi passi dopo questa fase sperimentale?

Sarà necessario un periodo di implementazione del progetto, in cui saranno raccolti ed esaminati tutti gli aspetti emersi e i risultati ottenuti, dopodichè si passerà a una fase di strutturazione che permetterà di definire maggiormente tutte le fasi del progetto e i contributi delle diverse professionalità necessarie alla buona riuscita. L’idea è quella di replicare il progetto in altri quartieri di edilizia popolare, coinvolgendo le Amministrazioni e gli enti gestori, con l’obbiettivo di farlo diventare un modello gestionale più condiviso ed efficace degli spazi comuni dei condomìni ad alta densità abitativa, nell’ottica di migliorare la qualità dell’abitare e allo stesso tempo risvegliare il senso di comunità, l’appartenenza ad un luogo e la volontà di migliorarlo.

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2018/04/condomio-comunita-autorecupera-case-popolari/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

Clima e alluvioni: “Ripensare l’urbanistica per evitare i disastri”

È necessario ripensare la progettazione urbanistica, limitando le nuove costruzioni, lasciando grandi spazi verdi e permeabili ed evitando di costruire in zone a rischio. È quanto sottolinea la Lipu riguardo gli ultimi tragici eventi che hanno colpito il nostro territorio, e in particolare il disastro di Livorno. Oltre alle piogge eccezionali ad uccidere sono state le pessime scelte urbanistiche, come cementificare i terreni, tagliare la vegetazione lungo i fiumi e interrare i torrenti. È quanto pensa la Lipu riguardo gli ultimi tragici eventi che hanno colpito il nostro territorio, e in particolare il disastro di Livorno. Dove è chiaro che la scelta di interrare il Rio Maggiore e costruirvi sopra un quartiere, la cementificazione del territorio e, più di recente, l’errato calcolo nella costruzione delle quattro casse di espansione del torrente, insufficienti a contenere una massa d’acqua importante come quella caduta due giorni fa a Livorno, sono alle origini del disastro. Se pensiamo poi – aggiunge la Lipu – alla recente costruzione del Parco di Levante, che se fosse stato adibito a parco con verde urbano (come peraltro la Lipu aveva chiesto) invece di essere ricoperto di cemento per costruirvi un centro commerciale avrebbe contribuito in maniera importante a evitare il disastro e le vittime. Si continua poi – prosegue la Lipu – a pensare che la vegetazione lungo i fiumi vada eliminata perché ciò garantisce maggiore sicurezza idraulica; nulla di più errato, come dimostrano, per fare un esempio, i recentissimi tagli selvaggi effettuati sul torrente Ugione, che regolarmente è esondato nonostante “la messa in sicurezza”.M.Dinetti

Foto di Marco Dinetti

In realtà le piante lungo i fiumi assicurano servizi ecosistemici fondamentali come la limitazione dell’erosione, il rallentamento della corrente, la mitigazione delle piene, la ricarica delle falde acquifere sotterranee, e dunque vanno lasciate, salvo i casi, singoli e circoscritti, in cui possano facilmente spezzarsi e rischiare di essere portate a valle dall’acqua e intasare i ponti. L’unica strada per rimediare ai grossolani errori fatti nel passato è quella di ripensare totalmente la progettazione urbanistica, limitando le nuove costruzioni, (vedi la cementificazione in corso della rotonda di Ardenza), lasciando grandi spazi verdi e permeabili (quali l’area degli orti di Via Goito, altra “battaglia” a difesa del territorio in cui la Lipu è tuttora impegnata) che possano captare e assorbire le acque, evitando di costruire in zone a rischio. E ancora, risanare le situazioni più pericolose e permettere ai fiumi di svolgere il loro prezioso ruolo di corridoi ecologici, senza interventi di tagli indiscriminati della vegetazione (un preoccupante fenomeno in aumento a livello nazionale), e senza cementificarne le sponde, ridurre le aree golenali o deviarne il corso.

“La natura va rispettata – afferma Fulvio Mamone Capria, presidente della Lipu – perché essa può svolgere un ruolo fondamentale nella mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, che purtroppo sempre più di frequente colpiranno il nostro Paese e per i quali è indispensabile predisporre un piano nazionale di adattamento e una politica energetica che riduca drasticamente le emissioni di gas serra nell’atmosfera.

“La Lipu è fortemente contraria anche ai rimboschimenti post incendi che oltre ad essere illegali sarebbero la risposta peggiore, soprattutto nelle aree protette, a seguito del disegno criminoso che ha visto ridurre in cenere un patrimonio boschivo di straordinaria bellezza”.

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2017/09/clima-alluvioni-ripensare-urbanistica-evitare-disastri/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

Social housing, nascono nuove forme di abitare

Dai condomini solidali agli alberghi sociali. Si stanno diffondendo negli ultimi anni anche in Italia nuove politiche abitative fondate sui rapporti di collaborazione e buon vicinato: il cosiddetto Social housing. Ce ne parla in questo articolo Alessia Canzian che per due anni ha vissuto come coabitante solidale a Torino. In Italia il diritto alla casa non è sancito dalla legge; nella Costituzione si sancisce il diritto alla proprietà privata della casa, viceversa nell’Unione Europea il diritto alla casa è un diritto opponibile, pertanto, nel 2006, la Regione Piemonte ha cambiato il suo statuto per allinearlo alle linee europee, inserendo tra i diritti dei cittadini piemontesi il diritto alla casa. Nello Statuto della Regione Piemonte l’Articolo 10 sancisce il Diritto all’abitazione e tutela del consumatore, inoltre al comma 1 specifica: “La Regione riconosce e promuove il diritto all’abitazione”.

Al di là della normativa, il problema risulta molto più concreto dato che disuguaglianza, disgregazione e conflittualità sociale costituiscono un pesantissimo ostacolo allo sviluppo anche economico delle aree urbane. Viceversa progetti come condomini solidali, o coabitazioni solidali, possono essere una valida soluzione anche a livello di previdenza sociale, una forma di previdenza, tra l’altro, puramente umana e fondata su rapporti di sincera amicizia e buon vicinato.

L’interesse per queste realtà nasce, innanzitutto, dalla mia esperienza diretta di coabitante solidale, avendo vissuto 2 anni in un social housing a Torino. Da questa esperienza ho avuto modo di constatare che queste realtà possono veramente essere un punto di partenza positivo per la realizzazione di una società diversa e fondata su nuovi principi, in cui ognuno possa sentirsi fautore di cambiamento.casasol

Casa Sol a Torino

Ma cerchiamo ora di entrare nel vivo della questione e comprendere che cosa si intende con l’espressione social housing. Il termine inglese è semplicemente tradotto con “edilizia sociale”, nel testo delle “Linee guida per il social housing in Piemonte” si legge che, per estensione, il termine Social Housing diventa “ciò che attiene all’offerta sociale di abitazioni”. Una definizione di questo tipo risulta abbastanza vaga e facilmente interpretabile in modi diversi, questo dimostra anche le diverse realtà che sono presenti sul territorio torinese che a breve vi mostrerò. Tuttavia, si evince che il Social Housing comprende tutto ciò che è collegato alla casa, o all’abitare, ma ne aggiunge un qualche riscontro anche sul sociale. Sul sito della Regione Piemonte il termine Social Housing viene definito come: “alloggi e servizi con forte connotazione sociale, per coloro che non riescono a soddisfare il proprio bisogno abitativo sul mercato (per ragioni economiche o per assenza di un’offerta adeguata) cercando di rafforzare la loro condizione”.

Questa definizione è ancora diversa, perché non è più soltanto riferita agli alloggi, ma anche a servizi, inoltre afferma che tali servizi cercano di “rafforzare” una “condizione” implicitamente svantaggiata. Pertanto, il Social Housing acquisisce anche un valore attivo di supporto sia materiale, come alloggi, sia di sostegno, come servizi.biblioteca-vivente-casa-sol-24

La biblioteca “vivente” di Casa Sol

I programmi comunali di Social Housing nascono a Torino a partire dal 2008, l’intento primario era di offrire un sostegno che oltrepassasse il semplice fornire l’accoglienza in una casa, ma che comprendesse anche l’erogazione di un servizio. In questa logica dal 2009 il comune di Torino ha approvato il piano per il social housing comunale che la Regione richiedeva, assegnando ai comuni piemontesi il ruolo di coordinamento e di regia dei diversi progetti. Pertanto, sorgono accanto all’edilizia sovvenzionata, a totale carico dello Stato e destinata alla locazione permanente, e all’edilizia agevolata, attuata in parte con le risorse degli operatori e generalmente destinata alla vendita, nuove politiche abitative che appunto prendono il nome di Social Housing. Parallelamente, correlato anche all’aumento del precariato giovanile, si è cercato di fornire una risposta anche a quello che non era un disagio sociale, ma una vulnerabilità. Quindi, sostanzialmente, a Torino ci troviamo in presenza di alcune categorie di interventi di abitare sociale che sono ben diversi tra loro.

Partiamo dalle residenze sociali, o alberghi sociali. L’obiettivo primario è di offrire ospitalità temporanea in città a costi calmierati. Queste soluzioni sono pensate soprattutto per la fascia grigia della popolazione, ovvero quelle persone che, pur avendo un lavoro, non riescono più a far fronte ai rischi e ai bisogni di carattere economico-sociale.
Le residenze colletive sociali, o i condomini solidali, sono realtà studiate per valorizzare le capacità dei condomini al fine di fornire ai singoli una rete di auto mutuo aiuto tipica della famiglia tradizionale.

Le coabitazioni solidali sono progetti promossi dal Comune di Torino con l’intento di creare un’integrazione sociale e mix socio-culturale nei quartieri di edilizia residenziale pubblica. La figura del coabitante è, di fatto, un giovane, tra i 18 e i 30 anni, inserito negli stabili con lo scopo di creare attività ricreative per gli inquilini, monitorare le situazioni difficili e migliorare le condizioni di socialità all’interno degli stabili. L’intento di fondo è di avviare un monitoraggio dal basso e tra pari, nel senso che i volontari non sono operatori o professionisti, semplicemente hanno il ruolo di essere buoni vicini di casa. I giovani coinvolti nel progetto, dunque, possono usufruire di un monolocale a prezzo agevolato ed in cambio devono rendersi disponibili ad effettuare dieci ore di servizio volontario all’interno del condominio.

Infine c’è il cohousing, che di per sé è una scelta di vita, una forma di abitare condiviso, in cui le persone alternano momenti individuali a momenti di comunità e condivisione. A Torino solo molte le realtà di cohousing che stanno nascendo, o che sono sempre esistite, basti pensare agli studenti universitari che condividono gli alloggi.casasol2

Casa Sol a Torino

Il passaggio dalla casa popolare intesa come edificio, per sempre e per i più poveri, all’abitare sociale, come funzione risolta in una pluralità di modi e che offre una risposta ai bisogni emergenti legati alla fragilità sociale pensata anche per nuovi utenti, è un passaggio lento e graduale. Tuttavia, l’instabilità che stiamo vivendo oggi è un problema che coinvolge tutti. Molti sono i giovani precari nel lavoro e le famiglie a rischio. Per una famiglia media, basta la perdita di un reddito per cadere nel profilo della fascia grigia. Personalmente reputo che l’abitare sociale debba essere inteso come un cambiamento radicale, una sorta di passaggio da una vita chiusa nelle proprie mura domestiche ad una vita condivisa, dove ognuno possa sentirsi libero di poter chiedere un aiuto concreto al proprio vicino. La nostra società, oggi, è ancora basata sul modello individualistico, forse sarebbe più opportuno ipotizzare un modello di vita che possa permettere una transizione dal modello precedente ad un nuovo modello basato sulla condivisione e sul sostegno.

I gruppi di coabitazione, per giovani, anziani o famiglie; le residenze collettive, per singoli da sostenere e accompagnare; gli alberghi sociali, per l’emergenza o brevi periodi; i condomini solidali, per l’auto mutuo aiuto; le coabitazioni solidali, per l’accompagnamento sociale nei quartieri difficili di edilizia residenziale pubblica sono solo possibili strumenti, il vero cambiamento deve avvenire soprattutto a livello individuale, con l’aumento delle persone che intendono percorrere questo sentiero di collaborazione e reciproca solidarietà.

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2017/01/social-housing-nuove-forme-abitare/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

 

“Edizero”: dagli scarti dell’agrofood a biomateriali per l’edilizia, premiata eccellenza Italia a WEF di New Delhi

La prima impresa al mondo ad usare oltre 100 diversi tipi di scarti da fonti rinnovabili dell’agrofood, riconvertiti in biomateriali con zero petrolio e acqua, specifici per edilizia, disiniquinamento ambientale, terrestre e idricoindia

L’Italia che crea e fa innovazione nel rispetto del territorio e nello spirito di valorizzare in modo simile donne e uomini, è stata premiata nel 2/o Women Economic Forum (WEF), chiusosi a New Delhi il 21 maggio 2016 con la partecipazione di 1500 donne e uomini provenienti da istituzioni, imprese e associazioni di ben 108 Paesi. Infatti, fra i 20 ‘Pionieri dell’Innovazione’ premiati vi sono Oscar Ruggeri e Daniela Ducato, fondatori di ‘Edizero – Architecture of Peaceprima impresa al mondo ad usare oltre 100 diversi tipi di scarti da fonti rinnovabili dell’agrofood, riconvertiti in biomateriali con zero petrolio e acqua, specifici per edilizia, disiniquinamento ambientale, terrestre e idrico.india2

Inoltre, ha ricevuto un premio anche Emanuela Donetti, di ‘Urbano Creativo‘, docente di Green building all’università di Ginevra, che ha sviluppato le prime applicazioni e relativi sistemi tecnologici per una urbanistica sostenibile e smart.

Tra i temi approfonditi in piu’ di 400 sessioni di discussione, vi sono stati il ruolo cruciale dell’innovazione nella leadership, sviluppo sostenibile e tutela dell’ambiente, ed in sanità, istruzione e ‘public diplomacy’. La giuria internazionale composta da economisti e scienziati, docenti di prestigiose università tra cui Harvard e la New York University, ha valutato le imprese innovative in base non solo all’eccellenza nel proprio settore, ma soprattutto alla capacità di valorizzare il contributo di donne leader. La sostenibilità ambientale e l’innovazione tecnologica nei settori ‘green’, sono stati oggetto di approfondimento dei premiati con l’ambasciatore d’Italia a New Delhi, Lorenzo Angeloni, che ha confermato come risparmio energetico, edilizia ‘green’ e smart cities siano temi prioritari nel mondo, e in particolare in un paese in crescita come l’India. A tal proposito ha ricordato che il Ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale è da tempo impegnato a promuovere più alti standard ambientali con un Piano d’Azione ‘Farnesina Verde‘ comprensivo di varie iniziative ecologiche, soprattutto nelle sue ambasciate e consolati.

Fonte: ecodallecitta.it

In Toscana via libera a chi si autocostruisce la casa

La Regione Toscana riconosce la figura dell’autocostruttore in edilizia. Con la delibera del 12 marzo scorso, l’ente territoriale ha deliberato le “Linee di indirizzo per la sicurezza nei cantieri di autocostruzione e di autorecupero”. Si tratta della prima Regione in Italia a muovere questo passo.autocostruzione

«E’ un evento che ha una grande rilevanza sociale, in quanto la Toscana è la prima regione in Italia che di fatto riconosce la figura dell’autocostruttore semplice, non inquadrato all’interno di una cooperativa». Così l’associazione Aria Familiare (Associazione Rete Italiana Autocostruzione Familiare), assieme a tante altre associazioni toscane, commenta il via libera che rende l’autocostruzione un atto riconosciuto. L’associazione ha spinto moltissimi negli ultimi due anni per ottenere questo risultato che ora è arrivato. «Il diritto alla casa è riconosciuto a livello nazionale ed internazionale, ma l’accesso all’alloggio resta di fatto precluso a larghe fasce di popolazione a basso reddito ed è qui che l’autocostruzione potrebbe svilupparsi come pratica a supporto dell’edilizia popolare tradizionale – spiegano dall’associazione Aria Familiare – Fino ad oggi chi voleva autocostruire la propria casa con l’aiuto di amici e parenti non poteva farlo in modo legale se non inquadrando l’autocostruttore entro forme associative onerose economicamente, quali la cooperativa di costruzione che mal si adatta a piccoli gruppi di autocostruttori ed a piccoli interventi quali una casa monofamiliare. Il totale disinteresse fino ad oggi a riconoscere ed incentivare l’autocostruzione familiare è un fenomeno singolare e tutto italiano poichè in gran parte degli stati europei è possibile autocostruire: in Francia in aree extraurbane si possono autocostruire edifici fino a 169 metri quadrati seguendo semplicissime regole e dotandosi di adeguate coperture assicurative; esistono associazioni e scuole che supportano la formazione». Per autocostruzione familiare si intendono piccoli interventi con un piccolo gruppo di autocostruttori, cioè una famiglia o un gruppo di amici; è da distinguere rispetto all’autocostruzione organizzata ed assistita che utilizza la forma consociativa della cooperativa e spesso riguarda interventi su scala più grande. I principi che sottostanno all’autocostruzione familiare sono quelli della sostenibilità sociale ed ambientale». Sociale: «Non solo da un punto di vista economico, poichè nei progetti di autocostruzione si intensificano e si ricuciono le relazioni con la propria comunità e con una rete più vasta di solidarietà; l’esperienza dell’autocostruzione rigenera il senso di appartenenza nei confronti della collettività, innesca processi formativi formidabili». Ambientale: «Perchè solitamente chi si costruisce la propria casa presta particolare attenzione ad usare materiali salubri e quindi naturali, è più facile quindi che ci si approcci a tecniche di bioedilizia, con particolare attenzione alla efficienza energetica, questo ha anche una ricaduta sull’economia locale, poiché materiali e competenze vengono ricercate nel territorio di appartenenza». «Per questi motivi ci piace definire l’autocostruzione familiare anche eco-autocostruzione. In Toscana da due anni si è formata una rete di tante associazioni e persone,(Rete toscana autocostruzione e autorecupero) che ha supportato la Regione Toscana per arrivare a rendere legale e sicura l’autocostruzione familiare. Entro l’anno partiranno circa 12 progetti in autocostruzione, di cui 8 interessati anche da un finanziamento messo a bando dalla Regione stessa. Nelle linee guida regionali è prevista la costituzione di un tavolo tecnico che monitori le varie esperienze, per poi andare ad integrare e migliorare le linee guida stesse, al momento carenti di indicazioni concrete per la conduzione di cantieri in autocostruzione, ma che rappresentano comunque un passo in avanti fondamentale; la Rete toscana di autocostruzione è pronta a dare un considerevole contributo all’interno del tavolo tecnico per riportare dal basso le proprie esperienze. La delibera toscana farà sicuramente da apripista nelle altre Regioni italiane».

A.R.I.A. familiare supporta gli autocostruttori fornendo un aiuto concreto attraverso chiarimenti su tutti gli aspetti burocratici e di rispetto delle norme vigenti e fornendo aiuto per dare risposte adeguate ai reali bisogni di un progetto di autocostruzione che essenzialmente sono:

– utilizzo di tecniche semplici

– formazione adeguata sia sulle tecniche che sulla sicurezza in cantiere,

– poter disporre di una progettazione tecnica “partecipata” che possa rispondere in modo efficace alle necessità degli autocostruttori

– professionisti edili che aiutino gli autocostruttori nelle varie fasi di costruzione.

 

L’associazione sta creando una rete di volontari che potranno in maniera gratuita donare il proprio tempo e capacità presso questi cantieri, dove verranno ospitati e dove ci sarà un importante scambio di saperi e condivisione di principi e di esperienze

 

Fonte: ilcambiamento.it

Efficienza energetica: il governo vuole stabilizzare le detrazioni fiscali. Richieste in aumento del 35% nel 2013

Secondo il viceministro allo Sviluppo Claudio De Vincenti, il governo sta pensando di rendere le detrazioni per l’efficienza degli edifici una misura stabile. Intanto, l’Enea registra, nel 2013, un incremento annuo del 35% le richieste di ecobonus, probabilmente dovuto all’aumento dell’aliquota dal 55% al 65%380563

Il governo sta pensando di trasformare in una misura strutturale la detrazione fiscale per gli interventi di miglioramento dell’efficienza energetica in edilizia. L’agenzia di stampa Reuters ha riportato una dichiarazione di Claudio De Vincenti, viceministro allo Sviluppo Economico con delega all’energia, rilasciata a margine di un convegno sull’efficienza energetica. «Vogliamo rendere strutturale il bonus per l’efficienza energetica nell’edilizia», ha detto l’esponente del governo nel corso di una video intervista proiettata durante l’incontro.  Le detrazioni fiscali destinate a chi effettua interventi di efficientamento energetico su un immobile sono da tempo oggetto di richieste di stabilizzazione da parte delle principali associazioni ambientaliste e degli organi di rappresentanza del settore edilizio. Attualmente, il bonus efficienza ha carattere temporaneo, e viene di solito prorogato – con variazioni nell’aliquota (attualmente siamo al 65%) e nelle modalità di riscossione – ad ogni scadenza.  Secondo l’ENEA, soggetto incaricato dalla legge per ricevere la documentazione obbligatoria per fruire delle detrazioni, nel 2013 c’è stato tra l’altro un «significativo aumento degli interventi di riqualificazione energetica rispetto all’anno precedente». Il numero delle pratiche inviate entro il termine ultimo del 30 settembre supera le 355.000, con un aumento di circa il 35% rispetto al 2012.  Altrettanto positivi i risultati in termini sia di risparmio energetico, con un incremento del 25% circa rispetto all’anno precedente, sia di investimenti, che crescono del 20% fino a raggiungere un totale di quasi 3,5 miliardi di euro. Più in dettaglio, i privati hanno investito complessivamente 28 miliardi di euro, mentre i nuovi posti di lavoro sono stati 226.000.  E il trend dovrebbe confermarsi per l’anno in corso. Per il primo bimestre 2014, infatti, si stimano 5,7 miliardi di euro di spesa, pari al 54% in più rispetto ai primi due mesi del 2013. L’incremento, sottolinea l’Enea, potrebbe essere dipeso direttamente dall’incremento dell’aliquota detraibile dal 55% al 65% della spesa sostenuta.  La scadenza dell’ecobonus è attualmente fissata al 31 dicembre 2014 per gli interventi su singole unità immobiliari e al 30 giugno 2015 per interventi su parti comuni degli edifici condominiali. Dopo queste date è prevista una progressiva riduzione dell’aliquota, fino a raggiungere il 50%, ma il governo, già prima delle ultime dichiarazioni del viceministro De Vincenti, sembra intenzionato a mantenere l’attuale aliquota del 65%.

(Photo @Camini sul web)

Fonte: ecodallecitta.it

9.Locale e globale

Di fronte alla scarsità e alle crescenti pressioni cui sono sottoposte risorse vitali come l’acqua e la terra, sapere chi  rende le decisioni può essere tanto importante quanto il modo in cui le risorse naturali vengono gestite e utilizzate. Un coordinamento globale è spesso fondamentale, ma senza un consenso e una partecipazione locali, nulla può essere fatto sul campo.23

Probabilmente tutti conoscono la storia del piccolo Hans Brinker, il bambino che trascorse la notte tappando con un dito la fessura che si era aperta in una diga per evitare che l’acqua fuoriuscisse e inondasse la città di Harlem, nei Paesi Bassi. Pochi sanno, però, che è stata un’autrice statunitense, Mary Mapes Dodge (1831–1905), a metterla per iscritto senza mai essere stata nei Paesi Bassi. Joep Korting non è altrettanto famoso, ma rappresenta un anello fondamentale di uno dei più sofisticati sistemi di gestione dell’acqua, che coinvolge l’amministrazione locale, regionale e nazionale, oltre a essere un punto di contatto con le autorità di altri paesi e i sistemi informatici di monitoraggio avanzato che fanno uso di satelliti per il controllo 24 ore su 24 delle infrastrutture. Joep funge anche da collegamento con la realtà sul campo, essenziale per l’attuazione di uno degli strumenti legislativi dell’UE più ambiziosi e completi di sempre: la direttiva quadro sulle acque (DQA). Tale direttiva prevede un’azione coordinata per raggiungere un «buono stato» di tutte le acque dell’UE, incluse le acque superficiali e sotterranee, entro il 2015. Definisce inoltre le modalità di gestione delle risorse idriche sulla base dei distretti idrografici naturali. Altri strumenti legislativi dell’UE, fra cui la direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino e la direttiva sulle alluvioni, integrano la DQA per migliorare e proteggere i corpi idrici europei e la vita acquatica.

Ripensare il nostro stile di vita

Che l’acqua rappresenti un problema serio per i Paesi Bassi non è un segreto per nessuno. Circa il 25% del territorio, su cui risiede il 21% della popolazione neerlandese, si trova sotto il livello del mare. Il 50% della superficie emerge appena di un metro. I Paesi Bassi non devono però fare i conti solo con il mare. L’approvvigionamento di acqua dolce a cittadini e aziende, la gestione dei fiumi provenienti da altri paesi e la carenza d’acqua nei mesi caldi sono solo alcuni dei problemi da risolvere.  Paesi Bassi non sono soli. L’acqua sta diventando una questione fondamentale ovunque nel mondo. Durante il XX secolo abbiamo assistito a un’espansione demografica e a una crescita dell’economia, dei consumi e dei rifiuti senza precedenti. Solo i prelievi idrici sono triplicati negli ultimi 50 anni.

L’acqua è una risorsa essenziale.

Ci sostiene, ci unisce, ci aiuta a crescere. Senza l’acqua, le nostre società non potrebbero sopravvivere. Dipendiamo dall’acqua non solo per coltivare il cibo che mangiamo, ma anche per produrre la maggior parte dei beni e dei servizi di cui disponiamo24

L’acqua è solo una delle risorse sottoposte a crescente pressione. Molti altri aspetti ambientali, dalla qualità dell’aria alla disponibilità di terra, subiscono le gravi conseguenze di sviluppi importanti quali l’espansione demografica, la crescita economica e l’aumento dei consumi. Pur non avendo il quadro completo, quel che sappiamo dell’ambiente ci spinge a ripensare il modo in cui utilizziamo e gestiamo le risorse a nostra disposizione. Tale ripensamento, l’economia verde, potrebbe comportare un cambiamento sostanziale nel modo in cui viviamo, conduciamo gli affari, consumiamo e gestiamo i rifiuti e trasformare il nostro intero rapporto con il pianeta. Un elemento fondamentale dell’economia verde è la gestione efficiente delle risorse naturali offerte dalla terra. Cosa si intende per gestione efficiente delle risorse? Cosa potrebbe significare nel caso dell’acqua?25

La gestione dell’acqua sul campo

Tutti i giorni, alle 8 del mattino, Joep inizia la sua giornata lavorativa presso il gestore idrico locale di Deurne, nei Paesi Bassi. Fra le altre mansioni, ha quella di monitorare un breve tratto dei 17.000 chilometri di dighe del piccolo paese, 5.000 dei quali costruiti per proteggere il territorio dal mare e dai corsi d’acqua più importanti. Joep controlla inoltre canali, chiuse e paratoie, talvolta rimuovendo rifiuti o scarti agricoli, talvolta riparando attrezzature danneggiate. Qualsiasi operazione svolga, misura costantemente il livello dell’acqua e prende nota dei possibili aggiustamenti. Nell’area in cui Joep lavora sono installate 500 briglie, monitorate quotidianamente. Regolandole verso l’alto o verso il basso, è possibile alzare o abbassare il livello dell’acqua per controllarne il flusso attraverso la regione. Pur avvalendosi di questi sistemi all’avanguardia, Joep e altri sette addetti ogni giorno azionano e monitorano manualmente le chiuse. I livelli dell’acqua sono costantemente sotto controllo ed esistono un piano d’intervento di emergenza e alcune linee telefoniche di emergenza attive 24 ore su 24.

La democrazia delle parti interessate

Joep e i suoi colleghi mettono in pratica le decisioni prese dagli enti neerlandesi di gestione del patrimonio idrico. Attualmente i Paesi Bassi ne contano 25, attivi a livello locale. Nel loro complesso, rappresentano una nozione istituzionale risalente al XIII secolo, quando gli agricoltori si riunirono e concordarono di provvedere insieme al drenaggio dei campi. Unici nel loro genere, tali organismi sono del tutto autonomi rispetto all’amministrazione locale e dispongono addirittura di bilanci ed elezioni separati, il che li rende l’istituzione democratica più antica del paese. «Ciò significa che, nell’ambito delle deliberazioni di bilancio o delle elezioni locali, non dobbiamo competere con gli investimenti destinati ai campi da calcio, all’edilizia scolastica, ai circoli giovanili o alle nuove strade, che forse risulterebbero scelte più popolari», dichiara Paula Dobbelaar, direttrice del consiglio delle acque del distretto di Aa en Maas e capo di Joep.26

«Svolgiamo anche attività quotidiane: ad esempio, in relazione alla direttiva quadro sulle acque, ci stiamo adoperando per far sì che i fiumi possano tornare a scorrere più liberamente, formando meandri e seguendo il tracciato naturale, senza necessariamente assumere un andamento rettilineo. Questa libertà e questo spazio accresciuti conferiscono ai corsi d’acqua un aspetto diverso: diventano parte integrante di un ecosistema più naturale», afferma Paula. «Il problema dei Paesi Bassi è che in passato siamo stati in grado di organizzarci molto bene e abbiamo saputo gestire l’acqua in modo efficace: da 50 anni a questa parte viviamo al sicuro e adesso le persone danno tutto per scontato. Ad esempio, lo scorso anno in questa parte dell’Europa abbiamo avuto precipitazioni intense e, mentre in Belgio la popolazione era molto preoccupata, nei Paesi Bassi tutti erano tranquilli: immaginavano che il problema sarebbe stato gestito», aggiunge. Come accennato, i membri dell’ente idrico locale vengono eletti, ma solo il 15% dei cittadini partecipa a queste  consultazioni. «Non è un organismo realmente rappresentativo e, ancora una volta, la causa sta nel fatto che la popolazione ha sviluppato una sorta di immunità nei confronti delle questioni relative all’acqua», dichiara ancora Paula.

La distanza tra il livello locale e il livello globale

Le principali opzioni politiche per una gestione del patrimonio idrico efficace e sostenibile devono includere l’innovazione tecnologica, una governance flessibile e collaborativa, la partecipazione e la consapevolezza dell’opinione pubblica e una serie di strumenti economici e di investimenti. Il coinvolgimento della popolazione a livello locale è essenziale. «L’acqua è certamente un elemento di congiunzione a livello globale e locale, sia in termini di problemi che di soluzioni», dichiara Sonja Timmer, della divisione internazionale dell’associazione degli enti idrici regionali neerlandesi, l’organismo che coordina la gestione dell’acqua nei Paesi Bassi. «La realtà è che, nonostante i livelli elevati di sicurezza nazionali, assistiamo all’innalzamento del livello del mare e a inverni molto asciutti seguiti da episodi sempre più frequenti di precipitazioni “anomale” nel mese di agosto e, negli ultimi anni, come conseguenza delle pesanti piogge in Svizzera e in Germania, il livello del Reno è particolarmente alto. Quest’acqua finisce tutta qui»27

Tenere i riflettori accesi sull’ambiente

«Avere a che fare, in determinati periodi, con maggiori quantità d’acqua proveniente dall’estero o con livelli del mare più alti sottintende evidentemente un intervento di portata internazionale. Facciamo parte di una rete internazionale e dalle nostre esperienze condivise sappiamo che se l’acqua non viene menzionata ogni giorno dai mezzi di informazione, il nostro lavoro diventa più difficile», dichiara Sonja. «Per me, l’attività che svolgiamo su scala locale è legata a quella nazionale e internazionale», prosegue. «Da un lato, il nostro personale controlla sul campo briglie e corsi d’acqua… accerta che siano puliti e che il livello dell’acqua corrisponda alle esigenze dei nostri clienti (agricoltori, cittadini, organizzazioni per la salvaguardia della natura). Dall’altro lato, abbiamo grandi progetti che, dai principi alti e astratti della DQA dell’Unione europea, vengono tradotti in protocolli reali affinché Joep possa operare sul campo. Oggi apprezzo questo aspetto locale. Un tempo giravo il mondo per lavoro operando a un livello strategico, a un livello elevato, con una scarsa comprensione della necessità che le strutture locali funzionino bene». «Sedendo con i ministri e discutendo di strategia idrica globale, è molto difficile restare con i piedi per terra. È stato uno dei maggiori problemi per i paesi in via di sviluppo: tante strategie di alto livello, poca comprensione, poche infrastrutture, pochi investimenti sul campo». «Ora che la questione idrica diventa una realtà pressante per l’Europa, anche noi abbiamo bisogno di adottare un approccio realistico a livello locale insieme a progetti più ambiziosi», aggiunge Paula. «Ho a disposizione otto persone che ogni giorno controllano le chiuse. Vivono qui, conoscono la comunità e comprendono le specificità locali. Senza questi requisiti, il progetto è destinato a fallire e a essere sostituito da un altro. Dobbiamo tutti lavorare per questo,  fare la differenza a livello locale, offrendo alle persone gli strumenti per partecipare alla gestione delle questioni idriche che li riguardano», continua. «Anche il livello locale è fondamentale», concorda Sonja. «La governance, ovvero l’approccio funzionale e decentralizzato, può assumere svariate forme ed è questo che lo fa funzionare. Dobbiamo soltanto coinvolgere nuovamente le persone e spiegare loro che corriamo dei rischi e che abbiamo bisogno della loro partecipazione», dichiara ancora.

Una crisi di governance

Benché alcune aree del mondo rischino di restare senz’acqua mentre altre sono a rischio di inondazioni, parlare di crisi idrica globale è inesatto. Piuttosto, siamo di fronte a una crisi di governance del patrimonio idrico. Per soddisfare le esigenze di una società efficiente sotto il profilo delle risorse e a basse emissioni di carbonio, per sostenere lo sviluppo umano ed economico e per preservare le funzioni essenziali degli ecosistemi acquatici, è necessario dare voce ai nostri ecosistemi, generalmente silenziosi, e dare loro una lobby. Parliamo di scelte politiche, scelte che devono basarsi sul giusto quadro governativo e istituzionale. Oggi, la storia del bambino che ha tappato la diga con un dito viene spesso utilizzata per descrivere approcci diversi per gestire una situazione. Può riferirsi a un intervento di modesto rilievo per evitare una catastrofe, oppure può significare tentare di curare i sintomi anziché le cause di un problema. La realtà è che un gestione idrica efficiente, come la gestione di molte altre risorse, richiederà soluzioni fondate sulla combinazione di interventi e decisioni a vari livelli. Gli impegni e gli obiettivi globali possono tradursi in traguardi concreti soltanto se persone come Joep e Paula sono pronti a realizzarli.28

La rivoluzione informatica

Talvolta i satelliti sono in grado di svolgere più compiti rispetto a quelli per cui sono stati costruiti. Insieme a due colleghi  dotati di grande creatività, Ramon Hanssen, docente di osservazione terrestre al politecnico di Delft, ha sviluppato un sistema per monitorare i 17.000 chilometri di dighe dei Paesi Bassi. Di questi, 5.000 proteggono la popolazione neerlandese dal mare e dai principali corsi d’acqua. Sarebbe impossibile ispezionarli tutti sul campo con la medesima frequenza. Sarebbe decisamente troppo costoso. Utilizzando le immagini radar inviate da Envisat ed ERS-2, due satelliti europei per l’osservazione della Terra, la direzione generale per le opere pubbliche e la gestione idrica (Rijkswaterstaat) ha la possibilità di controllare le dighe ogni giorno. Questo sistema è in grado di captare anche la più piccola variazione, grazie a misurazioni millimetriche. Hanssen ha battezzato questo concetto «Hansje Brinker» dal nome del bambino che secondo la leggenda ha tappato la diga con un dito per proteggere i Paesi Bassi dall’inondazione. Significa forse che le ispezioni eseguite dalla direzione generale non sono più necessarie? Secondo il professor Hanssen, non è così. Il radar segnala le aree critiche in base alle variazioni e un ispettore inserisce le coordinate corrispondenti nel suo sistema di navigazione, un’altra applicazione della tecnologia spaziale, per recarsi sul campo ed eseguire ricerche più dettagliate.

Fonte: EEA (agenzia europea ambiente)

Case in legno: sempre più diffuse. Una soluzione alla crisi!

A dispetto della crisi che sta attraversando il settore immobiliare, e soprattutto dell’edilizia, negli ultimi anni in Italia sta sempre più crescendo l’attenzione verso le case in legno. Nel nostro Paese, tuttavia, non si conoscono ancora abbastanza i vantaggi legati alla scelta di una casa in legno. Sgombriamo subito il campo da un convinzione comune: la casa in legno non ha nulla da invidiare ad un edificio in muratura per quel che riguarda durata, stabilità e comfort abitativo.20130916-case-in-legno_1

Il legno è il materiale ecosostenibile per eccellenza in quanto completamente naturale, rigenerabile, rinnovabile e di facile smaltimento. Il suo intero ciclo di vita, dalla lavorazione allo smaltimento, comporta infatti consumi limitati se comparati ai metodi di costruzione tradizionali.

Ma l’aspetto più interessante è legato, indubbiamente, alle ottime prestazioni energetiche, e quindi al risparmio in bolletta e in portafoglio.

Una casa in legno consente infatti un risparmio di almeno il 30% di energia per essere scaldata rispetto ad una casa tradizionale ma può arrivare anche al 50% o più, fino alla realizzazione di case passive.
Una costruzione in legno, grazie al notevole isolamento termico, consente un risparmio energetico non indifferente, e si raggiungono tranquillamente valori di trasmittanza parete di 0,20 W/mq K mantenendosi fresca d’estate e calda d’inverno, evitando così inutili spese di condizionamento e riscaldamento.20130916-case-in-legno_2

Parliamo ora di costi: il costo di casa in legno può variare in base alla struttura scelta (telaio tamponato, tronchi ad incastro, pareti autoportanti X-Lam) ed in base alle rifiniture, i prezzi comunque variano dai 580-650 euro al mq, ai 1.200-1.400 euro al mq, ma molto può dipendere dalle finiture che si scelgono. Infine in una casa in legno non sono necessari, come è convenzione pensare, interventi di manutenzione aggiuntivi, oltre a quelli normalmente previsti per una casa tradizionale. In conclusione quindi oggi la casa in legno, visti i molteplici vantaggi, è una realtà che può espandersi velocemente in qualsiasi ambiente e località, grazie alla sua efficienza, durabilità, comfort e ridotto impatto ambientale.20130916-case-in-legno_3

Fonte: moneyfarm.com

Ecobonus: detrazioni 65% anche per adeguamento antisismico

“Una scelta di grande importanza per la messa in sicurezza del territorio e la riqualificazione del patrimonio edilizio”. Con queste parole il presidente nazionale di Legambiente commenta l’estensione della detrazione d’imposta del 65% (Ecobonus) ai lavori preventivi di adeguamento sismico.rilevamento_terremoti

“Un provvedimento lungimirante e di civiltà” – con queste parole il presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza commenta l’emendamento presentato dall’Onorevole  Ermete Realacci al dl Ecobonus, approvato venerdì dalle Commissioni Finanze e Attività produttive della Camera. “Una scelta di grande importanza – continua Cogliati Dezza – di cui va dato merito al Presidente della Commissione Ambiente della Camera Realacci, che in questi mesi si è sempre battuto per la messa in sicurezza del territorio, del patrimonio edilizio italiano e per la sua riqualificazione energetica. Puntare sulla prevenzione significa rilanciare e riqualificare l’edilizia e creare occupazione contribuendo a far uscire l’Italia dal periodo di forte crisi che sta vivendo. Al Governo Letta e al Parlamento chiediamo ora l’impegno di stabilizzare finalmente gli incentivi, per dare un segnale chiaro al settore delle costruzioni e al Paese favorendo così una crescita basata sulla qualità e la green economy”.

Fonte: il cambiamento

 

12.4 Analisi di regressione per il costo dell’investimento nelle tecnologie specifiche

L’analisi di regressione è stata effettuata sul costo degli investimenti per tecnologie specifiche, utilizzando le stesse quattro variabili indipendenti. I risultati per ciascuna tecnologia e per le quattro variabili sono mostrati nella tabella 12.3.

Tabella 12.3 Risultati dell’analisi di regressione per il costo dell’investimento nelle tecnologie specifiche

12.3

I risultati per l’investimento complessivo per famiglia generalmente si riflettono nei risultati per le singole tecnologie: con tre t-test significativi per i “gradi giorno” e con due t-test significativi e due quasi significativi per “spesa familiare non alimentare e non energetica”.

Per interventi su solare termico, come era prevedibile, i “gradi giorno” non sono risultati significativi. Solamente la variabile “spesa familiare non alimentare e non energetica” ha un coefficiente quasi significativo.

Gli investimenti in solare termico offrono comunque un aspetto particolare. A causa della maggiore insolazione nel Sud Italia85, avremmo dovuto trovare più applicazioni nel sud che nel nord, ma questo non è riscontrabile nei dati osservati. Come indicato nella figura 11.4, ci sono quattro eccezioni nel Nord: Valle D’Aosta, Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia presentano un valore di investimento per famiglia nel solare termico più alto rispetto al Sud. Nel Sud, sei regioni presentano un valore di investimento medio per famiglia inferiore a quello registrato nel centro Italia, con la Sardegna unica eccezione.

Questo risultato mette in luce l’importanza dei fattori locali, non considerati nell’analisi in quanto di difficile quantificazione a livello regionale, quali la differente attenzione posta verso l’organizzazione di campagne locali di promozione e la differente presenza di installatori qualificati o di società di servizi energetici.

 

85 Si passa da circa 1.250-1.850 kWh/m2 di insolazione media

 

Figura 12.4: Costo medio di investimento nel solare termico, anni 2008-2010 (Euro/famiglia)

12.4

12.5 Conclusioni

Le principali indicazioni che è possibile trarre dalla combinazione dei risultati ottenuti risultano:

– Gli investimenti effettuati nel triennio sono fortemente correlati alla capacità di spesa delle singole famiglie. Sarebbe opportuno approfondire il tema di come effettuare interventi di efficienza energetica nelle famiglie con una bassa capacità di spesa.

– I gradi giorno influenzano in misura positiva il comportamento di investimento delle famiglie; questa relazione trova conferma nel minor investimento riscontrato nel sud Italia.

– Quest’ultimo punto non trova però conferma negli investimenti osservati per il solare termico, che avrebbero dovuto seguire un andamento collegato alla maggiore insolazione. Le motivazioni alla base di questa “anomalia” sono probabilmente legate ad una insufficiente disponibilità sul territorio di tecnologie, installatori e personale qualificato, nonché di campagne di informazione e promozione locali.

– Per capire meglio questi fenomeni locali, andrebbe rafforzata la raccolta sistematica di informazioni e dati dei programmi regionali di promozione dell’efficienza energetica, in collaborazione con i diversi stakeholder nazionali e locali (Regioni e Enti Locali, ENEA, distributori di energia, associazioni industriali/imprenditoriali, agenzie energetiche locali, ..).

– Inoltre, sarebbe opportuno accelerare le attività di qualificazione degli operatori nel campo dell’efficienza energetica, in particolare nel Sud e nelle aree rurali.

– Le decisioni di investimento non sono risultate strettamente ricollegabili a un’analisi di tipo economico tesa a valutare il rientro dell’investimento attraverso i risparmi ottenibili. Le stime del modello non hanno infatti evidenziato una correlazione significativa né con il ‘payback’ energetico né con la spesa famigliare energetica. Per poter raffinare l’analisi sarebbe opportuno raccogliere oltre al costo totale dell’intervento anche il costo per capacità energetica installata, che permette anche un’analisi dei prezzi.

 

Fonte: ENEA