Stark Drive, la e-Bike pieghevole ed economica

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Stark Drive è una e-Bike pieghevole che promette di abbattere i costi al minimo e di essere così disponibile per tutte le tasche: l’offerta di e-Bike sul mercato di oggi è vastissima ma c’è ancora molta strada da fare per rendere le bici elettriche ad alta tecnologia alla portata di tutti. Se davvero l’obiettivo è rivoluzionare la mobilità a pedali, ed è non solo raggiungibile ma anche auspicabile, allora il problema dei costi a lungo andare potrebbe diventare la madre di tutti i problemi, legati a questo mercato.

Stark Drive promette di rompere con questa spirale, puntando al mercato di massa per le tasche di tutti: i produttori, svedesi, hanno lanciato un crowdfunding su Indiegogo proponendo la bicicletta ad appena 399 dollari americani ma il grande successo (tanto che la piattaforma sta rivedendo proprio in queste ore l’offerta su Stark Drive dopo che l’obiettivo è stato raggiunto e quadruplicato). La e-Bike pieghevole svedese Stark Drive viene proposta dai produttori in più versioni, per andare incontro ad ogni esigenza: lo standard di motore è da 250W, ma sono disponibili motori da 350W e 500W, e questo discorso vale anche per le batterie (rimovibili in-frame 36V Panasonic). Quella standard è da 9Ah, ma vengono montate anche batterie più capienti da 13Ah o 17Ah. L’alta tecnologia è sia meccanica che elettronica: Stark Drive ha ammortizzatori e sospensioni posteriori, localizzazione GPS, parafanghi con linea aggressiva ed è realizzata con materiali resistenti e leggeri (46 chili batteria compresa), perfetta per essere trasportata anche sui mezzi pubblici nelle tratte più lunghe di spostamento. I tempi di ricarica variano a seconda della batteria, che garantiscono tutte percorrenze superiori ai 100km (fino a 120km con le batterie da 17Ah) e una velocità massima di 30km/h. Il cambio è Shimano a 21 rapporti, le ruote da 26 pollici garantiscono un’ottima tenuta di strada e i freni a disco performance ottime anche in frenata.

Ok, dove sta la fregatura? Purtroppo nella spedizione, che costa 200 dollari e che va aggiunta ai 399 del prezzo della e-Bike. Come fare quindi? Beh, se prendi un aereo e voli a Stoccolma sicuramente trascorrerai un bel weekend e abbatterai non di poco il costo (della spedizione).

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Fonte: ecoblog.it

WASP, la stampante 3d che crea case economiche e sostenibili

Dall’osservazione di un’ape vasaia l’idea del maker Massimo Moretti di costruire con una stampante 3d una casa con terra e acqua è divenuta realtà. Lo abbiamo incontrato e ci ha raccontato come è stato possibile realizzare questo sogno e in cosa consiste il progetto WASP, tecnologie avanzate per salvare il mondo.

Il Centro Sviluppo Progetti (CSP) nasce 15 anni fa in un momento di crisi per Massimo Moretti. I suoi progetti precedenti erano crollati per l’ennesima volta. “Così mi sono chiesto che cosa sapevo fare e la risposta è stata: so sviluppare progetti, quindi ho creato il CSP”. Ci tiene a porre l’accento sulla parola centro, “in quanto significa riscoprire il proprio centro”.

Scoperto quel che voleva fare, inizia a sviluppare progetti per conto terzi o seguendo le proprie idee. “Quando servivano soldi seguivo progetti per altri, quando avevo soldi sviluppavo i miei progetti. Il CSP ha sviluppato progetti tecnici per circa tre anni con alterni successi e insuccessi”.

Con uno sguardo onesto e sicuro, ci dice che è stato un grande esperto di crisi aziendali. “È la mia vera formazione, ho passato la vita in crisi”. Ad un certo punto della sua vita incontra il movimento FabLab e ci entra a capofitto. “Sapevo bene cosa vuol dire vivere di autoproduzione e delle proprie idee, trasformandole in prodotto”. Così ha unito questo sapere ad un gruppo di giovani. Queste due energie insieme hanno dato vita a WASP (World Advanced Saving Project), cioè tecnologie avanzate per salvare il mondo. “Deriva dalle mie esperienze pregresse, ho visto che tutto si può fare, quindi tanto vale fare qualcosa di importante”.

Alla base del loro agire vi sono importanti aspetti filosofici. “La motivazione per cui fai le cose è il valore delle cose che fai, indipendentemente dal risultato. Per noi l’unire e lavorare in questo gruppo è già il risultato del nostro agire. Vogliamo fare cose utili al mondo.”wasp2

Con il sorriso sulla labbra Massimo ci racconta come è nata la collaborazione con giovani neolaureati del mondo del design. “Io vi aiuto a costruire la stampante 3d se voi mi aiutate a salvare il mondo”. Poi il suo tono di voce torna serio e sicuro, dicendo che “non siamo così pazzi da poter pensare di salvare il mondo, ma siamo così pazzi da lavorare per questo”.

Il progetto Wasp è nato in un momento di crisi ulteriore. I vecchi clienti di CSP cominciavano a non pagare più. C’è stato così un investimento minimo in WASP, data l’esperienza maturata nei decenni, in particolare nella comunicazione. “Ho utilizzato il progetto della stampa 3D di una casa come mezzo per comunicare. Stampare una casa tre anni fa era una cosa da pazzi!” Ed inoltre, aggiunge che “sapevo che si poteva fare, ma ancora non sapevo come!”. Pensare che il progetto era partito con un investimento minimo di 7000 € e che ora ci lavorano 30 persone, ci fa intuire che il modo è stato trovato. Massimo ci spiega così come si è arrivati all’idea di stampare una casa, e l’intuizione non è banale.
“15 anni fa avevo investito tutti i miei risparmi in una stampante 3d. L’ho comprata perché volevo smontarla e replicarla. La mia intenzione era produrla. Il mio problema era: che cosa stampo?”

Un’estate, entrando in macchina, vede un’ape vasaia che stava facendo la sua casa in terra. Non a caso il logo di WASP ha con sé disegnata una vespa vasaia. “Quando l’ho vista fare la sua casa, sono rimasto davvero fulminato. Ho pensato: questa è una stampante 3D perfetta”. Per un paio di notti i pensieri continuavano, per capire come l’ape fosse in grado di costruirsi la propria abitazione.wasp1

Come spesso accade alcune elucubrazioni, anche folgoranti, hanno necessità di tempo per sedimentarsi. O semplicemente necessitano di un altro avvenimento per trasformarsi in qualcos’altro. Così tale idea rimase ferma nella testa di Massimo fino a otto anni dopo, quando venne invitato ad un incontro di architetti. La discussione verteva su uno dei problemi più importanti del mondo, e cioè come poter costruire case a basso costo.

“Quando ho sentito questo input, ho pensato a come avrei potuto rispondere io, era un esercizio mentale”. Così gli tornò in mente l’ape che faceva la casa nella sua macchina.  “Questo è il modello perfetto: prendo il materiale che c’è sul posto – terra bagnata – gli do la forma e il sole l’asciuga. Così devo costruire una stampante 3D che faccia proprio questo, con terra e paglia”.

Era necessario costruire una stampante gigantesca, alta 12 metri. Bene, il sogno è diventato realtà. “Adesso la stampante ce l’abbiamo, abbiamo fatte varie prove, ma non abbiamo ancora costruito la casa, anche per una questione climatica. La stampante è pronta dallo scorso settembre”.

Circa la forma migliore per una struttura abitativa, per Massimo è quella delle conchiglie. “Non credo sia un caso che le conchiglie non sono quadrate”.

Tramite questo metodo si può ridurre del 50% l’uso del cemento. Massimo spera che altre persone con altre competenze lo contattino per sviluppare e migliorare il progetto. “Bisogna avere il coraggio di rompere gli stereotipi.”wasp4

Una grande difficoltà in tutto questo meraviglioso progetto è dato, ancora una volta, dalla burocrazia. “Come si fa ad essere in regola? La burocrazia ci sta portando via il sogno. Persone da tutto il mondo vorrebbe venire a lavorare con noi ma non sappiamo come farle venire senza intoppi legali”.

Gli chiediamo qual è il suo materiale preferito. Non ha dubbi, “è il materiale a km 0, quindi terra e paglia inerte. Il cemento è insostenibile”. V’è la necessita di un nuovo approccio all’economia. “Se diamo a tutti la possibilità di autoprodurre qualcosa stiamo seguendo l’economia della autoproduzione, la maker economy”.

Passiamo al difficile rapporto tra tecnologia e natura. “La tecnologia è la ricaduta della mente sulla materia, sulla natura. Se la mente è malata, la tecnologia è malata, se è sana la tecnologia è sana”.
Massimo è un imprenditore che cerca di dare forma ad un sogno reale, di tutti.  E ci dice che “paradossalmente da quando abbiamo smesso di seguire il profitto, abbiamo più profitto. Perché la visione del profitto – continua – è limitata al domani, invece la visione lontana ti dà degli slanci che generano profitto. Quindi funziona fare cose utili al mondo, economicamente. Non sono solo sogni”.

E allora continuiamo a inseguire i nostri sogni, facendo il massimo per realizzarli.

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2016/11/io-faccio-cosi-141-wasp-stampante-3d-case-economiche-sostenibili/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=general

Greenpeace, Legambiente e Wwf: “Un’economia Green per superare crisi economica e ambientale”

“Nuova politica energetica che punti all’efficienza ed alle rinnovabili”. Lo hanno chiesto oggi a Roma Greenpeace, Legambiente e Wwf durante il convegno “Europa 2030. Obiettivi ambiziosi per la lotta ai cambiamenti climatici e l’energia”380581

Un’Europa che sappia guardare al futuro attraverso una nuova politica energeticascelte innovative ed obiettivi ambiziosi per il clima e l’energia. È questo quello che Greenpeace, Legambiente e Wwf chiedono all’Ue e all’Italia in vista dell’incontri che il Consiglio Europeo avrà il prossimo 23 e 24 ottobre durante la presidenza italiana, per definire i nuovi obiettivi al 2030 su clima ed energia. “Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi deve assumere un ruolo da leader in questo campo come Presidente di turno Ue e proporre target necessari per raggiungere le emissioni zero entro la metà del secolo”, ha detto Wendel Trio, direttore di Can Europe.  Questi temi sono stati al centro oggi del convegno in Campidoglio “Europa 2030. Obiettivi ambiziosi per la lotta ai cambiamenti climatici e l’energia” organizzato da Greenpeace, Legambiente e Wwf cui hanno preso parte esperti del settore. Le associazioni ambientaliste hanno ribadito la necessità per l’Europa di prendere decisioni chiare e vincolanti in materia di energia ed efficienza energetica, contestando gli obiettivi comunitari al 2030 proposti dalla Commissione che non permetterebbero all’Europa di mettere in campo una azione climatica coerente e forte in grado di invertire la rotta: 40% di riduzione delle emissioni di co2 per gli Stati membri, aumento al 27% per le rinnovabili vincolante solo a livello comunitario, incremento al 30% di efficienza energetica, senza specificare se mantenere tale obiettivo vincolante o indicativo. Obiettivi che tra l’altro non sarebbero coerenti con la traiettoria di riduzione delle emissioni di almeno il 95% al 2050, in grado di contribuire a contenere il riscaldamento globale sotto la soglia critica di 2 gradi centigradi. Greenpeace, Legambiente e Wwf propongono invece 3 target “necessari per il nuovo accordo su clima ed energia”: riduzione delle emissioni di gas serra che arrivi al 55% ed esclusione dell’utilizzo dei crediti internazionale per il raggiungimento di questo obiettivo (ad oggi il 75% dei crediti esterni Ue è realizzato in Russia, Ucraina e Cina); inclusione di un obiettivo vincolante per l’efficienza energetica che arrivi al 40%; aumento dell’ambizione dell’obiettivo per le rinnovabili al 45%. Solo in questo modo l’Europa potrà – secondo le associazioni – ritornare a svolgere quel ruolo di leadership indispensabile per costringere gli altri partner, a partire da Cina e Stati Uniti, a mettere sul tavolo impegni altrettanto ambiziosi.  “L’Italia deve avere un ruolo predominate, è chiamata in Europa a essere portatrice di una visione ambiziosa nel dibattito per la definizione dei nuovi obiettivi 2030. Lo stesso Renzi sarà ricordato per le decisioni che prenderà in materia”, ha detto Edoardo Zanchini, vicepresidente nazionale di Legambiente, a margine del convegno. “Deve essere un interesse comune quello di ridurre le fonti fossili e puntare all’efficienza energetica, temi su cui c’è tanta ipocrisia: politici e imprese continuano a sottolineare la necessità di puntare all’efficienza energetica, ma alle parole raramente seguono fatti concreti”. Nei giorni scorsi inoltre le tre associazioni hanno lanciato un appello al Premier italiano, sottoscritto da altre 20 associazioni, proprio per chiedere al Governo italiano di sostenere con forza un nuovo accordo politico per il nuovo quadro comunitario al 2030. “Bisogna agire e in fretta”, ha sottolineato Giuseppe Onufrio, direttore delle campagne di Greenpeace Italia. “I cambiamenti climatici sono una realtà e creano un numero di profughi maggiore di quello causato dalle guerre. Per questo chiediamo impegni per l’utilizzo delle fonti rinnovabili e per l’efficienza energetica”.
Un’economia green – concludono le associazioni – può farci superare la doppia crisi climatica ed economica creando nuove opportunità dal punto di vista dell’occupazione, dell’innovazione e dello sviluppo di tecnologie pulite e che può limitare l’importazione di energia dalla Russia.

Fonte: ecodallecitta.it

Per H&M la moda può essere economica e etica

H&M, il secondo più grande retailer di moda del mondo ritiene che non vi sia alcun conflitto tra il vendere vestiti e migliorare ambiente e condizioni di lavoro dei suoi fornitori

Lo abbiamo sostenuto più volte su Ecoblog: la moda a basso prezzo non può essere democratica, poiché pagare 5 euro un vestito o un pantalone vuol dire alimentare la catena dello sfruttamento umano e dell’inquinamento ambientale in paesi asiatici come Cina, Cambogia e Bangladesh. Helena Helmersson direttore della sostenibilità per H&M ha dichiarato a Reuters:

Vogliamo rendere la moda più sostenibile e democratica poiché non crediamo che la sostenibilità debba essere un lusso.

L’azienda svedese è uno dei più grandi acquirenti di capi di abbigliamento dal Bangladesh, dove il crollo della fabbrica Rana Plaza nell’aprile 2013 ha ucciso più di 1.100 persone, attirando l’attenzione globale sulle pessime condizioni di lavoro in Asia.H&M And Lady Gaga Open Epic H&M Store In Times Square

Ma H&M si dichiara orgogliosa di avere fornitori in Bangladesh e l’80% della produzione arriva proprio dall’Asia. Spiega Helena Helmersson che le fabbriche del Rana Plaza non erano fornitori di H&M:

Non è una coincidenza che non fosse tra i nostri fornitori. Siamo orgogliosi del nostro ‘Made in Bangladesh’ e la nostra presenza ha un impatto positivo.

Ma l’impegno di H&M non è stato promosso da un sondaggio tedesco condotto da Serviceplan per il mercato della Germania, il più grande per H&M: i consumatori più giovani si sono dimostrati particolarmente critici in merito all’uso della manodopera a basso costo portando il colosso svedese a scendere i basso nella classifica delle aziende sostenibili. Ora l’espansione di H&M si avrà nei paesi dell’Africa Sub-Sahariana tra Etiopia e Kenya. Il sondaggio tedesco, che è una classifica soggettiva da parte dei clienti è alle spalle e Interbrand ha promosso la società dal 46esimo al 42esimo posto tra i primi 50 marchi globali “verdi” nel 2013 e nei prossimi mesi H&M lancerà una collezione in denim realizzata con tessuto riciclato e la nuova Conscious per la P/E 2014 in bambù, poliestere riciclato e cotone biologico. Infatti H&M si è impegnata a utilizzare solo cotone da fonti sostenibili entro il 2020 e di eliminare gradualmente l’uso di sostanze chimiche tossiche per non inquinare le fonti di acqua.

Fonte: ecoblog

L’Istituto Prout: “Ecco la nostra alternativa al capitalismo”

Equità, sostenibilità, solidarietà. Scelte ovvie? Nient’affatto. Basta guardare in che direzione sta andando il mondo. Eppure c’è un sistema, che si propone come alternativo al capitalismo dominante, fondato proprio con l’obiettivo di «garantire a tutti le minime necessità per l’esistenza e favorire lo sviluppo equilibrato di ogni essere umano, dal punto di vista fisico, mentale e spirituale, in armonia con la natura» dicono dall’Istituto italiano di Ricerca Prout.capitalismoprout

Il Movimento

Il movimento Proutist Universal, registrato in Italia nel 1979, ha condotto opera di formazione e divulgazione della teoria Prout in molte città con seminari e conferenze, dibattiti pubblici e l’Associazione di promozione sociale ” IRP  Istituto di Ricerca Prout”, registrata nel 1999, è stata fondata con lo scopo primario di aiutare le persone a implementare le idee sulle quali si fonda questo sistema economico. A spiegare il razionale di questo sistema è Tarcisio Bonotto, presidente dell’IRP. «La teoria economica PROUT (Teoria della Utilizzazione PROgressiva – PROgressive Utilisation Theory) proposta dal filosofo e neo-umanista indiano Sarkar a partire dal 1967, si è rivelata a pieno titolo un sistema socio-economico alternativo al capitalismo e al defunto socialismo sovietico» dice Bonotto. «Sarkar ha fondato nel 1969 l’associazione socio-culturale PROUTIST UNIVERSAL, un movimento globale con il compito di divulgare i valori, le soluzioni della teoria PROUT, nei campi della società, economia, cultura, educazione, politica, istituzioni, che possa portare ad una nuova visione mondiale basata sulla necessità di garantire a tutti le minime necessità per l’esistenza e favorire lo sviluppo equilibrato di ogni essere umano, dal punto di vista fisico, mentale e spirituale, in armonia con la natura».  «Sarkar afferma che lo sviluppo economico non è in contraddizione con lo sviluppo delle potenzialità umane e la salvaguardia dell’ambiente. Per raggiungere questi obiettivi propone la suddivisione del territorio in aree socio-economiche autosufficienti, contrariamente a quanto sostengono i fautori della globalizzazione economica attuale. La teoria economica PROUT, dalla vasta portata sia filosofica che tecnica, propone una nuova visione dell’evoluzione della storia. Famoso il Ciclo Sociale proposto da Sarkar, applicato in modo eccellente dall’economista Ravi Batra per le sue 20 previsioni azzeccate, sugli eventi del secolo scorso». «Sarkar propone poi una ristrutturazione della teoria economica stessa trasformando la macro economia in economia generale, (per lo studio delle teorie economiche) la micro economia in economia commerciale e aggiungendo due nuove branche di studi e applicazioni: l’economia popolare, che dovrebbe proprio interessarsi della garanzia delle minime necessità (alimenti, vestiario, abitazione, cure mediche, educazione) e la psico-economia che affronta il problema dello sfruttamento nei luoghi di lavoro e la massima utilizzazione delle capacità individuali e collettive per la trasformazione scientifica ed economica». «Il PROUT è una teoria economica dinamica, può essere applicata in qualsiasi circostanza e paese e in qualsiasi condizione, da qui la definizione di progressiva. Prevede la massima utilizzazione delle potenzialità materiali, fisiche, mentali e spirituali, dell’individuo e della società, da qui il termine utilizzazione. Fonda le sue radici sul neo-umanesimo, che insegna il rispetto dell’ambiente nel suo insieme, quindi non solo esseri umani, ma anche animali, piante e oggetti inanimati, come espressioni tutte dell’armonia dell’Universo. Per questo viene definita socialismo umanistico, proposto, nelle parole di Sarkar, per il benessere e la felicità di tutti».

L’analisi

Franco Bressanin, cofondatore di IRP, mette poi in evidenza gli evidenti fallimenti del sistema capitalistico.
«Dal punto di vista  dell’uguaglianza sociale, dei diritti umani e dello sviluppo materiale, intellettuale e culturale-spirituale, negli ultimi decenni si è avuto un peggioramento. Il sistema capitalista attuale sovverte i valori umani, ponendo il denaro e l’accumulo di ricchezze al vertice dei valori, mentre solidarietà, arte, cultura, spiritualità, desiderio e sforzo di migliorarsi sono denigrati e spogliati della loro importanza. Il capitalismo impedisce la crescita e lo sviluppo interiore dell’essere umano, snaturandolo, e questo è  un primo fallimento. Il secondo fallimento è che rende le persone egocentriche, accresce le disparità economiche e  favorisce un pensiero puramente materialistico. Trasforma le persone in animali feroci attraverso una forma di competizione che calpesta tutti i diritti umani. Favorisce l’uso della forza, non solo fisica, al puro scopo di impadronirsi anche delle ricchezze degli altri, creando povertà e indigenza. Un terzo fallimento: la globalizzazione, che avrebbe dovuto propagare il benessere e l’affluenza in tutto il mondo, invece ha propagato e diffuso povertà e diseguaglianze. E ancora, un quarto fallimento: ci siamo dimenticati la funzione stessa del denaro come mezzo per lo scambio di beni e servizi. Aristotele stesso proclamava la natura di mezzo di scambio del denaro, arrivando a condannare il profitto. Oggi il denaro è tolto dalla circolazione nelle attività produttive ed inserito nelle attività finanziarie, massacrando la produzione di beni e servizi e di fatto impoverendo l’economia. Il quinto fallimento: il neoliberismo, nel contesto attuale di amoralità, sfociando spesso nella illegalità o peggio nella criminalità, non può che essere distruttivo e degenerante». Quindi, secondo Bressanin, «il sistema capitalista fondato sul profitto indiscriminato ha portato la società alla disintegrazione sociale ed economica. E la globalizzazione, come massima espressione del capitalismo a livello planetario, ha distrutto in ogni paese il tessuto produttivo, la coesione sociale e prodotto un oceano di debiti, sotto il cui peso la società stenta a riprendere il suo normale corso. Ha favorito l’indiscriminato accumulo di ricchezza in mano a poche persone, aumentando il divario tra ricchi e poveri. Allo stesso tempo è diminuita la circolazione del denaro, creando recessione e alla fine depressione economica». «Inoltre attraverso i media si nascondono i problemi veri, si devia l’attenzione pubblica su cose non importanti, o la si anestetizza con telenovela,  giochini a premio, o con il gioco d’azzardo di Stato. In questo modo la gente sciupa il suo tempo in inutili attività invece di dedicarlo al proprio sviluppo interiore. Ovviamente tutto ciò non può durare all’infinito, così si arriverà al punto di rottura, quando l’ignoranza pubblica, considerata un mezzo per tenere sotto controllo le masse, emergerà con tutta la sua forza dirompente e farà grippare la macchina economica e sociale. Se ci sono diseguaglianze sociali, nessuno vi pone rimedio, tanto la gente si arrangia in un modo o nell’altro. Si inquina l’ambiente, scaricando i rifiuti in mare, bruciandoli, seppellendoli,  tanto  i tumori compaiono dopo decine di anni, così si può continuare ad inquinare, tanto al momento la gente non muore. Ma alla fine la natura chiede il conto e la gente comincia a stare sempre peggio. La miopia mentale, la mancanza di pianificazione, la visione sfruttatrice dell’ambiente, delle persone e delle conoscenze miete le sue vittime. Il sistema socio-economico grippa e si ferma, per poi distruggersi, con dolore e sofferenza per i più. Nessuno può più venderlo come un successo».

La proposta Prout

«La teoria economica PROUT, propone un sistema economico collettivo, dove la proprietà dei mezzi di produzione sia collettiva, in mano alle persone che lavorano e il potere politico in mano a persone morali e capaci» prosegue Bressanin. In sostanza un’economia a responsabilità collettiva, con un sistema di cooperazione coordinata, non subordinata. La finalità è garantire le necessità basilari per l’esistenza a tutti,  l’aumento in modo progressivo del potere di acquisto, per il benessere di tutti, nessuno escluso. Dobbiamo ripristinare il circolo virtuoso PRODUZIONE- LAVORO-REDDITO-CONSUMI necessario a produrre un reddito utile a soddisfare i bisogni primari, per la sopravvivenza e lo sviluppo, diritto di nascita di ogni essere vivente». Rivoluzione Industriale  «La teoria economica PROUT propone un cambiamento strutturale del sistema produttivo, una rivoluzione industriale» continua Bonotto. Per le industrie prevede un sistema tripolare:
1. Aziende Pubbliche deputate alla produzione di materie prime a livello nazionale, regionale o locale. Saranno di loro competenza luce, acqua, gas, rifiuti, estrazione e  produzione di metalli ferrosi, filati, materiali edili con il criterio ‘né perdita, né profitto’ per regolare il mercato e non creare inflazione.
2. Aziende Cooperative, spina dorsale dell’economia, attraverso le quali la popolazione può controllare il potere economico. Alle cooperative sarà affidata la produzione e distribuzione dei beni essenziali all’esistenza per la popolazione. Come passo immediato chiediamo che il 51% delle azioni delle grandi imprese siano nelle mani dei lavoratori, i quali controlleranno gli amministratori e manager.
3. Aziende private che producono beni e servizi non essenziali o di lusso, piccole e micro imprese. Le aziende devono essere create nelle zone in cui sono presenti materie prime e decentrate sul territorio in ragione di esse, in modo tale da sviluppare ogni singola area socio-economica di ogni regione».

Riforma Agraria

«Il PROUT propone una gestione COOPERATIVA dell’agricoltura, in 3 fasi progressive che potranno durare circa 5 anni, sempre se gli agricoltori, attraverso la formazione, ne comprenderanno la necessità. L’Italia oggi non è più autosufficiente nella produzione agricola. Importiamo frutta e verdura dalla Cina. Attualmente circa il 95% delle proprietà agricole ha un’estensione media  di 5-10 ettari, risultando poco sostenibili e produttive. Si propone perciò la creazione di aree economicamente sostenibili unendo terreni anche non adiacenti, mantenendone la proprietà, da condividere in cooperazione. La gestione individuale/familiare della terra, la mezzadria, l’affitto delle terre non utilizzano appieno le potenzialità produttive della terra. Nel sistema agricolo cooperativo ciò può invece avvenire e si può applicare anche la cosiddetta agricoltura integrata: produzione non solo estensiva, ma integrata con orticoltura, floricoltura, allevamento, piscicultura, erbe officinali, sistemi di irrigazione, progetti di ricerca su fertilizzanti e sementi, utilizzando al meglio le potenzialità della terra e producendo un reddito più sicuro per gli agricoltori. Le cooperative avranno la capacità di fare ricerca affrancandosi dai privati». Pianificazione economica decentralizzta  «Il PROUT adotta il sistema di pianificazione decentralizzata. Vale a dire programmazione in funzione dello sviluppo per aree che vanno dai 5.000 ai 100.000 abitanti. “Conosci il territorio e pianifica” questo è il motto della pianificazione decentrata. La popolazione locale ha diritto di pianificare ogni aspetto del proprio territorio, inclusa certo l’amministrazione eletta».

Decentralizzazione Economica

«Per rendere possibili questi programmi il PROUT adotta la decentralizzazione economica (Economia nelle mani dei lavoratori e decentrata sul territorio)

• Obiettivo fondamentale: devono essere garantite a tutti le necessità basilari per l’esistenza

• Le persone non locali, esterne all’area socio-economica in questione, non devono interferire nell’economia locale. Occupazione prima alla popolazione locale.

• Le materie prime non devono essere esportate, solo i prodotti finiti per generare reddito locale

• Tutti i beni non prodotti in loco devono essere eliminati  dal mercato.

In poche parole siamo agli antipodi rispetto alle regole della globalizzazione, adottate per l’Italia dall’Europa, che impediscono lo sviluppo di ogni singolo paese.

• L’Italia deve diventare autosufficiente nella produzione dei beni essenziali.

• Deve avviare la manifattura per soddisfare il mercato interno e un 10-15% di esportazioni.

• Per questo deve salvaguardare le produzioni, disconoscendo i trattati WTO di globalizzazione.

• L’economia in mano alla popolazione (democrazia economica) eliminerà la corruzione prodotta dall’inciucio tra élite politiche ed economiche. Questa in sintesi la nostra visione socio-economica, un cambiamento di paradigma nello sviluppo socio-economico del nostro paese.

Per saperne di più: www.irprout.it

Fonte: il cambiamento

 

In Germania si costruisce il futuro: l’ecovillaggio di Sieben Linden

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Affrontare l’attuale crisi ambientale, sociale ed economica dando vita ad un nuovo modello di società fondato su solidarietà, condivisione, risparmio e consapevolezza. Questi i presupposti da cui ha preso vita oltre quindici anni fa l’ecovillaggio di Sieben Linden, nel nord della Germania. L’ecovillaggio di Sieben Linden è situato in aperta campagna nel nord della Germania, regione della Sassonia Anhalt (ex DDR), ed è abitato da 150 persone di cui 40 bambini e adolescenti. Queste persone hanno deciso che la crisi ambientale, sociale, economica, politica la risolvono per davvero.

Il progetto esiste da oltre quindici anni e dimostra che, se si vuole, si può migliorare la qualità della vita dando a questa un senso profondo. Persone normali di tutte le estrazioni sociali e possibilità economiche hanno creato un sistema sostenibile senza essere marziani, hippies o miliardari. Le abitazioni sono state costruite con materiali come il legno locale, balle di paglia, isolamento in fibra di cellulosa e fibra di legno, terra cruda e vengono alimentate energeticamente da legna, pannelli solari fotovoltaici e termici, il tutto per ridurre al minimo l’impatto ambientale. Le decisioni vengo prese da tutti, ci sono i vari gruppi di lavoro e ognuno ha un ruolo all’interno dell’ecovillaggio che è un modello di micro società alternativa, così come dovrebbero e potrebbero esserlo tanti progetti anche da noi e infatti c’è chi in Italia ci sta già provando. La cucina è vegetariana e vepersone,abitazioni,gan con molti alimenti auto prodotti all’interno di un sistema di permacultura. Per tutto quello che non si autoproduce c’è un acquisto collettivo biologico che coinvolge l’intera comunità e che riduce i costi del 40% dei prodotti non solo alimentari ma anche di tutti quelli che servono per l’igiene personale e la pulizia della casa. Per i bambini c’è un asilo interno dove i bambini passano molto tempo all’aperto e non corrono il rischio di essere investiti.

A Sieben Linden la cucina è vegetariana e vegan con molti alimenti auto prodotti all’interno di un sistema di permacultura. Su 150 persone le automobili sono solo una ventina e alcune sono della comunità a disposizione di tutti e se si usano si pagano solo i chilometri effettivamente percorsi, senza bisogno di pensare ad assicurazioni, spese di manutenzione, etc. Le persone si aiutano molto fra di loro, c’è solidarietà e supporto fra gli abitanti che permette di rafforzare le relazioni e anche risparmiare molti soldi in servizi che nella società normale devono essere pagati e che invece in progetti del genere sono gratuiti e volentieri donati reciprocamente. Sieben Linden sfata i pregiudizi di coloro che pensano che questi progetti siano isole felici scollegate dalla realtà e per pochi disadattati. Laddove in quella zona prima dell’arrivo di queste persone c’era abbandono, deserto relazionale e culturale, è stata portata una ventata di entusiasmo e di rinascita dell’economia locale con persone che vengono a Sieben Linden a lavorare o a visitare il posto da tutte le parti della Germania e anche dall’estero. Fra le tante attività si organizzano infatti corsi, seminari, incontri internazionali per tutti coloro che siano interessati a conoscere questa interessante realtà. La famosa cultura che si cita spesso come aspetto prioritario nella città e poi magari si va a teatro una sola volta l’anno, la fanno direttamente gli abitanti di Sieben Linden. Una volta a settimana c’è il cinema, ci sono spettacoli teatrali organizzati da loro, c’è la discoteca, un locale bar, un negozio interno, la sauna, un coro, si organizzano corsi di yoga, thai chi, danza, pittura, etc e la maggior parte sono gratuiti. Ci sono tante relazioni con persone di diverse professionalità, conoscenze, culture, storie che regalano una grande ricchezza a chiunque frequenti il posto anche per poco tempo.
Le abitazioni sono state costruite con materiali come il legno locale, balle di paglia, isolamento in fibra di cellulosa e fibra di legno, terra cruda. Ma veniamo all’argomento principe, la pietra angolare di tutto: i soldi. Proprio perché in questo posto non si spreca, si risparmiano energie e risorse, ci si dà una mano, si condivide molto senza per questo fare particolari rinunce o essere dei monaci, la vita costa veramente poco. Una persona, considerati gli elementi base di affitto, alimentazione, energia, acqua, internet, etc, spende mediamente al mese circa 500/600 euro e poco più se ha dei figli. All’interno di questa cifra si può anche usufruire di una mensa comune biologica che prepara quotidianamente pasti per la colazione, pranzo e cena. A Sieben Linden hanno fatto quadrare il cerchio, si spende poco, si ha tutto quello che serve, si vive a contatto con la natura, si ha supporto dalla comunità, si ha vita culturale, si imparano molte cose nuove e mestieri, si conoscono persone e culture diverse. Ma secondo i parametri economici tedeschi (simili ai nostri), in teoria queste persone a cui non manca nulla, vivono al di sotto della soglia di povertà. Viene da chiedersi allora la povertà dove sta davvero? In chi guadagna più soldi ma fa una vita di inferno? In chi non si costruisce nessuna prospettiva e aspetta che gli cali dal cielo qualche miracolo? A cosa serve avere tanti soldi, inseguire uno stipendio che deve essere sempre più alto per comprare sempre più cose? Chi è veramente povero nella società dei consumi? Secondo quali parametri totalmente sballati si viene considerati poveri? Le persone di Sieben Linden vivono così come tanti predicano ma che non fanno. Cosa ci sarà di tanto difficile nel mettere assieme la teoria con la pratica? In ogni caso vista la situazione drammatica attuale, volenti o nolenti, la società del futuro, speriamo non troppo lontano, sarà simile a quella di questi pionieri. Sieben Linden sfata i pregiudizi di coloro che pensano che questi progetti siano isole felici scollegate dalla realtà. Nasceranno sempre più variegati progetti di questo tipo che si scambiano competenze e informazioni e si rafforzano fra loro, progetti costituiti da persone consapevoli, attive e che danno risposte pratiche e sensate ai problemi che ci stanno portando a fondo. Basta poco per avere ispirazione, basta fare un viaggetto e vedere con i propri occhi, poi rimboccarsi le maniche e rifare dalle nostre parti cose simili, tenendo ben presente che noi in Italia siamo molto più avvantaggiati perché con le nostre condizioni geoclimatiche, potremmo autoprodurci molti più alimenti ed energia. E poi volete mettere il clima italiano e il clima del nord della Germania? In Italia potremmo diventare un meraviglioso giardino nel quale fare crescere speranza e bellezza.

Per tutti quei giovani che pensano che possibilità non ce ne siano, che non ci sia lavoro, che si sentono inutili o aspettano non si sa bene cosa, consiglio caldamente di visitare posti del genere dove ognuno ha una sua collocazione, un ruolo, un senso, non si sente da solo contro il mondo. Bisogna darsi da fare, essere attivi e crearsi opportunità, di certo nulla verrà per grazia ricevuta ma se non ci si dà da fare, se non ci si muove, non si possono certo scoprire i propri talenti e misurare le proprie possibilità. Prima di criticare iniziative del genere o liquidarle con commenti banali e idiozie assortite parlando di Arcadie, di utopie, di isole felici, di progetti impossibili, andate a trovarli e vi accorgerete che sono estremamente realistici e quello che fanno è riproponibile senza sforzi titanici o montagne si soldi. I progetti impossibili, le vere utopie sono quelle che la società dei consumi ci ha martellato fino ad ora ed è ormai evidente che non ci portano proprio da nessuna parte.

Fonte: il cambiamento

Pensare come le Montagne

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Al via il progetto AgriTorino, agricoltura sostenibile per rispondere alla crisi

È stato presentato il progetto solidale AgriTorino che mira a creare una nuova agricoltura con funzione sociale, ambientale ed economica. Si tratta di un patto tra produttori e consumatori con il quale i primi affidano a giovani disoccupati delle terre abbandonate o sottoutilizzate.

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Dando un’occhiata ai dati diffusi dall’Istat lo scorso venerdì sembra evidente, anche per i non addetti ai lavori, che il Belpaese si trovi in posizione supina. In riferimento all’anno 2012, il Pil è diminuito del 2,4%, il rapporto deficit/Pil è al 3% (in poche parole lo Stato ha speso più di quanto ha incassato), e il debito pubblico è al 127% del Pil. In tali scenari catastrofici, l’operato del governo dei tecnici ci ha inoltre regalato un incremento del 3% delle entrate fiscali e una disoccupazione, d’inizio d’anno 2013, che si attesta all’11,7% mentre è ai massimi storici per gli under 24, con il 38,7% di inoccupati (è al 50% nel sud del paese). Poche volte ci attacchiamo ai numeri, seppure certi indicatori e certi dati risultino avere una valenza informativa, ed, anzi, di frequente, preferiamo raccontare esperienze reali, azioni, atti di concretezza che dimostrino come la forza e l’impegno degli individui possano remare contro la corrente delle negatività generata da un sistema obsoleto. E così, proprio contro la crisi e l’inefficacia della classe dirigente, l’ingegno si aguzza e si federa intorno ad azioni solidali poste in essere in micro mondi per provare a dare vita ad iniziative stimolanti e speranzose. È il caso del progetto Agritorino, presentato a Torino lo scorso fine settimana, che mira a creare un nuovo modo di fare e vivere l’agricoltura. Il mondo del volontariato torinese come il Sermig, il Cottolengo, la Congregazione Salesiana insieme ai Padri Somaschi, PerMicro e Piazza dei Mestieri si sono fatti promotori di un’iniziativa dalle finalità molteplici: valorizzare la terra, mettere in produzione la terra incolta, produrre prodotti di qualità, vendere in maniera etica e creare occupazione giovanile oltre che professionalità nel settore agricolo. Si tratta di un patto tra produttori e consumatori con il quale i primi affidano delle terre abbandonate o sottoutilizzate a dei giovani disoccupati, i nuovi agricoltori del 2013, che vengono formati all’agricoltura ecosostenibile con l’obiettivo di avere un’occupazione generatrice di un reddito, ma allo stesso tempo di fornire dei prodotti di qualità alla comunità a prezzo etico.

Si è dato il via a questa sperimentazione che sarà supervisionata dal comitato promotore per testare la fattibilità tecnica dell’iniziativa nonché la sua sostenibilità economica. Se il buongiorno si vede dal mattino, sembrerebbe che l’avventura parta nel migliore dei modi visto che sono già stati identificati dei terreni disponibili nel piemontese che verranno dati in comodato d’uso dai proprietari, il Cottolengo e i Salesiani, per l’immediato start del progetto. In assenza di misure incisive dei governi nazionali le micro realtà del paese si organizzano differentemente, provano ad agire unendosi per seminare un benessere comunitario. Il progetto AgriTorino è una sfida interessante che nasce dalla prossimità con il territorio e dall’iniziativa di chi conosce la realtà dei cittadini e sceglie di viverla a stretto contatto anziché osservarla a distanza dalle poltrone del Palazzo. L’unione dal basso per fronteggiare il problema dell’occupazione giovanile e della crisi economica e per dare fiducia e dignità alla persona. La strada tracciata è il ritorno alla terra, dunque, per sviluppare un’agricoltura che possa giocare un ruolo sociale, ambientale ed economico: coniugare il coltivare sano con il vendere etico creando lavoro, professionalità e reddito. La radici del nostro paese e della nostra storia, poggiate sui pilastri della solidarietà, rappresentano la speranza per ripartire e affrontare il vivere presente.

fonte: il cambiamento

Manuale Pratico di Agricoltura Biodinamica

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