Frode alimentare: su eBay è caccia al finto made in Italy

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Consumatori più protetti grazie a un regolamento che permette la denuncia diretta di prodotti alimentari “taroccati” in vendita su eBay e Alibaba. L’e-commerce è un’opportunità di business anche per il settore alimentare, ma il web è anche il posto migliore con il quale i contraffattori piazzano la loro merce. Fino a poco tempo fa era impossibile evitare che gli alimenti contraffatti finissero sul mercato e fossero acquistati da chi è solito fare la spesa su Internet. Oggi, però, il Ministero dell’Agricoltura, mediante l’Icqrf, l’Ispettorato della tutela della qualità e repressione frodi, ha siglato due accordi di collaborazione con i più grandi siti di vendite online a livello globale, eBay e Alibaba, che valgono rispettivamente 83 e 248 miliardi di fatturato annuo. Si tratta di un grande passo per l’export alimentare del nostro Paese che nel 2014 ha visto crescere le vendite online del 23%. Ma di quanto sarebbe stato l’incremento senza l’ostacolo dell’italian sounding che sottrae al vero made in Italy circa 60 miliardi di euro l’anno? Grazie al nuovo accordo stipulato dal Ministero dell’Agricoltura, le inserzioni dei prodotti contraffatti possono essere rimosse. Nei primi venti giorni sono già state rimosse ben 219 inserzioni su eBay e 13 su Alibaba. Questo è possibile poiché l’Unione Europea ha elevato il cibo da mero prodotto agricolo, a patrimonio gastronomico e culturale europeo: grazie al regolamento 1151/12 dell’Ue è entrato in vigore la “protezione ex officio”, grazie alla quale chiunque può segnalare violazioni e illeciti alle autorità competenti come l’ICQRF in Italia. Si tratta di uno strumento in grado di tutelare solamente Dop e Igp, ma è anche l’opportunità per i consumatori di tutelare se stessi e il cibo che fa parte del proprio territorio e della propria comunità. Nel caso si riscontrino delle anomalie si può scrivere a icqrf.capodipartimento@politicheagricole.it
Fonte: Repubblica

Specie rare vendute su Internet: un business da 10 miliardi di dollari

Grazie a un linguaggio in codice il commercio illegale prolifica attraverso canali come Facebook, eBay e Google. L’Obs Rue89 hanno recentemente pubblicato un’approfondita inchiesta a firma di Rachel Nuwer sui traffici illegali di specie rare che utilizzano il web come canale di vendita. Un commercio che coinvolge FacebookeBayGoogle shoppingEtsy e Alibaba e che è diventato il quinto mercato di contrabbando al mondo, appena un “gradino” al di sotto del traffico di narcotici. Dalle tartarughe a rischio estinzione alla rarissima lucertola senza orecchie del Borneo, dai pappagalli all’enorme mercato delle corna di rinoceronte, è stato soprattutto il web a far esplodere questo tipo di business che – escludendo la vendita illegale di legname e di pesca – ammonta a circa 10 miliardi di dollari di giro d’affari. Una prova di quanto l’e-commerce illegale incida su questi affari lo si ha proprio dai dati sul commercio dell’avorio (aumentato del 300% dal 1998 al 2011) e dal boom del bracconaggio dei rinoceronti in Africa del Sud: “soltanto” 13 uccisioni nel 2007 e oltre 1000 nel 2011. Poco importa che le terapie per il vigore sessuale a base di corna di rinoceronte abbiano lo stesso effetto dell’ingestione delle nostre unghie o capelli: nel gran bazar del web ci sono creduloni disposti a spendere fino a 66mila euro al kilo per il placebo della potenza sessuale. Di questo passo il rinoceronte sarà una razza estinta entro il 2020. La controffensiva è iniziata: alcuni software permettono di incrociare migliaia di dati (ordini, pubblicità online, indirizzi e-mail, numeri telefonici, placche d’immatricolazione) e di arrivare ai trafficanti, a seconda delle localizzazione delle organizzazioni criminali sono l’americana Fish and Wildlife Service, la britannica National Wildlife Crime Unit e l’Interpol a intervenire. Nel 2012 l’Us Fish and Wildlife Service ha arrestato 150 persone implicate nel traffico di pelli di tigre e uccelli vivi. Ciò che è davvero singolare è come i trafficanti non utilizzino il dark web, ma procedano nella parte emersa della Rete grazie a un linguaggio codificato in cui “osso di bue” significa “avorio d’elefante”, NQJ è acronimo di pappagallo nero a coda gialla e “doppio motore” è boa rosso delle sabbie. Gli enti preposti a smascherare i traffici lavorano di concerto con eBay, Google Shopping, Etsy, ma negli ultimi tempi anche Alibaba, la più grande impresa al mondo di vendite online ha dato il suo apporto per stanare i commerci illegali. “È un po’ il gioco del gatto e del topo – ha dichiarato Wolfgang Weber, direttore della gestione mondiale del regolamento e della politica eBay, aggiungendo che – noi cominciamo a bloccare il termine ‘osso di bue’ e i venditori ne scelgono un altro, come falso avorio”. Arrivare a decrittare il 100% dei commerci illegali presenti in Rete sarà impossibile, ma mettere i bastoni fra le ruote alla criminalità che lucra sulle specie rare non è un’utopia e qualcuno ci sta già riuscendo.elefanti-586x439

Fonte:  L’Obs – Rue89

© Foto Getty Images