Sunny Hill, l’ecovillaggio della “semplicità lussuosa”

Uno spazio di cooperazione e innovazione che promuove le condizioni per la ricerca, l’educazione e la pratica del vivere sostenibile. Passa per la Slovenia il secondo di sette appuntamenti con alcune tra le più importanti comunità intenzionali d’Europa. Le interviste sono state realizzate durante la conferenza europea degli ecovillaggi che si è svolta dal 14 al 17 luglio scorso in Toscana. L’ecovillaggio Sunny Hill è situato nell’incantevole borgo di Hrvoji, nell’Istria slovena, a meno di un’ora da Trieste e a poco più di mezz’ora da Capodistria. “È uno spazio di cooperazione e innovazione la cui missione è creare la giusta atmosfera per la ricerca, l’educazione e la pratica del vivere sostenibile.” Ce lo dice Nara Petrovic, fondatore dell’ecovillaggio nel 2014 insieme ad altri 5 pionieri da lui conosciuti attraverso forum ecologisti.

Nara Petrovic racconta Sunny Hill (sottotitoli in italiano disponibili) 

L’idea è nata quasi per gioco. Alzi la mano chi non ha mai fantasticato di mettere insieme qualche decina di migliaia di euro insieme ai propri amici per comprare un piccolo borgo da ristrutturare e diventare il più possibile autosufficienti. Ecco, la differenza è che Nara e i suoi amici non stavano scherzando. E così oggi, attraverso la cooperativa “Sunny Hills of Istria”, sono proprietari di un edificio di 200 anni da loro stessi ristrutturato. Un contenitore che ha la funzione di mostrare, a chiunque passi per quel luogo magico, le più interessanti soluzioni per ridurre gli sprechi e l’impatto sull’ambiente attraverso l’uso integrate di conoscenze tradizionali e tecnologia. Un’opera di ristrutturazione e di “rigenerazione” del borgo dove si sono insediati che non è affatto terminata, visto che dopo l’edificio principale hanno iniziato a ristrutturare anche quelli circostanti.

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Nara è piuttosto conosciuto in Slovenia. Nel 2009 ha infatti lanciato l’evento “puliamo la Slovenia in un giorno”, cui hanno aderito circa 200mila suoi connazionali che hanno ripulito 20mila tonnellate di rifiuti dalle strade e dalle discariche abusive delle maggiori città del Paese in uno stesso giorno. Da allora vive e cammina scalzo, che è solo la più visibile delle scelte radicali che ha fatto per avvicinarsi alla natura. Sul suo stile di vita ha scritto più di un libro, sono stati girati due documentari ed è spesso invitato a divulgare le sue ricerche a seminari e conferenze in tutto il paese. Nonostante ciò, Nara rifiuta categoricamente il ruolo di leader spirituale o quello di figlio dei fiori. È semplicemente un fautore della semplicità volontaria, o downshifting. Tutto ciò non deve far pensare a Sunny Hill come un luogo privo di qualsiasi comodità. Al contrario, essendo una comunità formata da circa 15 membri, diventa persino più facile permettersele, e senza dipendere da lavori ed apporti monetari esterni. Il principio di base, comune a tutte le comunità intenzionali, è infatti quello della condivisione. “Quando condividi con altre persone spazi, mezzi di trasporto, utensili, apparecchi ad alta tecnologia, ripari e ricicli tutto il possibile, autoproduci il tuo cibo e una buona parte dell’energia che ti occorre, puoi diminuire drasticamente la quantità di denaro di cui necessiti per vivere con agio. È in questo modo che noi riusciamo a vivere quella che noi chiamiamo la semplicità lussuosa”, ci dice.

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 A Sunny Hill si organizzano eventi, workshop e raduni, viene offerto supporto a tutti coloro che vogliono adoperarsi per effettuare la transizione verso una vita più consapevole degli effetti delle nostre azioni sull’ambiente, sugli altri umani e sulle altre creature viventi. Inoltre il piccolo borgo istriano ospita volontari, “volonturisti” (come li chiamano loro) e iniziative come il programma europeo per la formazione sul campo Erasmus+, l’incubatore per ecovillaggi CLIPS e molte altre. Inoltre, è membro delle rete europea degli ecovillaggi GEN Europa, di ECOLISE e di altri network. 

Per entrare in contatto con l’ecovillaggio basta scrivere a sunnyhill.slovenia@gmail.com.

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2019/09/sunny-hill-ecovillaggio-semplicita-lussuosa/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

Mollare tutto per viaggiare… in salita

Un giro del mondo in 365 giorni toccando le montagne più alte di ciascun continente e girando brevi documentari da postare ogni domenica sui social. È questo il progetto di Lorenzo e Beatrice, una giovane coppia romana che ha optato per un drastico cambio vita e si appresta a iniziare il cammino che li porterà alla realizzazione di un sogno. Un cammino in salita, come tutte le sfide. Si chiamano Lorenzo e Beatrice. Sono una giovane coppia di Roma appassionata di trekking. Lui giornalista e videomaker, lei responsabile risorse umane di un’agenzia di eventi. Il primo gennaio 2019 partiranno per Buenos Aires, prima tappa del loro viaggio-progetto intorno al mondo che durerà un intero anno e che ha per titolo Viaggi in salita.

Lorenzo, com’è nato questo progetto?

Semplice. Da una delle nostre due passioni: quella per i viaggi. Alla fine del 2017 mi sono reso conto che i miei viaggi con Beatrice erano, e sarebbero continuati a essere, una parte marginale delle nostre vite. E questo non potevo accettarlo. 

Spiegati meglio.

A parte rare eccezioni, siamo tutti abituati a viaggiare nei ritagli di tempo. Per esempio nelle 2-3 settimane di ferie che ci concede il lavoro. Magari in periodi che non sono ideali per i luoghi che vorremmo visitare: in alta stagione, con i prezzi più alti e le destinazioni sovraffollate. Io invece voglio che nella nostra vita la scoperta del mondo sia un’attività a tempo pieno. Perché questo accada, però, il viaggio non può che coincidere con il lavoro. Ecco, noi con il tempo vogliamo arrivare a questo. 

È il sogno di molti. Ma non tutti hanno il coraggio di cambiare vita e provarci.

Beatrice lo ha avuto. Quando le ho proposto di mollare tutto e partire sapevo che sarebbe stata lei a dover rischiare di più. Fra noi due è lei quella che lascerà un lavoro stabile e uno stipendio garantito. Non a caso ci ha messo qualche mese prima di accettare.

Quale sarà il lavoro che farete in viaggio?

Scriveremo articoli e gireremo 52 brevi documentari per il web (una “web-docu-serie”) che posteremo con cadenza settimanale sui social. Il nostro canale YouTube sarà la piattaforma principale su cui caricheremo gli episodi ogni domenica. Sulla nostra pagina Facebook posteremo gli articoli che racconteranno i progressi del viaggio. Attraverso il nostro profilo Instagram pubblicheremo foto e storie, nostre e delle persone che incontreremo, attivando un collegamento il più possibile quotidiano con i nostri followers. L’idea di base è documentare il viaggio strada facendo. 

Sarà abbastanza per pagarvi le spese?

All’inizio i video non porteranno un reddito diretto, ma il nostro obiettivo è che ci riusciranno presto. Dipenderà anche dal numero di persone che ci seguiranno. 

Senza reddito resta il problema del finanziamento del viaggio.

Abbiamo aperto un crowdfunding che ci ha dato qualche soddisfazione. Ma, per onestà, dobbiamo ammettere di essere fortunati. Vivendo in una casa di proprietà, abbiamo potuto affittarla per un anno a partire dall’inizio della nostra avventura. Una buona base di partenza, a cui si sono aggiunti i risparmi che abbiamo accumulato da quando, nel febbraio 2018, abbiamo deciso di partire. Da quel momento abbiamo eliminato tutte le spese superflue e venduto l’auto e la moto. Tutto ciò che abbiamo guadagnato col nostro lavoro lo abbiamo destinato al viaggio. Non ricordo l’ultima volta in cui abbiamo mangiato una pizza fuori casa. 

Un downshifting coi fiocchi.

Già. Un modo per allenarci a ciò che ci attende durante il viaggio.

I sacrifici dunque continueranno?

Necessariamente. Il budget sarà in ogni caso risicato per questo genere di viaggio, specie per la parte che riguarda le montagne, che – tra guide locali, trasporti, attrezzatura e permessi di esplorazione – sono molto costose. Anche per questo abbiamo deciso che, mentre io monterò i video, Beatrice si occuperà di contattare possibili partner e sponsor sul percorso. Punteremo sul baratto dei video e degli articoli sui luoghi che visiteremo con sconti, ospitalità, servizi al prezzo di costo, ecc. Poi faremo free camping il più possibile e ogni tanto proveremo a soggiornare gratis in cambio di lavoro. Per esempio in Cambogia lavoreremo da volontari in un centro specializzato nella cura e nel recupero degli orsi neri alla vita selvatica. L’unico lusso che ci concederemo sarà attraversare il Vietnam in moto, comprandola usata all’inizio del percorso e rivendendola alla fine. 

Quanti bagagli ci vogliono per un viaggio del genere?

Il meno possibile. Noi avremo due soli zaini, uno con l’attrezzatura video e l’altro con l’abbigliamento per entrambi. Con un equipaggiamento così minimo finiremo per diventare cinture nere di downshifting (ride, ndr). 

Come avete scelto l’itinerario?

Ci ha aiutati la seconda delle nostre passioni: quella per la montagna. Abbiamo deciso di scalare almeno cinque delle sette Seven Summits, ossia le sette montagne più alte per ciascuno dei continenti (cinque più l’Antartide e l’America del Sud, considerati come continenti a parte). L’itinerario è stato deciso sulla base di questo obiettivo principale.

Le montagne. È dunque questa la ragione del titolo “Viaggi in salita”?

Esatto. Ma attraverseremo ogni tipo di paesaggi: oltre alle montagne, anche mare, città, deserto, foresta, giungla… in 22 diversi Paesi.   

Quali montagne delle Seven Summits avete scelto?

Il Kilimangiaro in Africa, il Kosciuszko in Australia, l’Aconcagua in Sudamerica, il Denali in Nordamerica e, naturalmente, l’Everest in Asia. Non essendo degli scalatori professionisti, non pensiamo di arrivare fino alla vetta del tetto del mondo. Ma sulle altre vette sì. O almeno, ci proveremo. 

La prima tappa?

Da Buenos Aires ci sposteremo sulle Ande per scalare l’Anconcagua, il nostro primo obiettivo “in salita”. Poi attraverseremo tutta l’America del Sud, saltando solo Colombia e Venezuela, per recarci a Panama. Da lì proseguiremo per il Messico, gli USA e il Canada, fino al Monte Denali, in Alaska. 

L’Alaska? Una sorta di “Into the wild” all’italiana?

Sì, ma saremo meno estremi. Fra un anno vogliamo tornare a casa sani e salvi. 

E una volta rientrati?

Chissà. Magari ripartiremo.

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2018/11/mollare-tutto-viaggiare-in-salita/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

Ansia e panico: quando il mio corpo mi chiese di cambiare vita

“Di giorno stringevo mani di politici e speculatori. Di sera contavo i soldi e nutrivo la lista degli oggetti da comprare per costruire la famiglia del Mulino Bianco. Ero fiero di me. La mia vita contribuiva ad aumentare il PIL. Poi, d’un tratto, l’ansia. Fortissima e costante. Era davvero quella la felicità?”.

Fortunatamente del costume dell’uomo felice mi sono spogliato da un pezzo. Mi spiego.

Ricordate il monologo finale di Trainspotting? Il lavoro, il maxitelevisore del cazzo, la lavatrice, la macchina, il cd, l’apriscatole elettrico, il mutuo, la polizza vita, ecc. Ecco, io ci ero arrivato col più regolare dei percorsi: laurea col massimo dei voti, master, stage, primo contratto, rinnovo, rapida carriera. Project manager in ambito “sviluppo locale”: 2,5mila euro al mese più bonus, trasferte, buoni pasto e telefono aziendale. Di giorno stringevo mani di politici e speculatori senza scrupoli. Di sera contavo i soldi e nutrivo la lista degli oggetti da comprare per costruire quella che la mia compagna di allora chiamava – con sguardo sognante – “la famiglia del Mulino Bianco”. Di notte non avevo tempo di pensare ai progetti di devastazione ambientale legalizzata che contribuivo a finanziare col mio lavoro; la mattina dopo dovevo svegliarmi presto per stringere altre mani. Ero fiero di me. La mia vita contribuiva ad aumentare il PIL. Poi, d’un tratto, l’ansia. Fortissima e costante. Era davvero quella la felicità?Edvard-Munch-The-Scream-detail

Edvard Munch, L’Urlo

Ho resistito qualche anno. Come fai a mollare subito quando cresci col mito di Fonzie e degli eroi hollywoodiani? Poi il mio corpo lo ha fatto per me. Attacchi di panico, ipocondria, gastrite, insonnia. Uno dei tanti medici conosciuti nelle mie passeggiate serali (e seriali) al Pronto Soccorso mi disse, in napoletano: “lei non è malato; è solo nu poco filosofo”. La ricetta, secondo lui, era smettere di rimuginare all’ingranaggio di cui facevo parte, alle conseguenze di quel sistema globale fondato sulla rapina e la distruzione delle risorse chiamato sviluppo. “Fottitene! E pigliate ‘na pastiglia” (di ansiolitico). Ci ho pensato un po’ su. Poi ho stracciato la ricetta. All’inizio non è stato facile. Frase fatta, ma è la verità. Il mondo attorno a me indossava o ambiva a indossare lo stesso costume che mi ero tolto. Tutti credevano che mi sarei solo preso un anno sabbatico per tornare poi alla carriera più determinato di prima. Del resto “come fai a vivere senza lavorare?”. In effetti la risposta non ce l’avevo. Non ancora, almeno. Mi limitai a stringere la cinghia, scoprendo che potevo sopravvivere anche senza cambiare l’auto ogni due anni e che col couchsurfing potevo viaggiare (e aiutare altri viaggiatori) senza pagare alberghi. Qualcuno mi disse che stavo facendo Downshifting (letteralmente: scalare la marcia).

Non avendo il lavoro, ero tornato ad appropriarmi del mio tempo. Lo utilizzavo per scrivere racconti e sceneggiature su personaggi che ricercavano se stessi e il proprio ruolo nel mondo. Per scrivere mi documentavo. Fu così che mi capitò per le mani un libro di Maurizio Pallante: La decrescita felice. Dopo tre capitoli mi accorsi che mia madre, nei pranzi di famiglia, cucinava il doppio del necessario; e che, ogni volta che avevo sete, compravo spazzatura a forma di bottiglia con dentro mezzo litro d’acqua del rubinetto. La Decrescita mi fece scoprire che il lavoro – mito della società industriale per il quale si scrivono gli articoli iniziali delle costituzioni – può essere utile sì, ma anche dannoso, e che la crescita economica non è sempre positiva, come dicono al TG. Se cresce il consumo di ansiolitici o di incidenti d’auto sarà positivo per le case farmaceutiche e automobilistiche, ma non per noi e per l’ambiente. A chiarirmi che la critica allo sviluppo era una roba seria e che veniva da lontano, fu un vecchio video su Robert Kennedy, assassinato qualche mese dopo avere pronunciato un celebre discorso sull’inadeguatezza del PIL  come misura del benessere.

Nel frattempo avevo iniziato a lavorare qui e là su cose che mi interessavano: organizzazione di eventi, marketing per una casa editrice, sceneggiatura e regia. Guadagnavo molto di meno ma avevo tempo per viaggiare, leggere, cucinare, andare in bici. Avevo cambiato i miei valori di riferimento. Non potevo più vivere nello stesso mondo. E così lo lasciai. Vendetti la mia auto e partii per la Spagna per fare WWOOF. Da volontario in aziende di agricoltura naturale mi spiegarono che il sistema biologico perfetto, circolare e autorigenerante, è la foresta. Il sistema “permanente” per eccellenza. Per vivere meglio e “permanere” nel mondo l’uomo dovrebbe limitarsi a osservare la natura e progettare i propri insediamenti imitandola. Su una verde collina nel nord dell’Andalusia, la Permacultura aveva fatto capolino nella mia vita.Facendo-wwoofing-in-Andalusia

Facendo wwoofing in Andalusia

Tornato alla base, mi misi a navigare sul web alla ricerca di associazioni, imprese e progetti virtuosi ai quali offrire una mano. Ne trovai tanti. Addirittura realizzai che ci sono intere città che si stanno organizzando per affrontare la Transizione da un modello economico basato sulla disponibilità di petrolio e sulla logica di consumo delle risorse, a un nuovo modello sostenibile, basato sulle energie rinnovabili e caratterizzato da un alto livello di resilienza. Mi accorsi che nessuno di questi progetti virtuosi sarebbe nato se le persone che li avevano promossi non avessero deciso di spogliarsi del loro costume di scena, inseguendo una felicità diversa da quella, artefatta, somministrata a dosi massicce da pubblicità, disinformazione e brutti programmi televisivi. Le persone: ecco quello che mi mancava. Il tassello finale che nessun libro poteva fornirmi. Cominciai a incontrarne parecchie, specie dopo l’inizio della mia collaborazione con Italia che Cambia, che con la sua mappa aveva appena creato una rete di persone in cambiamento e iniziava a raccontare le loro storie. La grande sorpresa fu la scoperta che, per molte di costoro, la spia lampeggiante del malessere che le aveva portate al cambiamento aveva lo stesso, cupo colore della mia: gli attacchi di panico.18676341_10213148274451229_2009560568_o

“Progettare il cambiamento” all’ecovillaggio Tempo di Vivere

Il passo successivo è stato chiedermi quanta gente non abbia ancora il coraggio di uscire dalla propria zona di comfort per trovare, insieme ad altri potenziali compagni di viaggio, un nuovo equilibrio. Quanta gente è possibile salvare da una sofferenza annunciata semplicemente dandogli la possibilità di incontrare un’alternativa di valori? È nato così “Progettare il Cambiamento”, il percorso formativo che ho ideato per Italia che Cambia.
Tre appuntamenti in diversi ecovillaggi con i massimi esponenti del Cambiamento italiano (fra cui Maurizio Pallante, che coi suoi libri aveva dato inizio a quello mio personale: quale onore lavorare al suo fianco!). E se credete che sia per puro caso che abbiamo inserito nel primo modulo, dal titolo “Il Pensiero del Cambiamento”, materie come Downshifting, Decrescita, Permacultura e Transizione… beh, rileggetevi questo articolo. Saranno una decina d’anni da quando mi sono spogliato del costume di scena. Ora non ho più niente addosso. Dell’uomo felice mi è rimasta la pelle.

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2017/09/ansia-panico-corpo-chiese-cambiare-vita/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

Da Roma alla vita nel bosco

Due trentenni, stanchi di condurre un’esistenza preconfezionata intrappolati nel grigiore della città, hanno scelto di vivere nella natura per cercare la felicità al ritmo delle stagioni. Da Roma a una remota borgata alpina della Valle Maira, da una quotidianità fatta di traffico e interminabili ore in ufficio, all’orto e alla legna nel bosco. “Ci siamo lasciati alle spalle la vita frenetica della città per iniziare una nuova avventura: la vita frenetica in campagna”.9496-10237

Tommaso D’Errico, 35 anni, grafico e web designer, e Alessia Battistoni, 31 anni, biologa. Due giovani romani, nell’aprile 2015, decidono di prendere in mano le loro vite per ricondurle su binari più vicini a bisogni e aspirazioni personali. Si trasferiscono in una borgata di montagna disabitata, a 1400 metri di quota, circondata dalla natura incontaminata e selvaggia della Valle Maira. Continuando a esercitare a distanza le loro professioni, iniziano intanto a sperimentare una nuova quotidianità, ritrovando modo e tempo per nutrire le loro passioni e scoprirne di nuove: la coltivazione di un orto, lo studio e l’osservazione degli animali selvatici, la raccolta della legna, la ricerca di frutti, funghi ed erbe spontanee, l’approccio a lavori manuali e di artigianato, la pratica di attività creative e artistiche, la produzione di cibo fatto in casa.
Nasce dunque il progetto “Al ritmo delle stagioni”, dalla volontà di raccontare la bellezza della natura e di condividere la loro esperienza, per trasmettere il proprio entusiasmo e diffondere la consapevolezza che una vita diversa è possibile, nel rispetto di sé stessi e dell’ambiente.

«Non siamo asceti né eremiti, non siamo misantropi né asociali, siamo semplicemente due comuni trentenni che, stanchi come tanti nostri coetanei di subire le sevizie di un’esistenza disumana, violentata da regole e ritmi che riteniamo senza senso, hanno deciso di prendere in mano le proprie vite per ricondurle su binari più vicini a bisogni reali e aspirazioni personali – spiegano – Questi binari ci hanno portato lontano dal grigiore della città, dalle luci al neon e dalle vetrine dei centri commerciali, fino al remoto capolinea di una piccola borgata alpina, ultimo avamposto abitato, a 1400 metri di quota, di una splendida vallata che ancora conserva buona parte della sua bellezza primordiale e selvaggia. In questo contesto, finalmente liberi da uno stile di vita preconfezionato incentrato sul lavoro e sul consumo di merci, abbiamo iniziato a sperimentare una quotidianità a stretto contatto con la natura, riscoprendone i ritmi e le leggi immutabili: il giorno e la notte, il bello e il cattivo tempo, il ciclo della vita, l’alternarsi delle stagioni».

«Così facendo, abbiamo trovato finalmente modo e tempo di nutrire le nostre passioni e di scoprirne di nuove – aggiungono Tommaso e Alessia – la coltivazione di un orto, la contemplazione della natura in tutte le sue manifestazioni, lo studio e l’osservazione degli animali selvatici, la raccolta della legna, la ricerca di frutti, funghi ed erbe selvatiche, l’approccio a lavori manuali e di artigianato, la pratica di attività creative e artistiche, la produzione di cibo fatto in casa, la fruizione di prodotti culturali non relegata a semplice passatempo. Attività fino a poco tempo fa soltanto sognate o vissute in modo marginale e insoddisfacente come brevi fughe da esistenze e contesti alieni. Senza saperlo ci siamo avvicinati in punta di piedi a correnti di pensiero molto attuali e tipiche della controcultura degli ultimi anni, come la decrescita volontaria, l’autoproduzione, la ricerca della frugalità. Lo abbiamo fatto muovendoci in modo indipendente, riconoscendoci cioè in certe filosofie di vita solo dopo aver sviluppato noi stessi precise opinioni e punti di vista. Per esempio, abbiamo appreso la base teorica della decrescita soltanto dopo averla immaginata noi stessi. Questo ci ha dato coraggio, la consapevolezza di non esserci fatti convincere da altri, di non aver “abboccato” a nessuna ideologia. Anche per questo, ma soprattutto perché non ci sentiremmo mai in grado di farlo, non vogliamo dare consigli o convincere nessuno a seguire le nostre orme intraprendendo percorsi di vita simili al nostro».

«Questo progetto piuttosto dalla volontà di raccontare la bellezza della natura e di condividere la nostra esperienza, anche in riposta a un evidente interesse espresso da amici, conoscenti e perfetti sconosciuti che in modo diretto o attraverso i social network sono venuti in contatto con noi e con la nostra storia. Una storia che non si avvicina in nessun modo a un idillio, che non ci ha portati neanche lontanamente a condurre un’esistenza priva di difficoltà materiali e turbamenti interiori ma che tuttavia sembra presentare spunti di riflessione e stimoli positivi. E di impulsi positivi, in un mondo dominato da paure, ansie, sofferenza e negatività, dove la quasi totalità della comunicazione è urla, minacce, insulti e lamenti, riteniamo esserci un grande bisogno».

Se volete seguire Tommaso e Alessia, al ritmo delle loro stagioni, potete farlo sul loro blog QUI , su Facebook o su Vimeo .

Fonte: ilcambiamento.it

L’igiene naturale, un modo di mangiare in linea con il pianeta

L’igienismo ha radici antichissime, si tratta di uno stile di vita e in particolare di un’alimentazione in linea con il pianeta e tesi a conquistare e mantenere uno stato di salute che non è semplicemente assenza di malattia. Anche in Italia si sta diffondendo, benché gran parte della gente ne sappia ancora pochissimo. A entrare nel merito è Marìca Spagnesi, che ha scelto proprio questa strada. Marìca insegna italiano agli stranieri e da tempo pratica, convinta, il downshifting.igienismo_alimentare

Sempre più spesso parlando con amici, conoscenti o parenti, mi si chiede cosa sia esattamente l’igiene naturale e cosa significhi nella mia vita di tutti i giorni essere un’igienista. Mi piace molto quando questo succede perché mi dà la possibilità di esprimere le mie sensazioni, condividere le mie intuizioni e le mie piccole ma continue scoperte nell’alimentazione. Eppure l’igiene naturale non è solo alimentazione ma molto di più. Spesso l’approccio che hanno gli altri con me quando lo sanno è di curiosità. Qualche volta ne hanno sentito parlare e pensano che sia una dieta, un’alimentazione restrittiva, un regime dettato da un credo religioso o da manie di pulizia di qualche genere. L’igiene naturale non è una dieta dimagrante né purificante, disintossicante o cose del genere. L’igiene naturale è un modo di alimentarsi e quindi di vivere in modo completo, naturale, semplice, essenziale, salutare. Questo non ha niente a che vedere col dimagrire o con una dieta che guarisca una qualche malattia in particolare. La mia risposta a chi mi chiede cosa dovrebbe fare se ha questa o quella malattia è sempre che non lo so e che l’igiene alimentare è molto oltre questo modo di approcciare la questione. Per me igiene naturale significa essenzialmente autonomia, impegno personale, ricerca, scoperta, salute, semplicità. Autonomia perché richiede una volontà personale di essere autonomi e di scoprire personalmente la propria strada attraverso un percorso lungo e meditato. Percorso soggettivo e diverso da persona a persona che può essere condiviso, naturalmente, ma è necessario che sia frutto di una consapevolezza interiore che va di pari passo con ciò che si mangia. Autonomia dal ricorso costante e puntuale ai farmaci considerandoli quasi l’unica via possibile per qualunque nostro disturbo, autonomia dalla figura del medico alla quale ricorriamo sempre e comunque delegandogli, con una fiducia spesso incondizionata e senza discussione, tutta la nostra salute. Sappiamo che moltissime malattie sono causate dal nostro stile di vita e dalla nostra alimentazione. Esse quindi non sono un caso o, almeno, spesso si potrebbero evitare o prevenire. L’igiene naturale non è una cura ma si occupa di mantenere, attraverso l’alimentazione e uno stile di vita sano, un sistema immunitario il più possibile efficiente che sia nelle condizioni, al momento giusto, di difenderci dalle malattie che ci colpiscono. Si tratta, quindi, di un percorso di estrema consapevolezza, che ci rende attivi e non passivi, che sveglia il nostro senso del gusto, cambiandolo in meglio, verso un ritorno all’essenza del nutrimento. L’igiene naturale non è eliminare questo o quell’alimento dalla propria alimentazione ma, al contrario, un vero e proprio percorso di liberazione da ciò che non fa parte di un’alimentazione semplice, secondo natura, meno trasformata possibile e meno cotta possibile. Eliminare dai propri cibi il sale, lo zucchero, il caffè, le farine raffinate, il latte e i suoi derivati, la carne in tutte le sue forme e ogni cibo animale non è affatto una limitazione ma, al contrario, una scoperta di nuove possibilità e una liberazione da ciò che ci rende dipendente e che danneggia il nostro corpo. Nutrirsi di cibi completamente resi irriconoscibili da sale e zucchero significa perdere il gusto, poco a poco, del cibo naturale, così com’è e che non ha bisogno di nulla per essere gustato. L’giene naturale rende inutile il supermercato. Chi si alimenta in questo modo ha bisogno di un orto (ma non è indispensabile), di negozi in cui acquistare cereali o semi integrali, cereali senza glutine (anche se questo non è  necessariamente igienista) come amaranto, miglio e quinoa,  di un posto in cui acquistare frutta e verdura da mangiare preferibilmente crude. Essere igienisti, perciò, è estremamente in linea con il nostro pianeta e con le sue necessità oltre che con il nostro corpo, con ogni singolo organo che lo compone e con la nostra mente. L’igiene naturale è uno stile di vita e di alimentazione in linea con il pianeta. Con un’alimentazione di tipo vegancrudista si contribuisce a ridurre l’impatto sull’ambiente. Il consumo di carne e di altri prodotti animali come uova e latte è responsabile di deforestazioni e devastazioni ambientali che derivano dalla produzione e dall’allevamento di animali in modo intensivo senza alcun riguardo ecologico né etico. Senza parlare del consumo di acqua, di terra e di energia che questo comporta e dell’impatto sulla vita delle persone che vivono nei paesi in cui questi scempi vengono perpetrati. Un’alimentazione igienista non può non condizionare anche il pensiero. Quando mangiamo secondo ciò che sentiamo e quando sentiamo di stare bene, percepiamo chiaramente che il nostro corpo sembra ringraziarci, che tanti dei nostri disturbi e molte delle nostre patologie sono sparite o stanno migliorando, allora anche il nostro pensiero cambia. E’ come se anche i pensieri avessero bisogno del cibo giusto e come se questo avesse il potere di condizionarli. O almeno questo è quello che succede a me. L’igiene naturale porta all’unità di mente e corpo perché ciò che desideriamo e che ci piace è esattamente ciò che ci fa stare bene. Senza divisioni. Si tratta di una rivoluzione verso il benessere, la serenità e la chiarezza: il primo scalino per sentirsi felici.

Fonte: ilcambiamento.it