La Ristorazione Sociale affronta l’emergenza donando i pasti ai più fragili

Un pasto caldo in dono alle persone più vulnerabili che, a causa delle recenti disposizioni in merito al coronavirus, sono obbligate a stare a casa, sole, senza ricevere alcun supporto. Quella del pasto caldo è l’iniziativa della Ristorazione Sociale della Cooperativa Coompany& che, ad Alessandria, ha deciso di chiudere i battenti ma dedicarsi ai più fragili, mantenendo il suo forte valore sociale e un’attenzione verso i bisognosi. In questi giorni di emergenza da coronavirus, con sforzi e fatica stiamo cambiando le nostre abitudini, per contribuire a ridurre il rischio crescente di una situazione che ci riguarda tutti. Un pensiero di riguardo, però, va alle fasce più deboli: persone fragili e bisognose che si ritrovano in molti casi in situazioni di solitudine proprio in Italia, Paese che, secondo solo al Giappone, conta il maggior numero di anziani al mondo.  In loro soccorso è stato avviato il progetto virtuoso della Ristorazione Solidale di Alessandria, gestita dalla Cooperativa Sociale Coompany& che, proprio come vi abbiamo raccontato in un nostro precedente articolo, nasce per rispondere ai bisogni fondamentali del territorio e alle richieste espresse dalle fasce più deboli.

Come ci racconta il presidente Renzo Sacco, «in questi giorni ci siamo trovati nella doverosa scelta di chiudere la nostra attività, adeguandoci a quelle che sono le direttive dettate dallo stato di emergenza. A un certo punto però ci siamo chiesti: essendo noi una cooperativa sociale che interagisce col territorio, come possiamo dare il nostro contributo ai più fragili? In questi anni abbiamo conosciuto diverse persone che vivono da sole. Persone per le quali rimanere a casa in solitudine, in una situazione di emergenza come questa, può rappresentare un grosso problema».

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A partire da questo presupposto la cooperativa ha deciso di donare pasti a domicilio per i più fragili. «Il nostro obiettivo è fornire a queste persone un aiuto e accompagnarle nelle situazioni più difficili, facendo sì che si possano sentire un po’ meno abbandonate».

L’iniziativa è molto semplice: entro le 10.30 di mattina la cooperativa risponde alle chiamate di coloro che sono direttamente interessati a ricevere il pasto nella propria abitazione o da coloro che segnalano altri casi.

Il menù preparato verrà consegnato all’interno di vaschette ad hoc nei cassoni che normalmente la cooperativa utilizza per la veicolazione dei pasti, con attenzione alle norme igieniche e alla misurazione delle temperature. La cooperativa lo chiama “piatto unico” e consiste in una confezione con due scomparti che contiene un primo e un secondo. Il servizio sarà gratuito e gli operatori che consegneranno il pasto svolgeranno il servizio con mascherina e guanti monouso, evitando di entrare nelle abitazioni.

«Questo è un momento molto delicato per noi e per tutte le realtà che si trovano a fare i conti con la chiusura delle proprie attività. La relazione è infatti il nostro strumento poiché noi sopravviviamo grazie ai nostri clienti e nel momento in cui questa relazione viene a meno, è importante capire come reagire».

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«Abbiamo iniziato consegnando i primi otto pasti, che rappresentano per noi un numero significativo avendo comunicato l’avvio del progetto soltanto un giorno fa. E sappiamo che, per forza di cose, si tratta di un numero che tenderà a crescere nei prossimi giorni. Questa mattina, ad esempio, abbiamo ricevuto la segnalazione della vicina di casa di una signora anziana che vive da sola e non dispone di telefono. Ci ha anche contattati un’assistente sociale dell’ospedale di Alessandria chiedendoci di aiutare delle persone che sarebbero state dimesse e che tornando nelle loro abitazioni non avrebbero avuto compagnia o supporto di alcun tipo».

L’iniziativa porta avanti il lavoro quotidiano che la cooperativa Coompany & svolge sul territorio, dove si occupa principalmente di inserimenti e reinserimenti lavorativi come nel caso di persone con disabilità fisica e cognitiva, giovani con sindrome di down e chi proviene dal mondo del disagio sociale, dalla dipendenza e dalle carceri.

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«Quello che stiamo vivendo in queste settimane è un momento di grande fatica e timore per quello che potrà succedere. Noi abbiamo scelto di ridurre al minimo il rischio per i nostri soci ma allo stesso tempo di concederci un’occasione per contribuire in maniera positiva a quest’emergenza come atto di responsabilità nei confronti della comunità.

Credo questo momento rappresenti una grande sfida per tutti. Agendo insieme è probabile che questa situazione possa incidere positivamente sul senso di comunità. E forse la cosa positiva che può lasciarci questo momento è proprio questa».

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2020/03/ristorazione-sociale-affronta-emergenza-donando-pasti-fragili/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

La TERRApeutica, visioni e strumenti della relazione d’aiuto nel mondo che cambia

I cambiamenti e le crisi sociali, culturali ed ambientali degli ultimi tempi hanno portato all’insorgenza di nuove patologie e disagi che, per essere affrontati, richiedono nuovi strumenti. Da qui nasce l’idea di proporre il percorso “La TERRApeutica”, rivolto ai professionisti della relazione d’aiuto e a tutti coloro che vogliono intraprendere un percorso di conoscenza personale rispetto al proprio rapporto con il mondo che cambia. Sei appuntamenti rivolti a professionisti della relazione d’aiuto e a tutti coloro che vogliono interrogarsi rispetto al proprio rapporto con il mondo che cambia. Tra i docenti del percorso La TERRApeutica ci sarà anche Daniel Tarozzi che riporterà alcune delle storie dell’Italia che Cambia, esempio di benessere e trasformazione positiva di una situazione di crisi.

La presentazione si terrà il 14 aprile alle 11 presso la sala Polivalente F. Lavoratori di Recco, in provincia di Genova.terrapeutica

Il percorso, proposto dalla scuola di energetica Junghiana Hui Neng, parte dalla considerazione di diversi aspetti che sempre più caratterizzano il nostro tempo e risuonano nei cambiamenti feroci che la globalizzazione ha portato con sé:

– La perdita delle certezze legate al lavoro e ai suoi diritti: la sollecitazione continua di flessibilità e resilienza nonché la necessità di convivere in una crescente incertezza verso il futuro.

– I flussi migratori sempre più massicci, sia dal nostro paese verso paesi stranieri sia ingressi o tentativi di ingresso nel nostro paese da parte di persone provenienti dal sud del mondo

– I cambiamenti climatici consistenti, sintomi di un sistema diretto al collasso, carestie e guerre.

Sempre più persone, in questo scenario, manifestano disagi e patologie. Al contempo aumenta la tendenza individualista che determina chiusure e stili di vita sempre più volti alla protezione del proprio piccolo spazio che si percepisce costantemente minacciato dall’esterno, atteggiamento fomentato dalla comunicazione distorta dei media.1280_Business-People-Walking-Shadow

Di fronte a questo nuovo tipo di sofferenza i tradizionali canali di aiuto si trovano impreparati a fornire risposte efficaci. Sorge così la necessità di immaginare un percorso indirizzato a tutte le professioni di aiuto per integrare le proprie competenze con strumenti e modalità volti alla comprensione di questi nuovi segnali di disagio.

“Da diversi anni ormai – scrivono i promotori del percorso “La TERRApeutica” – a partire dal movimento che ci ha fatto incontrare e costruire Ca’du Neng, abbiamo introdotto nei nostri programmi didattici materie rivolte all’educazione e al rapporto con la vita rurale, non solo come vita ‘in campagna’ ma, soprattutto, come approccio interiore. Desideriamo interrogarci sulla nostra vita e sui sentieri a disposizione, lavorando per renderla più sostenibile, equilibrata, felice.

Pensiamo che un primo imprescindibile passo verso il cambiamento – prima di tutto personale e poi auspicalmente dei nostri clienti/pazienti/utenti tanto in percorsi terapeutici che in processi educativi, ma più semplicemente di chi ci è prossimo – possa essere rappresentato da:

– l’osservazione della natura e dei suoi cicli

– il recupero e la valorizzazione della relazione umana con l’ambiente visto come essere vivente da curare e rispettare
– l’acquisizione della consapevolezza del concetto che le risorse non sono infinite

– la ricerca di armonia ed equilibrio che tenga conto di tutte le differenze (umane e naturali)

– la conoscenza di esperienze positive già realizzate in Italia e nel mondo che vedono nel lavoro della terra una fonte inesauribile di benessere ed evoluzione (ad esempio orti urbani, transition town, eco villaggi, co-housing, cooperative di comunità, etc.).farming-future-good-hands-image

Destinatari di “La TERRApeutica” sono psicologi, psicoterapeuti, operatori sociali e sanitari, educatori, insegnanti, assistenti sociali, animatori di comunità, counselor, operatori di cooperative sociali. Il percorso si rivolge però anche a tutti coloro che vogliono intraprendere un percorso di conoscenza personale rispetto al proprio rapporto con il mondo che cambia.

Per saperne di più clicca qui o scrivi a scuola.huineng@gmail.com

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2018/03/la-terrapeutica-visioni-strumenti-relazione-aiuto-mondo-che-cambia/

La bella storia di Marco e del suo riscatto personale e sociale

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La bella storia che vi raccontiamo oggi è quella di Marco: la storia di un riscatto personale da un passato difficile e di un successo lavorativo che, da semplice operaio, lo ha portato a diventare socio e, infine, responsabile della cooperativa per cui lavora. Nel settembre 2003, Marco viene assunto da una cooperativa sociale di Rimini, grazie a due soci della cooperativa che collaboravano con la comunità in cui Marco era all’epoca inserito.“Al tempo”, ricorda, “venivo da un passato di tossicodipendenza e stavo terminando il mio percorso in comunità. Mi ero già reso conto che il lavoro, per me, era una cosa urgentissima, ma forse ancora non immaginavo quanto. Mi ero separato da mia moglie, avevo paura di quello che mi aspettava, ma ero anche fermamente deciso a voltare pagina, volevo a tutti i costi riscattarmi, per me e per mio figlio, che allora aveva solo 4 anni”.

“Ricordo bene che mi misero in guardia più di una volta: che non sarebbe stato facile, perché già altri della mia comunità avevano provato e qualcuno si era perso per strada”. Ma Marco sapeva che questa era un’occasione unica e che non andava sprecata. Si è rimboccato le maniche ed ha imparato diversi lavori, poiché la cooperativa offre numerosi servizi, che vanno dalla raccolta differenziata alle pulizie civili ed industriali, dalle affissioni pubblicitarie alla manutenzione stradale e segnaletica verticale.

E, come racconta lui stesso, il fatto di lavorare in un’impresa sociale – oltre a dargli una seconda possibilità –  ha avuto un ruolo fondamentale nel trasformare la sua vita. “Mi ci è voluto un po’ per mettermi a regime e lavorare con affidabilità: fidandomi di chi mi dava il lavoro e facendo in modo che si fidassero di me. Non sono state poche le crisi, non ho mollato neanche nei momenti più bui, e alla fine ci sono riuscito. Adesso posso dire che il lavoro mi ha restituito anche più di quello che speravo”.

 “Qualche anno più tardi“, continua Marco, “dopo aver raggiunto una certa sicurezza per me e per chi mi stava attorno, non ero più concentrato solo su di me e ho iniziato a guardarmi intorno. Ho iniziato a capire la funzione di una cooperativa sociale, il fatto che i soci, pur essendo proprietari dell’azienda, non si dividono nessun utile a fine anno, perché l’unico obiettivo è quello di creare nuovi posti di lavoro. E’ stato allora che ho capito veramente il valore dell’opportunità’ che mi era stata data”.

“Ho scelto di diventare socio, per partecipare più attivamente e dare anche ad altri l’occasione del riscatto che avevo avuto io”. E poi è arrivata una sorpresa inaspettata: proposta di diventare membro del Consiglio d’Amministrazione: “E’ stata una possibilità che mi è capitata da qualche mese e che ho voluto cogliere. Un impegno importante, di grande responsabilità, che mi fa sentire ancora più coinvolto e mi consente, in un certo senso, di restituire alla cooperativa un po’ di quanto ho ricevuto. Fra i miei impegni personali nel C.d.A. c’è anche quello di tenere unite le persone fra i diversi settori di lavoro, fra chi lavora in ufficio e chi è sulla strada e fra la direzione e gli operai”.

“Oggi come oggi, sono davvero contento del mio lavoro, mi sento affezionato alle persone che ho più vicine, ho costruito dei rapporti di lavoro seri, diventati poi anche belle amicizie, grazie al fatto che ogni giorno si lavora fianco a fianco e ci si aiuta”.

E conclude: “In cooperativa, è vero, ci sono tanti aspetti da migliorare, ma credo che con un po’ di pazienza, comprensione e con la coerenza ai nostri impegni, possiamo superare, com’è già successo, anche i momenti più difficili”.

Fonte: buonenotiziei.t