Circhi senza animali: approvata la legge

Da oggi anche in Italia si avranno circhi senza animali. La nuova legge prevede il graduale superamento della presenza degli animali nei circhi e nelle attività dello spettacolo viaggiante. Anche in Italia, così come già accade in oltre 50 Paesi del mondo, non si potranno più utilizzare animali in circhi e spettacoli viaggianti. Confermando il testo uscito dal Senato, l’Aula della Camera dei Deputati ha infatti approvato la legge delega di riordino del settore dello Spettacolo che prevede il graduale superamento della presenza degli animali nei circhi e nelle attività dello spettacolo viaggiante.circuseleph1

“Dopo decenni di silenzio sul tema da parte di Governo e Parlamento – commenta la Lega Antivivisezione – salutiamo positivamente la trasformazione in legge di questo impegno, un importante passo in avanti verso la tutela degli animali e il rilancio di uno spettacolo davvero umano”.

“Anche in Italia non si potranno più utilizzare animali in circhi e spettacoli viaggianti, come già succede in oltre 50 Paesi di tutto il mondo – continua la Lav – Sarà un ‘graduale superamento’ e su questo impegno, oggi diventato legge, il Governo in carica o il prossimo dopo le elezioni di marzo, sono tenuti a formulare, entro la fine del prossimo anno, un decreto legislativo“.

La Lav, che si è battuta per una formulazione più netta del provvedimento, assicura che vigilerà “affinché questo principio venga applicato dal ministro Franceschini o dal suo successore, senza scappatoie e con una data certa per la salvezza definitiva degli animali“.circo

“Il bicchiere del provvedimento è mezzo pieno – osserva la Lav – grazie all’estensione non solo ai circhi ma anche agli spettacoli viaggianti, come da noi proposto, della previsione del graduale superamento dell’utilizzo degli animali. La parte più retriva del mondo circense ha provato a far cancellare questo importante comma fino all’ultimo, senza riuscirci”.

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2017/11/circhi-senza-animali-approvata-legge/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

Big Yellow Taxi: in vacanza con i nostri amici animali

Con l’arrivo dell’estate, inevitabilmente, per chi come me condivide la propria vita con un compagno a quattro zampe, arriva il momento di scegliere se portarlo con sé o lasciarlo a genitori, amici, o affidarlo addirittura a una pensione per cani, gatti, ecc.P1030153

Personalmente, spesso, scelgo una meta adatta anche a Ulisse, il mio amico cane, con il quale mi piace condividere la mia quotidianità ma anche il mio tempo libero; ama la montagna e i luoghi freschi, per cui, generalmente, ce ne andiamo alla scoperta dei monti italiani. Se decidessi di andare all’estero, probabilmente, lo affiderei ai miei genitori, perché, essendo un cane anziano, potrebbe non sopportare i lunghi viaggi o lo stress della stiva di un aereo. Vi consiglio, prima di tutto, di porvi qualche domanda e di valutare l’età, le condizioni di salute e il carattere del vostro amico a quattro zampe, magari consultandovi anche con il veterinario di fiducia; portarlo a tutti i costi con noi potrebbe non essere la scelta migliore per lui. Fatte le dovute considerazioni, dobbiamo organizzarci per tempo e cominciare a pianificare la nostra vacanza. Dalla struttura ricettiva alla scelta del mezzo con cui viaggiare, dalle vaccinazioni alle cose da mettere in valigia, dobbiamo veramente pensare a tutto ciò che potrebbe essere utile o necessario, per non incorrere in spiacevoli sorprese quando arriviamo per esempio in aeroporto o nel luogo della vacanza. Dobbiamo conoscere i regolamenti delle compagnie di trasporto, non esiste una regolamentazione unica per l’accesso a bordo dei nostri amici a quattro zampe. Dobbiamo informarci se esistono delle particolari vaccinazioni richieste in determinati paesi o dalle compagnie aeree; ad esempio, in Italia, alcune regioni richiedono ancora la profilassi antirabbica.P1030157-1024x768

Per aiutarvi nell’organizzazione delle prossime vacanze abbiamo incontrato tre esperti nel loro settore che ci hanno dato dei consigli pratici e utili:

– Annalaura Sagramora, fondatrice dell’associazione Dogwelcome, il primo sito per viaggiatori con quadrupedi al seguito
– Dott. Amerio Croce, veterinario omeopata

– Patrizia Daffinà, fondatrice e presidente di Baubeach, la prima spiaggia cruelty-free per cani liberi e felici

Ecco l’intervista completa agli ospiti di questa ultima puntata della stagione, torneremo con voi a ottobre.

Fonte : italiachecambia.org

Discoteca londinese vieta l’ingresso a chi indossa pellicce

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Star di Hollywood o comune mortale, se indossi una pelliccia non puoi entrare in questa discoteca. È questo quanto deciso dai gestori del Mahiki, una delle discoteche più “cool” di Londra. Il locale, frequentato da star internazionali, è il primo club che fa una scelta etica così forte, vietando l’ingresso a quanti indossano abiti frutto della crudeltà sugli animali. Una scelta in controtendenza che riempie di gioia gli animalisti. Dietro l’iniziativa, l’attivista Meg Mathews che formerà il personale del locale in modo che possa riconoscere gli inserti in vera pelliccia, differenziandoli da quelli in eco-pelliccia. La nuova insegna a neon del locale notturno mette una barra sulla parola fur (pelliccia), chiaro segnale che, nel locale, la gente che non ha rispetto per la vita degli animali non è ammessa. A tutti gli ospiti della discoteca, poi, sarà dato un badge con la scritta “pelliccia vietata”, che andrà a sostituire il classico braccialetto o il timbro che viene utilizzato solitamente all’ingresso delle discoteche. Meg Mathews ha così dichiarato al London Evening Standard: “Mi piace l’idea di essere in grado di dimostrare quanto possa essere favoloso non indossare pellicce. Mahiki è uno dei luoghi più cool di Londra, quindi la mia prima scelta è stata ospitare una serata per promuovere la compassione nella moda. Non mi importa chi sei: se stai indossando una pelliccia, sei senza cuore, e tu qui non entri”.

Per l’inaugurazione dell’iniziativa, il locale ha organizzato una serata dove, tra gli invitati, comparivano anche i nomi di Kate Middleton, del Principe Harry,delle Principesse Beatrice e Eugenie. Mathews continua spiegando che esistono molti grandi marchi, designer e stilisti che ormai hanno scelto di abbracciare il cruelty-freeEd è proprio questo, secondo l’attivista, che si dovrebbe celebrare nella stagione della moda. Anche Inditex Group, composto da oltre 100 aziende operanti nel settore della moda, ha aderito al Fur Free Retailer Program, lo standard internazionale che delinea i requisiti delle aziende impegnate contro lo sfruttamento di animali. Peta e tante altre organizzazioni che ogni anno si battono per i diritti degli animali hanno ottenuto in questi ultimi anni numerose vittorie. Non ultima, ad esempio, la scelta da parte di numerosi e importanti marchi di abbigliamento di fare a meno di capi che utilizzano lana di angora. Sono ancora vive nelle nostre menti le immagini e le urla straziati dei conigli scuoiati vivi in Cina e privati della loro pelliccia e mostrati in un video girato da alcuni attivisti infiltrati. Ecco perché questa iniziativa ci fa veramente piacere. Speriamo che il Mahiki continui su questa filosofia e sia da ispirazione a tanti altri locali, perché no, anche italiani.

Fonte: ambientebio.it

L’antispecismo e la teoria abolizionista. Intervista a Gary Francione

Negli ultimi decenni si sono sviluppati diversi approcci all’antispecismo, pensiero filosofico che si oppone al pregiudizio che considera l’essere umano al di sopra delle altre specie. Per saperne di più abbiamo intervistato l’attivista per i diritti animali e docente di filosofia e di diritto Gary Francione, il cui approccio viene definito ‘teoria abolizionista’.

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Definire oggi l’antispecismo è cosa alquanto ardua. Forse la fondazione epistemica rimane la medesima dai tempi di Richard Ryder agli inizi degli anni ’70, ovvero l’antispecismo definito – dopo Ryder – , più o meno, come un pensiero filosofico e politico che si oppone allo specismo inteso come pregiudizio che pone l’uomo al di sopra delle altre specie sulla base dell’appartenenza alla specie umana. Lo specista enfatizza, di solito, le differenze tra gli esseri viventi delle diverse specie (il grado di intelligenza ad esempio) rispetto all’uomo inteso come punto di riferimento di questa scala gerarchica, mentre l’antispecista si focalizza più sulle somiglianze (il fatto che tutti gli esseri viventi, ad esempio, possano soffrire o avere delle intenzioni, etc.) e considera le differenze come caratteristiche peculiari di ciascuna specie. Detto questo, gli approcci che in questi ultimi decenni si sono sviluppati da quando è stata teorizzata e dimostrata la presenza di questa mentalità specista, per una liberazione animale dal giogo umano, sono state (e sono tutt’ora) molteplici, pur partendo dalla stessa fondazione epistemica e ontologica. Ciascun approccio – sia l’approccio utilitarista di Peter Singer, il giusnaturalismo di Tom Regan, l’antispecismo debole di Leonardo Caffo o quello politico di Marco Maurizi, etc. – pensano che il proprio sia l’antispecismo per antonomasia, partendo ciascuno dai propri diversi principi e presupposti teorici che li portano, di conseguenza, alle diverse teorie, strategie e prassi da mettere in atto per un cambiamento sociale che porti alla liberazione degli animali non-umani. Sulla scia di questi dibattiti, ho intervistato Gary Francione, attivista per i diritti animali, docente di filosofia e di diritto presso la Rutgers School of Law-Newark, promotore della Rutgers Animal Rights Law Clinic, il primo corso di diritti animali nelle facoltà di giurisprudenza nonché autore di diversi testi su questa tematica, tra i quali citiamo The Animal Rights Debate: Abolition or Regulation? (2010, con Robert Garner), Animals as Persons(2008), Rain Without Thunder: The Ideology of the Animal Rights Movement (1996), e Animals, Property, and the Law(1995).

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L’approccio di Francione è definito abolitionist theory (teoria abolizionista), e l’obiettivo è quello della liberazione animale in toto, bypassando ogni forma di welfare (sfruttamento “felice”) e ponendo la diffusione del veganismo e di una filosofia che guardi all’animale non-umano come soggetto e non come oggetto, e di un approccio nonviolento alla realtà come base della morale del movimento. Ma facciamocelo raccontare da lui in persona.

In cosa consiste l’approccio abolizionista ai diritti animali?

L’approccio abolizionista ha molte componenti. La prima è che affinché un essere vivente non venga trattato come una mera “risorsa”, lo status di essere senziente è l’unica caratteristica che veramente conti qualcosa. Altre caratteristiche cognitive sono irrilevanti. Di conseguenza, se un essere vivente è senziente, abbiamo l’obbligo morale di non trattarlo come un oggetto a disposizione dell’essere umano. Personalmente rigetto quegli approcci che sostengono, ad esempio, che gli elefanti abbiano più valore morale delle galline perché i primi mostrano un’intelligenza più simile a quella umana. Penso che questo ragionamento sia una forma di specismo. L’approccio abolizionista rifiuta questo, così come rifiuta le riforme welfariste e di regolazione come strategie, promuovendo e sostenendo invece il veganismo come un approccio creativo e nonviolento per la liberazione animale. Inoltre l’approccio abolizionista vede i diritti animali e i diritti umani come strettamente intrecciati. In definitiva l’abolizionismo ha un approccio nonviolento come principio fondamentale.

Qual è la differenza tra l’approccio abolizionista e gli altri movimenti antispecisti (utilitarista, giusnaturalista, etico, etc.)? Quando e come (con quale obiettivo) questo approccio è entrato a far parte del dibattito sui diritti animali?

Tu sostieni che le teorie che hai appena menzionato siano antispeciste. Io non sono d’accordo! In ogni caso, la mia teoria è diversa da quella, diciamo, di Peter Singer, perché Singer asserisce che affinché un animale non venga utilizzato come risorsa (come oggetto), questo debba avere un sistema cognitivo simile a quello dell’essere umano. Inoltre Singer, in quanto utilitarista, sostiene che noi possiamo anche ignorare i diritti fondamentali di un soggetto in base alle conseguenze che questa scelta possa portare, in base alla situazione (ad esempio se questa condizione porta un vantaggio a molti soggetti n.d.i.). Il mio approccio è deontologico, quindi sostengo che gli interessi fondamentali non possano essere ignorati, a prescindere dalle conseguenze che questa condizione possa portare. Ma il mio approccio deontologico è diverso da quello di Tom Regan in quanto la mia teoria si focalizza sull’essere senzienti, e non sulle preferenze autonome messe in risalto da Regan, rifiutando inoltre la visione di Regan secondo cui i non-umani abbiano meno opportunità di vivere una vita soddisfacente da cui ne consegue che le loro vite abbiano meno valore morale. Quando è nata questa visione? Questa visione nasce verso la fine degli anni ’80 e gli inizi degli anni ’90, quando realizzai che il movimento per i “diritti animali” stava prendendo una direzione che promuoveva politiche di “welfare”. Io volevo sviluppare un approccio che rifiutasse queste forme di welfare e mettesse invece il veganismo come obiettivo principale per la liberazione animale.

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Come e perché, secondo lei, è iniziata questa mentalità che tende a normalizzare lo sfruttamento e l’uccisione ‘in serie’ di altri esseri senzienti appartenenti ad altre specie? Crede inoltre che questo approccio alla realtà sia ‘naturale’ o ‘culturale’?

Gli esseri umani hanno sempre sfruttato i non-umani per molti millenni, così come hanno sempre sfruttato altri esseri umani. Ciò che noi facciamo di solito è quello di ‘oggettualizzare’ un certo gruppo di individui (umano o non-umano) e quindi ne legittimiamo lo sfruttamento. Dato che facciamo questo senza problemi già anche dove la cosa preoccupa gli umani direttamente, come possiamo stupirci del fatto che facciamo lo stesso con individui che non fanno parte delle nostre preoccupazioni?

Qual è secondo lei il ruolo del Capitalismo (come mentalità, politica, filosofica, approccio alla realtà, etc.) nella diffusione dello specismo e delle pratiche di sfruttamento di altri esseri senzienti a questa mentalità connesse?

Gli animali non-umani sono stati considerati come proprietà e sfruttati come oggetti in ogni sistema socioeconomico. Si, loro sono sfruttati senza pietà dal sistema capitalistico. Ma erano spietatamente sfruttati anche sotto l’Unione Sovietica, e sono ancora oggi selvaggiamente sfruttati a Cuba. Gli altri animali erano e sono barbaramente sfruttati in piccoli villaggi dell’Africa o dell’India. Il problema è che l’animale viene visto come una proprietà, un bene mobile, come uno schiavo: gli animali sono cose. Il sistema socioeconomico in cui questi vengono sfruttati come oggetti è una preoccupazione secondaria. Personalmente non mi piace il Capitalismo e preferisco il Socialismo. Ma per quanto concerne gli animali io mi oppongo a questo status che prevede il loro declassamento ad oggetto e quindi alla loro condizione di proprietà privata, a prescindere dal sistema in cui ciò avviene.

Crede che in Occidente stiamo vivendo una ‘rottura epistemologica’, che gli attivisti per i diritti animali riusciranno sul serio a creare una società nuova, libera da ogni forma di dominio? O stiamo lottando invano seguendo chimere, anche alla luce del fatto che la macchina capitalista si stia spostando in quei paesi dove prima il consumo di carne – ad esempio – era secondario, come la Cina e l’India?

Credo che le cose cambieranno come il risultato della confluenza di diversi fattori. L’etica sta giocando e giocherà un importante ruolo. Ma anche fattori legati alla salute e all’ambiente. La realtà è che l’agricoltura destinata agli animali ha un impatto ecologico disastroso, richiede una quantità abnorme di acqua, la quale è tra l’altro sempre più scarsa. La realtà è che il consumo di carne è deleterio sulla salute umana. Tutti questi fattori giocheranno un ruolo.

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Che mi dice della rete internet? Pensa che questa ‘rivoluzione’ non sarebbe mai stata possibile senza la diffusione della rete, visto che i vecchi media sono nelle mani dell’industria alimentare la quale, volente o nolente, viene massicciamente finanziata dai grandi allevatori?

La rete internet ha avuto un ruolo incredibile nel promuovere temi che riguardano giustizia sociale in quanto, in generale, i media tradizionali, anche in un sistema democratico, tendono a fare propaganda e censura. E per questo puoi stare tranquillo che la rete internet verrà sempre più controllata e censurata.

Com’è il movimento per i diritti animali negli USA? Come reagisce a questo cambiamento il governo statunitense? E la gente?

Negli Stati Uniti esistono fondamentalmente due movimenti. Il movimento che spicca, organizzato e importante a livello nazionale, è fortemente dominato dai più grandi gruppi e corporazioni welfariste, e questo è evidente considerando che tra le organizzazioni più grandi spiccano nomi come la Human Society of the United States o la People for the Ethical Treatment of Animals. Queste sono molto simili e hanno tutte preso accordi con quelle industrie che sfruttano animali per promuovere riforme di welfare o, meglio, sfruttamento ‘felice’, il quale fondamentalmente non fa che consolidare lo status quo perché mette la gente più a suo agio nel suo sfruttare la vita degli altri animali. Vi è comunque un emergente movimento a livello popolare che ignora i movimenti welfaristi pur essendo più grossi, e si concentra invece sulla diffusione del veganismo come riferimento morale. Questi tentativi, per una buona parte, riflettono l’approccio abolizionista: oltre ad avere il veganismo come focus centrale, questi gruppi rifiutano le riforme di welfare, promuovono i diritti umani e seguono il metodo della nonviolenza. Questo movimento popolare sta crescendo. Recentemente è stata lanciata la Abolitionist Vegan Society, nata proprio a livello popolare: molti anni fa questo sarebbe stato impossibile. Devo dire, dal mio punto di vista in quanto educatore che interagisce ogni giorno con gli studenti o comunque con un pubblico riguardo all’approccio abolizionista, che la gente in generale reagisce molto bene. Molta gente effettivamente vede gli animali come soggetti che hanno valore morale. Io sostengo che se gli altri animali hanno una qualsiasi forma di valore morale, allora noi non possiamo minimamente giustificare il loro sfruttamento, sia questo il nutrircene, piuttosto che farne abiti o usarli in qualsiasi altro modo. Ho proprio in questi giorni messo online un e-book “Eat Like You Care: An Examination of the Morality of Eating Animals” che promuove proprio questo messaggio. Il messaggio risuona alla gente, loro lo capiscono. Ricevo ogni giorno messaggi da persone che, attraverso il mio lavoro o attraverso il lavoro dei movimenti abolizionisti popolari, decidono di diventare vegani, di boicottare l’industria della carne e dei derivati animali.

Come cambierebbe il pianeta se l’industria che sfrutta gli altri animali crollasse? Come cambierebbe ad esempio l’economia globale? Può dipingerci uno scenario futuristico?

Se decidi di non alimentare queste pratiche violente per ragioni etiche, diventerà difficile che tu possa fare atti violenti, e rispetterai anche gli altri esseri umani. Per questo motivo vedo un mondo senza lo sfruttamento animale come un mondo di pace. Vedo un mondo vegan come un mondo più in salute, dove la gente non consumerebbe più cibo che li uccida. E questo, in realtà, è l’unico mondo possibile per evitare un disastro ecologico.

Fonte: il cambiamento

El Hogar de Luci, in Spagna un santuario per animali

Salvare gli altri animali, accoglierli e curarli in modo degno, dar loro ospitalità come se facessero parte di un nucleo familiare. Con queste finalità è nato circa sette anni fa in Spagna El Hogar de Luci. Per saperne di più abbiamo intervistato Elena Tova, attivista che insieme ad altri ha dato vita a questo santuario per animali.el_hogar1

Ricordate quella famosa storiella di tale Sir George Orwell, La fattoria degli animali, dove gli animali della fattoria facevano la rivoluzione per liberarsi dal dominio dell’uomo in nome della liberazione di tutti gli animali e quindi dell’uguaglianza, ma dove poi, raggiunto l’obiettivo, qualcuno diventava “più uguale” degli altri? Ebbene, nel posto di cui vi parlerò in questo articolo, gli abitanti sono veramente “tutti uguali”, a prescindere dalla specie di appartenenza, e nessuno è “più uguale” degli altri. Il nome di questo luogo è El Hogar de Luci, ed è un santuario per animali che si trova in Spagna. A fare la guardia all’ingresso del posto vi stanno ben 6 cani: Julietta, Ringo, Numa, Greta, Comino, Chero e Luna i quali, come da copione, ti danno il benvenuto abbaiando. Insieme a loro Elena Tova, la ragazza che insieme ad altri attivisti per i diritti animali ha creato circa 7 anni fa questo posto destinato agli altri animali. Elena Tova mi fa fare un giro per mostrarmi il tutto, e così spicca subito Clara, una vacca che vive nel Santuario, maestosa e docile nel contempo, che adora le carezze sulla nuca. Vicino a Clara 7 maiali: Amadeo, Zaida, Potter, Freedom, Guendolin, Campanilia e Rapunsel. Ciascun animale, scoprirò, ha un nome, una sua storia, un proprio vissuto, il proprio carattere quindi e perfino fobie e fisime. Elena mi porta così a visitare l’edificio principale dove vive e già lungo il percorso dall’ingresso fino al casolare faccio diversi incontri inconsueti per un individuo che, come me, è abituato a vivere nelle città umane, dove gli animali non-umani si trovano o rappresentati negli schermi mediatici in forma di cartoni animati dove simpatici gatti (o coyote) cercano di acchiappare altrettanti simpatici topi (o struzzi), o dentro delle gabbie, o ben legati al guinzaglio.felix_el_hogar

Incontro lungo il cammino circa 15 pecore le quali, curiose e con fare dolce, mi si avvicinano come per darmi il benvenuto: se un alieno scendesse sulla Terra, credo che direbbe che la pecora sia la migliore amica dell’uomo, per via della sua infinita dolcezza. Quindi mi imbatto in un gruppo di oche che gli attivisti del luogo hanno soprannominato scherzosamente “la mafia” perché costoro si muovono sempre in gruppo e attaccano chiunque incontrino lungo il loro cammino: in questa piccola oasi gli animali sono liberi di camminare ed interagire, ovviamente ciascuno con le sue caratteristiche di specie ed individuali. Entriamo nell’edificio principale e, dopo avermi presentato i gatti che vivono dentro la casa, Elena mi porta da Felix, un ariete che era destinato al macello, ma fu attaccato da dei cani che lo avevano reso (all’apparenza) paralitico, cosicché la sua carne non era più commerciabile, e in qualche modo è finito qui, al El Hogar. Tutte le mattine i volontari portano Felix fuori per fargli godere il sole e fare della fisioterapia (il veterinario dice che un giorno tornerà a correre!), per poi riportarlo nel casolare la sera, prima che il sole si spenga all’orizzonte, per farlo riposare dentro la stanza adibita ad ambulatorio veterinario. Il viso di Felix è sempre sereno, felice, nonostante quello che ha subito, e nonostante le fatiche che affronta ogni giorno tra esercizi di riabilitazione, cure varie, etc. Il 13 di aprile 2013, a Madrid, i volontari del santuario hanno organizzato una festa in onore di Felix, per raccogliere dei fondi destinati all’acquisto di medicinali per il povero ariete, diventato nel frattempo uno dei simboli del posto.pecore_felix_el_hogar

Nella stanza principale, tra i computer e i vari attrezzi usati dagli attivisti di El Hogar, vi sono alcuni gatti, e un gallo, Libre, che veniva usato dall’università di veterinaria di Madrid per la sperimentazione animale, disabile anche lui. Ogni giorno anche Libre ha bisogno di molte cure e attenzioni. I volontari hanno costruito un aggeggio che permette a Libre di passare le sue giornate comodamente seduto senza che la zampa ferita sfiori il pavimento della stanza. Usciamo fuori dal casolare e in una zona a parte convivono alcune papere con delle galline, piccioni e alcuni ratti, e vi è un gallo zoppo. Anzi, ve ne sono due di galli al santuario, e come nelle migliori delle barzellette sono uno zoppo e l’altro cieco. Sono in ordine di disabilità Giorgio e Alfonsito, due galli usati per i combattimenti e riscattati dal santuario. Alfonsito (quello cieco), ha perduto la vista a causa delle iniezioni di zucchero che subiva per renderlo più aggressivo durante gli scontri con gli altri galli, nei ring umani. Scopro così che il povero Alfonsito ha bisogno ogni giorno di una persona che lo aiuti a mettere il becco nel posto giusto onde nutrirsi, e che ogni notte lo rimetta nel suo alloggio perché, essendo cieco, raramente (e soltanto per caso) è in grado di ritrovare la via per la sua casetta poiché, nonostante la piccola abitazione (a misura di gallo) sia posta in uno spazio di pochi metri quadri, il mondo appare molto più grande visto con gli occhi di un gallo, specialmente se questo è cieco! Pongo così la prima domanda ad Elena Tova, mentre un po’ come Alice nel paese delle meraviglie, cerco con la vista di trovare il “bianconiglio” che mi inviti a seguirlo… Come e quando è nata l’idea di creare un posto come questo, un Santuario per animali? In effetti non è una cosa comune in Europa. L’idea è la conseguenza di molti anni passati a salvare animali, dato che fin da bambina mi dedicavo a questo, e quindi dalla necessità di un posto dove gli animali potevano essere riabilitati e curati fino alla loro adozione. Ma l’idea era di aiutarli in modo degno, non come accade in molti posti dove gli altri animali vengono tenuti (si pensi ai canili) in minuscole gabbie, quei luoghi freddi e formali. L’idea era di dar loro ospitalità come se fossero in una famiglia, un luogo dove vengano trattati come membri di un nucleo familiare.el_hogar

Accadde che un giorno il nostro cammino si incrociò con quello di un maiale, e gli demmo un nome: Benito. Volevano ucciderlo, ma noi invece decidemmo di salvarlo. Ci rendemmo conto del fatto che in tutta la Spagna non c’era un posto dove qualcuno potesse ospitare e prendersi cura di Benito in maniera dignitosa. Secondo noi questo era sbagliato, perché dal nostro punto di vista, in quanto attivisti per i diritti dei più deboli, bisogna sempre prendersi cura degli altri, e ciò a prescindere dalla specie di appartenenza. Decidemmo così di creare una struttura che desse accoglienza a tutti quegli animali che non avevano un posto dove andare. Così abbiamo raccolto quegli animali che per gli altri umani non sono visti come individui degni di affetto e del diritto di vivere. Col tempo ci siamo resi conto che gli animali più bisognosi sono proprio quelli che vengono identificati dalle persone come ‘cibo’ o come ‘oggetto di consumo’, nelle più svariate forme. Qualcuno ci disse che negli USA c’erano dei luoghi dove sono curati e vivono animali considerati socialmente come cibo o comunque come oggetti, e che questi luoghi sono chiamati ‘santuari’ proprio per indicare che dentro le mura di questi luoghi gli animali che ci vivono sono protetti e nessuno può far loro del male. Mi piacque subito l’idea, e decisi che quello era ciò che volevo: un piccolo paradiso terrestre dove la pace regnava, un luogo giusto e sicuro per tutti. Fu così che creammo il primo santuario multi-specie in Spagna: <i<=”” i=””>.</i  Come funziona l’organizzazione del santuario? Il santuario è portato avanti da un gruppo di persone provenienti da diverse città e nazioni e che ritengono sia necessario modificare le abitudini della società in termini di consumi, divertimenti, vestiario, etc. Crediamo che il veganismo sia l’unico mezzo affinché questo cambiamento possa diventare realtà, nonché per essere coerenti con le nostre ideologie di liberazione animale. Pensiamo che questo cambiamento di prospettiva – il vedere gli altri animali come soggetti e non come oggetti da sfruttare – sia possibile, ma che bisogna lavorare sodo per far sì che la gente sappia che ci sono altri modi di vivere alternativi a quello che viene imposto dalla cultura dominante. Pertanto, insieme al santuario che è un simbolo di questo cambiamento, stiamo creando in parallelo altri progetti orientati a mostrare alle persone quelle realtà che il capitalismo e le multinazionali cercano con cura di nascondere ogni giorno penetrando e organizzando tutti gli aspetti della nostra vita. Per quanto concerne l’organizzazione di El Hogar (il nome del Santuario adesso non è più El Hogar de Luci ma è, dopo 6 anni di conoscenze e di sviluppo in tutti i suoi aspetti, El Hogar), esso viene gestito da persone tutte accomunate da questa necessità di cambiamento, impegnate dunque nell’organizzazione di progetti per creare un mondo migliore anche per gli altri animali.el_hogar_5

Sia i volontari che soggiornano nel Santuario, quanto quelli che aiutano indirettamente dall’esterno, ci appoggiano attraverso campagne di informazione mirate a sensibilizzare la gente su temi come “adozione” degli animali e non “acquisto di esseri viventi”, “cure fisiche e psicologiche”, “azioni responsabili”, “alimentazione”, etc. Tutti i volontari aiutano come possono lavorando in sincronia per la diffusione delle nostre idee, per la progettazione, la comunicazione e l’organizzazione di eventi, banchetti di informazione, etc. Allo stato attuale ci sono circa 10 dipartimenti che permettono di lavorare ad un ritmo elevato per la progettazione e creazione di eventi, il negozio, il web, etc. Cos’è l’antispecismo secondo voi, e che mi dici dei diritti degli animali in Spagna? Lo specismo è la discriminazione attuata arbitrariamente da parte di alcuni individui nei confronti di altri individui di altre specie, e di solito è espresso dall’uomo che si pone in una posizione di supremazia nei confronti degli altri animali. Gli interessi di questi non sono presi in considerazione, ma bensì rivendichiamo la proprietà dei loro corpi come se fossero oggetti nonché il diritto di disporre della loro vita e di utilizzarla soltanto a nostro vantaggio. Lo specismo ha evidenti analogie con altre forme di segregazione come il razzismo o il sessismo, tutto allo scopo di screditare alcuni individui sulla base di alcune caratteristiche irrilevanti dal punto di vista della considerazione morale. Oltre le nostre differenze, siano queste il sesso, la razza o la specie, tutti gli animali condividono la capacità di sentire piacere o dolore, nonché la volontà di vivere e meritano pertanto uguale rispetto e il riconoscimento del sacrosanto diritto di vivere. Il movimento per i diritti animali è cresciuto in modo esponenziale negli ultimi dieci anni e sono sempre più le persone che sono attive e lottano per un cambiamento di coscienza, per il progresso etico, per un mondo migliore e più giusto per tutti senza distinzione di specie. Queste persone sono testimoni e portavoce della evoluzione inarrestabile di una scuola di pensiero che sostiene pari diritti e il rispetto per tutti gli esseri senzienti, e quindi l’abolizione di tutte le forme di sfruttamento esercitate su di loro. Lo stato spagnolo non è estraneo a questa tendenza e il movimento per i diritti degli animali si fa strada costantemente nella nostra società. L’attivismo è articolato da diverse organizzazioni, e l’impatto sulla popolazione è in aumento. Le azioni di diffusione e sensibilizzazione cominciano a fare eco nei mezzi di comunicazione e la diffusione attraverso le reti sociali aumenta la loro efficacia. Tutto ciò è significativo e ci dà molta speranza. Si potrebbe anche menzionare la recente proliferazione di santuari per animali in tutto lo Stato.

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Come vi finanziate in un mondo dove gli animali sono concepiti solo come ‘prodotti’? Con duro lavoro. Ogni mese dobbiamo organizzare nuovi eventi di raccolta fondi come cene, concerti, rappresentazioni teatrali, corsi ecc. Cerchiamo di innovare tanto in modo da non annoiare le persone e di lavorare con amore e fantasia per rendere ogni evento memorabile. Vendiamo anche oggetti e gadget del santuario agli eventi o tramite il sito web. Quindi, oltre ai messaggi che diffondiamo sull’antispecismo usiamo la nostra identità, quella di El Hogar, come strumento per raccogliere i fondi necessari per mantenere il santuario degli animali e per l’acquisto di farmaci, cibo e altri beni di prima necessità per gli animali che vi abitano. In Spagna non c’è molta empatia per gli altri animali, quindi in genere le persone comuni non considerano la possibilità di donare soldi per salvare la vita di un pollo o di un maiale. Non è facile ricevere donazioni, per cui senza queste attività parallele e soltanto con l’aiuto dei partner e degli sponsor non potevamo costruire quello che esiste oggi. Non riceviamo nemmeno contributi o sussidi dal governo, quindi il nostro lavoro è l’unica fonte di finanziamento. Abbiamo qualche donazione fissa, ma di solito ci permette appena di coprire i debiti o le operazioni di emergenza veterinaria. Dicevi che c’erano altri santuari in Spagna? Attualmente penso che ci siano circa 7 santuari, ma non tutti sono antispecisti o vegani. Quali sono i vostri obiettivi, dove volete arrivare? Veganizzare il mondo! Fino ad allora non avremo riposo, dato che gli altri animali saranno sempre sfruttati, cosa che non ci permette di dormire sonni tranquilli, né a me né tantomeno ai miei colleghi che insieme a me sono impegnati per porre fine a questa barbarie. Viviamo in un luogo giusto e sicuro per tutti, lo abbiamo fatto per gli animali che vivono all’interno del santuario, ma non smetteremo di lottare in modo pacifico finché nessun animale sia mai più sfruttato. Faremo tutto il possibile per creare un mondo dove gli esseri umani e gli altri animali possano vivere insieme nel rispetto reciproco, e crediamo che creare i santuari per animali sia un modo molto efficace per mostrare agli esseri umani che convivere con altre specie sia possibile e avvicinarli dunque alla diversità. È possibile che si creeranno più santuari scelti altrove strategicamente. Ma oltre a fare altri progetti di questo tipo, creiamo sempre nuovi materiali antispecisti, documentari, mostre, insomma tutto quello che possiamo fare per accelerare questo processo di cambiamento della società.

Fonte: il cambiamento

 

L’EMILIA ROMAGNA E’ LA PRIMA REGIONE ITALIANA A VIETARE LA DETENZIONE A CATENA PER I CANI

Canecatena

 

Il burrascoso iter del progetto di modifica della Legge N.5 del 2005 sul benessere animale in Emilia Romagna è giunto ieri all’epilogo sperato e caldeggiato da tutti coloro che combattono per il rispetto dei diritti animali: la nuova legge regionale vieta infatti, per la prima volta in Italia, la detenzione dei cani alla catena. Questa vergognosa forma di detenzione, purtroppo molto diffusa, provoca gravi danni fisici e psichici e rappresenta a tutti gli effetti un maltrattamento.

La battaglia ingaggiata dagli animalisti per ottenere questo importantissimo risultato era partita alcuni mesi fa con lo sciopero della fame di un animalista di Ravenna, Davide Battistini, e portata poi avanti dalle associazioni che hanno raccolto firme e si sono battute fino all’ultimo affinché non venissero apportate modifiche peggiorativa alla legge.

Un’altra importante innovazione è rappresentata dalla possibilità di ricevere la visita del proprio cane o animale da compagnia per le persone ricoverate in ospedali, case di cura o di riposo: un provvedimento illuminato che prende finalmente in considerazione l’importanza e il valore del rapporto uomo-animale.

L’Emilia Romagna ha creato un precedente di civiltà che ci auguriamo possa diventare il termine di paragone per tutte le altre regioni italiane. A tutti coloro che hanno dato voce a chi non può difendere da solo i propri diritti, va il nostro più sentito GRAZIE!

 

Fonte: oipa – Coscienze in rete