Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile spiega cosa cambia con le nuove direttive europee per l’economia circolare

388989_1Gli obiettivi di riciclo per gli RSU salgono al 65%, riduzione degli sprechi alimentari al 50%, discariche sempre più marginali: in anteprima le novità contenute nel pacchetto Ue su rifiuti e circular economy. On line il comunicato sul primo convegno per i 10 anni della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile. Obiettivi di riciclo dei rifiuti urbani più impegnativi, maggiore coinvolgimento dei produttori, nuovi target per gli imballaggi, taglio dello smaltimento in discarica, riduzione degli sprechi alimentari. Queste alcune delle novità contenute nel nuovo pacchetto di direttive europee sui rifiuti e la circular economy -approvate dal Consiglio, Commissione e Parlamento europeo- che sono stati presentati in anteprima nel corso del convegno, “Circular Economy, le direttive europee appena approvate”, cui hanno partecipato il Ministro dell’ Ambiente, Gian Luca Galletti, la relatrice del provvedimento al parlamento Ue, Simona Bonafè, il presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, Edo Ronchi e i rappresentati delle organizzazioni e delle filiere dei rifiuti e della circular economy. Il convegno, è il primo di una serie di iniziative che si svolgeranno quest’ anno in occasione dei 10 anni della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile.

“Abbiamo sostenuto e promosso – ha affermato Gian Luca Galletti – la sfida europea dell’economia circolare che vede in più ambiziosi target di riciclo dei rifiuti uno dei suoi punti cardine. In Italia abbiamo realtà in cui i tali obiettivi sono stati già abbondantemente raggiunti e superati, mentre altre zone sono ancora indietro. Dobbiamo lavorare nei prossimi anni per portare tutto il paese agli ottimi standard raggiunti nelle aree più virtuose. Ci vuole un impegno coeso, programmato, determinato, che abbiamo delineato nel Documento di posizionamento strategico ‘Verso un modello di economia Circolare’. Gli obiettivi europei sono alla nostra portata e l’Italia deve raggiungerli per mantenere e implementare il ruolo di protagonista che cha assunto nel nuovo sistema globale della green economy”.

“Con l’economia circolare – ha sottolineato Simona Bonafè – i rifiuti finalmente si trasformano da un problema da risolvere a un’opportunità da sfruttare. Il riciclo e l’ottimizzare dei processi produttivi orientati all’eliminazione degli scarti non solo sposteranno l’economia sempre di più verso una crescita davvero sostenibile ma creeranno nuove sfide competitive per le nostre aziende, nuovi posti di lavoro e, in definitiva, ad un aumento del Pil. Sfide che l’Italia sta cogliendo e farà sempre più sue, soprattutto adesso che la partita dell’economia circolare si sposterà sul recepimento delle direttive europee”.

“Le nuove direttive –ha affermato Edo Ronchi – avviano la svolta dell’economia circolare, cominciando con numerosi e importanti cambiamenti nel settore dei rifiuti. Siamo alla vigilia di una nuova svolta, di più ampia portata di quella avviata con la riforma di oltre 20 anni fa, che ci ha fatto passare dalla discarica come sistema largamente prevalente di gestione dei rifiuti, alla priorità del riciclo. Sarebbe bene preparare il recepimento delle nuove norme europee in materia di rifiuti e circular economy con un’ampia partecipazione”.

Queste alcune novità del nuovo pacchetto europeo :

1) Per i rifiuti urbani si alzano al 55% nel 2025, al 60% nel 2030 e al 65% nel 2035 gli obiettivi di riciclo (oggi siamo al 42%). Per raggiungere il target del 2035 sarà necessario che la raccolta differenziata arrivi almeno al 75% (oggi la media nazionale è del 52,5% ).

2) Viene rafforzata la responsabilità estesa del produttore che, nella gestione dei rifiuti che derivano dai loro prodotti, dovranno assicurare il rispetto dei target di riciclo, la copertura dei costi di gestioni efficienti della raccolta differenziata e delle operazioni di cernita e trattamento, quelli dell’informazione, della raccolta e della comunicazione dei dati. Per gli imballaggi tale copertura sarà dell’80% dei costi dal 2025, per i settori non regolati da direttive europee la copertura dei costi sarà almeno del 50%, per RAEE, veicoli e batterie restano le direttive vigenti in attesa di aggiornamenti.

3) Per il riciclo degli imballaggi l’Italia è già a buon punto: si dovrà aumentare il riciclo dall’ attuale 67% al 70% del totale degli imballaggi entro il 2030. Per gli imballaggi in legno oggi il riciclo è al 61% a fronte di un obiettivo del 30%; per quelli ferrosi l’ obiettivo è dell’l’80% (oggi si è al 77,5%); per l’alluminio l’ obiettivo è del 60% (oggi si è già al 73%); per gli imballaggi in vetro l’ obiettivo è del 75% (oggi si è al 71,4%); per gli imballaggi di carta si dovrà passare dall’ attuale 80% all’85% . Maggiori difficoltà, a causa degli imballaggi in plastiche miste, ci sono per il riciclo di quelli in plastica che dovrà aumentare dal 41% attuale al 55% al 2030 .

4) Lo smaltimento in discarica non dovrà superare il 10% dei rifiuti urbani prodotti. Oggi in Italia la media è del 26%, però con Regioni in forte ritardo: il Molise (90% in discarica), la Sicilia (80%), la Calabria (58%), l’Umbria (57%), le Marche (49%) e la Puglia (48%).

5) Per attuare a una strategia contro gli sprechi alimentari vengono introdotti target di riduzione degli sprechi del 30% al 2025 e del 50% al 2030.

Fonte: http://www.ecodallecitta.it/notizie/388989/fondazione-per-lo-sviluppo-sostenibile-spiega-cosa-cambia-con-le-nuove-direttive-europee-per-leconomia-circolare

Pm10, vicini a rispettare le direttive? “Neanche per sogno” Intervista ad Anna Gerometta, Genitori Antismog

Genitori Antismog risponde alle domande di Eco dalle Città sulla riduzione dell’inquinamento festeggiata e sbandierata da tanti Comuni, e lancia un appello ai parlamentari italiani: “L’Italia ha davanti a sé la guida del semestre europeo in piena revisione delle direttive smog. Vogliamo impegnarci per abbassare questi limiti obsoleti, che non proteggono la salute di nessuno?”

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Seppur lentamente, la qualità dell’aria in Italia sembra progressivamente migliorare: negli ultimi tre anni almeno, nelle città più inquinate d’Italia, Torino e Milano in testa, il numero di sforamenti e medie annuali di tutti gli inquinanti monitorati sono sempre stati in leggero calo rispetto all’anno precedente, con medie annuali che si avvicinano sempre più ai 40 mcg/m3 previsti dalla normativa, e spesso scendono al di sotto. (Non i superamenti però, che restano sempre tre – quattro volte tanto il limite di legge). Siamo vicini a rispettare le direttive europee?
Siamo molto lontani, direi. I dati recenti sono l’effetto di un miglioramento che purtroppo ha molto a che fare con la contingenza di fattori metereologici particolarmente favorevoli e con una crisi potente che riduce i consumi. Si produce meno, si emettono meno emissioni inquinanti. Ma questi non sono risultati duraturi: la ripresa economica può facilmente portare con sé nuove ondate di smog, se non cambiamo modelli.

E’ stata molto sottolineata, dal Comune di Milano, l’importanza di Area C nell’impatto avuto sulla riduzione del traffico a Milano e sul miglioramento della qualità dell’aria. Con un po’ di confusione a dire il vero: il 30% di traffico e black carbon in meno riguardano la Cerchia dei Bastioni, non l’intera città, come alcuni comunicati lasciavano erroneamente intendere. E nel resto della città com’è la situazione?

Area C andrebbe estesa come hanno chiesto i cittadini, ma la situazione è in stallo. Rispondendo alla domanda inoltre, lo stesso dato del 30% in Area C ormai andrebbe ricontrollato. E’ noto che al primo periodo di sorpresa e grande efficacia di questo tipo di provvedimenti, segue solitamente una ricaduta verso il basso, che tende poi a stabilizzarsi. Ed empiricamente è proprio questo che ci sembra di percepire: in Area C il traffico è tornato.

A causa di cosa?

L’accordo con i garagisti sicuramente ha avuto un forte impatto, forse anche più forte di quanto non ci si aspettasse. E poi il prezzo della tariffa, che non è poi così alta.

Andrebbe aumentata?

Sì. Cinque euro non è un prezzo così inaccessibile, soprattutto per le famiglie che si spostano assieme ai bambini, e che in autobus tra tutti quanti, e magari con più spostamenti nella stessa giornata, finirebbero per spendere la stessa cifra se non di più. E’ vero che alcune agevolazioni sui mezzi pubblici ci sono, ma in troppi casi l’auto sembra ancora la maniera più conveniente per spostarsi.

Andrebbe abbassato il prezzo dei mezzi pubblici, allora?

In ogni caso no. Le tariffe di Milano sono assolutamente in linea con quelle europee. Il problema non è il costo, è l’efficienza. (NdR: sullo stesso argomento si veda anche l’intervista a Dario Balotta, “Rincaro abbonamenti a Milano, è questa la migliore offerta?).

E i trasporti di Milano non lo sono abbastanza?

Non ancora, e sicuramente non dappertutto. I mezzi di superficie in particolare sono un disastro per chi esce dagli uffici dopo le cinque e mezza. Troppe poche corse, e troppo lente. Dove sono le corsie preferenziali per i soli mezzi pubblici? Biciclette ed autobus dovrebbero averle, è giusto. E oltretutto così si renderebbero i trasporti davvero efficienti e competitivi rispetto all’automobile. Guadagneremmo in tutto: meno tempo sprecato, meno soldi buttati, meno inquinamento, meno malattie.

Ecco: proprio il legame tra lo smog e patologie di varia natura – respiratorie,cardiovascolaritumoraliinfantili…- accertato ormai da decine e decine di studi epidemiologici ha portato l’Organizzazione Mondiale della Sanità a chiedere a gran voce un ulteriore restringimento dei limiti delle direttive internazionali. Tuttavia, la proposta di revisione delle direttive sulla qualità dell’aria presentata a dicembre dalla Direzione Ambiente della Commissione Europea non contempla un abbassamento di queste soglie massime di concentrazione, che permangono quelle note…

Ma la discussione è appena cominciata. La Commissione ha fatto una sua proposta, che non prevede la revisione dei limiti, è vero, ma la partita è ancora tutta da giocare. Anzi, ne approfitto per lanciare un appello da queste pagine: invito i parlamentari italiani che hanno a cuore il problema dello smog a unirsi in un forte movimento di opinione interno. L’Italia ha davanti a sé la guida del semestre europeo, e può spingere affinché questi limiti vengano rivisti come richiesto dall’OMS.
C’è da dire che fino ad ora l’Italia ha remato in direzione opposta: attraverso l’Air Quality Initiative of Regions ha chiesto se mai che venisse tenuto conto delle particolari condizioni geografiche del Nord Italia per allentare la presa su possibili sanzioni. Pensa che con il cambio di governo cambierà qualcosa?

Lo speriamo davvero. Lo spazio in sede europea c’è. D’altronde, la stessa Commissione per sua natura deve mediare, ma ciò non significa che l’inserimento di nuovi limiti non possa avvenire nell’ Europarlamento. Insomma, l’Environment Protection Agency americana ha appena abbassato il limite del Pm2.5 a 12,5 microgrammi al metro cubo… E noi che facciamo, ce lo teniamo doppio?

Fonte: ecodallecittà.it

Centrali a carbone in Polonia, pressioni su Bruxelles per fermare i progetti a Opole

Come riferisce l’esclusiva di Euractiv, i parlamentari europei e gruppi ambientalisti stanno sollecitando la Commissione europea a intervenire repentinamente per bloccare la costruzione di due nuove centrali a carbone in Polonia176536357-594x350

La Polonia si appresta a costruire due nuove centrali a carbone da 900mW a Opole e sembra abbia violato anche le leggi europee in materia di cattura e stoccaggio della CO2 (CCS). Questa l’esclusiva che presenta oggi Euractiv riferendo che parlamentari europei e associazioni ambientaliste stanno lavorando per fare pressione sulla Commissione europea affinché siano sospesi i progetti. Il primo ministro polacco Donald Tusk, ha annunciato che a Opole oltre all’ampliamento da 1.8GW sarà costruita anche una unità di stoccaggio per la CO2 (CCS) da 2,7 milioni di euro anche se non sono ancora giunte le autorizzazioni, peraltro richieste ignorate da Varsavia. In effetti un anno la Corte Suprema della Polonia aveva stabilito che la costruzione di Opole era legale,poiché il governo non aveva prodotto alcuna direttiva nazionale sui CCS a recepimento delle direttive europee. Il che de da un lato potrebbe aprire la strada a procedure europee per infrazione con multe salate, dall’altro lascia campo libero al Governo polacco di determinare come costruire le centrali a carbone non tenendo conto dell’impatto sull’inquinamento dell’aria se non in riferimento alle normative nazionali e non europee. Ma le emissioni di questo impianto sono state stimate pari a 1,5 miliardi di tonnellate di anidride carbonica per i prossimi 55 anni. Il che porta molto lontano la Polonia dal raggiungere l’obiettivo del 15% di energia prodotta da fonti rinnovabili entro il 2020.

Come riferiscono i gruppi ambientalisti la Polonia, unico Stato membro europeo a non aver notificato alla Commissione le misure adottate per conformarsi alla direttiva CCS, il che appunto consente che nello Stato si proceda troppo autonomamente anche a costo poi di pagare salatissime multe alla Ue. Per Jo Leinen parlamentare socialista (S&D) nel MEP, come ha riferito a Euractiv:

E’ molto urgente che la Commissione si attivi per fare pressione sulle autorità polacche e invitarle a seguire le norme UE. Opole è un banco di prova per il fatto che le nostre politiche sono valide o esistenti solo sulla carta.

Leinen con altri sei eurodeputati di cinque gruppi politici il mese scorso ha presentato interrogazioni parlamentari sulla questione al Commissario dell’UE sul clima, Connie Hedegaard. Ora le discussioni in Polonia tendono a sminuire l’impatto inquinante del nuovo impianto a carbone sostenendo che con le moderne tecnologie le emissioni sono ridotte di almeno 6 volte. Il primo ministro Tursk però nonostante sia stato già richiamato in passato dall’Europa per la sua visione sulla politica energetica della Polonia prosegue spedito per la sua strada e anzi proprio lo scorso 6 giugno aveva dichiarato:

Il governo troverà i fondi per sostenere questo investimento.

Ora il braccio di ferro tra Varsavia e Bruxelles riguarda l’inizio dei lavori che sarebbero dovuti partire il 15 agosto e che invece sono slittati al 15 dicembre, il che secondo gli ambientalisti fornisce un lasso di tempo sufficiente a Bruxelles per mettere lo sgambetto e mandare a gambe all’aria il progetto di Varsavia. Riguardo invece il mancato recepimenti della Polonia delle direttive Ue in materia di energie rinnovabili è già partita la richiesta di Bruxelles alla Corte di Giustizia europea di multare Varsavia per 133 mila euro al giorno fino al raggiungimento delle conformità. Ma non risulta che la comunicazione sia stata recepita da Varsavia. In effetti la posta in gioco è davvero alta e si quantifica in investimenti milionari a Opole a cui neanche l’Italia è indifferente se UniCredit Group la inserisce tra le possibili opzioni. Infatti proprio il 14 agosto è stato annunciato che il gigante francese dell’energia Alstom è entrato a far parte del gruppo di costruttori assieme ai polacchi Rafako, Polimex-Mostostal e Mostostal Warszawa. Ora la corsa è contro il tempo per evitare che sia iniziata la costruzione dei due nuovi impianti è iniziato, poiché poi sarà difficile invertire o addirittura bloccare i lavori.

Fonte:  Euractiv, Icis

 

Inquinamento, fuori legge la metà dei laghi italiani

La Goletta dei Laghi di Legambiente presenta il bilancio finale della campagna 2013 frutto di 100 campionamenti effettuati in 16 bacini lacustri italiani: nel 51% dei casi i valori sono fuori norma  57115775-586x366

Anche la Goletta dei Laghi ha portato a termine la sua ottava edizione. La campagna nazionale di Legambiente per la salvaguardia e la valorizzazione dei bacini lacustri, realizzata con il contributo di Coou e Novamont, ha monitorato la salute delle acque di 16 laghi situati in dieci regioni italiane, per un totale di 100 campionamenti, di cui il 51% è risultato con una carica batterica al di sopra dei limiti previsti dalla legge. Durante un mese ricco di iniziative e dibattiti di approfondimento, la Goletta dei Laghi ha posto l’accento sulle situazioni critiche per rilevare la presenza di scarichi non depurati che ancora si riversano negli specchi lacustri e, naturalmente, i problemi che riguardano le coste e la gestione dei laghi, dall’abusivismo edilizio al consumo di suolo, dall’eccessiva captazione di acqua agli scempi ambientali. Sul problema degli scarichi non depurati negli specchi d’acqua la Goletta dei Laghi mantiene alta l’attenzione da anni: l’obiettivo è quello di individuare le criticità̀ dei laghi con particolare attenzione alle situazioni a rischio più̀ elevato di inquinamento, così come viene indicato dal decreto legislativo 116/2008, scegliendo i punti anche in base alle segnalazioni di cittadini, turisti, bagnanti raccolte con il servizio SOS Goletta. Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente, lancia l’allarme per

un sistema depurativo carente, che nel nostro Paese coinvolge ancora un quarto della popolazione e che rischia, oltre che gravi ripercussioni ambientali, di farci pagare pesanti sanzioni per le procedure d’infrazione dovute al mancato rispetto delle direttive europee. Più in generale, interventi mirati alla tutela delle acque e degli ecosistemi lacustri sono urgenti anche per rispettare la scadenza europea per il raggiungimento del buono stato ecologico dei laghi previsto dalla direttiva 2000/60 per il 2015. Attualmente, solo il 37% delle acque lacustri a livello nazionale, stando agli ultimi dati ufficiali, lo ha raggiunto. Un dato che ribadisce l’urgenza di una politica integrata di gestione della risorsa idrica e degli ecosistemi lacustri per non trovarci impreparati alla scadenza.

Tra i laghi del nord, sono stati sette i bacini monitorati dai tecnici di Legambiente tra Piemonte, Lombardia, Veneto e Trentino Alto Adige: Garda(Vr, Bs, Tn), Iseo (Bg, Bs), Como (Co, Lc), Lugano (Va), Maggiore (Va, No, Vb), Varese (Va) e Viverone (To).  Un totale di 73 punti monitorati, di cui ben 44 sono risultati inquinati o fortemente inquinati. Nel Lazio sono passati all’esame dei tecnici di Legambiente 7 bacini lacustri tra le provincie di Roma (Bracciano e Albano), Viterbo (Bolsena e Vico), Rieti (Salto e Turano) e Latina (Posta Fibreno). Su un totale di 23 punti campionati, il 34%, sono risultati contaminati dalla presenza di scarichi fognari non depurati. Infine in Umbria, dove sono stati monitorati il Trasimeno (Pg) e Piediluco (Tr), su 8 prelievi solo 1 ha superato i limiti previsti dalla normativa. Nel suo viaggio la Goletta dei Laghi ha incontrato gravi alterazioni ambientali come nel caso dei pantani di Lentini e Gelsari, a Catania, o nel Lazio dove, presso il lago di Vico rimane aperta la spinosa questione delle bonifiche del territorio. La situazione resta difficile anche in Calabria, in provincia di Vibo Valentia, dove la campagna ambientalista si è battuta per il risanamento del Bacino Alaco, che presenta carenze igieniche tali da provocare l’emanazione di 26 avvisi di garanzia, con le accuse, tra le altre,  di avvelenamento colposo di acqua e frode in pubblica fornitura. Non è immune il lago Pertusillo in provincia di Potenza dove l’aggressione antropica, insieme ad una gestione del territorio assente hanno messo a dura prova il delicato equilibrio dell’ecosistema. Naturalmente ci sono anche gli esempi virtuosi da seguire: delle 76 località lacustri inserite nella Guida Blu di Legambiente e Touring Club sei hanno ottenuto le cinque vele: Tuoro sul Trasimeno (Pg), Appiano sulla strada del vino (Tn), Fiè allo Sciliar (Tn), Molveno (Tn) e Bellagio (Co).

Fonte: Comunicato stampa