eFM, progettare luoghi per far evolvere le organizzazioni

Progettare e gestire luoghi che siano funzionali a chi li abita con l’obiettivo di migliorare l’esperienza della persona nel posto o renderlo coerente con l’attività che vi si svolge all’interno. È questa la missione di eFM, società che lavora molto con le aziende ma anche con enti o strutture pubbliche come ospedali, scuole, spazi pubblici.  “Il gelato lo volete adesso o preferite dopo”, mi chiede Emiliano. Lo guardo sorridendo, pensando ad una battuta, ma con la coda dell’occhio noto che sulla destra, accanto all’ingresso, c’è effettivamente un piccolo banco del gelato con una decina di gusti e tanto di coni e coppette e di fronte, una sorta di piazzetta costellata di tavolini tondi con qualche persona seduta a parlare. Il mio stupore è dovuto al fatto che non ci troviamo in una piazzetta di Monti o Trastevere, bensì all’interno delle sede romana di Efm, in zona Laurentina, in un grosso edificio incastonato fra colossi come Deutsche Bank, Siemens, Dell, Zte.

Daniele Di Fausto ed Emiliano Boschetto, rispettivamente amministratore delegato e communication manager di eFM, ci accolgono in maniera calorosa ed informale, in linea con il clima generale che si respira all’interno della struttura. C’è una sensazione di coerenza fra il luogo, i suoi abitanti, le attività in corso. E mentre Daniele ed Emiliano raccontano la storia e la mission di Efm capisco che non è un caso. L’azienda infatti si occupa di progettare e gestire luoghi che siano funzionali alle persone che li abitano. Lavorano molto con le aziende ma anche con enti o strutture pubbliche come ospedali, scuole, spazi pubblici. L’obiettivo è quello di migliorare l’esperienza della persona nel luogo o, vista da un’altra prospettiva, rendere il luogo coerente con l’attività che vi si svolge all’interno. Per luogo non si intende solo lo spazio fisico, ma un intreccio spazio-temporale di relazioni, dinamiche, struttura aziendale e rapporti di potere. Perciò in questo processo hanno un ruolo centrale sia la tecnologia e l’innovazione digitale da un lato che le forme di governance dall’altro. Per questo motivo eFM investe moltissimo nello sviluppo di software, applicazioni e gestionali, ma a differenza di molte startup che operano nel mondo della digital innovation, lo fa con l’obiettivo di migliorare l’esperienza fisica e reale. In questa ottica la tecnologia non diventa un surrogato delle relazioni umane ma uno strumento che le può facilitare. “L’obiettivo per noi resta sempre l’incontro reale, la messa a terra delle relazioni virtuali”, ripetono varie volte sia Emiliano che Daniele durante l’intervista.13620044_10154314062247630_4442904363134510861_n

La nuova sede di LUISS ENLABS realizzata con il supporto di eFM

Occupandosi di relazioni, era inevitabile che Efm finisse per occuparsi anche del tipo di leadership che si instaura all’interno di un luogo. “In una società reticolare che cambia molto rapidamente abbiamo visto che le organizzazioni più orizzontali, caratterizzate da una leadership diffusa sono quelle che riescono ad adattarsi più velocemente alle mutate condizioni”.

Oltre a fare da consulente per altre aziende, negli anni eFM ha sempre sperimentato per prima su se stessa le ricette e le soluzioni che proponeva agli altri. Per cui adesso l’azienda stessa è il migliore biglietto da visita per promuovere le proprie attività.

Oltre alla piazzetta con tanto di gelataio, al suo interno c’è un’area ricreativa dove invitare amici, parenti o conoscenti. Le postazioni dei lavoratori non sono fisse e ognuno può prenotare la propria attraverso un’app aziendale. L’ufficio è disseminato di piante per ripulire l’aria e ogni postazione ha dei sensori che controllano l’umidità, la temperatura e svariati altri fattori per aumentare il comfort. Complessivamente lo spazio è progettato come un unico grande open-space, in cui gli uffici e le sale riunioni sono separati da grosse vetrate e la vista può spaziare praticamente ovunque.

Attraverso un’altra applicazione aziendale ogni lavoratore può rispondere quotidianamente ad una serie di domande che servono a valutare la sua soddisfazione e lo posizionano all’interno di un grafico che a partire da sette parametri valuta la relazione fra la giusta dose di stimoli e gli eccessivi carichi di stress. Tutti questi strumenti di cui si avvale Efm trovano la massima espressione se vengono applicati ad una visione di organizzazione diversa da quella tradizionale, mentre posso risultare persino pericolosi se inseriti in un contesto di impresa classica. Società come eFM si inseriscono in un filone di imprenditoria evoluta, collegato a modelli teorici come quello delle organizzazioni Teal. In questa nuova concezione l’organizzazione è spesso paragonata ad un organismo vivente, con una propria funzione ed un proprio scopo che possono evolvere nel tempo e al cui interno responsabilità, ruoli, potere sono distribuiti e consapevoli.21740281_10155729679937630_3232635869966175162_n

Un applicativo che monitora gli spostamenti o che valuta il livello di soddisfazione dei dipendenti potrebbe essere inteso come uno strumento di controllo all’interno di un’impresa tradizionale, mentre diventa uno strumento di empowerment e consapevolezza personale e aziendale in un’organizzazione evoluta. Anche per questo motivo Efm costruisce dei percorsi personalizzati e graduali per le aziende con cui lavora, guidandole – nella misura e nelle forme che esse scelgono – attraverso questa complessa transizione. Non esiste un termine prestabilito a questo processo evolutivo. Chissà se un giorno, mi viene da pensare mentre mi allontano, percorsi di questo genere condurranno alcune aziende persino a mettere in discussione l’utilità di quello che producono o a infrangere i tabù legati alla distribuzione degli utili?

Intervista: Andrea Degl’Innocenti
Riprese e montaggio: Paolo Cignini

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2017/09/io-faccio-cosi-183-efm-progettare-luoghi-evolvere-organizzazioni/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

Benvenuti a H-Farm, la Silicon valley italiana

Da oltre 12 anni H-Farm supporta progetti innovativi, forma le nuove generazioni e guida la trasformazione digitale delle aziende. Abbiamo incontrato il fondatore, Riccardo Donadon, che ci ha raccontato la nascita e l’evoluzione della fattoria dove si coltiva il futuro, tra tecnologia e natura. Arriviamo presso la sede di H-Farm in tarda mattinata. Dobbiamo intervistare il fondatore, Riccardo Donadon. Non so bene cosa aspettarmi. Nei film americani ho spesso visto “cittadelle” abitate da centinaia di giovani innovatori impegnati in progetti digitali o in discussioni creative in grado di generare i vari google e facebook, ma sono convinto che in Italia non esista niente del genere. E – come spesso accade – mi sbaglio. Dopo una breve attesa, infatti, Donadon ci raggiunge alla “reception” e inizia subito a condurci nei meandri di quella che a me appare come una “Silicon Valley” italiana. Prati verdi, edifici bassi, musica diffusa, macchinette elettriche ma soprattutto centinaia di giovani provenienti da tutto il mondo che scrivono, progettano, dibattono. Intorno a noi un parco – 1800 ettari – e la laguna di Venezia. Entriamo e usciamo da diverse strutture e osserviamo attoniti una sala multimediale che ricostruisce storia e attività di H-Farm. La sua storia è semplice.

Nasce nel 2005 come “incubatore” di innovazioni con l’obiettivo di aiutare i giovani ad avviare nuove imprese. Oggi è diventata una piattaforma che associa all’avvio di nuove imprese e start-up progetti di formazione e consulenza che servono a gestire il cambiamento che è in atto.

H-Farm, quindi, si è sviluppata in tre aree fondamentali:

  1. Investimenti, attraverso i quali si finanziano le iniziative migliori sui grandi “cluster” di innovazioni in Italia, fashion, food, manufatturiera, ecc. con l’obiettivo di selezionare per le aziende le idee e i progetti migliori proposti dai giovani competenti.
  2. Supporto alle imprese, attraverso duecento persone che lavorano per inserire il digitale all’interno delle aziende più importanti, facilitando loro le attività e i processi.
  3. Education. Da diversi anni vengono proposti percorsi post diploma. Ci sono inoltre tre scuole internazionali, dove viene sperimentato un modulo formativo che si aggiunge a un percorso tradizionale internazionale, aumentato al digitale. Ora l’obiettivo è estendere questo approccio anche all’università e in parallelo alle scuole primarie.18198723_10155496211454573_7622583018071844994_n

“Ho iniziato nel 1995, sviluppando progetti che sono andati bene – ci spiega Donandon – nel 2005, quindi, ho cercato di restituire ciò che avevo ricevuto. Ed ecco che creiamo H-Farm. H sta per Human, l’uomo è ciò per cui lavoriamo ma anche colui che lavora su queste iniziative. Farm – fattoria – vuole mantenere e sottolineare il legame tra il nostro lavoro e il luogo che ci ospita. Qui, infatti, c’era una vecchia fattoria. Volevamo e vogliamo sottolineare una scelta di vita che ci porta a lavorare nel digitale, che è frenetico e bello, in armonia e bilanciamento con la natura e con ritmi naturali”.

E in effetti natura e tecnologia sembrano fondersi in questo angolo di futuro in cui tutti si danno del tu e le persone sembrano serenamente impegnate in attività che – ai nostri occhi inesperti – possono apparire misteriose.

“Vogliamo davvero promuovere un essere umano che si ponga al centro di una creazione tecnologica e al servizio di nuove iniziative. Ci sentiamo un po’ coltivatori anche noi. Seminiamo ed aiutiamo le persone a seminare idee che devono poi germinare. Aver messo la tecnologia in mezzo alla natura crea un ambiente distensivo e ha quindi dei riflessi positivi nel prodotto, perché crea la consapevolezza che l’interlocutore è connesso con il ritmo naturale delle cose”.15977840_10154942186364573_3598494292825862356_n

H-Farm, oltre che in Veneto, ha sedi a Milano, Roma e Catania. Oltre 500 ragazzi si muovono tra di esse.
“Intorno a noi – comunque – sorgono altri progetti sviluppati da talenti che abbiamo finanziato con le nostre startup. Ci sono inoltre gli studenti. Insomma, le persone che vivono questi luoghi sono davvero tante”.

In generale, Donadon ha una visione positiva sulle potenzialità dei giovani: “Credo che questa generazione sia molto fortunata: la tecnologia è sempre più sviluppata, ci sono piattaforme di apprendimento alla portata di tutti e il crowdfunding permette di sviluppare i propri progetti anche da soli. Io sono partito da zero con l’intento di creare le condizioni. Sono nato e cresciuto facendo una starup, e sono riuscito a farla bene. Noi siamo qui per questo, per aiutare chi ha belle idee a far nascere imprese, investendo soldi per farne di più”.

In attesa che si sviluppino appieno le nuove scuole per l’infanzia e la fondazione – H for Human – lasciamo dopo oltre quattro ore Donadon al suo lavoro. Ripartiamo – dopo un breve giro su una “Tesla” (una macchina elettrica all’avanguardia) – con negli occhi e nelle orecchie questo angolo di futuro immerso nel verde tra Venezia e Treviso convinti che questo sia stato solo un primo incontro. Abbiamo gettato i primi semi. Lasciamoli germogliare.

 

Intervista e Riprese: Daniel Tarozzi
Montaggio: Paolo Cignini

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2017/09/io-faccio-cosi-182-benvenuti-alla-h-farm-silicon-valley-italiana/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni