Città e campagna ai tempi del coronavirus

Ci hanno fatto credere che la città fosse la soluzione a tutti i problemi, dipingendo la campagna come un mondo sottosviluppato popolato di sempliciotti. Ma davvero lo credete? E dove credete possano risiedere il futuro e la speranza?

Città e campagna ai tempi del coronavirus

Per convincere la gente ad ammassarsi nelle città, diventare consumatori e servire la società industriale, la televisione è stato il mezzo principale; non solo per pubblicizzare i prodotti industriali ma anche per mostrare la superiorità della gente di città a quella di campagna. L’immagine che viene data da sempre della campagna è infatti quella di un luogo abitato da persone ignoranti e sempliciotte che non sanno come stanno le cose. Sketch a non finire e prese in giro costanti del povero e ingenuo campagnolo messo a confronto con i cittadini impegnati nella costruzione del “progresso”.

E così ci hanno fatto credere che la città fosse la soluzione di tutti i problemi, piena di vita, di attrazioni, cultura, non precisando però che si trattava di vita artificiale e di attrazioni varie o cultura, a cui difficilmente avremmo avuto la possibilità di accedere. Presi come si è nel dover lavorare tanto, rimanere imbottigliati nel traffico e alla fine delle giornate avere a malapena la forza mentale e fisica di continuare a farsi bombardare il cervello dalla stessa televisione che ci propina il modello criceto nella ruota, per cui ricominciare daccapo ogni giorno. Inoltre, abitare in città significa dipendere da tutto questo, comandato da chi vive appunto nel venderci quel tutto. Poi però il problema lo abbiamo, eccome. Nel momento in cui c’è una qualsiasi crisi andiamo in tilt, come si sta verificando attualmente. Allontanandosi dalla campagna quindi dalla natura, non solo si perdono aspetti importanti e le relazioni con i veri cicli vitali ma anche tante competenze; e quindi poi bisogna pagare qualcuno che intervenga nel momento del bisogno. Il cittadino è infatti molte volte come un disabile sociale che ha bisogno di ogni cosa dall’esterno per vivere, ha sempre bisogno di qualcun’altro, perché lui deve preoccuparsi solo di guadagnare soldi e di pagare. Forse si dimentica che il tanto dileggiato contadino sapeva (e sa) fare un po’ di tutto, ha conoscenze e capacità che un cittadino si sogna. Forse si dimentica che la manualità ha un’importanza fondamentale per lo sviluppo dei giovani e non. Non sappiamo più costruire o aggiustare nulla con le mani, non sappiamo coltivare, non sappiamo cavarcela in praticamente nessuna situazione, se non con l’aiuto di esperti o addetti del mestiere. Quei mestieri che i giovani non vogliono più imparare perché facciamo loro credere che con un click risolveranno tutti i problemi della loro vita, anzi che con un click diventeranno milionari e non ci sarà nemmeno bisogno di lavorare. Ma chissà, forse in questi giorni le persone che fanno file di ore al supermercato magari pensano che avere un orto non sarebbe male oppure ritornano ai bei tempi in cui la nonna faceva i manicaretti con tante cose buone del campo e guarda caso tantissime pubblicità odierne si rifanno ai sapori genuini di una volta…

Ma se questi sapori di una volta erano tanto genuini, perché non si “ritorna” a una volta? Considerando che i sapori spacciati per genuini dei prodotti industriali non saranno mai genuini come quelli di una volta. Ed è veramente interessante notare come ci magnificano i prodotti industriali moderni e allo stesso tempo la genuinità di un tempo passato: c’è un chiaro corto circuito, c’è contraddizione palese nella questione. Eppure che l’aria buona, la vita e il cibo sano siano fra gli elementi che contribuiscono tra l’altro a rafforzare le difese immunitarie, lo capisce chiunque; proprio quegli elementi che invece venivano ridicolizzati nella rappresentazione televisiva della campagna, tranne poi usarli o meglio dire manipolarli come termini, quando si deve pubblicizzare un prodotto industriale. Avere oggi la possibilità di essere a contatto con la natura come quei tanto presi in giro contadini oppure poter coltivare anche solo un orto, per piccolo che sia, fa certamente la differenza fra chi in questo periodo è costretto murato vivo in condomini, palazzi giganteschi, appartamenti vari in città, pagati o affittati spesso a peso d’oro, a cui va tutta la mia solidarietà.

Per il futuro è il caso di dare meno credito alle Milano da bere e simili, che fanno pensare che ci sia chissà quale vita laddove mancano le basi stesse della vita.

Quando si uscirà da questo incubo potrà essere utile rivedere i parametri di importanza e rimettere al centro alcuni aspetti fondamentali. Pensare che forse un ritorno alla terra non è una bestemmia e non produce delle macchiette televisive, così come non è insensato cercare di rendere le città il più verdi e resilienti possibile. Rifiutando in questo modo ciò che i venditori di fumo e cianfrusaglie ci hanno tentato di estirpare dal DNA e cioè che la Natura è Madre e a quella dobbiamo tendere.

Fonte: ilcambiamento.it

Alimentazione ed energia: il Made in Italy è la soluzione

Da oltre trent’anni (appena!) affermo che il Paese del sole non può che puntare sulle fonti energetiche rinnovabili, con il necessario compendio di risparmio energetico e uso razionale dell’energia, altrimenti in un mondo di sprechi le rinnovabili da sole servono a ben poco. Se ci fossimo mossi trent’anni fa, ora le cose sarebbero molto diverse.

Da oltre trent’anni (appena!) affermo che il Paese del sole non può che puntare sulle fonti energetiche rinnovabili, con il necessario compendio di risparmio energetico e uso razionale dell’energia, altrimenti in un mondo di sprechi le rinnovabili da sole servono a ben poco. Cosa dicevano gli esperti trent’anni fa? Che l’apporto delle energie rinnovabili in Italia era risibile e non erano nemmeno da considerare alternative perché non lo erano affatto, al massimo potevano essere una graziosa cornicetta al quadro ben delineato dei combustibili fossili sempre e comunque. Ma del resto anche un ragazzino delle medie o forse anche di quinta elementare guardando una piantina nazionale di insolazione media annua o della ventosità, visto che siamo un paese pieno di costa e di monti, poteva facilmente capire le potenzialità enormi delle energie rinnovabili. Così come era altrettanto ovvio che i combustibili fossili erano una fonte esauribile. Ma a quanto pare i nostri esperti non avevano conoscenza nemmeno delle basi, del due più due che fa quattro. O forse le conoscevano e le conoscono ma hanno ben altri interessi da servire che quelli delle energie rinnovabili, dell’ambiente e di conseguenza della salute delle persone. Ora grazie a questi esperti, rigorosamente dotati di lauree prestigiose e master, messi a capo anche dei grandi gruppi energetici nazionali e grazie a una politica cieca, sorda e muta, l’Italia al 2020 (!!) è ancora dipendente dall’estero energeticamente per oltre il 75%, e con pervicace e masochista ostinazione si continua ad andare in quella direzione.

Si vedano a questo proposito, fra le innumerevoli follie, le trivellazioni in cerca di petrolio, il metanodotto TAP in Puglia, la metanizzazione della Sardegna e gli oltre 18 miliardi di euro che ogni anno lo Stato regala in modi diversi alle aziende di combustibili fossili. E sono quegli stessi esperti e quella stessa politica che poi si lamentano se c’è, ad esempio, la disoccupazione, quando sono le loro azioni che la determinano. E gli stessi esperti e gli stessi politici che grazie a scelte suicide hanno costruito un paese fortemente dipendente soprattutto nei due aspetti principali che determinano l’esistenza di tutti noi che sono l’energia e l’alimentazione. Cosa sarebbe successo se trenta o quarant’anni fa, invece di non fare nulla fino ad oggi, sottolineo nulla, confermato dalla dipendenza che ancora abbiamo, si fosse puntato decisamente alle energie rinnovabili e all’abbattimento di tutti gli sprechi energetici? Avremmo ora una filiera italiana sviluppata in innumerevoli settori, milioni di posti di lavoro certi, stabili, con un senso sociale e ambientale. Anche solo con la diffusione a tappeto delle tecnologie solari termiche applicate alla riqualificazione energetica del patrimonio edilizio italiano, avevamo e avremmo da lavorare per i prossimi cento anni. E che dire degli enormi risparmi di soldi per le tasche dei cittadini italiani e per quelle pubbliche che si sarebbero avuti con questi interventi? E che dire della salute e delle centinaia di migliaia di morti evitati a causa dell’inquinamento di ogni tipo che li determina ?

Niente di tutto questo è stato fatto e così il paese del sole si è visto arrivare, in tutti questi anni, tecnologie per le energie rinnovabili e il contenimento energetico anche dai paesi del nord Europa, che il sole a malapena sanno cosa sia ma che in maniera seria, intelligente e lungimirante hanno puntato su questi settori. Ci lamentiamo ora con la Germania brutta e cattiva ma le abbiamo comprato questo mondo e quell’altro di tecnologie solari, che solo a dirlo viene da ridere o da piangere, quando saremmo dovuti essere noi a vendergliele, altro che vendergli vestiti alla moda o le Ferrari. Infatti chi al mondo può sviluppare questo tipo di tecnologie e lavoro se non il Paese del sole? Ma queste sono considerazioni così ovvie, così semplici e solari appunto, che forse proprio per questo non entrano nei mega cervelli dei nostri mega esperti.

C’è chi potrebbe obiettare che i cinesi, grazie al regime di schiavitù lavorativa che hanno, avrebbero abbattuto i costi e quindi potuto venderci anche quel tipo di tecnologia, come in parte è avvenuto in maniera recente; ma a questi si può tranquillamente rispondere che tutti i soldi e le agevolazioni date ai fossili si sarebbero potute dare alle rinnovabili e così il “sistema Italia” avrebbe retto anche all’invasione dei prodotti cinesi. Oltre al fatto che realizzare campagne di informazione e sensibilizzazione per utilizzare il Made in Italy avrebbe fatto scegliere con cognizione di causa i prodotti italiani piuttosto che quelli arrivati da chissà dove e fatti chissà come. Inoltre partendo molto prima dei cinesi in quei campi, avremmo avuto vantaggi enormi. Per non parlare poi di tutto il personale tecnico e non, che avrebbe il compito di diffondere ovunque le buone pratiche e la consapevolezza presso la popolazione e tutta la conseguente formazione da fare in ogni luogo per divulgare come risparmiare energia e interagire con le fonti rinnovabili. Lavori e prassi normali e diffuse che sarebbero dovute diventare tante e usuali come le pizzerie e inserirsi nella mentalità e quotidianità così come si conosce a memoria la formazione delle propria squadra di calcio o le canzoni del proprio cantante preferito. E visto che ci si lamenta pure dell’Europa, cosa sarebbe successo se l’Italia fosse stata fortemente indipendente nei fatti, non nelle chiacchiere e nelle sparate dei finti sovranisti, per gli elementi base dell’esistenza? Avrebbe significato che ciò che faceva o fa l’Europa ci sarebbe interessato fino ad un certo punto, forti della nostra vera e sola sovranità che è quella nei fatti, perché è assolutamente ridicolo fare i sovranisti se poi si è totalmente dipendenti da tutto e tutti, che si chiamino Europa, Cina, Giappone, Russia o Stati Uniti. Sarà il caso ora finalmente di rivedere radicalmente la questione? Sarà il caso di puntare decisamente ad una filiera italiana di energie rinnovabili e tecnologie per il risparmio energetico? Si trasferiscano in questi settori i soldi che vengono regalati ai combustibili fossili, si taglino le innumerevoli spese inutili e dannose come ad esempio quelle per gli aerei militari da combattimento F35 e si vada diretti in questa direzione senza se e senza ma. Abbiamo tutto, conoscenze, tecnologia, competenze, persone, non ci manca nulla, se non la volontà politica o la volontà tout court, perché anche senza la politica si può andare risolutamente in quella direzione coinvolgendo la società civile, le imprese lungimiranti e la finanza etica. Poi anche la politica seguirà, tanto è sempre l’ultima a reagire (se mai lo farà).

E veniamo ora all’alimentazione. Per cosa è conosciuta l’Italia nel mondo? Per il cibo e non potrebbe essere altrimenti visto che ogni più piccolo paesino, borgo, città che sia, ha le sue specialità e cultura alimentare, cibo di qualità sopraffina frutto di attenzione e cura secolare per uno dei motivi di maggiore piacere nella vita e per il quale siamo invidiati da tutto il mondo. E una cultura di questo tipo da cosa è stata favorita? Anche dalla posizione geoclimatica meravigliosa dell’Italia dove praticamente è possibile coltivare una varietà di alimenti incredibile, considerate anche tutte quelle coltivazioni antiche e particolari che sono state trascurate e dimenticate e che possono essere facilmente riprese. Mangiamo due o tre tipi di mele quando ne esistono centinaia. Ma in una tale situazione da paradiso terreste dell’alimentazione abbiamo trascurato le nostre ricchezze e varietà alimentari e siamo riusciti a farci colonizzare da cibo spazzatura che arriva da paesi che non sanno nemmeno lontanamente cosa sia una cultura dell’alimentazione. Vengono prodotti e venduti cibi imbottiti di sostanze chimiche e veleni assortiti che sono un attentato quotidiano alla nostra salute. Bombardati da pubblicità dementi ci fanno credere che prodotti industriali pieni di robaccia che arriva da mezzo mondo e packaging ci facciano tanto bene e siano pure naturali. Viste quindi le nostre immense risorse e potenzialità, perché non dirigersi verso la massima sovranità alimentare possibile, recuperando ogni centimetro coltivabile, facendo rifiorire la nostra eccezionale agricoltura da nord a sud, coltivando di tutto e proteggendo con sacralità la biodiversità che tra l’altro è quella che ci aiuta ad avere ottime difese immunitarie?

Non si può fare? E’ troppo difficile? Assolutamente no, basta puntare decisamente su questi due ambiti di forte indipendenza alimentare ed energetica così come si è fatto per altri ambiti che non solo ci hanno regalato pericolosissima dipendenza ma ci hanno determinato spese, prodotto inquinamento e danneggiato la salute. In alternativa potete sempre staccare uno sportello della vostra automobile, magari proprio della tanto decantata Fiat, orgoglio nazionale che di nazionale non ha praticamente più nulla e provare a mangiarlo. Magari sarà un po’ indigesto ma sai che scorpacciata….

Fonte: ilcambiamento.it