Gli Stati Uniti autorizzano le trivellazioni nell’Artico

Ancora una volta l’amministrazione Obama conferma il proprio appoggio ai colossi petroliferi: la Shell potrà trivellare nell’Artico

Il Governo americano ci ha ripensato e ha deciso di tornare sui suoi passi autorizzando le trivellazioni nell’Oceano Artico della Shell, una scelta che ha sollevato numerose polemiche e contro cui le associazioni per la difesa dell’ambiente si battono da tempo. La direttrice generale dell’agenzia federale incaricata della gestione degli oceani ha assicurato che Shell dovrà rispettare elevatissimi standard nelle attività di trivellazione alla ricerca di petrolio e gas e il Dipartimento dell’Interno ha assicurato che i bisogni di sussistenza e le tradizioni culturali degli abitanti dell’Alaska saranno salvaguardati. Curtis Smith, portavoce della Shell negli Stati Uniti, ha spiegato che le operazioni di trivellazione cominceranno in estate e che nelle prossime settimane la compagnia petrolifera si preparerà per essere all’altezza delle richieste dell’amministrazione Usa. Il programma di Shell ha subito numerose frenate nel corso degli anni: nel 2012 Shell aveva ottenuto l’autorizzazione, poi revocata nello stesso anno. Nel 2013 stesso copione. Ovviamente le associazioni ambientaliste si ritrovano una volta ancora sul piede di guerra e mettono in guardia prospettando gli scenari di un eventuale incidente nel mare Artico: secondo le ong green l’impatto sarebbe ancora più devastante rispetto a quello dell’incidente avvenuto dopo l’esplosione della Deepwater Horizon, nel 2010. Nel dicembre 2014 Obama aveva bloccato le trivellazioni nella Bristol Bay, una svolta che era stata accolta come l’inizio di un giro di vite alle piattaforme off shore. Una scelta illusoria, visto che ora la sua stessa amministrazione ha avallato le trivellazioni nell’Artico. Ancora una volta, il profitto prima di tutto.Ghiaccio-artico-coperto-da-acqua-586x382

Fonte:  Le Monde

Un telefono cellulare a energia solare per salvare gli alberi delle foreste pluviali

In questo modo è possibile ascoltare i rumori delle motoseghe e dei bulldozer, mentre la deforestazione illegale è in atto, facendo intervenire le guardie forestali in tempo reale.rainforest-connection-logo-586x321

I “vecchi” telefoni cellulari si accumulano nel mondo occidentale al ritmo di decine di milioni ogni anno; ma da oggi almeno alcuni potranno avere una seconda vita a difesa dell’ambiente. Rainforest connection sta sperimentando l’idea tanto semplice quanto geniale di usare i vecchi telefonini per monitorare le attività di taglio illegale della foresta in Indonesia, dove i meravigliosi ecosistemi equatoriali stanno scomparendo più rapidamente che in ogni altro luogo del pianeta a causa dell’industria della carta e dell’olio di palma. L’idea è appunto semplice: un cellulare sempre acceso, appeso a un albero di una zona protetta e alimentato da un pannello solare è in grado di captare i rumori della devastazione, motoseghe, bulldozer, voci e allertare in tempo reale le guardie forestali. Secondo Topher White, fondatore di Rainforest Connection, rispetto alle rilevazioni aeree e satellitari, questo sistema ha l’enorme vantaggio di  essere molto meno costoso e di monitorare il taglio della foresta mentre sta avvenendo e non dopo. Inoltre in futuro sarà possibile per tutti scaricare una app gratuita che permetta di ricevere gli allarmi: «Vorremmo che le persone si sentissero in prima linea rispetto alla protezione ambientale», sostiene White. L’idea è interessante, ma naturalmente è limitata alla deforestazione illegale. Una gran parte della distruzione delle foreste avviene legalmente attraverso l’opera di lobbying delle grandi industrie della carta e dell’olio di palma. Per fronteggiarle, occorrerebbe appendere i cellulari ai soffitti dei consigli di amministrazione…deforestazione-indonesia-0

Fonte: ecoblog