Silenzio e relazioni, il patrimonio da tutelare dei borghi italiani

Per lavoro e per amore, Silvia ha riscoperto l’ambiente umano e purificante del piccolo paesino calabrese di Civita. Così ha deciso di chiamare a raccolta un team di esperti e lanciare un’iniziativa per far rinascere gli antichi borghi del sud Italia, oggi considerati territori marginali e depressi. Silenzio, acqua buona, aria pulita, cibo sano e relazioni umane sincere e appaganti. È ciò che Silvia Salmeri, cofondatrice di Destinazione Umana, ha trovato quando ha cominciato a frequentare un borghetto incastonato fra le montagne del Pollino. Queste caratteristiche l’hanno talmente colpita per la loro bellezza e le capacità rigenerative che possiedono, che ha avuto un’idea: perché non creare una scuola per sostenere questa e altre realtà simili, che negli anni della grande urbanizzazione hanno perso via via importanza, abitanti e identità, fino quasi a scomparire?

Silvia Salmeri

Come ti sei ritrovata al sud, in particolare in Calabria?

Mi ci sono ritrovata prima per lavoro e poi per amore. Avevo iniziato a notare un risveglio interessante di questa regione ed ero curiosa di andarci, non essendoci mai stata, se non di passaggio nei lunghi viaggi verso i parenti siciliani. Così, ho colto al balzo la proposta giunta da una host della nostra rete che mi invitava a partecipare a un loro evento ed è stato amore. Prima verso questa terra e poi verso quello che è diventato il mio compagno. 

Prevedi un’inversione dei flussi migratori che hanno caratterizzato l’Italia negli ultimi decenni, ovvero da sud a nord e dai piccoli centri alle grandi città?

Parlare di inversione dei flussi migratori è un’affermazione impegnativa che richiede un’analisi non di mia competenza, poiché mi occupo di turismo, seppur alternativo. Quello che noto dal mio punto di vista è sicuramente un’inversione di tendenza: sono sempre di più le persone in cui mi imbatto che magari, dopo anni al nord o all’estero, sentono l’esigenza di tornare al sud e di ricongiungersi con le proprie radici. Altre, come me, hanno origini al sud ma sono nate e cresciute altrove e a un certo punto della loro vita sentono l’esigenza di riconnettersi con quella parte di loro stesse che a malapena conoscono. Altre ancora non hanno origini qui ma quando ci si ritrovano si sentono a casa e decidono quindi di fare cambiamenti, anche radicali, per ricostruirsi una vita in luoghi che apparentemente promettono poco ma che nella sostanza hanno molto da offrire in termini di qualità della vita.

Civita

Qual è la ricchezza dei piccoli borghi del meridione e perché è un patrimonio da tutelare?

Senza cadere nella retorica, io credo che la ricchezza dei piccoli borghi sia il silenzio. Sto rispondendo a questa intervista da Civita, piccolo borgo in provincia di Cosenza: stamattina mi sono svegliata con la luce del sole che entrava dalla finestra, sono uscita sul terrazzino della mia camera ed ero circondata dalle montagne del Pollino. E ho pensato: cosa mi manca? A parte un caffè (che scendo a farmi!) nulla. Franco Arminio direbbe che andrebbero prescritti dai medici questi borghi proprio per intendere: “Vai a prenderti un po’ di silenzio, vai a prenderti un po’ di luce, vai soprattutto a respirare un po’ di aria buona. La vita è essenzialmente respirare”. 

Quindi il patrimonio da tutelare è questo: il silenzio, la luce, l’acqua buona, l’aria pulita, il cibo sano, le relazioni sociali. Non dico che sia semplice e non voglio assolutamente dare una versione romanticizzata del tutto, perché è ovvio che semplice non lo è. Ma non lo è nemmeno vivere altrove. Credo che la soluzione stia nel movimento, laddove possibile: andare e tornare, distanza e vicinanza. Per portare sempre nuove energie: dentro noi stessi in primis e, a cascata, nelle relazioni e nei territori in cui decidiamo di stare.

L’interazione con le comunità locali è importante? Come si può realizzare?

È fondamentale perché uno dei limiti qui – e l’ho sperimentato personalmente – è che ti manca tutta la rete di relazioni sociali che magari hai altrove. O almeno, qui è più distante: può essere che trovi persone con cui condividere interessi e progetti, ma che sono in altri territori della regione. Quindi è fondamentale entrare in contatto con chi il paese lo vive e questo puoi farlo solo essendo presente. Andando a comprare il pane in bottega, andando in posta a fare la fila, passando un po’ di tempo in piazza. 

Quali sono le motivazioni che vi hanno spinto a lanciare la summer school e quali gli obiettivi?

La motivazione è mostrare che si può fare e ce lo racconteranno docenti che stanno portando avanti progetti molto concreti al sud o, più in generale, in aree interne italiane, come Fondazione Cariplo che ha confermato la sua presenza. L’obiettivo è accendere scintille, sia nelle persone che parteciperanno (i posti sono limitati e in esaurimento!) ma anche in chiunque ci si imbatta perché legge un articolo o ne se sente parlare.

In che modo i concetti di turismo ispirazionale e comunicazione umana possono contribuire a rilanciare queste realtà?

Faccio una premessa per spiegare entrambi questi concetti. Il turismo ispirazionale propone quella nuova forma di viaggio che porta alla scoperta di stili di vita alternativi, di piani B, di strade sterrate ma panoramiche che ci facciano uscire da quello che sembra un unico modo di vivere, per farci assaporare qualcosa che sia più affine a noi, al nostro sentire più che agli innumerevoli doveri. La comunicazione umana è invece quella strategia di comunicazione che abbiamo ideato e che mette, come sempre, al centro la persona. Non è vero che per raggiungere il nostro interlocutore bisogna essere ovunque e saper usare tutti gli strumenti. Quello non è comunicare, quello è stalking! Per comunicare bisogna avere innanzitutto qualcosa da dire e non è detto che questo sia sempre chiaro. Una volta chiarito il messaggio, noi cerchiamo di capire quali strumenti sono più affini al comunicatore e come usarli al meglio per raggiungere il suo interlocutore. Ecco quindi che il primo strumento – far conoscere stili di vita alternativi attraverso esperienze di viaggio – e il secondo – capire come comunicare – possono essere, a nostro parere, due validi mezzi per rilanciare queste realtà.

 Fonte: http://www.italiachecambia.org/2019/07/silenzio-relazioni-patrimonio-tutelare-borghi-italiani/

Un weekend in tenda trasparente per osservare le stelle

Sonia, del b&b La Casa dei Nonni, ci racconta com’è nata l’idea di invitare i suoi ospiti a trascorrere una o più notti in una tenda trasparente da cui si domina la vallata e si possono osservare le stelle, recuperando un’antica usanza oggi perduta e ritrovando la capacità di stupirsi di fronte all’immensità della Natura. Dall’inizio dei tempi l’uomo contempla le stelle. Si rivolge a loro per orientarsi, per prevedere il futuro, per studiare il presente o semplicemente per sognare. Prendendo le distanze dalla società della tecnologia e della superficialità, in cui tante attività improduttive – specialmente se richiedono tempo – si stanno perdendo, gli amici di Destinazione Umana e il b&b La Casa dei Nonni propongono un’esperienza particolare. Con Sonia, gestrice del b&b, abbiamo parlato del weekend in tenda trasparente, durante il quale si potrà fare la bellissima esperienza di dormire all’aperto e osservare le stelle.tenda-trasparente-1

Com’è nata l’idea della tenda trasparente?

Ascoltando il territorio circostante, la Natura. Il B&B La casa dei nonni è posto proprio a metà via, tra i monti e il mare. Abbiamo la fortuna di godere di un panorama che va dalla pianura, salendo sulle colline fino a tutta la catena dei Monti Sibillini, o anche detti Monti Azzurri. Al di sopra di tutto questo, di notte, si apre il sipario sul vasto cielo blu non inquinato dall’illuminazione cittadina. Quindi abbiamo pensato di fare un invito speciale agli ospiti, un invito a restare al buio e a dormirci dentro. Perché nel buio, quello vero, non si può “fare”, non ci si può “dare da fare”. Al limite si può pensare a quello che si è fatto, cercando di capirlo. E in questo ci aiuta il cielo, con le stelle, le costellazioni, i pianeti. Se spegniamo la luce, entriamo nel regno dei dubbi, delle incertezze, dei limiti… e delle storie che lo popolano, quelle della mitologia greca. Il nostro è un invito al buio. Un invito per pochi, perché non è una conferenza, ma un dialogo in cui le domande sono sempre più delle risposte, un dialogo intorno ad un telescopio. La tenda trasparente, sollevata da terra, ci ha aiutato a rendere ancora più magica l’esperienza. Quando io e Luigi ancora eravamo in dubbio sull’acquisto, una sera ne parlavamo seduti sull’altalena guardando il cielo e proprio lui ci ha dato la risposta: una magnifica stella cadente ha solcato con la sua lunga scia il cielo sopra di noi. Abbiamo detto subito “Sì, facciamolo!”. tenda-trasparente-3

Ci puoi raccontare com’è andato questo “esperimento” la prima volta che l’avete provato?

Una volta entrati ci siamo stupiti di come la visione cambi, la trasparenza della tenda permette di osservare davvero il cielo rimanendo comodamente sdraiati. Ci si sente al sicuro dentro la tenda, ma allo stesso tempo è come stare completamente all’aperto, senza nessuna barriera tra te e il cielo. La temperatura è ottimale e i suoni della natura circostante diventano la colonna sonora della notte… e quando a giugno arrivano le lucciole il quadro si completa. I primi ospiti ne sono rimasti meravigliati e da lì la tenda ha iniziato ad avere più nomi: la culla, l’astronave, un grande utero materno.

Come mai secondo te un’esperienza così naturale come dormire sotto le stelle oggi viene vista come qualcosa di eccezionale?

Nel corso del tempo, questo è il sesto anno, sono arrivati ospiti da ogni parte d’Italia, magari fanno 500 km per vivere questa esperienza e poi ripartire il giorno dopo. Penso che chi viene vuole fare e farsi un regalo speciale. Il cui valore sta tutto nel concedersi un momento per fermarsi, alzare la testa al cielo e seguire le emozioni e i pensieri che questo piccolo gesto produce dentro di sé. Questo perché non è così scontato avere la possibilità di vedere il cielo stellato, soprattutto per chi abita in grandi città. Intravedere una o due stelle tra la luce dei lampioni non è esattamente come sentire il cielo sopra di sé, con la sua enormità e profondità. C’è da perdersi a contare le stelle, ci si sente smarriti a volte, e allora forse si prova lo stesso impulso che hanno provato gli uomini che hanno cominciato a organizzare il cielo in costellazioni, i Sumeri, i Babilonesi e poi chiaramente i Greci. L’impulso di trovare un senso al caos, di rendere ciò in cui ci si potrebbe perdere e smarrire un punto certo di orientamento. Quale può essere l’effetto sui bambini, che nonostante passino la maggior parte del loro tempo in ambienti urbani e chiusi, sono ancora dotati della capacità di stupirsi?Quando gli ospiti ci chiedono cosa potrebbe servire noi rispondiamo che sono necessari soltanto 2 occhi curiosi e quelli dei bambini che vedono per la prima volta i crateri della Luna o Saturno con i suoi anelli sono eccezionali. Ma attenzione, guardare da vicino i pianeti fa restare a bocca aperta ad ogni età. Soprattutto vincono la paura del buio, restando affascinati da quello che gli altri sensi insegnano loro.tenda-trasparente-2

Quale sarà il programma del weekend?

L’esperienza si può fare tutti i giorni da Maggio a Settembre. Accogliamo la coppia o la famiglia a partire dalle prime ore del pomeriggio e diamo loro la possibilità di sistemarsi in una camera con il bagno, farsi un tè o una tisana usando la cucina sempre aperta e stare comodamente in giardino o in terrazza. Prima dell’arrivo forniamo degli itinerari così che possano gestire il loro tempo come meglio credono. L’appuntamento per l’inizio del “viaggio astronomico” è in giardino dopo cena, a partire dalle 21.30, viaggio in cui raccontiamo le storie del cielo, legate alle costellazioni che si intrecciano una con l’altra, e la visione dei pianeti tramite il telescopio. Alla fine gli ospiti saranno in grado, tramite dei punti di riferimento, di orientarsi nel cielo anche una volta tornati a casa. Dopo l’osservazione li accompagniamo alla tenda dove potranno trascorrere la notte. La mattina ad aspettarli troveranno un’abbondante e profumata colazione con dolci fatti in casa e una vasta scelta di prodotti che potranno consumare in tutta tranquillità servendosi da soli.

A chi consiglieresti di non perdersi assolutamente questa esperienza?

Non ci sono controindicazioni! In questi sei anni nessuno ci ha segnalato casi di allergie o intolleranze. Certo speriamo sempre che chi arrivi faccia tesoro della magia in cui si è immerso per poi andare avanti nella vita di tutti i giorni e speriamo che la nostra esperienza contribuisca ad accrescere quel bagaglio di bellissimi ricordi che ci si porta dentro. Quindi, come sui giochi in scatola, consigliato da 0 a 99 anni… e oltre!

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2018/05/weekend-tenda-trasparente-osservare-le-stelle/

La nuova vita di Antonella, ambasciatrice della Sicilia più vera

Abbiamo intervistato Antonella, architetto palermitano, innamorata della sua Sicilia e in particolare del borgo di Petralia Soprana. Dopo la crisi edilizia ha ristrutturato la vecchia casa di famiglia trovandoci dentro curiosità e testimonianze che ha voluto condividere con tutti, trasformando questo luogo in un b&b-museo. Succede spesso che un nuovo, entusiasmante percorso di vita scaturisca da un momento di difficoltà. Così è successo ad Antonella, che grazie a una crisi lavorativa ha riscoperto l’amore per la sua Terra – la Sicilia –, condividendolo con le persone che la vanno a trovare nella vecchia casa di famiglia, ristrutturata a trasformata in b&b, oggi parte della rete di Destinazione Umana.

Com’era la tua vita prima del b&b e com’è cambiata adesso?

Sono un architetto libero professionista palermitano e per 30 anni ho sempre lavorato con passione nel settore degli appalti pubblici, progettando e dirigendo anche opere importanti in giro per tutta la Sicilia. Dal 2011 è iniziata una profonda crisi che ha colpito in particolare questo settore, il lavoro si è ridotto, molti architetti hanno chiuso gli studi, alcuni addirittura per la disperazione si sono suicidati. Anche io ho rischiato di cadere nella depressione. Ho capito subito che dovevo mettere in atto una strategia di rinascita per non sprofondare. Dovevo valorizzare e capitalizzare ciò che avevo. Ritrovare e riattivare anche in me stessa le energie e i talenti che a volte rimangono sopiti quando “ tutto va bene”.

Ed ecco che nel 2015 ho deciso di trasformare la casa di famiglia in montagna in un luogo di accoglienza e di narrazione, non quindi un semplice B&B , ma un luogo propulsore di energia positiva, una fucina di creatività per me e per chi vi alloggia, un nido dove rifugiarsi. Ho curato ogni cosa nei particolari per fa si che ogni angolo della casa potesse trasmettere questo messaggio. In questa casa ho ricominciato a dipingere, a scrivere poesie, comporre racconti e stare nuovamente bene con me stessa, con la mia famiglia e con tutti “ i nuovi amici” che scelgono di trascorrere qualche giorno nel mio B&B.petralia1

Raccontaci in due parole la “tua” Sicilia e come cerchi di trasmetterla ai visitatori.

Io amo profondamente la mia Sicilia, in particolare il suo essere un microcosmo agro-dolce, sono proprio i contrasti di questa terra che affascinano i viaggiatori. In particolare amo Palermo, magnifica città dove sono nata e vivo, adoro la moltitudine di stili architettonici che la caratterizzano, il sincretismo culturale generato da secoli di dominazioni, il magico clima mediterraneo che ti permette di pranzare in riva al mare a gennaio e fare il bagno di notte sotto le stelle a ottobre. La grande risorsa della Sicilia è il valore delle relazioni umane che ancora fortemente lega le persone. E poi Petralia Soprana, piccolo borgo immerso nel Parco delle Madonie, per me è come un gioiello delicato dove rifugiarsi, dove, dall’alto (ci troviamo a 1117 metri ) osservare il mondo, dove respirare a pieni polmoni. Qui i ritmi rallentano rispetto alla città, il Silenzio ti avvolge e lo sguardo si allunga felice verso l’orizzonte. Palermo e Petralia Soprana si fondono in me come in uno yin e yang. Tutto questo cerco di trasmetterlo ai miei ospiti, portandoli in giro con me o consigliandoli su cosa visitare.

Hai detto che Petralia rappresenta il femminile e Palermo il maschile, in un perfetto equilibrio fra uomo e Natura. Ma come vedi questo equilibrio nella società moderna?

Ho detto che Palermo e Petralia sono per me come uno yin e yang , una coincidenza oppositorum , dove la grande città può rappresentare la forza, la velocità e quindi un luogo dove emerge una componente simbolicamente maschile, mentre Petralia, piccolo borgo di montagna immerso nella Natura, può rappresentare la delicatezza, la lentezza, caratteristiche più tipicamente femminili, ma è nella loro fusione che si genera l’armonia e l’equilibrio. Oggi , grazie anche alla crisi, si è più consapevoli che un ritorno ai valori originari nel rispetto della Natura è l’unica strategia di salvezza.

Chi era il pittore di Petralia?

In questa casa, che era la casa dei nonni di mio marito ha vissuto uno degli zii, Vittorio Cerami; si era imbarcato come giovane marinaio nella Reale Marina Militare Italiana e ha vissuto una delle battaglie navali più disastrose della II Guerra Mondiale, infatti l’intera flotta della Marina Italiana fu affondata e distrutta dalla Marina inglese durante la notte del 28 marzo 1941 sulla costa dell’Egeo vicino Capo Matapan. Lo zio Vittorio fu uno dei pochi sopravvissuti, ma quella terribile esperienza lo segnò profondamente. Appena arrivato a casa, pur non avendo le nozioni nelle arti della pittura, iniziò a dipingere. È stato sicuramente un mezzo catartico, come le arti in generale, per raccontare e liberare dalla propria anima le sofferenze vissute in quella notte. Ha dipinto tanti quadri fra cui proprio quello della notte della battaglia. Quando io ho ristrutturato questa casa , ho trovato quasi 50 quadri e ho deciso di dedicare la casa a questa storia. Si chiama “ la casa del pittore di Petralia” proprio perché racconta la questa storia attraverso i suoi quadri.petralia3

Perché è importante la narrazione per stabilire un legame umano?

La narrazione, che non è la stessa cosa di raccontare semplicemente una storia, è un mezzo importante per entrare in connessione con l’altro. È indispensabile che la narrazione abbia origine da una forte passione da comunicare e che si utilizzino tutti i sensi per trasmettere le emozioni.  Se i luoghi hanno un’anima, se chi ti accoglie ha una vera passione, la narrazione diventa il mantra attraverso il quale entrare in sintonia.

Cosa consiglieresti a chi vorrebbe seguire un percorso simile al tuo, cambiando vita e riscoprendo passioni e luoghi?

È importante cercare la propria passione interiore e da quella generare una “storia“ da raccontare riconnettendosi con le proprie origini e con i propri talenti.

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2018/02/nuova-vita-antonella-sicilia-vera/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

La Via degli Dei: un viaggio a piedi per ritrovare noi stessi

Elisabetta, giovane veterinaria bolognese, ci racconta la sua esperienza lungo la Via degli Dei, il cammino che attraversando l’Appennino collega Bologna e Firenze, che ha percorso insieme al gruppo di Destinazione Umana. Un momento di stacco, di comunità, di immersione nella natura che ha cambiato la sua vita.

«In un periodo di lavoro intenso e di continui impegni avevo la voglia e il bisogno di allontanarmi da tutto e da tutti e immergermi nella natura per rilassarmi mentalmente e ritrovare un me stessa». Così è iniziata la piccola, grande avventura di Elisabetta lungo la Via degli Dei.dei1

La Via degli Dei collega Bologna a Firenze ed è uno dei cammini più suggestivi di tutta Italia, anche se ancora poco noto. Elisabetta è una giovane bolognese che ha risposto alla chiamata di Destinazione Umana, che lo scorso settembre ha organizzato un viaggio di cinque giorni aperto a tutti, anche ai meno allenati, che ha fatto tappa nelle località meno note, per scoprire anche gli angoli più nascosti di questo affascinante percorso. L’obiettivo? Non tanto quello di proporre un trekking professionale, quanto piuttosto la volontà di mettere insieme un gruppo di persone con un sentire comune, creare una piccola comunità per un’immersione nella natura. «L’unica esperienza simile – dice Elisabetta spiegando perché ha deciso di partecipare – l’avevo vissuta durante un viaggio in solitaria compiuto dieci anni fa a Lampedusa, un’isola meravigliosa e molto selvaggia. Mi ero voluta prendere qualche mese di riflessione per capire cosa volevo fare della mia vita: al mio ritorno, decisi di rischiare tutto e seguire i miei sogni e oggi faccio il lavoro più bello del mondo, la veterinaria!». Un’altra delle particolarità della proposta di Destinazione Umana è che si tratta di un’esperienza alla portata di tutti, anche dei meno “atletici”, che rispecchia più uno stile vita che una pratica sportiva: tempi lenti, non c’è competizione, nessuno resta indietro. «Non sono una persona allenata – racconta a questo proposito Elisabetta – e non frequento palestre, anche se mi piace molto camminare. Adoro fare passeggiate al mare, in montagna, in collina o anche gironzolare per Bologna! Cerco di non usare l’automobile nei giorni in cui sono libera».dei3

Uno dei momenti più emozionanti è l’arrivo a Firenze, dopo quattro giorni intensi, faticosi e soddisfacenti di cammino: «Un’emozione fortissima, eravamo molto provati fisicamente ma ci sentivamo invincibili! È indescrivibile la nostra euforia per avercela fatta, felici come bambini e fierissimi della nostra impresa!».

Emozioni forti, amplificate dalle aspettative e dalle piccole paure che hanno preceduto il viaggio e che, come racconta Elisabetta, attanagliavano tutti i partecipanti: «Ognuno di noi è partito da solo, non sapeva cosa aspettarsi. Eravamo tutti intimoriti dall’idea di condividere il viaggio e anche la camera – quindi momenti intimi – con persone che non conoscevamo. In realtà ci siamo aperti moltissimo gli uni con gli altri, ci siamo fatti forza a vicenda per non mollare, abbiamo condiviso le poche cose che avevamo nello zaino e ci siamo trovati benissimo insieme!».

Un’altra emozione fortissima è quella che si prova a essere interamente immersi nella Natura, quasi in balia di essa, senza il supporto della tecnologia, che tanto ci conforta nella vita di tutti i giorni. «Volete sapere qual è stata la mia reazione al ritorno della tecnologia, appena messo piede a Firenze? In quattro giorni di full immersion nella natura tutti i miei sensi si erano modificati: l’odore dei fiori e delle piante, la sensazione di fame, il gusto delle more appena staccate dai rovi…». Ma anche saper riconoscere il canto degli uccelli e il verso degli animali, capire l’importanza dell’acqua, aver sete e non doverla sprecare perché non si sa per quanto non si incontreranno altre fontane!dei2

«Il ritorno alla “civiltà” è stato un vero e proprio trauma: rumori assordanti, puzza di smog, persone frettolose concentrate ciascuna sulle sue cose e indifferente a tutto quello che succede intorno, tutti attaccati al cellulare camminando nelle strade come zombie. Le luci, la musica, i vestiti e il cibo nelle vetrine… ero nauseata!». È stato in quel momento che Elisabetta ha deciso che da quel momento avrebbe fatto il possibile per attenuare la frenesia della sua routine: «Una volta tornata a casa bisogna ridimensionarsi e riappropriarsi della propria vita. La felicità si trova nelle piccole cose».

Prima di salutarla, le chiediamo cosa direbbe a una persona per convincerla a provare questa esperienza. «Paesaggi spettacolari, compagni di viaggio che faranno per sempre parte della tua vita, la soddisfazione di riuscire in un’impresa che pareva impossibile. Non è solo un viaggio, è un’esperienza unica che ti da la spinta per realizzare grandi cambiamenti anche nella tua vita! Ogni traguardo si può raggiungere, anche se sembra impossibile!».

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2017/03/via-degli-dei-viaggio-ritrovare-noi-stessi/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

#viaggiareispirati: Turismo e solidarietà

Ecco una nuova puntata della rubrica curata da Destinazione Umana, tour operator specializzato nel turismo di relazione. Oggi parleremo di turismo e solidarietà, visitando due strutture che accompagnano l’attività più classica di ricezione e ospitalità con un importante impegno nel campo del volontariato.

Eccoci a un nuovo appuntamento con la rubrica #viaggiareispirati, per farvi conoscere gli aspetti più curiosi e particolari del mondo del turismo responsabile e relazionale attraverso gli esempi portati dalla rete di Destinazione Umana. La prima puntata è stata dedicata alla disabilità. Oggi invece parleremo di turismo e solidarietà, presentandovi due strutture che uniscono all’attività ricettiva un profondo impegno che da un lato le mette in contatto con popoli e culture differenti, dall’altro li vede prodigarsi per aiutare chi ne ha bisogno.asko1

Le prime destinazioni umane che hanno fatto della solidarietà la loro ragione di vita sono Pierpaolo e Antonio, un medico e un infermiere salentini, fondatori e gestori del bed&breakfast Asko. Il nome con cui hanno battezzato la loro attività ricettiva è quello di un quartiere di Addis Abeba, la capitale dell’Etiopia. Qui, da anni, portano avanti alcuni progetti sanitari, in particolare uno che sin dal 2004 li vede collaborare con un orfanotrofio che accoglie i bambini sieropositivi. Il b&b Asko, situato a Merine, nei pressi di Lecce, ha il duplice obiettivo di costituire una fonte di sostentamento economico per i progetti di volontariato e di dare libero sfogo alla passione di Antonio e Pierpaolo per l’accoglienza e l’ospitalità. La struttura è un ponte fra Salento e Africa, arricchita di mobili, accessori e piante provenienti dall’Etiopia e intrisa di odori e sapori africani. Nel cuore di Bologna invece, si trova l’Albergo del Pallone. Sin dal 2009, questa struttura accoglie viaggiatori ma anche immigrati, disoccupati e altre categorie  di persone che versano in una momentanea situazione di fragilità. I turisti e i bisognosi d’aiuto si trovano a condividere l’ospitalità e le attività proposte dall’albergo, con il risultato che vengono favorite l’integrazione e l’accoglienza. In questo modo, si crea anche una bella commistione fra turismo e solidarietà, viaggio e inclusione sociale. pallone1-1030x685

La struttura è gestita dalla Cooperativa Sociale La Piccola Carovana, che ha vinto un bando comunale di assegnazione. Questa onlus porta avanti percorsi di inserimento lavorativo, di assistenza socio-sanitaria e di servizi educativi per minori ed è fortemente radicata su tutto il territorio provinciale, dove intrattiene rapporti di collaborazione con le amministrazioni sui fronti sociale, educativo e occupazionale.

L’ambiente dell’albergo è dinamico e amichevole: si può cenare all’Osteria del Pallone, chiacchierare e giocare insieme nelle sale comuni o partecipare alle attività culturali, come concerti, cineforum, conferenze e serate a tema. Il tutto respirando un clima di reciproca e positiva contaminazione: culture, storie e situazioni differenti che si incontrano. Chi sta viaggiando per svagarsi, chi per conoscersi, chi per inseguire la speranza di una vita migliore.

Fonte:  http://www.italiachecambia.org/2016/02/viaggiareispirati-turismo-e-solidarieta/

Destinazione Umana, la meta del viaggio sono le persone

Un gruppo di ragazzi ha ideato una nuova idea di turismo: parti chiedendoti non dove vuoi andare, ma chi vuoi conoscere. Si chiama Destinazione Umana ed è una delle più promettenti start up italiane del settore turistico. Tutto è nato dallo “scollocamento” di Silvia, una delle co-fondatrici, che si è licenziata e ha cominciato a dedicarsi alle proprie passioni.

Quello di destinazione umana è un concetto nuovo, ma immediatamente comprensibile: la meta del viaggio non è più il luogo, sono le persone. Non si viaggia più per scoprire dei posti, ma per stringere legami, approfondire esperienze, condividere emozioni. È la nuova idea proposta da un gruppo di ragazzi della provincia di Bologna, che sta contaminando positivamente il mondo del turismo italiano.

«Nel gennaio del 2012 ero laureata da poco e già lavoravo in una grande azienda. Mi sembrava una bella opportunità, ma in realtà dopo quattro anni passati dietro alla scrivania il mio cervello aveva cominciato a spegnersi. Per questo motivo, quando hanno ridotto il mio orario di lavoro, ne ho approfittato per licenziarmi e seguire le mie passioni». Comincia così il racconto di Silvia Salmeri, co-founder di Destinazione Umana. Il primo passo nel mondo del turismo è stato un blog, chiamato ViviSostenibile. «Grazie al blog e ai social network, ho notato che intorno a me c’erano fermento e grande entusiasmo. Dopo qualche mese mi è stato proposto di aprire un bed&breakfast in Valsamoggia, sulle colline bolognesi, e io ho colto la palla al balzo». Contro il parere di amici e parenti, Silvia ha avviato questa piccola attività ricettiva, che è durata pochi mesi ma le ha fornito una grande ispirazione: «Una ragazza giovane, che si era licenziata per realizzare un sogno, creava grande attrattiva. Ho cominciato a raccogliere altre persone del mondo dell’ospitalità per creare dei percorsi che regalassero ai viaggiatori storie interessanti come la mia e non solo belle camere. Da lì è nata la rete di ViviSostenibile».du2

Quello è stato il primo strumento per diffondere una nuova cultura turistica, che fosse ecologica, orientata alla riscoperta della ruralità e rispettosa del territorio. Presto però, il gruppo ha cominciato a infoltirsi e gli host che aderivano erano tanti. All’inizio del 2014 quindi, Silvia e il team di ViviSostenibile hanno iniziato a lavorare a una nuova idea: «Ci eravamo resi conto che avevamo due identità che facevano fatica a convivere: l’associazione, con i suoi eventi e le attività outdoor, e la rete, cioè un piccolo portale che si stava sviluppando. Abbiamo quindi deciso di separarli; c’è voluto coraggio, perché abbiamo dovuto lanciare un nuovo marchio da zero. A giugno dello scorso anno quindi, abbiamo fatto migrare le strutture della rete sul nuovo portale turistico, chiamato Destinazione Umana».

La nuova piattaforma è stata lanciata il 26 giugno del 2014 e oggi conta circa 70 strutture ricettive in tutta Italia. «L’innovazione che noi portiamo – spiega Silvia – è che non chiediamo più al viaggiatore dove vuole andare, ma chi vuole conoscere. Questo significa che rimettiamo al centro il gestore e la sua storia e proponiamo al viaggiatore un’esperienza immersiva nella struttura e un’ispirazione». Le strutture ricettive proposte dalla rete sono suddivise in quattro filoni tematici: cambiamentoinnovazioneruralità,spiritualità.du4

Il progetto è innovativo anche nelle modalità con cui viene portato avanti: «Siamo una decina di ragazzi tutti under 35 e ci definiamo un team liquido: non lavoriamo tutti i giorni nella stessa azienda, sennò sarebbe come prima. Siamo liberi nella gestione del nostro tempo, ma abbiamo obiettivi comuni». Anche il riscontro economico è buono, segno che l’idea funziona: «All’inizio abbiamo dovuto fare un piccolo investimento, poiché non abbiamo ricevuto fondi né finanziamenti. Adesso ci siamo trasformati in tour operator online e le entrate principali arriveranno dalla vendita dei pacchetti di viaggio. Attualmente siamo ancora in fase di start up, ma diverse persone percepiscono uno stipendio part-time e questo per noi è già un ottimo risultato».

L’impatto sul settore turistico è stato forte: «Oggi sempre più operatori cercano nuove modalità e vedono in Destinazione Umana una proposta originale e innovativa, legata non solo al rispetto dell’ambiente e al turismo responsabile, che fortunatamente sono in grande crescita, ma anche al viaggio inteso come crescita, esperienza personale, riscoperta delle relazioni». Anche da parte dei viaggiatori il riscontro è molto buono: «Coloro che ricercano questo tipo di esperienza sono ancora una nicchia, ma di grande valore, perché chi scopre questo modo di viaggiare ci si affeziona molto. Alcuni ci scrivono raccontandoci anche tratti molto personali della loro vita privata e si aspettano che consigliamo loro il viaggio più idoneo alla fase che stanno attraversando».

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Destinazione Umana ha attirato l’interesse di molte altre realtà che condividono un approccio innovativo e sostenibile al mondo del turismo: «Siamo partner dell’associazione Startup Turismo. Collaboriamo con il Movimento Lento per con cui stiamo creando dei percorsi misti piedi-bici-treno per collegare le varie strutture ricettive. A Casa Netural di Matera, una delle strutture della rete, offriamo una settimana di co-living per ricevere una consulenza sul proprio progetto imprenditoriale».

Il progetto ha portata nazionale, ma affonda le sue radici i Valsamoggia, un territorio innovativo e ricchissimo di iniziative, dal primo esperimento di Transizione d’Italia, all’associazione Streccapogn: «Qui succedono cose meravigliose. Il Comune di Valsamoggia è nato a gennaio 2014 dalla fusione di altri cinque Comuni. Questa trasformazione è stata possibile grazie a un referendum e porta molti vantaggi al territorio, come lo sblocco per due anni del patto di stabilità e la notevole visibilità a livello nazionale. Da pochissimo inoltre, è stata inaugurata la Casa dell’Innovazione, un progetto di co-working e FabLab in spazi dell’ex Municipio di Monteveglio, concessi gratuitamente a due associazioni».du3

Rimettere al centro le relazioni umane rispettando il territorio e ristabilendo il contatto con la natura. È questo il messaggio di Destinazione Umana. Un esempio che va seguito, incoraggiato e replicato, perché «l’Italia Che Cambia siamo noi – conclude Silvia –, le persone che decidono di non scappare, ma che ogni giorno lavorano con sforzi enormi affinché il nostro paese rifiorisca».

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Fonte : italiachecambia.org