“La scienza è democratica quanto tutela la salute di tutti i cittadini”

Chi fa oggi la voce più grossa in tema di salute sostiene che ci siano in Italia “congiure di somari”, o “forze oscurantiste” o ancora che stia dilagando una qualche sorta di “spirito di superstizione”. Invece ci sono sane voci critiche e argomentate sull’eccessiva medicalizzazione, le leggi autoritarie e paternalistiche in tema di salute, sui conflitti di interesse. Di questo si parlerà sabato 10 marzo a Firenze nel convegno “La scienza è democratica quando tutela la salute di TUTTI i cittadini”. Aperte le iscrizioni .9748-10525

Chi fa oggi la voce più grossa in tema di salute sostiene di volta in volta che ci siano in Italia “congiure di somari”, o “forze oscurantiste” o ancora che stia dilagando una qualche sorta di “spirito di superstizione”. Assai spesso queste accuse infondate sono rivolte a chi ha, mantiene e documenta posizioni critiche e argomentate su molti aspetti dell’attuale gestione della salute, individuale e collettiva. Le associazioni AsSIS (Associazione Studi e Informazioni sulla Salute) e Amcp (Associazione per la Medicina Centrata sulla Persona), in collaborazione con Terra Nuova Edizioni, si mobilitano su queste tematiche e organizzano per

sabato 10 marzo a Firenze

il convegno dal titolo

“La scienza è democratica quando tutela la salute di TUTTI i cittadini”

che si terrà al

Cine-hall Odeon, piazza Strozzi, dalle 14.15 alle 19

QUI PER ISCRIVERSI

«La data non è casuale: il diritto all’istruzione soccombe davanti a una legge che ha sancito l’obbligo vaccinale per l’ammissione dei bambini alle scuole materne e d’infanzia, e dunque anche la loro esclusione – spiegano gli organizzatori – La salute si tutela con la prevenzione primaria, ben prima che con i trattamenti farmacologici e con la medicalizzazione di qualsiasi aspetto della vita fisica e psichica. Il fatto che un’affermazione tanto banale possa suonare, agli orecchi di alcuni, addirittura sovversiva rivela in modo chiarissimo che c’è un sistema sanitario che non vigila sui conflitti di interesse ma che fa affidamento esclusivamente sul consumo di farmaci, sulla moltiplicazione delle prestazioni, sul numero di interventi chirurgici, sul numero di mutuati e su quello delle vaccinazioni effettuate dietro incentivo e per obbligo di legge. È bene non lasciarsi distrarre dagli slogan, dagli allarmismi, dall’arroganza sdoganata, dalla pretesa di soffocare dialogo e confronto: fino a che ci sarà un’estesa infiltrazione di interessi impropri nei luoghi dove si prendono le decisioni in materia di salute, si avranno distorsioni negli orientamenti della ricerca medica, mutilazioni nella divulgazione delle conoscenze scientifiche e profondi dubbi sull’efficacia delle politiche sanitarie e sulla correttezza delle pratiche professionali».

Il convegno di Firenze sarà un momento di condivisione e confronto importantissimo.

Ecco il programma:

Ore 13.30 –  Registrazione dei partecipanti e ingresso

Ore 14.15 – Saluti degli organizzatori: i presidenti di AsSIS e Amcp e il direttore di Terra Nuova

Ore 14.40 – Apertura del convegno con l’intervento del professor Ivan Cavicchi, docente di Sociologia delle organizzazioni sanitarie e Filosofia della medicina alla facoltà di Medicina dell’Università di Tor Vergata a Roma: La democrazia nella scienza e la scienza in democrazia

Ore 15.05 – Intervento della Dottoressa Verena Schmid, fondatrice della Scuola Elementale di Arte Ostetrica di Firenze e docente di salutofisiologia in ostetrica all’università di Salisburgo: Gravidanza e parto non sono patologie da curare

Ore 15.30 – Intervento del dottor Adriano Cattaneo, epidemiologo e consulente di Ibfan Italia: Nutrizione e farmaci: dove si nascondono i conflitti di interesse

Ore 15,55- Intervallo, coffee break

Ore 16,20 – Intervento del Dottor Alberto Donzelli, membro del Consiglio direttivo e del Comitato scientifico della Fondazione Allineare Sanità e Salute: Determinanti maggiori di malattie e mortalità confermati dalle prove scientifiche. Esempi di efficacia comparativa di celebri terapie farmacologiche

Ore 16.45 – Intervento della Dottoressa Fiorella Belpoggi, direttore Area Ricerca dell’Istituto Ramazzini e del Centro di ricerca sul cancro “Cesare Maltoni”: Ignorare i dati scientifici scomodi danneggia ambiente e salute

Ore 17,10– Intervento del Dottor Eugenio Serravalle, medico pediatra, presidente di AsSIS: Vaccinazioni: dalla persuasione all’estensione dell’obbligo, la fine del consenso informato

Ore 17.35 – Dibattito, domande del pubblico

Ore 18.30 – Conclusioni

QUI PER ISCRIVERSI

La quota, come contributo per le spese organizzative, è di 10 euro a persona

Fonte: ilcambiamento.it

Il Parlamento Ue approva il CETA: a rischio salute, ambiente e democrazia

Un grave rischio per la democrazia, l’ambiente e la salute dei cittadini a tutto vantaggio degli interessi delle multinazionali. È altamente preoccupante lo scenario che si prospetta in seguito al via libera al CETA, trattato economico e commerciale di libero scambio fra Unione europea e Canada appena approvato dal Parlamento Ue. Con 408 voti a favore e 254 contrari, il Parlamento Europeo ha deciso di ratificare il CETA, trattato economico e commerciale di libero scambio fra Unione europea e Canada. Il CETA (Comprehensive Economic and Trade Agreement) dovrà essere ora ratificato dal parlamento di ciascuno stato membro, ma nelle sue parti fondamentali entrerà in vigore già da aprile. Secondo i favorevoli, l’approvazione del CETA rappresenta una risposta a Donald Trump, che ha espresso la volontà di congelare il TTIP, accordo fra Ue e Usa per abbattere i dazi doganali e uniformare i regolamenti dei due continenti con lo scopo di creare la più ampia area di libero scambio mai esistita. Il TTIP, che il nuovo presidente americano vuole congelare, ed il CETA, che ha appena avuto il via libera, sono due di una serie di trattati internazionali fortemente contestati poiché minano molte delle norme che tutelano i cittadini su alcune tematiche di fondamentale importanza, in primis nel settore agroalimentare.ceta-belgium

La protesta a Strasburgo

Molte le voci di protesta che si sono levate contro l’approvazione del trattato tra Ue e Canada, prime fra tutte quelle di movimenti, cittadini, sindacati e agricoltori che hanno esposto a Stasburgo frutta locale nelle cassette e striscioni all’ingresso del Parlamento per denunciare i rischi che questo accordo comporta per le produzioni locali europee.

“Un grande regalo alle grandi lobby industriali che nell’alimentare puntano all’omologazione e al livellamento verso il basso della qualità”. È quanto afferma il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel commentare l’impatto dell’approvazione da parte dell’Europarlamento del Ceta. “Nei trattati – sottolinea Moncalvo – va riservata all’agroalimentare una specificità che tuteli la distintività della produzione e possa garantire la tutela della salute, la protezione dell’ambiente e della libertà di scelta dei consumatori”.

“Questo accordo commerciale rischia di minare la democrazia e lo stato di diritto in Europa, a vantaggio di una manciata di multinazionali”, dichiara Federica Ferrario di Greenpeace Italia.
“L’obiettivo principale del CETA – continua Greenpeace – non è solo l’eliminazione delle barriere tariffarie, ma soprattutto la rimozione di ogni ostacolo al commercio e agli investimenti dovuto a norme differenti vigenti in Canada e in Europa. Questa operazione rischia di trasformarsi in un attacco diretto verso gli standard di protezione per persone, diritti e ambiente”.image

Secondo uno studio indipendente al quale fa riferimento Greenpeace, inoltre, l’entrata in vigore del CETA causerebbe la perdita di circa 200 mila posti di lavoro nell’Unione europea e, secondo quanto stimato dalla stessa Commissione europea, con l’adozione di questo trattato, nel lungo periodo in Europa si registrerebbe una irrisoria crescita economica.

“Oggi è stata scritta una pagina oscura per la democrazia in Europa, ma non tutto è compromesso – dichiara Monica Di Sisto, portavoce della Campagna Stop TTIP Italia – La battaglia della società civile si sposta adesso a livello nazionale. Monitoreremo gli impatti dell’accordo, dimostrando che avevamo ragione a criticarne l’impianto, e spingeremo il Parlamento italiano a bloccare questo trattato dannoso per i nostri cittadini e lavoratori”.

Con l’applicazione provvisoria del CETA, sottolineano i coordinatori della Campagna Stop TTIP Italia, cadranno tariffe e quote su una vasta linea di beni e servizi commerciati tra i due blocchi, con prospettive negative per le piccole e medie imprese, i diritti del lavoro, la sicurezza alimentare, l’ambiente e i servizi pubblici.

“La campagna italiana chiede che dopo la giornata di oggi, il Parlamento italiano smetta di tenere il commercio internazionale fuori dai propri radar e metta all’ordine del giorno il dossier CETA, aprendo una consultazione con la società civile per venire a conoscenza dei gravi rischi che corrono l’economia del Paese, l’occupazione e la stessa architettura democratica”.

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2017/02/parlamento-ue-approva-ceta-rischio-salute-ambiente-democrazia/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

 

Comunitazione: nelle relazioni la chiave per cambiare il mondo

Comunicazione, comunità, azione. Sono queste le tre parole racchiuse nel progetto Comunitazione che incoraggia la partecipazione dal basso, la progettazione condivisa a vari livelli e l’innovazione nelle dinamiche sociali attraverso l’attivazione di cittadinanza attiva. L’obiettivo? Innovare le tecniche di comunicazione odierne per facilitare le persone ad agire come comunità. Comunitazione è una delle storie più rappresentative di “chi ha fatto così”. Già, il plurale è d’obbligo: è una realtà nata dal desiderio di Ilaria Magagna, Giulio Ferretto e Melania Bigi di trovare nuove forme di comunicazione dove poter far esprimere al massimo il valore e il potenziale d’azione della relazione.

Ilaria ha studiato al Dams a Bologna e si è trasferita a Ceglie Messapica, in Puglia, per il teatro. A Ostuni, presso il Centro Culturale “la Luna nel Pozzo” conosce Giulio, anche lui amante del teatro. I due, oltre a condividere questo percorso, diventano marito e moglie, formano una famiglia e, tramite la lettura di un articolo sulla Democrazia Profonda, conoscono poi Melania Bigi, che attratta dal progetto nascente si trasferisce a Ceglie Messapica.
I tre hanno una forte passione in comune che nasce da un’esigenza: come innovare le tecniche di comunicazione odierne, per avvicinare il mondo della formazione al miglioramento delle relazioni interpersonali, in maniera tale da spingere le persone ad agire come Comunità nel superamento del conflitto. La forte spinta nell’andare ad indagare “l’essenza della relazione” stessa. Dopo la scrittura del progetto, i ragazzi vincono un bando legato all’innovativo programma di politiche giovanili “Bollenti Spiriti” della Regione Puglia e la loro avventura è partita e arrivata fino ad oggi con una domanda: in un mondo che sta apparentemente andando in una direzione negativa, chi cerca di comunicare che questa direzione può essere pericolosa riesce a trovare il modo per comunicarlo alle persone?

ComuniTazione: Comunicazione, Comunità e Azione

Comunitazione si occupa principalmente di processi di comunità sotto due differenti aspetti. Uno è quello della comunità di gruppi che lavorano insieme, il prendersi cura dei gruppi di lavoro sotto vari punti di vista e le cui modalità di gestione si rifanno alla Facilitazione, cioè  accompagnare i gruppi in una serie di processi che vanno dalla progettazione, alla visione fino alla governance del gruppo stesso. Comunitazione gestisce i gruppi di lavoro sia attraverso delle facilitazioni vere e proprie, disegnate e progettate ad hoc per la realtà interessata e per le sue esigenze, sia attraverso dei corsi sulla facilitazione più generici e allargati a gruppi più ampi. L’altro aspetto riguarda le comunità territoriali più ampie come i quartieri, i paesi, le città e le esigenze di ognuna di queste, disegnate e gestite attraverso i Processi Partecipativi: una serie di tecniche e di metodologie che Melania, Giulio e Ilaria studiano e continuano a studiare per mettere insieme le persone, farle aggregare e progettare insieme rispetto ad un sogno, un’esigenza o un bisogno, e dopo di questo attuare una serie di azioni che hanno deciso direttamente le persone stesse per rispondere a questi sogni e bisogni. Tratto caratteristico della Facilitazione e dei Processi Partecipativi è proprio la relazione che si fa azione, essenza del lavoro di Comunitazione.

12105709_779176552188328_4391677975635536303_n

La Facilitazione: il conflitto si trasforma in oro, la sostenibilità della relazione

Per Facilitazione “intendiamo una serie di tecniche, molto variegate, che ci permettono di lavorare sulle difficoltà, sui conflitti, spesso rappresentate dal come fare una riunione e da come gestire i tempi di questa” ci racconta Giulio Ferretto “ per far emergere il vero messaggio che sta dietro al conflitto, il possibile valore aggiunto che si viene a creare se riusciamo a gestirlo. Per anni Giulio e Ilaria, da genitori, si sono domandati cosa significasse davvero per loro il termine sostenibilità. Per anni tutti e due hanno lavorato con il teatro, e qui tornano le relazioni: perché non sviluppare la comunicazione come sostenibilità nelle relazioni? E perché non farla uscire dal palcoscenico del teatro per portarla nelle sale della vita quotidiana? L’idea della sostenibilità nella comunicazione è così divenuta l’essenza di Comunitazione.

I processi partecipativi: la forma più forte di mettere in relazione le persone

“Cercavamo qualcosa che ci desse la possibilità di andare a conoscere le persone e fare qualcosa insieme” racconta Ilaria Magagna “perché nel fare insieme si costruiscono relazioni che poi durano nel tempo.” Nello sviluppo dei processi partecipativi in Comunitazione Melania Bigi ha avuto un ruolo centrale: dopo un’esperienza personale in Brasile, Melania ha trasmesso a Giulio e Ilaria la metodologia dell’Oasis Game, sviluppata da Elos tra le favelas del paese allo scopo di costruire un sogno collettivo coinvolgendo le comunità ad agire per realizzarlo. L’Oasis Game si basa su sette passi (che sono tecniche sociali per creare spazi aperti di collaborazione) e su due principi fondamentali: il primo, fondamentale è la bellezza, che in questo caso sta a significare la spinta che ognuno ha dentro di se verso ciò che nutre, “è trovare la bellezza dove tendenzialmente noi non la vediamo, ma esiste. E farla uscire, si tratta di mettere in luce ciò che all’interno di uno spazio, di un quartiere, di una periferia già c’è.” spiega Ilaria “ed il secondo è il divertimento. Uno dei principi dell’Oasis Game è che se una cosa non è divertente non è sostenibile.

10940440_669495186489799_4253112499099037778_n

Da molti anni in Italia si fanno processi partecipativi, quello che cercavamo noi era il poter trasmettere alle persone dei concetti e delle azioni non solo attraverso il canale razionale delle semplici riunioni, ma avvicinarsi a quello tramite tutta una serie di azioni che vengono dall’animazione sociale, dal gioco, che vengono molto anche dal teatro, affinché le persone possano essere protagoniste di un cambiamento delle loro vite attraverso il divertimento e lo stare insieme in maniera spontanea e creativa.” E questo processo mette in condizione le persone di vivere in un’abbondanza incredibile “che è dentro di noi e che è nostro compito riuscire a farla emergere, perché abbiamo perso la capacità di vederla ma esiste” sostiene Giulio “ci sono molteplici verità nella vita e non una assoluta ed ognuno di noi è portatore di una tessera del puzzle. Viviamo in un periodo che definiamo complesso, dobbiamo iniziare ad imparare a viverci e a gestirla questa complessità e queste tecniche ci aiutano a far emergere tutti i punti di vista e la potenzialità di ognuno di questi nella costruzione di un racconto comune. Sono tecniche stimolanti per il formarsi dell’intelligenza collettiva, che permette di trovare soluzioni creative e straordinarie alle problematiche che dobbiamo affrontare.” A Ceglie Messapica queste tecniche hanno stimolato la riqualificazione partecipata del Paese, come illustrato in questo video.

La cittadinanza attiva e la leadership condivisa

I processi e le attività di Comunitazione, per loro caratteristica, non si fermano ad un solo gruppo chiuso. Trattando di Processi Partecipativi, lo sguardo va ben oltre ad un aspetto che può essere solamente aziendale o di piccolo gruppo e si allarga al mondo della cittadinanza, dei quartieri, delle dinamiche di trasformazione e cambiamento di un Paese, ed è li che si innesca un processo di ‘economia circolare della relazione’. Spiega Ilaria che “bisogna capire che il concetto di cittadinanza attiva, di cui tanto si parla in questi anni, è un percorso da costruire e difficilmente si costruisce solo improvvisando. Stiamo osservando in questi anni che c’è bisogno di professionisti e di persone formate per gestire la partecipazione, l’inclusione, i processi relazionali e tutti i conflitti che ne derivano, affinché questi non diventino deleteri e si trasformino in ricchezza per tutti.”img_1219

Comunitazione inoltre sta cercando sin dalla sua nascita di diffondere un nuovo concetto di leadership affinché la cittadinanza attiva possa farsi realtà concreta e coerente con quello che vuole esprimere: secondo Giulio “nella nostra cultura i tempi sono maturi per poter passare da leadership piramidali a leadership condivise. Perché è nella leadership condivisa che un singolo che lavora per un progetto riesce poi a tirare fuori tutto il potenziale che porta dentro, perché questa leadership nutre il progetto stesso ed è fondamentale che questo concetto si attivi anche nei processi aziendali e associazionistici. Noi sentiamo fortemente che questo sia uno dei concetti che serve di più in questo momento.”

Le attività e la collaborazione con Italia che Cambia

Comunitazione nel corso degli anni ha collaborato (e collabora tutt’oggi) con Labsus, il laboratorio per la sussidiarietà, nella creazione del Regolamento per l’amministrazione condivisa a Mesagne, facilitando l’approvazione di alcuni patti tra l’amministrazione e i cittadini. Ha organizzato dei World Café (una tecnica che permette di raccontarsi tramite conversazioni informali)  con un’associazione che si occupa dei migranti a Grottaglie, che ha permesso a dei rifugiati politici di incontrare dei ragazzi delle scuole elementari e medie e di potersi presentare e raccontare. È impegnata nella collaborazione con un percorso di formazione per il terzo settore nel Sud Italia chiamato “Formazione Quadri del Terzo Settore”, nel quale è responsabile per la formazione in Puglia. Inoltre sta portando in Italia un progetto europeo che si chiama “Go deep” che mette insieme la versione pratica dell’idea della democrazia profonda con l’Oasis Game.

13557962_908010399304942_4276276190350917050_n

L’incontro degli Agenti del Cambiamento di Milano

Oltre a tutto ciò, Comunitazione è parte integrante del progetto di Italia che Cambia: hanno portato la Facilitazione all’interno del team organizzatore, introducendo una serie di tecniche per gestire le relazioni tra i membri che lavorano al progetto, e seguono tutto il processo di relazione tra Italia che Cambia e i territori, facilitando gli incontri sia regionali che nazionali degli Agenti del Cambiamento. Le tecniche e l’apporto di Comunitazione è stato fondamentale per l’ottima riuscita dei documenti alla base della Visione 2040 di Italia che Cambia, nello specifico per gestire al meglio i processi comunicativi che hanno caratterizzato tutti i tavoli tematici.

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2016/11/io-faccio-cosi-144-comunitazione-nelle-relazioni-la-chiave-per-cambiare-il-mondo/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

Neoliberismo e plutocrazia: l’Italia alla deriva

Noam Chomsky lo ha detto chiaro e tondo a Firenze: siamo schiavi del neoliberismo, la democrazia in Italia è finita, destra e sinistra inseguono le stesse idee politichechomsky

Noam Chomsky, filosofo e linguista, nella sua estrema lucidità, non ha dubbi: in Italia la democrazia è virtualmente terminata quando si è insediato un governo non scelto dagli elettori. La destra e la sinistra portano avanti le stesse idee politiche e subiamo il frutto amaro del neoliberismo, distruttivo per i popoli d’Europa. Chomsky ha poi rincarato la dose durante la sua recente conferenza a Firenze:  il welfare state è stato annientato; nei suoi discorsi Mario Draghi parla di banche, ma le persone dove sono?  Perfino il Wall Street Journal ha scritto che la democrazia è collassata. E gli intellettuali? Fondamentalmente, ha aggiunto Chomsky, i cosiddetti intellettuali servono il potere, ecco perchè vengono rispettati. Ma ci sono anche intellettuali che sfidano il potere e allora vengono combattuti, messi ai margini. “Il 70% della popolazione non ha nessun mezzo di influire sulle politiche adottate dai vari livelli delle amministrazioni, ha proseguito Chomsky.  Questo 70% è rappresentato da coloro che occupano le posizioni inferiori nella scala di reddito. Via via che si risale, l’influenza delle persone sulle politiche effettivamente adottate cresce. Sino all’1% che si posiziona più in alto nella scala sociale, rappresentato da coloro che, dalla politica, ottengono tutto ciò che desiderano. Questa non si chiama democrazia ma plutocrazia ed è questa la direzione verso la quale le nostre società stanno venendo sospinte. Il nome di questa tendenza si chiama neoliberismo: designa cioè tutto l’insieme di politiche economiche e sociali e di altro genere, ideate per conseguire questi risultati. Esiste a tal proposito uno studio effettuato dall’agenzia umanitaria Oxfam:  85 persone nel mondo detengono la medesima ricchezza detenuta da 3,5 miliardi di altre persone. Questo era l’obiettivo del neoliberismo e questo è quanto osserviamo sia in Italia che in altri paesi. Definirei ciò come un grande attacco alle popolazioni mondiali, il più grande mai avvenuto negli ultimi 40 anni. Direi persino un grande esercizio di Guerra di Classe, che ha veramente pochi esempi con cui essere paragonata”.

Ascoltate nel video le parole di Chomsky.

Fonte: il cambiamento

Sistemi di Potere - Libro
Noam Chomsky, Barsamian David
€ 15

Democrazia - Libro
€ 7

RENA: un progetto per fare dell’Italia un paese “a regola d’arte”

RENA è l’acronimo di “Rete per l’Eccellenza Nazionale”, associazione nata nel 2007 e costituita, dicono i promotori, «da persone che amano profondamente l’Italia e che desiderano migliorarla». Un proposito sensato e necessario oggi, momento in cui il nostro paese sta vivendo uno dei più profondi periodi di crisi economica e sociale mai registrati. Vi raccontiamo cosa Rena può e vuole fare per l’Italia e gli italiani.Img_3391

RENA, aggiungono i promotori, «è una comunità nata dal basso, indipendente, plurale e apartitica che si fonda su valori ben precisi: apertura, responsabilità, trasparenza, equilibrio – parole le cui iniziali formano la parola arte». L’obiettivo è infatti fare dell’Italia un “Paese a regola d’ARTE”, cioè «una nazione in cui le comunità locali siano coinvolte nelle scelte che riguardano il loro futuro, dove ogni cosa sia gestita in maniera trasparente e dove merito, competenze e talenti delle persone vengano valorizzati. Un paese in cui opendata, opengoverment, accountability, partecipazione, innovazione, formazione e politiche per lo sviluppo siano all’ordine del giorno». Chiunque condivida e si impegni a rispettare i valori e il codice etico di RENA, può entrare a far parte della comunità degli “arenauti” – come si chiamano i membri dell’associazione.

Obiettivo, però, «non è quello di produrre l’ennesima offerta politica. Al contrario, lo scopo principale è quello di creare unadomanda di cambiamento – dicono – poiché nessuna offerta politica riuscirà ad essere davvero portatrice di cambiamento, se non vi sarà una diffusa domanda di cambiamento ad ispirarne e sostenerne l’azione».

RENA sta dando vita anche a una nuova strategia associativa, finalizzata a trasformare l’attuale gruppo in un vero e proprio movimento che unisca le numerose comunità del cambiamento presenti in Italia, che «promuova le loro idee migliori e che metta in rete le loro esperienze». Per questo ha creato un apposito documentwiki aperto e commentabile da tutti: non solo soci, amici e simpatizzanti, ma anche a osservatori esterni alla comunità .

Per saperne di più sul progetto RENA abbiamo rivolto alcune domande a Claudia Coppola, uno dei promotori:

Come e quando nasce il progetto RENA? E quali sono gli obiettivi e i risultati raggiunti fino ad oggi?

«RENA é un’associazione di ispirazione civica e indipendente che dalla sua fondazione, nel 2007, è cresciuta fino a contare oltre 130 soci ordinari (professionisti, studenti, imprenditori, funzionari pubblici, etc), diversi soci sostenitori (imprese, organizzazioni e fondazioni) e migliaia di contatti sui social network. E’ una comunità di persone e organizzazioni interessate a migliorare il paese in cui viviamo, sulla base di valori ben precisi, per questo ci occupiamo di qualità della democrazia, sviluppo dei territori, innovazione e formazione. Abbiamo scelto di farlo insieme, senza una connotazione partitica, perché quello che ci interessa è promuovere in maniera trasversale una serie di pratiche che, invece, sono in sé molto politiche. Tanto nel privato, quanto nel pubblico e nel mondo delle associazioni, lavoriamo per un paese in cui le cose siano gestite in maniera più trasparente, in cui le competenze e i talenti delle persone siano valorizzati, in cui tutti siano più responsabili delle loro azioni e promesse. Un Paese in cui ci sia spazio per sperimentare soluzioni innovative, in cui nel prendere ed attuare scelte che riguardano il futuro chi è interessato abbia la possibilità di dire la sua e farsi ascoltare. È per questo motivo che siamo finiti ad occuparci di accessibilità dei dati e della gestione, di responsabilità, partecipazione, innovazione sociale, formazione, politiche per lo sviluppo e policy making collaborativo. Perché sono tutte cose che hanno a che fare con la qualità del sistema economico, sociale e istituzionale in cui viviamo. E sono tutte cose che sentiamo disperatamente il bisogno di migliorare. L’Italia, spesso e volentieri, è un paese che va in direzione esattamente opposta a quella che sogniamo. Dal 2007 a oggi, siamo cresciuti in termini di numero di soci ordinari e sostenitori (circa 150) e di contatti sui social network. Ma i nostri risultati più concreti sono i nostri progetti».

Apertura, responsabilità, trasparenza, equilibrio sono i valori su cui si basa RENA: ci può fare l’esempio di progetti tutti italiani che interessano ognuno di questi valori, ai quali avete lavorato e che hanno prodotto risultati tangibili?

«Trasformiamo le nostre intuizioni in progetti concreti su quattro aree tematiche:

1. Qualità della democrazia per dare all’Italia una democrazia migliore, aperta alle nuove idee e alla partecipazione attiva dei cittadini nella definizione del bene comune. La nostra Summer School su buon governo e cittadinanza responsabile, ad esempio, è giunta alla sua terza edizione: in tre anni, abbiamo ricevuto più di 400 candidature, abbiamo selezionato 90 partecipanti che hanno assistito gratuitamente ad una settimana di lezioni con più di 50 docenti per parlare del ruolo delle nuove tecnologie, di governo aperto, riuso dei dati e politiche collaborative. Un’esperienza formativa unica e realizzata grazie al sostegno di numerosi contributi di soci sostenitori e della comunità di Matera, sede della scuola.

2. Sviluppo delle comunità locali per rendere i territori protagonisti del cambiamento, mettendo al loro servizio le conoscenze tecniche e il trasferimento di buone prassi. A questo proposito, abbiamo coordinato “co/Auletta – le tue idee abitano qui”, un concorso di idee internazionale per rivalutare un parco pubblico ad Auletta, comune terremotato dell’Irpinia.

3. Formazione e talento per creare opportunità di crescita per le nuove generazioni, rafforzare la cultura del merito, liberare quel talento di cui ognuno dispone. (In)formiamoci è il nostro progetto motivazionale e di orientamento rivolto ai ragazzi degli ultimi anni delle scuole superiori: in 3 anni, abbiamo incontrato più di 1500 studenti, in decine di scuole di 6 Regioni italiane per incentivare la loro creatività e talento, ispirando percorsi post-maturità.

4. Innovazione per fare della ricerca e della trasformazione una buona abitudine capace di mantenere l’Italia al passo con la modernità e garantire uno sviluppo economico, sociale e culturale costante. Al nostro concorso “A caccia di Pionieri”, che mette in rete e racconta i protagonisti del cambiamento, hanno partecipato 120 organizzazioni attive in Italia, abbiamo selezionato le 10 storie più significative e li abbiamo premiati con uno storytelling d’eccezione».

In base a quali criteri vengono selezionate le persone fisiche e giuridiche che desiderano aderire a RENA? Possono aderire sia imprese private che enti pubblici? E quali sono i vantaggi concreti offerti dall’adesione?

«Chiunque condivida i nostri valori di volontariato civico può aderire come sostenitore oppure come socio attivo nei progetti, impegnandosi a rispettare i nostri valori (apertura, responsabilità e trasparenza) e il nostro codice etico. Anche organizzazioni, non solo singoli individui, possono aderire, per avviare processi di collaborazione e per sostenere RENA, che si autofinanzia con le quote di iscrizione e con la generosità di tanti soci corporate. In quanto associazione di volontari, i benefici della partecipazione non sono strettamente quantificabili. Quel che è certo è che aderire a RENA offre uno spazio di attivismo civico unico nel suo genere e l’opportunità di appartenere ad una comunità vibrante di persone animate da valori forti e da spirito di concretezza. I progetti nati dentro e intorno a RENA in questi anni e la carica innovativa che l’associazione ha saputo trasmettere ai suoi soci, ne sono una prova tangibile».

Come tanti comitati, associazioni e movimenti italiani, anche RENA promuove senso civico, beni comuni, trasparenza e cittadinanza attiva. Come interagisce RENA – a livello nazionale e locale – con le realtà già esistenti? E quali sono le peculiarità specifiche di RENA rispetto ad altri?

“La nuova missione associativa di RENA mira ad aggregare le tante comunità del cambiamento che già oggi in Italia stanno facendo innovazione nei territori e promuovono valori simili ai nostri. Crediamo che sia arrivato il momento di collaborare fra comunità – e non solo fra singoli – per creare sinergie e aumentare la domanda di cambiamento in Italia. Il 2014 sarà dedicato proprio alla creazione di reti di aggregazione e la peculiarità di RENA risiede proprio nella capacità di fare sintesi fra molte realtà – associative, istituzionali, politiche, imprenditoriali – che innovano”.

Fonte: il cambiamento

Gasland 2, secondo Josh Fox la democrazia può fermare il fracking

Petrolio e gas non convenzionali ottenuti con il fracking non sono solo una minaccia all’ambiente e alla salute, ma anche alla nostra democrazia, che si sta arrendendo alle grandi lobbies fossili. Ma la popolazione può fermare il fracking se lo vuole, perchè è già successo.Gasland2-screenshot

Josh Fox, il regista di Gaslandil docufilm che nel 2011 ha denunciato i disastri del fracking, è in questi giorni in Europa per presentare la seconda puntata , Gasland 2. Come tutti i sequel che si rispettino, la seconda parte di Gasland non aggiunge solo altri fatti e altre storie, ma mostra come le grandi compagnie fossili abbiano contaminato non solo l’ambiente, ma anche il governo americano spendendo milioni di dollari in attività di lobbying. Questo concetto è molto chiaro e netto nella presentazione del film sul sito ufficiale:

Fin dall’inizio Gasland è stato più che un movimento per proteggere l’ambiente e la salute. Questo è un movimento per proteggere la democrazia e il diritto di decidere il futuro del nostro paese. Unisciti a noi oggi per essere sicuro che le decisioni vegano prese dal popolo e non dalle industrie fossili.

Secondo Fox, fortunatamente la democrazia ha i suoi anticorpi. Il fracking può essere fermato ovunque se le popolazioni locali si mobilitano, come è avvenuto in alcune località di New York e della Pennsylvania. Tuttavia, secondo Fox l’opposizione non basta, perchè occorre suggerire alternative sostenibili, attraverso le fonti rinnovabili.

Fonte: ecoblog

Democrazia e poteri occulti: “la Terra è sotto scacco”

“Un gruppo di golpisti ha preso il potere e ormai domina il pianeta. Legalmente: perché le nuove leggi che imbrigliano i popoli, i governi e gli Stati se le sono fatte loro, per servire i loro smisurati interessi, piegando le democrazie con l’aiuto di ‘maggiordomi’ travestiti da politici”. A riflettere sull’ascesa della cosiddetta “autorità illegittima” è la sociologa franco-statunitense Susan George.pianeta__mano

Se avete a cuore il vostro cibo, la vostra salute e la stessa sicurezza finanziaria, la vostra e quella della vostra famiglia, così come le tasse che pagate, lo stato del pianeta e della stessa democrazia, ci sono pessime notizie: un gruppo di golpisti ha preso il potere e ormai domina il pianeta. Legalmente: perché le nuove leggi che imbrigliano i popoli, i governi e gli Stati se le sono fatte loro, per servire i loro smisurati interessi, piegando le democrazie con l’aiuto di “maggiordomi” travestiti da politici. La grande novità si chiama: “ascesa di autorità illegittima”. Parola di Susan George, notissima sociologa franco-statunitense, già impegnata nel movimento no-global e al vertice di associazioni mondiali come Greenpeace. I governi legali, quelli regolarmente eletti, ormai vengono di fatto “gradualmente soppiantati da un nuovo governo-ombra, in cui enormi imprese transnazionali (Tnc) sono onnipresenti e stanno prendendo decisioni che riguardano tutta la nostra vita quotidiana”. L’Europa è già completamente nelle loro mani, tramite i tecnocrati di Bruxelles, i subdoli “inventori” dell’aberrante euro. Ma anche nel resto del mondo la libertà ha le ore contate. I nuovi oligarchi, spiega la George nell’intervento pronunciato al Festival Internazionale di Ferrara, ottobre 2013, possono agire attraverso le lobby o oscuri “comitati di esperti”, attraverso organismi ad hoc che ottengono riconoscimenti ufficiali. Talvolta operano “attraverso accordi negoziati in segreto e preparati con cura da ‘executive’ delle imprese al più alto livello”. Sono fortissimi, arrivano ovunque: “Lavorano a livello nazionale, europeo e sovranazionale, ma anche all’interno delle stesse Nazioni Unite, da una dozzina di anni nuovo campo di azione per le attività delle ‘corporate’”. Attenzione, avverte la George: “Non si tratta di una sorta di teoria paranoica della cospirazione: i segni sono tutti intorno a noi, ma per il cittadino medio sono difficili da riconoscere”. Questo, in fondo, è il ‘loro’ capolavoro: “Noi continuiamo a credere, almeno in Europa, di vivere in un sistema democratico”. Non è così, naturalmente. Le sole lobby ordinarie, rimaste “ai margini dei governi per un paio di secoli”, ormai “hanno migliorato le loro tecniche, sono pagate più che mai e ottengono risultati”. Negli Stati Uniti, le lobby devono almeno dichiararsi al Congresso, dire quanto sono pagate e da chi. A Bruxelles, invece, “c’è solo un registro “volontario”, che è una presa in giro, mentre 10-15.000 lobbysti si interfacciano ogni giorno con la Commissione Europea e con gli europarlamentari”. Che fanno? “Difendono il cibo-spazzatura, le coltivazioni geneticamente modificate, prodotti nocivi come il tabacco, sostanze chimiche pericolose o farmaci rischiosi”. In più, “difendono i maggiori responsabili delle emissioni di gas a effetto serra”, oltre naturalmente ai loro clienti più potenti: le grandi banche. Meno conosciuti delle lobby tradizionali, cioè quelle favorevoli a singole multinazionali, sono in forte crescita specie nel comparto industriale le lobby-fantasma, solitamente definite “istituti”, “fondazioni” o “consigli”, spesso con sede a Washington. Sono pericolose e subdole: pagano esperti per influenzare l’opinione pubblica, fino a negare l’evidenza scientifica, per convincere i consumatori del valore dei loro prodotti-spazzatura.unione__europea

A Bruxelles il loro dominio è totale: decine di “comitati di esperti” preparano regolamenti dettagliati in ogni possibile settore. “Dalla metà degli anni ’90 – accusa Susan George – le più grandi compagnie americane dei settori bancario, pensionistico, assicurativo e di revisione contabile hanno unito le forze e, impiegando tremila persone, hanno speso 5 miliardi dollari per sbarazzarsi di tutte le leggi del New Deal, approvate sotto l’amministrazione Roosevelt negli anni ’30”, tutte leggi “che avevano protetto l’economia americana per sessant’anni”. Un contagio: “Attraverso questa azione collettiva di lobbying, hanno guadagnato totale libertà per trasferire attività in perdita dai loro bilanci, verso istituti-ombra, non controllati”. Queste compagnie hanno potuto immettere sul mercato e scambiare centinaia di miliardi di dollari di titoli tossici “derivati”, come i pacchetti di mutui subprime, senza alcuna regolamentazione. “Poco è stato fatto dopo la caduta di Lehman Brothers per regolamentare nuovamente la finanza. E nel frattempo, il commercio dei derivati ha raggiunto la cifra di 2 trilioni e 300 miliardi di dollari al giorno, un terzo in più di sei anni fa”. Quello illustrato da Susan George, nell’intervento tenuto a Ferrara e ripreso da “Come Don Chisciotte”, è un viaggio nell’occulto. “Ci sono organismi come l’International Accounting Standards Board, sicuramente sconosciuto al 99% della popolazione europea”. È una struttura di importanza decisiva, di cui non parla mai nessuno. Nacque con l’allargamento a Est dell’Unione Europea, per affrontare “l’incubo di 27 diversi mercati azionari, con diversi insiemi di regole e norme contabili”. Ed ecco, prontamente, l’arrivo dei soliti super-consulenti, provenienti dalle quattro maggiori società mondiali di revisione contabile. In pochi anni, il gruppo “è stato silenziosamente trasformato in un organismo ufficiale, lo Iasb”. È ancora formato dagli esperti delle quattro grandi società, ma adesso sta elaborando regolamenti per 66 paesi membri, tra cui l’intera Europa. Attenzione: “Lo Iasb è diventato ‘ufficiale’ grazie agli sforzi di un commissario Ue, il neoliberista irlandese Charlie MacCreevy”. Commissario dell’Ue, cioè: “ministro” europeo, non-eletto da nessuno. E per di più, egli stesso esperto contabile. Naturalmente, ha potuto agire sotto la protezione di Bruxelles, cioè “senza alcun controllo parlamentare”. L’alibi? Il solito: la Iasb è stato presentato come un’agenzia “puramente tecnica”. La sua vera missione? Organizzare, legalmente, l’evasione fiscale dei miliardari. “Fino a quando non potremo chiedere alle imprese di adottare bilanci dettagliati paese per paese, queste continueranno a pagare – abbastanza legalmente – pochissime tasse nella maggior parte dei paesi in cui hanno attività”. Le aziende, aggiunge la sociologa, possono collocare i loro profitti in paesi con bassa o nessuna tassazione, e le loro perdite in quelli ad alta fiscalità. Per tassare in maniera efficace, le autorità fiscali hanno bisogno di sapere quali vendite, profitti e imposte sono effettivamente di competenza di ciascuna giurisdizione. “Oggi questo non è possibile, perché le regole sono fatte su misura per evitare la trasparenza”. E quindi: “Le piccole imprese nazionali o famigliari, con un indirizzo nazionale fisso, continueranno a sopportare la maggior parte del carico fiscale”. Susan George ha contattato direttamente lo Iasb per chiedere se una rendicontazione dettagliata, paese per paese, fosse nella loro agenda. Risposta: no, ovviamente. “Non c’è di che stupirsi. Le quattro grandi agenzie i cui amici e colleghi fanno le regole, perderebbero milioni di fatturato, se non potessero più consigliare i loro clienti sul modo migliore per evitare la tassazione”.dollari3

L’altro colossale iceberg che ci sta venendo addosso, dal luglio 2013, si chiama Ttip, cioè Transatlantic Trade and Investment Partnership. In italiano: protocollo euro-atlantico su commercio e investimenti. “Questi accordi definiranno le norme che regolamenteranno la metà del Pil mondiale – gli Stati Uniti e l’Europa”. Notizia: le nuove regole di cooperazione euro-atlantica “sono in preparazione dal 1995”, da quando cioè “le più grandi multinazionali da entrambi i lati dell’oceano si sono riunite nel Trans-Atlantic Business Dialogue”, la maggiore lobby dell’Occidente, impegnata a “lavorare su tutti gli aspetti delle pratiche regolamentari, settore per settore”. Il commercio transatlantico ammonta a circa 1.500 miliardi di dollari all’anno. Dov’è il trucco? In apparenza, si negozierà sulle tariffe: ma è un aspetto irrilevante, perché pesano appena il 3%. Il vero obiettivo: “Privatizzare il maggior numero possibile di servizi pubblici ed eliminare le barriere non tariffarie, come per esempio i regolamenti e ciò che le multinazionali chiamano ‘ostacoli commerciali’”. Al centro di tutti i trattati commerciali e di investimento, c’è “la clausola che consente alle aziende di citare in giudizio i governi sovrani, se la società ritiene che un provvedimento del governo danneggi il suo presente, o anche i suoi profitti ‘attesi’”. Governi sotto ricatto: comandano loro, i Masters of Universe. Il Trans-Atlantic Business Dialogue, la super-lobby che ha incubato il trattato euro-atlantico, ora ha cambiato nome: si chiama Consiglio Economico Transatlantico. E non si nasconde neppure più. Ammette qual è la sua missione: abbattere le regole e piegare il potere pubblico, a beneficio delle multinazionali. Si definisce apertamente “un organo politico”, e il suo direttore afferma con orgoglio che è la prima volta che “il settore privato ha ottenuto un ruolo ufficiale nella determinazione della politica pubblica Ue-Usa”. Questo trattato, se approvato secondo le intenzioni delle Tnc, includerà modifiche decisive sui regolamenti che proteggono i consumatori in ogni settore: sicurezza alimentare, prodotti farmaceutici e chimici. Altro obiettivo, la “stabilità finanziaria”. Tradotto: la libertà per gli investitori di trasferire i loro capitali senza preavviso. “I governi – aggiunge la George – non potranno più privilegiare operatori nazionali in rapporto a quelli stranieri per i contratti di appalto”, e il processo negoziale “si terrà a porte chiuse, senza il controllo dei cittadini”. E come se non bastasse l’infiltrazione nel potere esecutivo, in quello legislativo e persino nel potere giudiziario, le multinazionali ora puntano direttamente anche alle Nazioni Unite. Già nel 2012, alla conferenza Rio + 20 sull’ambiente, i super-padroni formavano la più grande delegazione, capace di allestire un evento spettacolare come il Business Day. “Siamo la più grande delegazione d’affari che mai abbia partecipato a una conferenza delle Nazioni Unite”, disse il rappresentante permanente della Camera di Commercio Internazionale presso l’Onu. Parole chiarissime: “Le imprese hanno bisogno di prendere la guida e noi lo stiamo facendo”. Oggi, conclude Susan George, le multinazionali arrivano a chiedere un ruolo formale nei negoziati mondiali sul clima. “Non sono solo le dimensioni, gli enormi profitti e i patrimoni che rendono le Tnc pericolose per le democrazie. È anche la loro concentrazione, la loro capacità di influenzare (spesso dall’interno) i governi e la loro abilità a operare come una vera e propria classe sociale che difende i propri interessi economici, anche contro il bene comune”. È un super-clan, coi suoi tentacoli e i suoi boss: “Condividono linguaggi, ideologie e obiettivi che riguardano ciascuno di noi”. Meglio che i cittadini lo sappiano. E i politici che dovrebbero tutelarli? Non pervenuti, ovviamente.

Articolo tratto da LIBRE

Fonte: il cambiamento