CUORE SANO = CUORE VEGETARIANO

Nuova scoperta sulla relazione tra consumo di carne e aterosclerosi.5839714-salute-per-cibo-vegetariano-di-cuore

Un nuovo studio condotto dai ricercatori della Cleveland Clinic’s Heart and Vascular Institute ha sottoposto a indagini cardiologiche un gruppo di 2595 pazienti, suddivisi in tre gruppi (onnivori, latto-ovo-vegetariani e vegani), e ne ha valutato i livelli di carnitina, di TMAO (trimethylamine-N-oxide) e il rischio cardiovascolare. Lo studio ha evidenziato come nei soggetti che presentano più elevati livelli di TMAO, livelli plasmatici più elevati di carnitina risultino associati con un maggior rischio di cardiopatia, infarto, ictus cerebrale e morte. La carnitina è una sostanza che si trova nel muscolo e interviene nell’utilizzo dell’energia da parte del muscolo stesso. Oltre ad essere presente nelle carni (=muscolo animale) è ampiamente utilizzata dagli sportivi come integratore e viene persino aggiunta ad alcune bevande “energizzanti”. La TMAO è un prodotto che deriva dalla trasformazione della carnitina stessa ad opera dei batteri intestinali, e che potrebbe favorire l’aterosclerosi, cioè la comparsa di ispessimento e indurimento delle arterie. I livelli di TMAO sono quindi determinati dal tipo di flora batterica intestinale. La flora intestinale degli onnivori, che assumono le maggiori quantità di carnitina, produce anche più elevate quantità di TMAO, e questa combinazione potrebbe essere responsabile per loro un maggior rischio cardiovascolare. Per contro, la produzione di TMAO da parte della flora batterica intestinale dei vegetariani (latto-ovo e vegani) risulta essere molto più bassa. La carnitina è infatti virtualmente assente nelle diete vegetariane (sia latto-ovo che vegane), e i vegetariani che non utilizzino fonti artificiali di carnitina di fatto non la assumono con la dieta, cosicché essa non arriva all’intestino producendo metaboliti dannosi. L’organismo umano è in grado di produrre da solo la carnitina che gli serve, nella quantità adeguata, a partire anche da fonti vegetali, quindi essa non è una sostanza essenziale nell’alimentazione. Questo studio ha mostrato che non solo non è necessaria, ma anzi, maggiori sono le quantità assunte, maggiore è il rischio cardiovascolare. Ecco quindi che, oltre al legame ormai ben accertato tra grassi animali (cioè grassi saturi e colesterolo) e malattie cardiovascolari, emerge la possibilità che altri composti contenuti nelle carni, come la carnitina e i suoi prodotti di trasformazione, aumentino il rischio di malattie legate all’aterosclerosi in chi mangia carne. Questo può contribuire a spiegare i ben dimostrati benefici cardiovascolari delle diete che escludono la carne, cioè le diete vegetariane.

Fonte:

Koeth RA, Wang Z, Levison BS, et al. Intestinal microbiota metabolism of L-carnitine, a nutrient in red meat, promotes atherosclerosis. Nat Med. Published online April 7, 2013.

Dieta mediterranea, un toccasana per il cuore

 

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L’ennesima conferma della salubrità della dieta mediterranea arriva da uno studio dell’Università di Barcellona, recentemente pubblicato sul New England Journal of Medicine. Secondo la ricerca dell’ateneo iberico, un’alimentazione fondata sul consumo di noci, legumi, pesce, frutta e verdura, con condimenti a base di olio e una quantità non eccessiva di vino, migliora lo stato di salute, riducendo del 30% il rischio di infarto, ictus e malattie cardiache. Lo studio è stato condotto su di un campione di 7447 persone di età compresa fra i 55 e gli 80 anni (57% donne) e con fattori di rischio quali l’essere fumatori, ipertesi o diabetici. I volontari sono stati divisi in tre gruppi: 1) dieta senza grassi, 2) dieta mediterranea (tre porzioni di frutta e verdura al giorno), 3) dieta mediterranea (due porzioni di frutta e verdura quotidiane). Dopo cinque anni si è constatato come i volontari soggetti alla dieta mediterranea avessero ridotto del 28% il rischio di malattie grazie al consumo quotidiano di olio e come anche il consumo di legumi, pesce e frutta secca avesse migliorato lo stata di salute delle persone messe a dieta. Secondo il dottor Ramòn Estruch dell’Hospital Clinic di Barcellona, leader del team di ricerca, la dieta mediterranea non è soltanto (come si sapeva da molto tempo) consigliabile, ma è anche, statistiche alla mano, la principale prevenzione per problemi di tipo cardiovascolare. Oltre a conquistare le pagine del New England Journal of Medicine, i risultati dello studio hanno attirato l’attenzione dell’American Heart Association. Nella “geopolitica” dell’alimentazione sana, i Paesi mediterranei restano all’avanguardia in virtù di una tradizione ultramillenaria basata su olio, vino e cereali, alimenti che non fanno parte (o sono minoritari) rispetto alla tradizione alimentare di matrice anglosassone che privilegia grassi e proteine e nella quale la “risposta” al trittico mediterraneo è rappresentata da burro, birra e carne.

Fònte:  New England Journal of Medicine

 

L’INNAMORAMENTO è scatenato dalla tempesta biochimica perfetta


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Cosa accade quando un essere umano si innamora? E’noto a tutti coloro che lo hanno provato: batticuore, si resta con il fiato sospeso, gira la testa e si sentono suonare le campane.

Ebbene queste sensazioni sono state analizzate da diversi studi di neuroscienze che hanno prese in esame le reazioni biochimiche che si verificano da neurotrasmettitori che comunicano con i neuroni e tra di loro. Spiega Luca Passamonti, dell’Istituto di scienze neurologiche (Isn) del Cnr di Cosenza:

Queste reazioni sono infatti ‘orchestrate’ dal nostro cervello e di conseguenza producono nel nostro corpo una cascata di fenomeni fisici e biologici. A scatenarle sarebbe una molecola, la feniletilamina, detta anche Pea, prodotta costantemente dall’organismo, ma che in elevate concentrazioni provoca gli stessi effetti delle anfetamine. Ecco perché quando ci si innamora il cuore batte più velocemente e respiriamo in modo diverso.

Gli ormoni dunque regolano le sensazioni: la dopamina regala benessere, ovvero la stesso ormone che interviene nel ricordo di sensazioni piacevoli e ricordi di esperienze positive e che ci spinge a ripeterle e guarda caso responsabile di tutte quelle dipendenze come fumo, alcol e droghe.

L’agitazione invece è regolata dalla noradrenalina che interviene anche sulla regolazione dell’adrenalina. Spiega ancora Passamonti:

Durante il processo di innamoramento le persone possono presentare una riduzione di tale sostanza che spiegherebbe alcuni cambiamenti comportamentali come l’impulsività, la riduzione di razionalità. Eccessi in questo ambito possono manifestarsi anche con comportamenti ossessivi nei confronti dell’altra persona.

L’ossitocina poi ha il ruolo principale nella biochimica dell’innamoramento tant’è che viene definito l’ormone dell’amore; peraltro l’ossitocina è liberata anche durante il parto nelle donne e durante l’allattamento e non sono ancora del tutto chiare le funzioni complesse che controlla.

Infine, a dare una mano per comprendere cosa accade nel cervello di una persona innamorata sono stati effettuati studi di risonanza magnetica funzionale che riassume così Passamonti:

Si è visto che le zone più attive mentre osserviamo il volto del nostro partner sono le stesse coinvolte in reazioni emozionali di piacere: l’amigdala e il nucleus accumbens. Ma la ricerca ha anche dimostrato che, se vediamo il nostro partner soffrire, nel nostro cervello si ‘accendono’ le stesse zone del cervello, in particolare la corteccia del cingolo, che sono attive quando noi stessi proviamo dolore. In sintesi, l’empatia è uno dei fenomeni chiave alla base dell’innamoramento.

Fonte: Almanacco delle Scienze