Discariche illegali: l’Ue multa l’Italia per i rifiuti

La Corte di Giustizia europea multa l’Italia per il mancato rispetto della normativa sulla gestione dei rifiuti e delle discariche: 40 milioni a forfait, 42,8 milioni a semestre fino al rispetto della sentenza del 2007. L’Italia è stata multata dalla Corte di giustizia europea per il mancato rispetto della normativa Ue in materia di gestione dei rifiuti e delle discariche. Il nostro Paese sarà assoggettato a una multa forfettaria di 40 milioni di euro, a cui si aggiungeranno penalità fino a un massimo di 42,8 milioni per ogni semestre che passerà dalla sentenza fino alla messa in regola delle 218 discariche illegali presenti sul nostro territorio. I giudici europei hanno sentenziato che le procedure italiane non garantiscono la salute umana e la protezione dell’ambiente, soprattutto a causa dei mancati controlli sui rifiuti pericolosi e per l’assenza di un sistema che eviti la proliferazione delle discariche abusive. La Corte, già nel 2007, aveva constato l’inadempimento italiano alle direttive sui rifiuti. Oggi arriva la multa, frutto di sette anni di richiamo. “Le operazioni sono state compiute con grande lentezza, tanto che un numero importante di discariche abusive si registra ancora in quasi tutte le regioni italiane”scrivono da Lussemburgo.

La sentenza del 2007

Era il 2007 quando la Corte dichiarò che l’Italia era “venuta meno, in modo generale e persistente, agli obblighi stabiliti dalle direttive sui rifiuti, sui rifiuti pericolosi e sulle discariche”. Sei anni dopo,
la Commissione Ue ha verificato l’inadempienza del nostro Paese alla sentenza. E ha segnalato le 218 discariche situate in 18 regioni, non conformi alla direttiva rifiuti. Non solo: 16 discariche contenevano pure rifiuti pericolosi e, per cinque discariche, l’Italia non aveva dimostrato che fossero state oggetto di riassetto o di chiusura, come richiesto dall’Ue. La Commissione ha quindi denunciato che 198 discariche non erano ancora conformi alla direttiva. L’Italia è stata pertanto condannata a una multa iniziale di 40 milioni di euro e a versare una penalità di 42,8 milioni per ogni semestre, a partire dal 2 dicembre e fino all’esecuzione della sentenza del 2007. Dai 42,8 milioni, ogni volta che una discarica con rifiuti pericolosi sarà messa a norma, verranno detratti 400 mila euro. Saranno detratti 200 mila euro per ogni altra discarica che verrà messa a norma.

Cosa ha fatto l’Italia

Intendiamoci, qualcosa l’Italia ha fatto. Secondo il rapporto Ispra di gennaio scorso, le discariche restano il metodo più diffuso di smaltimento dei rifiuti in Italia (40%). Rispetto al 2011,c’è stato un calo dell’11,7%. La peggiore performance va al Centro Italia (56% dei rifiuti in discarica), poi c’è il Sud (51%) e il Nord (22%). Nel 2012, la regione con il maggior numero di impianti era l’Emilia Romagna (18), poi il Piemonte (16). Sempre nel 2012, la regione che aveva smaltito in discarica la minor quantità di rifiuti urbani prodotti era il Friuli Venezia Giulia (7%), seguita da Lombardia (8%) e Veneto (11%). Al Sud, invece, i dati sono ben diversi. Il Molise era addirittura al 105%, con il 60% proveniente dall’Abruzzo, la Calabria all’81%, la Sicilia all’83%. Dal 2003 a oggi, sono state chiuse 288 discariche, di cui 229 al Sud, 43 al Nord e 16 al Centro. Ancora troppo poco per i parametri Ue, che ora chiede all’Italia di pagare un prezzo molto alto.

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Fonte: ecoblog.it

Smaltimento rifiuti, l’Italia rischia maxi-multa UE per le discariche illegali

Discariche abusive e mancata bonifica di quelle chiuse. Per un inadempimento già censurato da una sentenza, che si protrae dal 2007, ora davanti la Corte di Giustizia Europea la Commissione UE chiede per l’Italia una maxi- multa da 60 milioni di euro. Più 158.000 euro per ogni giorno fino all’adempimento completo alla precedente condanna380144

Sono molto pesanti le conclusioni dell’Avvocato Generale della Commissione Europea, la tedesca Juliane Kokott, che ha avuto il compito di depositare le motivazioni di una nuova richiesta di condanna dell’Italia, per la mancata attuazione di una precedente sentenza per l’inadempimento alle direttive UE in materia di rifiuti e discariche. Sentenza risalente al 26 aprile 2007. Davanti alla Corte di Giustizia Europea la Kokott ha chiesto una nuova condanna, ma per inottemperanza alla precedente sentenza, proponendo una salatissima maxi-multa fissa di 60 milioni di euro, più una sanzione giornaliera di 158.200 euro, fino all’ottemperanza alla precedente sentenza – con una possibile graduale riduzione se l’Italia fornirà almeno la prova della chiusura o della bonifica di alcune discariche illegali. La sanzione giornaliera proposta di 158.200 euro al giorno costituisce comunque una specie di “sconto” nei confronti dell’Italia, visto che la multa richiesta inizialmente dall’esecutivo UE era stata di 256.819 euro al giorno.  Anche se le conclusioni dell’Avvocatura non sono vincolanti, di solito la Corte di Giustizia tende ad accoglierle. La causa C-196/13, oggetto delle conclusioni depositate dall’Avvocatura, sancirebbe quindi una doppia inottemperanza alle sentenze europee, se fosse vinta dalla Commissione Europea contro l’Italia. Risale infatti al precedente nostro inadempimento della sentenza del 2007 (C-135/05) relativa ai rifiuti. Allora la Corte di giustizia ci aveva condannati, accertando che le procedure italiane non garantivano la salute dell’uomo e la protezione dell’ambiente, soprattutto per i mancati controlli sui rifiuti pericolosi e l’assenza di un sistema atto ad evitare la proliferazione delle discariche abusive.  In prima battuta la Commissione Europea aveva fatto riferimento circa 400 discariche illegali, ma alla fine ne sono state contestate solo due: Matera/Altamura Sgarrone al confine tra Puglia e Basilicata e un’ex discarica comunale, Reggio Calabria/Malderiti in Calabria. In questo procedimento non rientrano invece le discariche della Campania e di Malagrotta, oggetto separati procedimenti d’infrazione. L’altra violazione della normativa comunitaria che l’Italia dovrà sanare velocemente è la mancata bonifica delle discariche illegali di rifiuti chiuse, contenenti in parte rifiuti pericolosi.
Nonostante i tentativi dell’Italia di giustificare la propria inadempienza “per l’avvenuto cambiamento del quadro normativo UE in materia” e una proroga concessa dall’Europa alla prima condanna, la situazione non si è mai risolta e così la Commissione nel 2013 ha avviato un nuovo procedimento, che ha portato all’ultima maxi-richiesta di condanna di questi giorni.

Il ricorso della Commissione Europea contro l’Italia [0,03 MB]

Fonte: ecodallecitta.it

Mais OGM: distrutto un secondo campo, linea dura con scadenza

Con una operazione congiunta tra polizia, carabinieri e guardie forestali è stato distrutto il secondo campo di mais OGM coltivato da Giorgio Fidenato

Lo scorso anno, nell’incertezza legislativa, Giorgio Fidenato riuscì a portare a casa il raccolto di mais OGM della Monsanto, ma per il raccolto 2014 purtroppo per lui si prospetta una situazione ben diversa. A decretarlo la Procura della Repubblica di Udine che ha applicato la normativa nazionale che prevede il divieto di coltivare mais MON810. Dunque a porre prima sotto sequestro i campi di Colloredo, e prima ancora quello di Mereto di Tomba ci hanno pensato le guardie della Forestale in collaborazione con polizia e carabinieri, poi con i trattori hanno provveduto alla distruzione delle piante. All’operazione quasi militare si è giunti dopo un complesso iter legislativo che ha visto l’opposizione di Giorgio Fidenato, respinta però dal TAR di Trieste, sebbene la Corte di Giustizia Europea abbia riconosciuto il diritto (tale è) di coltivare organismi transgenici. Il divieto nasce per tutelare la biodiversità, poiché la preoccupazione principale riguarda la contaminazione tra colture OGM e colture classiche se non biologiche. Ma il pericolo contaminazione esiste? E’ una questione controversa ma sappiamo da un registro tenuto da Greenpeace che vi sono stati già diversi casi tra cui contaminazione da OGM registrata in Oregon.463291511-620x350

Lo scorso anno un agricoltore dell’Oregon ha notato alcune piante spontanee di grano sopravvissuto all’erbicida a base di glifosato. Insospettito ha inviato i campioni alla Oregon State University. Il mese dopo i ricercatori dell’Università hanno notificato all’USDA che i campioni vegetali sono risultati positivi a una proteina che li ha resi resistenti al glifosato, indicando che sono stati effettivamente modificati geneticamente. Ulteriori test hanno rivelato che si trattata del frumento MON71800 varietà sviluppata dalla Monsanto. Il più grande mistero di questa contaminazione resta nella provenienza dei semi, poiché il grano non è prodotto a livello commerciale in nessuna parte del mondo. Dal 1998 al 2005 Monsanto ha testato il frumento resistente al glifosato in 16 stati, tra cui l’ Oregon ma il prodotto non è stato mai commercializzato e il programma di test in Oregon si è concluso 12 anni fa. Né le ipotesi dei ricercatori né l’indagine interna della Monsanto hanno saputo dare una risposta. La USDA ha concluso che questo incidente equivale a più di un singolo episodio isolato in un unico campo su una singola azienda. Tutte le informazioni raccolte finora non hanno mostra alcuna indicazione della presenza di OGM nel grano in commercio. Gli investigatori hanno condotto indagini approfondite sull’intera filiera di produzione del grano senza riscontrare contaminazioni OGM. La questione dei campi OGM, nonostante la distruzione delle colture, non è affatto archiviata in Italia. Ricordiamo che il decreto anti OGM dura 18 mesi e che dovranno poi essere le Regioni che singolarmente si dovranno dotare di leggi contro le colture transgeniche.

Fonte:  Messaggero Veneto

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