La Milpa: l’orto collettivo “senza regole” dove si apprende coltivando insieme.

Si dice che l’orto del vicino è sempre più verde. Ma se non ci fossero vicini? E se non ci fossero neanche orari da rispettare e regole da seguire… si potrebbe far funzionare un progetto? Oggi vi portiamo a Piasco, nella splendida cornice della Val Varaita, proprio sotto il Monviso. Qui sorge la Milpa, un orto collettivo che ci dimostra che tutto questo è possibile e che il lavoro della terra, se condiviso, può portare splendidi frutti. Potremmo definirlo un progetto agricolo ma anche un laboratorio sociale dove sperimentare il lavoro condiviso e dove le ricchezze che la terra offre vengono divise tra tutti. Si chiama La Milpa ed è un orto collettivo che sorge a Piasco, un piccolo paese nella provincia di Cuneo. La sua peculiarità? È quella di essere senza regole! Qui si lavora assieme senza divisione di spazi, non ci sono orari prefissati e si apprende dall’esperienza collettiva. E ciò che è coltivato viene diviso non secondo il lavoro impiegato ma secondo le necessità di ognuno. Può sembrare incredibile, ma questo è il vero segreto del suo successo. Milpa, in nāhuatl, lingua originaria della popolazione azteca, significa “il posto dove si coltiva”. Ed è proprio dalla tradizione azteca che nasce il suo senso più profondo: «sei un tutt’uno con la natura, con la Madre Terra e prendendoti cura di lei stai pensando non solo a te stesso ma a chi verrà dopo di te». Sono queste le parole di Walter Vassallo, membro del progetto, che incontriamo all’interno dell’orto, tra le piante di mais in attesa di essere raccolte e le voci allegre di chi, accanto a noi, si prende cura degli ortaggi.

«Ci sono due cose che bisogna abbandonare se vieni a far parte del nostro orto collettivo: il possesso di un pezzo di terra e l’idea che se coltivo più di te ho il diritto a raccogliere più di te». Queste non-regole rispondono a un principio di equità e condivisione, per non lasciare indietro nessuno: alla Milpa non c’è chi dà ordini e chi li riceve, non ci sono ruoli da seguire, turni e orari prestabiliti… tutto funziona secondo un equilibrio perfetto e, come ci racconta Walter, non c’è stato un singolo giorno in cui l’orto sia stato abbandonato. È chiaro infatti che tante regole non assicurano necessariamente la buona riuscita di un progetto e che anche dal caos, se c’è rispetto per il prossimo, il risultato è assicurato.

«Qui ognuno è libero di venire e lavorare quando riesce». Proprio come nel caso della raccolta dei pomodori, di cui l’associazione coltiva circa un centinaio di tipologie. «Quando abbiamo un surplus di pomodori, decidiamo di fare la passata, grazie all’aiuto delle persone che quel preciso giorno hanno tempo a disposizione. Accendiamo i fuochi, cuociamo insieme, imbottigliamo». E l’aspetto più bello è che chi non si è potuto unire alla raccolta troverà comunque delle bottiglie di salsa ad aspettarlo. Perché, come ci racconta Walter, «la passata è per tutti» e proprio per questo il risultato di un lavoro si divide, senza esclusioni.

«Per noi non esiste una vera suddivisione dei nostri prodotti, ognuno ne prende il quantitativo di cui pensa di averne bisogno e la cosa più bella è che in tutti questi anni non abbiamo mai trovato qualcuno che ne ha approfittato. C’è tra noi un grande rispetto».

Il valore aggiunto è poi dato da una “inesperienza” iniziale che si trasforma passo dopo passo in una crescita collettiva. «Penso che molti gruppi e associazioni abbiano al loro interno delle persone che si sentono leader ma alla Milpa questo non succede. Quasi nessuno di noi è contadino o agricoltore e non essendoci “esperti”, ci sentiamo tutti allo stesso livello, condividiamo risultati personali per apprendere gli uni dagli altri».

Alla Milpa il tempo scorre all’insegna delle stagioni e del movimento giornaliero del sole. Durante la giornata giungono persone che hanno piacere a condividere un momento in compagnia, c’è chi arriva per rilassarsi e trascorrere del tempo nella solitudine della natura, o ancora, chi sceglie questo posto per staccare da una lunga e stressante giornata di lavoro. «Qui zappiamo insieme e coltiviamo insieme, poi creiamo momenti di socialità, facciamo una gita, produciamo la marmellata, chiacchieriamo, raccogliamo le erbe spontanee o organizziamo una festa insieme». Alla Milpa non ci si annoia mai perché l’entusiasmo è di casa. Agli esordi il gruppo contava sei componenti, sul suo percorso si sono poi uniti diversi compagni di avventura e attualmente raggiunge una trentina di volenterosi tra i quali maestre, psicologi, elettricisti, idraulici, fuochisti. Una varietà di diverse professionalità pronte a scambiare saperi e momenti di convivialità. «In questi anni abbiamo fondato un’associazione che è iscritta al welfare e alla fragilità sociale, che si chiama “Spazio Vitale”. Quando c’è stato il lockdown, il surplus dell’orto lo abbiamo sempre dato alle persone che non arrivavano a fine mese».

Di certo gli ampi spazi aiutano a realizzare questo sogno. «Il terreno che occupiamo è di 2500 mq. In alcuni momenti dell’anno c’è un surplus di produzione molto grande, probabilmente per trenta persone si potrebbe coltivare in molto meno spazio ma per noi più spazio significa che nel tempo possa unirsi molta più gente. E molti dei volontari attualmente presenti hanno scelto la Milpa proprio perché non c’era gusto a coltivare da soli se si può coltivare in compagnia. Insomma, quella della Milpa è una grande famiglia dove le uniche regole sono quelle della solidarietà, del buonsenso, della condivisione. Si tratta di orto collettivo ma al suo interno c’è molto di più. Si possono trovare un bar, un palco, servizi con compost toilet, una doccia solare, un tendone per lo svolgimento di attività collettive, dove condividere momenti di socialità alternandoli al lavoro di coltivazione e raccolta. Tra i momenti più belli dell’anno ci vengono raccontate le feste de “La Milpa Sonora”, dove si organizzano concerti o la “Festa del Mais” durante la quale, dopo la raccolta, segue un momento di ringraziamento e di buoni propositi per l’anno nuovo, per poi trovarsi tutti insieme a cantare e ballare, celebrando la natura e la condivisione. Non c’è occasione migliore per coinvolgere persone che giungono da ovunque per prendere parte a questo momento di felicità condivisa e che, da quattro anni, celebra tutta la bellezza della vita alla Milpa.

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Fonte: https://www.italiachecambia.org/2020/10/milpa-orto-collettivo-senza-regole-dove-apprende-coltivando-insieme/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Scarti alimentari, con la “Disco Soupe” si recupera il cibo a ritmo di musica

Nata nel 2012 in Francia da un’idea proveniente dalla Germania, la Disco Soupe è il momento durante il quale l’educazione alimentare, l’attenzione allo spreco alimentare incontrano la musica e la convivialità

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Direttamente dai simposi dell’Antica Grecia, passando per i banchetti romani e arrivando fino a Parigi: la musica e il cibo hanno da sempre un legame molto stretto, ma quello che caratterizza un’iniziativa in atto nella capitale francese è davvero particolare, perché riguarda esclusivamente cibo di scarto. Si chiama movimento DiscoSoupe, ed è nato quasi tre anni fa, prendendo spunto dalla tedesca Shnippel Discopromossa da Slow Food, con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema dei rifiuti alimentari. A fronte di un linguaggio spesso negativo, con la DiscoSoupe il messaggio di salvare dalla pattumiera quegli alimenti che ancora possono essere mangiati, viene riproposto con toni positivi e allegri, accompagnando il momento del “salvataggio” con la musica. Nel dettaglio, DiscoSoup, tradotto letteralmente una Disco – Zuppa, è un momento di incontro in cui scarti di frutta o verdura, cibo invenduto e simili, vengono cucinati all’aperto e ridistribuiti ai presenti gratuitamente o con offerta libera.
Per la sua particolarità la DiscoSoup ha oltrepassato i confini nazionali e raggiunto anche l’America, l’Africa e l’Asia, cambiando di volta in volta il nome (in Brasile Disco Xepa, a New York City Disco Soup, a Madrid Disco Sopa, a Namyangju in Corea del Sud (Yori Gamu), da Rotterdam (Disco Soep) e presentando il proprio Discommandement, un decalogo che indica le regole per la partecipazione alla festa e lasciando a tutti i consigli per organizzarne una:

“Cucina a base di frutta verdura e destinato ad essere gettato nella spazzatura”

“Un prezzo adatto a tutti, gratis o ad offerta libera”

“Un discorso positivo e non giudicante sul tema dei rifiuti alimentari”

“Il rifiuto di parti politiche, religiose o commerciale”

“Uno spazio che permetta di disporre di acqua ed elettricità e di accogliere almeno sei tavoli”
E infine la musica, meglio se live: elemento essenziale per la buona riuscita di una Disco Soupe.
Un’idea così originale, tuttavia, non poteva non alimentarne altre dello stesso livello, e così, nel febbraio dello scorso anno, la Disco Soupe ha dato vita alla Disco bôcô, ovvero dei laboratori in cui ad essere promossa non è solo l’attenzione per il cibo di scarto, ma l’ auto- produzione di cibi recuperati. I partecipanti, infatti, preparano e confezionano barattoli di frutta e verdura invenduta dai supermercati o dai mercati, che poi destinano, per esempio, a famiglie con difficoltà economiche o senzatetto. Un’iniziativa questa che risponde ancora di più alle esigenze iniziali della festa, affiancando all’educazione alimentare, alla sensibilizzazione per il tema degli sprechi in cucina e e alla convivialità, anche il contatto diretto tra produttore e consumatore, e tra quest’ultimo e la terra da cui i prodotti provengono.

Fonte:  ecodallecitta.it

Eco-vacanze in condivisione: 5 modi di fare eco-turismo a piccoli prezzi

Di anno in anno, le famiglie italiane si vedono costrette a fare tagli sempre più stringenti alle spese che minacciano di svuotare il loro portafogli. Così, shopping e vacanze sono le prime voci ad essere depennate dalla lista dei ‘desideri’.eco

Eppure, il successo della share economy ci mostra come il concetto di ‘condivisione’ possa essere applicato anche alle voci considerate “di lusso”. Insomma, viaggiare a piccoli prezzi è ancora possibile. Ecco allora 5 alternative per non rinunciare a viaggiare, ad essere amici dell’ambiente, ma senza spendere un patrimonio.

1. Condividere l’ospitalità

L’house sharing è una pratica oramai estremamente diffusa in tutto il mondo, che sta dilagando anche in Italia. Vuoi visitare una città, senza spendere cifre da capogiro? Esistono delle community e dei siti specializzati dove poter cercare ospitalità in casa di altre persone. Alcune chiedono il pagamento di cifre non troppo alte altri semplicemente offrono lo scambio della propria ‘magione’ con un’altra, Avere a disposizione un appartamento per i viaggiatori è un ottimo modo per immergersi totalmente nella realtà del posto, vivendo come un locale. Questi i principali siti di riferimento: homexchange.com , homelink.comscambiocasa.it e l’ultra-famoso airbnb.it Se poi l’idea di trovarsi soli in casa di sconosciuti non ci aggrada, è sempre possibile cercare solo un posto letto in qualche casa dislocata sul globo: couchsurfing.org è una community dove gli swapper possono incontrarsi e offrire o cercare un divano dove dormire (il couch del nome, appunto!) durante il proprio viaggio, contenendo di molto i loro budget. Per chi viaggia con famiglia al seguito, invece, è possibile trovare sistemazioni a costo zero o a prezzo molto basso tramite l’aiuto della community Familylink Travel. Infine, per chi non volesse rinunciare al comfort di una struttura turistica e sentirsi coccolato dalle premure dell’albergo, esistono agriturismi e B&B che, attraverso la riscoperta del vero significato di vacanze nella natura, offrono ospitalità in cambio di piccole prestazioni di lavoro (es. giardinaggio, cura dell’orto, servizi fotografici, piccole riparazioni, ecc.). Ci sono anche B&B eco-sostenibili che possono offrire ospitalità in cambio di traduzioni di parte del sito web o piccole riparazioni; B&B D’Eco (a Milano, offre soggiorno in cambio di lavori di tappezzeria); B&B Il Richiamo del Bosco (scambia alloggio con aiuto nella legnaia e nei lavori di giardinaggio) e tanti altri ancora, che anche solo per una settimana offrono un soggiorno in cambio di aiuto.

2. Condividere la barca

Viaggiare in barca a vela può essere un’esperienza entusiasmante, ma non è sempre facile mettere insieme una compagnia per dividere l’affitto e le spese del viaggio. Portali come sailsquare.it consentono agli utenti di incontrarsi e aggregarsi per formare un equipaggio e salpare verso le mete desiderate, condividendo tutto o parte del viaggio.
3. Condividere gli spostamenti

Siamo dubbiosi sulla rete di trasporto pubblico che troveremo arrivati alla nostra meta? Oppure dobbiamo affrontare uno spostamento che non è coperto in maniera adeguata dai mezzi di trasporto, ma noleggiare un auto costerebbe troppo? Cerchiamo un passaggio su portali come  blablacar, che consentono a driver e passeggeri di mettersi in contatto per offrire o cercare passaggi. Oltre a scegliere la tratta desiderata, sarà possibile avere già informazioni sui costi, scegliere il tipo di viaggio e di compagnia che ci attende (fumatori, non fumatori, con animali, autostrade, strade statali, amanti delle chiacchiere, discreti o silenziosi, ecc.), avere informazioni sulla tipologia di mezzo di trasporto e sul comfort a bordo, oltre che individuare i punti di incontro per salire e scendere.

4. Condividere la convivialità

La scelta di un ristorante in cui mangiare cucina tipica del posto è il momento più rischioso per cadere nelle cosiddette “trappole per turisti”, fatte da ristoranti che affermano di offrire cucina locale, che si rivela spesso scadente e dal conto molto salato. Per non incappare in questi tranelli e assaporare una cucina più autentica, contenendone i costi, oggi è possibile cenare addirittura a casa di gente del posto, condividendo il cibo e le abitudini. Alcune community di riferimento attive soprattutto nel mondo anglosassone sono: newgusto.com,cookening.comeatwith.com

5. Condividere gli itinerari

Il tempo per scoprire una città si rivela sempre insufficiente per conoscerne a pieno i luoghi salienti. Così è possibile affidarsi, a costi contenuti, a guide locali che, pianificando assieme ai viaggiatori e in base al tempo a disposizione, potranno costruire un itinerario esplorativo personalizzato, che consentirà di vedere tutti i luoghi caratteristici, uscendo dagli schemi classici proposti dai percorsi standard. Vayable.com è un sito dove poter pianificare il proprio percorso esplorativo. Restando in tema di “esplorazione”, per chi ama camminare in mezzo alla natura, ma vuole condividere questa esperienza con persone esperte del posto, vengono in aiuto portali come socialtrekking.it, dove è possibile, una volta stabilita la meta, trovare compagni di tragitto e affidarsi ad una guida locale esperta che potrà suggerire, oltre a percorsi interessanti, anche eventuali strutture dove alloggiare a costi ridotti. L’economia della condivisione ha aperto nuove frontiere anche ai viaggi, che non sono più un lusso di pochi, ma un privilegio di tutti coloro che sono in grado di esplorare il mondo con nuovi occhi e con una mente più aperta a condividere con gli altri.

Fonte: tuttogreen.it