Hotel e condominio insieme: così si recuperano gli alberghi in crisi

In Italia, paese del turismo, dove gli alberghi sono fioriti ai tempi d’oro, oggi la crisi batte forte e anche, appunto, gli hotel ne risentono. Abbandonarli all’oblio significherebbe sprecare risorse, territorio e potenzialità. Per questo potrebbe risultare assai utile la norma che entrerà in vigore il 21 marzo che permette di abbinare agli hotel la formula del… “condominio”.9780-10558

Sono stati battezzati “condhotel” e potranno diventare realtà nel nostro paese dal 21 marzo, giorno in cui entrerà in vigore il decreto numero 13 del 2018 che introduce la possibilità di realizzare una sorta di ibrido tra condominio e albergo. La finalità è quella di “diversificare l’offerta turistica e favorire gli investimenti volti alla riqualificazione degli esercizi alberghieri esistenti sul territorio”. E anche gli hotel che risentono della crisi del turismo possono “ripensarsi” e contribuire alla risoluzione del problema casa che in non poche persone hanno.

Che cos’è il condhotel

Nella formula del condhotel, il proprietario di un albergo può vendere una camera (con cucina) in modo che l’ospite sia indipendente e autonomo. Chi acquista questo genere di camera potrà utilizzarla esclusivamente per scopi propri, ad esempio per trascorrere le vacanze estive o natalizie, e darla in affitto in “periodi morti”, affidando l’incarico al gestore della struttura alberghiera, con cui dividerà il guadagno totale. «Il proprietario della struttura alberghiera può decidere di trasformare in appartamenti da vendere con la formula del condhotel una porzione della struttura esistente, fino a un massimo del 40% della superficie – spiegano dallo studio legale Cataldi che sta seguendo il provvedimento – Oppure aggregare a un hotel esistente un certo numero di appartamenti ubicati nelle immediate vicinanze (massimo 200 metri lineari)».

Da un lato, possono trarne beneficio i turisti particolarmente affezionati a un hotel o a un luogo di vacanza, dall’altro ci sono gli albergatori che potrebbero incamerare risorse da investire sullo svecchiamento delle strutture.

Condhotel: i requisiti

Tra le condizioni necessarie per l’esercizio vi sono:

– la presenza di almeno sette camere, al netto delle unità abitative ad uso residenziale;

– la presenza di portineria unica per tutti coloro che usufruiscono del condhotel, sia in qualità di ospiti dell’esercizio alberghiero che di proprietari delle unità abitative a uso residenziale, con la possibilità di prevedere un ingresso specifico e separato ad uso esclusivo di dipendenti e fornitori;

– la gestione unitaria e integrata dei servizi del condhotel e delle camere, delle suites e delle unità abitative arredate destinate alla ricettività e delle unità abitative ad uso residenziale;

– l’esecuzione di un intervento di riqualificazione, all’esito del quale venga riconosciuta all’esercizio alberghiero una classificazione minima di tre stelle;

– il rispetto della normativa vigente in materia di agibilità per le unità abitative ad uso residenziale».

Condhotel: obblighi del gestore

«Tra gli obblighi del gestore unico c’è l’impegno a garantire ai proprietari delle unità abitative ad uso residenziale, oltre alla prestazione di tutti i servizi previsti dalla normativa vigente, ivi inclusi quelli di cui alle rispettive leggi regionali e alle relative direttive di attuazione per il livello in cui il condhotel è classificato» aggiungono dallo studio Cataldi.

Il decreto prevede la semplificazione della rimozione del vincolo di destinazione alberghiera, stabilendo che in questi casi per «interventi edilizi sugli esercizi alberghieri esistenti e limitatamente alla realizzazione della quota delle unità abitative ad uso residenziale, ove sia necessaria una variante urbanistica, le Regioni possono prevedere, con norme regionali di attuazione, modalità semplificate per l’approvazione di varianti agli strumenti urbanistici da parte dei Comuni».

Fonte: ilcambiamento.it

In Friuli il condominio che anticipa l’NZEB di 10 anni

Progettata nel 2011, la Residenza Girasole di Fiume Veneto, dopo un anno di vita dimostra di essere quasi autosufficiente dal punto di vista energetico.Qualcosa su di me?

immagine

Consuma il 90% in meno rispetto alla media italiana grazie ad un involucro performante e un’impiantistica innovativa. Un esempio di come saranno le nuove abitazioni nei prossimi anni. l 15 gennaio 2017 ha compiuto un anno il condominio Girasole a Fiume Veneto (PN), considerato come il primo edificio NZEB (Nearly Zero Energy Building) in Italia. In realtà il progetto della Residenza Girasole, iniziato nel 2011, è stato redatto prima delle ultime modifiche legislative che hanno definito il concetto di edificio NZEB nel nostro Paese. Dunque si tratta di un edificio che ha anticipato di oltre 10 anni gli obblighi per la progettazione dei nuovi edifici che, in Italia, entreranno in vigore tra qualche anno. È quasi autosufficiente dal punto di vista energetico e l’intero condominio consuma circa il 90% in meno rispetto ai consumi medi italiani. Più che l’edificio del futuro, dunque, il condominio Girasole è l’esempio tangibile di quelle che saranno le nostre abitazioni da qui ai prossimi quattro anni.

L’obiettivo di Nearly Zero Energy Building, infatti, non è più rinviabile: la Direttiva Europea 31/2010 sulla prestazione energetica dell’edilizia, stabilisce che tutti gli edifici di nuova costruzione siano a energia quasi zero a partire dal 31 dicembre 2020 per gli edifici privati, mentre per gli edifici pubblici il termine è anticipato al 31 dicembre 2018

 

Fonte: qual energia.it

La rete Rive e gli ecovillaggi in Italia

Abitare il proprio “luogo” e non un posto qualsiasi è una scelta fondamentale per l’affermazione della propria personalità, in relazione a se stessi e agli altri. Vivere in un ecovillaggio è la scelta che molti compiono per abitare seguendo i principi della sostenibilità, del consumo responsabile e soprattutto della condivisione. In Italia 23 degli ecovillaggi presenti sul territorio sono riuniti nell’Associazione RIVE (Rete Italiana Villaggi Ecologici) – un coordinamento di comunità, ecovillaggi e singole persone interessate ad esperienze di vita comunitaria – che raccoglie esperienze molto diverse tra loro ma che non è inclusiva di tutte le realtà di questo tipo presenti nel nostro paese.

RIVE è nata nel 1996 con lo scopo di tenere in contatto le diverse esperienze che si erano consolidate fino a quel momento e per fornire supporto a quelle che sarebbero nate in futuro. All’epoca il nucleo operativo era composto solo da quattro realtà: Torre Superiore, Comune di Bagnaia, Damanhur e Popolo degli Elfi. A metà degli anni ’90 in Italia non si parlava quasi per niente di ecovillaggi e le uniche esperienze simili, quelle delle comuni, erano spesso naufragate senza successo.rive-1

Mimmo Tringale – oltre ad essere direttore della rivista AMM Terra nuova – è stato fondatore e presidente della rete per oltre dieci anni, ne ha seguito lo sviluppo e ha visto unirsi e incontrarsi numerose esperienze anche tanto diverse tra loro. Oggi la RIVE è il più importante punto di riferimento per gli ecovillaggi italiani e la sua ricchezza sta proprio nella capacità di unire in un’unica rete anche scelte molto differenti tra loro. Alcune hanno un taglio politico molto marcato, altre si basano su una profonda spiritualità, ma per tutti quello che conta di più è la volontà di condivisione di una scelta mirata ad andare oltre il “vivere” tradizionalmente inteso. È chiaro che le difficoltà esistono, soprattutto all’inizio, ci vuole tempo per abbandonare la tipica dinamica dello scontro e passare ad una fase più operativa fondata sul confronto. E quello che offre la rete è proprio questo: la facilitazione degli incontri per i nuovi membri che si stanno cimentando nella ricerca o nella fondazione di un ecovillaggio, riunioni e seminari aperti a tutti i “curiosi” che vorrebbero avere maggiori informazioni su questo tipo di scelta, e un contatto diretto con il movimento internazionale degli ecovillaggi tramite la partecipazione alla GEN- Europe (Global Ecovillage Network) per essere sempre aperti ai nuovi spunti che possono arricchire le esperienze in corso.MG_2917

Francesca Guidotti, attuale presidente della RIVE, chiarisce che non ci si può approcciare al tema dell’ecovillaggio in maniera semplicistica. Trovare quello adatto a se stessi è come trovare un “luogo dell’anima”, bisogna prima di tutto visitarlo e poi viverlo il tempo necessario per capire qual è lo stile di vita e se si conforma alla nostra personalità. La rete RIVE supporta anche altre realtà che promuovono un abitare sostenibile, come l’Associazione culturale Senape che sta lavorando alla proposta di un progetto di recupero e ristrutturazione delle ex caserme del comune di Imperia per uso pubblico e sociale, o le varie esperienze di cohousing sociale – “coabitazione”, in italiano. Si tratta di una forma particolare di vicinato, dove viene preservata la privacy degli spazi abitativi ma vengono condivisi molti spazi relativi ai servizi comuni.riv3

È una scelta che permette di superare l’isolamento tipico dei condomini rispondendo ad una serie di questioni pratiche del vivere con una sorta di “welfare” personalizzato, ma è una struttura che rimane molto diversa rispetto a quella degli ecovillaggi. La prima esperienza di cohousing è sorta nel 1972 in Danimarca, negli anni successivi si è propagata nei vicini stati scandinavi e negli anni ’80 gli enti pubblici hanno riconosciuto questa esperienza a livello ufficiale. Oggi si contano migliaia di esperienze in tutto il mondo e anche in Italia sono registrate nella rete otto realtà, di cui due in grandi città come Torino e Milano. Come puntualizza Mimmo Tringale, quali che siano le proprie esigenze relative all’abitare, “per cambiare il mondo è importante saper vivere conciliando le diversità, perché proprio la diversità è ricchezza”.

 

fonte: italiachecambia.org

Un condominio di Helsinki condivide il cibo per risparmiare e limitare lo spreco alimentare

timthumb

 

Nei piccoli paesini offrire del cibo che avanza ai propri vicini è del tutto normale e fa parte della quotidianità, lì dove ancora si può lasciare la chiave alla porta e ognuno sa tutto di tutti. Ma nella maggioranza delle città ogni famiglia è chiusa nel proprio guscio e così come si tende a non chiedere nulla, allo stesso modo non si pensa ad offrire quello che si ha. Sembra quasi assurdo che si sia dovuti ricorrere ad un piano strategico eppure ad Helsinki, nel quartiere di Roihuvuori, una società ha proposto un innovativo sistema per ridurre gli sprechi alimentari. Ha creato un punto per il food sharing di quartiere, un luogo dove tutti gli abitanti della stessa zona possono portare il loro cibo in eccesso o usufruire di quello a disposizione. Il progetto, unico al mondo, si chiama ‘Saa syödä!’ (letteralmente ‘Licenza di mangiare‘) ed è stato messo a punto da alcune società private (tra cui MTT, Motiva, Agrifood Research Finland) con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente. Secondo dati di MTT, presentati a St.Malo nel 2012, le famiglie della Finlandia ogni anno spediscono nella spazzatura tra 120 160 milioni di kg di cibo, corrispondente al 4,5% di quello acquistato: una cifra davvero esorbitante! Il ricercatore Kirsi Silvennoinen ha stimato che ogni persona butta almeno 20-30 kg di cibo.

Come si potrebbe intervenire per ridurre gli sprechi?

L’idea è quella di mettere a disposizione una punto dio raccolta comune dove ogni famiglia del quartiere è invitata a depositare piatti pronti, verdure, prodotti alimentari non aperti ma con data di scadenza imminente, di modo che i vicini possano servirsi di avanzi ancora integri che altrimenti verrebbero gettati senza problemi. Attraverso un blog e Facebook, le 200 famiglie che fanno parte del progetto potranno essere costantemente aggiornate sui prodotti disponibili. Sempre MTT ha calcolato che in Finlandia le emissioni prodotte per produrre  la quantità di alimenti gettati equivale a quelle prodotte da ben 100.000 automobili; forse è proprio il caso di iniziare a dare maggiore risalto a questa tematica, troppo spesso messa in secondo piano. A nessuno verrebbe mai in mente di inquinare mentre svuota una scodella di tortellini in eccesso nel secchio della spazzatura ma come facciamo attenzione a limitare gli spostamenti in auto o a separare la carta dalla plastica, ugualmente dovremmo avere un approccio più funzionale nella gestione della spesa alimentare. E non dobbiamo di certo aspettare che qualcuno dall’esterno venga a proporci di condividere i nostri avanzi con il vicino di casa!

Fonte: tuttogreen

Condominio, la riforma in vigore da martedì 18 giugno 2013

Via libera ai cambi di destinazione d’uso delle parti comuni e ad interventi di innovazione, risparmio energetico e recupero edilizio. Entra in vigore il 18 giugno la riforma del condominio. Tra meno di una settimana diventeranno operative le nuove procedure per il cambio di destinazione d’uso delle parti comuni degli edifici condominiali, la realizzazione di interventi per l’innovazione ed il risparmio energetico e la partecipazione a programmi territoriali di recupero urbano. 20130624

Risparmio energetico
I condomini possono deliberare la realizzazione di interventi per la riduzione dei consumi energetici dell’edificio e la produzione di energia attraverso impianti di cogenerazione e fonti rinnovabili. Con questa finalità è quindi consentita l’installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, destinati al servizio di singole unità del condominio, sul lastrico solare, su altre superfici comuni idonee e sulle parti di proprietà individuale dell’interessato.

Cambi di destinazione d’uso
L’assemblea può modificare la destinazione d’uso delle parti comuni per soddisfare esigenze di interesse condominiale. La decisione deve essere presa con un numero di voti che rappresenti i quattro quinti dei partecipanti al condominio e i quattro quinti del valore dell’edificio.

Innovazione e manutenzione straordinaria
Con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti all’assemblea e almeno la metà del valore dell’edificio, l’assemblea può deliberare interventi per la rimozione delle barriere architettoniche e la realizzazione di parcheggi.

Distacco da impianti centralizzati
Il singolo condomino può decidere di staccarsi dall’impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento a patto che dal suo distacco non derivino notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini. In tal caso dovrà continuare a contribuire al pagamento delle spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto, per la sua conservazione e messa a norma.

Sito web
Su proposta dell’assemblea, l’amministratore è tenuto ad attivare un sito web del condominio, le cui spese sono a carico dei condomini, su cui sia possibile consultare i documenti previsti dalla delibera assembleare.

Fonte: edilportale.com