Una legge per ecovillaggi, cohousing e comunità intenzionali

Una rete di associazioni ha presentato una proposta di legge per introdurre un testo che inquadri e sostenga dal punto di vista normativo forme di vita comunitaria oggi sempre più diffuse e importanti. Allo stato attuale infatti, le comunità intenzionali devono aggrapparsi ad appigli burocratici inadatti allo scopo, rinunciando spesso a interessanti possibilità di incidere positivamente sul territorio. In risposta a una società sempre più parcellizzata, nella quale dilagano solitudine e senso di impotenza rispetto alle grandi sfide dei nostri tempi – economiche, sociali e ambientali –, sono molte le persone che si stanno avvicinando all’esperienza delle Comunità Intenzionali, riconoscendone il valore e le potenzialità. Ecovillaggi e cohousing, dunque, ma anche condomini solidali e altre forme dell’abitare collaborativo, tutte accomunate dalla scelta di condividere gli spazi di vita e di progettarli insieme, ispirati da principi di solidarietà e sostenibilità – relazionale, sociale, economica e ambientale. Fino a oggi questi preziosi laboratori sociali sono nati, si sono moltiplicati e hanno prosperato pur senza un riconoscimento legale, attingendo a forme giuridiche spesso variegate e intrecciate fra di loro. Emblematico, fra i tanti, il caso dell’Ecovillaggio Lumen, dove l’essere comunità intenzionale è espresso in ben cinque forme organizzative, ognuna con un suo costo e una sua complessità.

«Abbiamo una cooperativa di lavoro per le attività lavorative comuni. Una cooperativa di abitazione per gestire gli immobili in proprietà indivisa. Un’associazione di promozione sociale per gestire le attività no profit e di utilità sociale. Poi un’associazione non riconosciuta per gestire la condivisione delle automobili. E, per non farci mancare niente, un condominio per la condivisione di bollette e altre spese comuni», ha spiegato Federico Palla, membro dell’Ecovillaggio Lumen. Costellazioni di forme giuridiche, queste, che se da una parte comportano uno sforzo da parte di chi vive o vorrebbe vivere in una comunità intenzionale, dall’altra possono generare confusione nelle Pubbliche Amministrazioni.

Per superare queste difficoltà, semplificando ma anche per aprire nuovi orizzonti all’esperienza delle Comunità Intenzionali in Italia, la Rete Italiana dei Villaggi Ecologici, la Rete Italiana Cohousing, Rete Europea SALUS, e CONACREIS, negli ultimi anni hanno elaborato una proposta di legge per il riconoscimento delle Comunità Intenzionali, che grazie all’iniziativa dei deputati Alberto Zolezzi, Federica Daga, Salvatore Micillo, Patrizia Terzoni e Stefano Vignaroli è stata depositata in Commissione Affari Costituzionali il 22 ottobre 2020. Dal 2013 raccontiamo, mappiamo e mettiamo in rete chi si attiva per cambiare l’Italia, in una direzione di maggiore sostenibilità ed equità economica, sociale, ambientale e culturale. Lo facciamo grazie al contributo dei nostri lettori. Se ritieni che il nostro lavoro sia importante, aiutaci a costruire e diffondere un’informazione sempre più approfondita. Fra i punti interessanti che emergono dalla proposta di legge c’è la possibilità per le Pubbliche Amministrazioni di concedere alle Comunità Intenzionali la disponibilità e l’uso di immobili e beni pubblici, come anche i beni confiscati alla mafia. «In Italia il patrimonio immobiliare abbandonato è vastissimo», ha spiegato Federico Palla. «Le assegnazioni, attualmente, già esistono per Associazioni, Cooperative Sociali, Fondazioni… Ora quest’opzione potrebbe aprirsi anche alle Comunità Intenzionali, che oltre a recuperare gli spazi sottraendoli all’abbandono potrebbero ravvivarli abitandoli e renderli disponibili alla comunità locale».

A questo si aggiunge la possibilità per le Comunità Intenzionali, ispirate a principi di ecoreversibilità e sostenibilità energetica e ambientale, di partecipare a procedimenti amministrativi di gestione e riciclo dei rifiuti prodotti e di riparazione. E siccome oneri e onori vanno insieme, la proposta di legge chiede in cambio alle Comunità Intenzionali che vorranno avvalersi di questa opzione di calcolare la propria impronta ecologica, in un’operazione di trasparenza.

Segue poi l’istituzione di un Osservatorio Nazionale sulle Comunità Intenzionali, presieduto dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e composto anche da ANCI e ISPRA, chiamato a definire gli indicatori per la misurazione dell’impronta ambientale delle Comunità Intenzionali, a rappresentare gli interessi delle Comunità Intenzionali nei rapporti con gli organi istituzionali e a redigere un rapporto annuale sul fenomeno. «Sarebbe interessante, nel corso dei lavori, individuare anche i possibili legami fra le Comunità Intenzionali e le Comunità Energetiche che, detta semplice, sono gruppi di persone che decidono di condividere la produzione e il consumo di energia», ha aggiunto Federico Palla.

L’approvazione della proposta di legge per il riconoscimento delle Comunità Intenzionali potrebbe aprire una nuova stagione per coloro che già sperimentano da tempo l’abitare collaborativo, per chi vuole intraprendere per questo percorso, per la cittadinanza nel suo complesso e diventare un prezioso precedente anche per altri paesi europei. Il viaggio verso l’approvazione, tuttavia, è ancora lungo. «Attualmente la proposta di legge è depositata in Commissione Affari Costituzionali, dove inizia l’iter. Ma, depositata, è come se fosse in un cassetto. Il primo passo importante sarà la calendarizzazione – vale a dire la messa all’ordine del giorno – e la discussione della proposta per verificare se ci sono profili di incostituzionalità o problemi di incoerenza con altre leggi dello Stato».

«A questo seguiranno gli esami delle altre Commissioni interessate. Siccome la proposta di legge è molto ampia, perché l’esperienza delle Comunità Intenzionali riguarda tanti aspetti diversi della vita, le Commissioni a dover esaminare la proposta e a valutarla saranno sette, ognuna delle quali potrà intervenire con delle modifiche. Si tratta dunque di esame ampio e solo una volta concluso tutto l’iter la legge potrà essere votata, eventualmente approvata, e diventare infine legge dello Stato», ci ha spiegato Federico Palla. Le reti promotrici, per evitare che la proposta di legge per il riconoscimento delle Comunità Intenzionali resti “nel cassetto”, si stanno già mobilitando per chiedere supporto alla cittadinanza. Nei prossimi mesi, dunque, si susseguiranno eventi online di presentazione della proposta di legge, ai quali prenderanno parte i deputati promotori della legge e le realtà promotrici della proposta e con il sostegno di volontari verranno prodotti e diffusi materiali informativi per raccontare la proposta e le sue finalità. Chi volesse contribuire a dare forza alla proposta di legge sulle Comunità Intenzionali può esprimere il proprio sostegno firmando questa petizione, diffondendola o ancora scrivendo, in qualità di cittadini e/o di organizzazioni, a deputati e senatori mettendoli a conoscenza della proposta e stimolando il loro interesse. «Serve sensibilizzare le forze politiche, perché sono loro che potranno portare avanti l’iter», ha concluso Federico Palla.

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2021/04/legge-ecovillaggi-cohousing-comunita-intenzionali/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Comunità energetiche, avanti tutta. Al via il progetto nel Pinerolese

Dopo l’approvazione della norma regionale che regola le comunità energetiche di condivisione e scambio dienergia prodotta da fonti alternative, al via il primo progetto nel Pinerolese.Verso le Oil Free Zones in Piemonte.

Scambio, unione e condivisione. È qui che spesso risiede la forza dei nuovi progetti e dei processi trasformativi dal basso che mirano ad una maggiore sostenibilità ambientale, economica e sociale. E proprio questi elementi possono guidare quella transizione energetica sempre più urgente. In questa direzione va la legge sulle comunità energetiche di cui, per prima in Italia, si è dotata la RegionePiemonte e alla quale ha fatto seguito il progetto pilota di rilancio sostenibile del territorio del Pinerolese che, presentato qualche settimana fa a Torino, prevede lo scambio dell’energia autoprodotta. La nuova norma regionale permette infatti a comunità di persone, enti e imprese di scambiare tra loro l’energia prodotta da fonti alternative. L’idea alla base è quella della cooperativa di produzione e consumo di energia per ottenere elettricità e calore da fonti rinnovabili disponibili localmente e forme di efficentamento e riduzione dei consumi.  Quella approvata a luglio in Piemonte è la prima norma che definisce nel dettaglio le modalità di implementazione dello scambio di energia autoprodotta da fonti rinnovabili in un contesto di comunità locale. Sebbene manchino ancora alcune definizioni attuative, il Pinerolese si sta intanto muovendo per porne le basi attraverso il Consorzio CPE nell’ambito del progetto di rilancio del territorio voluto da Acea Centro Sviluppo Innovazione. L’obiettivo è far sì che lo scambio di energia autoprodotta da fonti rinnovabili da Aziende, Comuni aderenti al CPEe da privati cittadini possa contribuire a rilanciare economicamente e in modo sostenibile il territorio.

Come ha spiegato Angelo Tartaglia, Senior Professor del Politecnico di Torino, “la chiave di un simile ente associativo è la possibilità di scambiare energia tra soggetti diversi, cosa che fino a qualche mese fa non era prevista dal nostro ordinamento, salvo che in un numero ben definito e limitato di casi. Oggi – ha aggiunto Tartaglia – si è aperto uno spiraglio normativo che, partendo dalle Oil Free Zones, ha portato la Regione Piemonte a varare una legge la quale consente esplicitamente la costituzione di comunità energetiche senza fini di lucro. Nel Pinerolese il Consorzio CPE e le aziende socie sono pronte a darvita ad un primo esempio di comunità energetica di scala vasta”.

 Peraltro, il Politecnico di Torino, socio del Consorzio CPE, sta anche portando avanti nel territorio piemontese un’azione di mappatura energetica del territorio per permettere alle Comunità Energetiche di organizzarsi al meglio. Verrà sfruttata in particolare l’energia fotovoltaica, già ampiamente utilizzata nella zona, e per il futuro si prevede che l’energia pulita ricavata dal sole possa soddisfare le necessità di tutta l’area. La costituzione delle comunità energetiche dovrebbe e potrebbe tradursi infatti nella creazione di cosiddette “Oil Free Zones” ovvero aree indipendenti totalmente per il loro fabbisogno energetico dalle fonti fossili. Anche di questo si parla proprio inquesti giorni a Rimini dove è in corso il Key Energy, il Salone dell’Energia edella Mobilità Sostenibile, che si tiene in contemporanea ad Ecomondo. Si è tenuta lo scorso martedì, in particolare, la conferenza di presentazione del primo impianto eolico collettivo, un progetto per l’indipendenza energeticalanciato da ènostra, fornitore cooperativo di energia elettricarinnovabile.Fonte:http://piemonte.checambia.org/articolo/comunita-energetiche-avanti-tutta-progetto-nel-pinerolese/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

In Piemonte nascono le “comunità energetiche”

Autoproduzione e condivisione dell’energia prodotta da fonti rinnovabili. Sono questi i princìpi alla base della legge sulle comunità energetiche approvata all’unanimità dalla terza Commissione del Consiglio Regionale del Piemonte e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale.

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La nuova norma, che pone il Piemonte come regione all’avanguardia a livello nazionale, permetterà a comunità di persone, enti e imprese di scambiare tra loro l’energia prodotta da fonti alternative. L’obiettivo delle comunità energetiche sarà quello di agevolare la produzione e lo scambio di energie generate principalmente da fonti rinnovabili, nonché l’efficientamento e la riduzione dei consumi energetici. Con la legge regionale numero 12 del 3 agosto 2018, il Piemonte ha dunque stabilito che i Comuni che intendono proporre la costituzione di una nuova comunità energetica, oppure aderire a una comunità energetica esistente, dovranno adottare uno specifico protocollo d’intesa, redatto sulla base di criteri che dovranno essere indicati da un futuro provvedimento regionale. Le comunità energetiche, alle quali possono partecipare soggetti sia pubblici che privati, possono acquisire e mantenere la qualifica di soggetti produttori di energia se annualmente la quota dell’energia prodotta destinata all’autoconsumo da parte dei membri non è inferiore al 70% del totale. La Regione, attraverso futuri incentivi ad hoc, si impegna a sostenere finanziariamente la fase di costituzione delle comunità energetiche, le quali potranno anche  stipulare delle convenzioni con Arera, al fine di ottimizzare la gestione e l’utilizzo delle reti di energia.

“Il Piemonte, prima regione italiana a dotarsi di una legge di questo tipo, fa un passo importante nella direzione dell’autosufficienza energetica e della costruzione di un nuovo modello di cooperazione territoriale virtuosa – ha commentato Fabio Dovana, presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta – Una scelta importante che speriamo sia seguita da altre Regioni ma soprattutto dal Governo nazionale che invitiamo a recepire subito la Direttiva europea che verrà approvata ad ottobre su prosumer e comunità dell’energia, per evitare di perdere due anni e aprire subito opportunità nei territori e dar così forza all’autoproduzione e alla distribuzione locale di energia da fonti rinnovabili. La generazione diffusa di energia e un’autonoma efficienza energetica contribuiscono infatti alla riduzione del consumo di fonti fossili, delle emissioni inquinanti e climalteranti, ad un miglior utilizzo delle infrastrutture, alla riduzione della dipendenza energetica, alla riduzione delle perdite di rete e ad un’economia di scala”.

Il tema dell’autoproduzione e della distribuzione locale di energia da fonti rinnovabili è al centro dell’interesse generale per le opportunità che si stanno aprendo con l’innovazione nella gestione energetica, grazie all’efficienza e alla riduzione dei costi delle tecnologie e delle reti. Anche in Italia questa prospettiva avrebbe grandi potenzialità perché, in questa forma, le fonti rinnovabili anche senza incentivi diretti, potrebbero offrire un’adeguata risposta alla domanda di elettricità e calore negli edifici e nei territori, creando valore e nuova occupazione. Il Piemonte dunque, prima regione italiana, cerca di intercettare questa opportunità su ampia scala dopo anni in cui sul territorio, in forma sperimentale, è stato portato avanti ad esempio il progetto di Comunità Energetiche del Pinerolese promosso come capofila dal Comune di Cantalupa, con un piano di azione orientato all’autosufficienza energetica e volto alla costruzione di una comunità energetica locale. Ora questo tipo di esperienze potrà uscire dalla fase sperimentale e avere un’ampia diffusione. “La nuova legge regionale va nella direzione da noi auspicata –aggiunge Dovana – anche se avremmo preferito che gli obiettivi e le azioni che vengono previsti per le future comunità energetiche fossero meno generici e prevedessero inscindibilmente la riduzione del consumo di fonti fossili associata con la riduzione delle emissioni inquinanti e climalteranti. Chiediamo quindi alla Giunta Regionale, nella predisposizione dei provvedimenti attuativi della legge appena approvata, di stabilire regole per evitare che l’incentivo alle comunità energetiche diventi un sussidio acritico alla realizzazione di qualsiasi tipo di centrale a biomassa”.

Fonte: ilcambiamento.it