Marco Boschini ed i Comuni virtuosi: “il cambiamento è lento, ma inarrestabile”

Ho incontrato Marco Boschini per la prima volta molti anni fa, quando era nel consiglio direttivo del Movimento per la Decrescita Felice. Da allora ho avuto modo di assistere a molti eventi organizzati dalla sua Associazione e di visitare molte delle amministrazioni iscritte ad essa. Posso quindi affermare con cognizione di causa che quanto lui coordina e rappresenta riassume il meglio della politica italiana attuale. Fatti e non “interessanti prospettiva per il futuro”.

Ma facciamo un passo indietro: Marco Boschini è fondatore e coordinatore dell’Associazione Comuni virtuosi  ed è stato per anni assessore all’Urbanistica, all’Ambiente e al Patrimonio del Comune di Colorno (in provincia di Parma).

Il video che vi proponiamo questa settimana contiene una breve intervista che ci ha rilasciato lo scorso giugno in occasione del Festival della Lentezza, il nuovo format che prende il posto della tradizionale Festa dei comuni virtuosi.
Ma in questo articolo voglio riproporvi un estratto dell’intervista che ho realizzato con Marco nel 2013 e che ben ricostruisce la loro straordinaria esperienza. Scrivevo allora:

“Ho incontrato Marco in un bar della bellissima piazza principale di Parma. Qui discutiamo di casta e anticasta (1), Comuni virtuosi e politica vergognosa. Il suo tono nella conversazione rimane controllato, ma dai suoi occhi e dalla sua gestualità traspaiono passione, stanchezza, delusione, speranza. Cominciamo dall’inizio. Che cos’è un Comune virtuoso? «Intanto una precisazione: i Comuni virtuosi non esistono! Esistono decine di amministrazioni che stanno sperimentando, su tematiche specifiche, singole azioni particolarmente lungimiranti e all’avanguardia, che mirano a una sostanziale riduzione dei consumi e dell’impatto sull’ambiente.10437680_870473423023584_2623369087208399879_n

Esiste però un’idea di Comune virtuoso, frutto di una raccolta di buone prassi ormai enorme, che ci spinge a delinearne l’identikit. Un Comune virtuoso, dunque, agisce su cinque livelli di intervento, che sono poi le categorie del nostro Premio nazionale: gestione del territorio, impronta ecologica, rifiuti, mobilità, nuovi stili di vita. Per ognuna di queste categorie esistono ormai esperienze consolidate a dimostrazione che è possibile, e conveniente, intervenire a favore dell’ambiente invertendo la rotta di un modello di sviluppo divenuto insostenibile e distruttivo.

L’Associazione dei Comuni virtuosi nasce nel maggio del 2005 su iniziativa di quattro enti localiMonsano (AN), Colorno (PR), Vezzano Ligure (SP) e Melpignano (LE), che si ritrovarono quasi per caso ad Alcatraz da Jacopo Fo. È nato tutto da una chiacchierata dove abbiamo capito che nei nostri territori stavamo realizzando politiche importanti. Ci siamo detti: perché non trovare un modo di tenerci in contatto? Ed è nata l’Associazione. In poco tempo il numero di Comuni iscritti è aumentato notevolmente, dimostrandoci che i nostri progetti possono essere applicati ovunque e in qualunque contesto.»

Ma quali gli obiettivi raggiunti e quali quelli da raggiungere? «Credo che in questi anni sia passato il messaggio della possibilità di un’alternativa nel modo di amministrare le nostre città e territori locali: non più solo la logica delle grandi opere, degli inceneritori, dei centri commerciali e del cemento a tutti i costi. Resta da lavorare ancora molto perché le esperienze di qualche decina di Comuni italiani possano diffondersi come un virus positivo negli oltre 8000 Comuni presenti sul territorio nazionale».cambiare

Gli chiedo se, per cambiare la politica, sia sufficiente partire dal basso, dai comuni, o bisogna puntare al parlamento. «Noi siamo partiti dal basso, crediamo sia l’unica strada oggi percorribile. Certo sarebbe fondamentale, in questo momento, poter contare su un parlamento “complice”, che mette in campo leggi, incentivi e sostegno per le nostre azioni locali. Invece accade l’esatto opposto…»

In effetti, girando il Paese ho scoperto che i Comuni delle piccole città sono spesso amministrati da persone oneste, che prendono stipendi bassissimi – in molti casi sotto i 1000 euro – e che si ritrovano a dover gestire la rabbia delle popolazioni pur essendo impotenti. «Non solo! Spesso, a causa delle leggi dello Stato, noi non possiamo pagare le imprese a cui abbiamo affidato i lavori, e diventiamo quindi complici del disagio diffuso. Le famiglie vengono a chiederci sussidi, le richieste di sfratti sono aumentate. Se si vuole risollevare l’economia bisogna ridare spazio alle iniziative locali, valorizzare chi sta tutti i giorni sul territorio e punire, invece, quei Comuni che si indebitano in modo grossolano.»

Esiste anche un premio. «È il Premio Comuni virtuosi. È nato per far emergere, valorizzare e premiare quei sindaci che si battono ogni giorno, tra mille problemi, e che riescono, con un po’ di fantasia e tanta buona volontà, a dar vita ad azioni virtuose che mettono in discussione questo assurdo modello di sviluppo! Arrivati a questo punto, a fianco dell’annunciazione delle buone prassi, è necessario sperimentare strumenti e percorsi di formazione permanente che rendano più semplice la replicabilità concreta dei progetti in atto. Molte amministrazioni ci chiamano e la scuola si sta rivelando uno strumento molto utile. Uno dei nostri principi è riassumibile nello slogan “vietato non copiare”: è fondamentale studiare le politiche che hanno funzionato e provare a riportarle nel proprio territorio.»

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Provo a chiedergli se è ottimista per il futuro di questo paese. «Sono ottimista perché vedo e incontro ogni settimana, in giro per l’Italia, centinaia di persone per bene, esperienze incredibili e vincenti. Il cambiamento è inarrestabile, lento ma (a mio avviso) invincibile.»”.

Già, il cambiamento è lento, diceva Marco nel 2013. Due anni dopo intorno alla lentezza ci ha costruito un meraviglioso Festival, tra concerti di Capossela, performance di Celestini e Travaglio, interventi di Sindaci, professionisti, giornalisti, urbanisti e molto altro ancora. Lento e inarrestabile. Grazie a gente come lui. Grazie a gente come te, che stai leggendo questo pezzo e che proprio oggi puoi decidere di cambiare le cose.

  1. Marco Boschini è autore, tra le altre cose, di due libri sul tema dei Comuni virtuosi, l’Anticasta (con Michele Dotti) e Viaggio nell’Italia della Buona Politica.

fonte: italiachecambia.org

Ascanio Celestini: “L’Italia? Sta migliorando, ma non si dice”

Incontriamo Ascanio Celestini alla Reggia di Colorno, poco prima che salga sul palco per il suo spettacolo “Racconti d’estate. Fiabe per adulti che volevano essere bambini cattivi”. Siamo alla festa dei dieci anni di attività dei Comuni Virtuosi, una grande kermesse che vuole celebrare un decennio di crescita e successo, ma soprattutto un modo di vedere la vita slow, rilassato, riflessivo, consapevole. È il Festival della Lentezza.

«Per me la lentezza non è niente, se è decontestualizzata non esiste», ci dice Ascanio parlando del senso di questo Festival. «Se sono in auto e rimango bloccato nel traffico della tangenziale ho un problema e la lentezza diventa un tempo negativo in un luogo pessimo». Non fa una piega! Ma cosa succederebbe se la mettessimo in contrapposizione con la velocità, rispetto allo spazio? «Io vengo da una zona di Roma vicino a Ciampino. L’aeroporto, un tempo poco utilizzato, ha avuto un boom di traffico da quando hanno cominciato a viaggiare le compagnie low cost. Io ho amici che spesso volano a Dublino o a Belfast nei weekend per passare delle serate al pub: vanno dall’altra parte dell’Europa per fare le stesse cose che fanno qui e ci mettono meno tempo a fare il tragitto Italia-Irlanda in aereo che quello per arrivare in macchina a Ciampino da Marino o da Grottaferrata».

Così, siamo arrivati al punto in cui lo spazio si è azzerato, una condizione in cui dobbiamo aumentare sempre di più la velocità per diminuire i tempi di percorrenza. «In questa maniera però bruciamo tutto quello che c’è in mezzo: conoscenze, persone, relazioni. Rimane solo un tempo che non vale niente. Ed è in questo contesto che l’idea di lentezza comincia ad assumere un valore».colorno

La conversazione prosegue e finiamo a parlare dell’arte, dell’artista e della loro dignità. «L’artista è un lavoratore», sostiene Ascanio. «Partiamo dal fatto che un pittore che dipinge svolge un lavoro che non è differente da quello del muratore o del parrucchiere. Lo dico non per sminuire l’attività dell’artista, ma proprio perché se non la consideriamo un lavoro, non pensiamo che abbia una dignità». L’artista però fa qualcosa di diverso, perché gestisce la sua opera: se costruisse una macchina, questa non dovrebbe per forza camminare. Non gli è richiesta la certezza del risultato, non esiste un metro oggettivo per misurare ciò che produce. «L’arte – prosegue Ascanio – ha questo compito: non deve dare un messaggio politico, bensì scarnificare e raccontare l’estrema debolezza degli esseri umani».

Attenzione però, perché quando si parla di impegno politico bisogna stare attenti: «L’impegno politico è di una persona, ma io come artista non posso essere schierato perché il mio lavoro è un altro, la condizione in cui devo operare è un’altra. Poi è chiaro che il mio carattere e le mie idee finiscono per influire sulle scelte che faccio dal punto di vista artistico». Anche perché, almeno per Ascanio Celestini, l’oggetto della narrazione non è la condizione socio-economica della persona: «Per me non esiste un genere che possiamo definire teatro sociale, civile, politico o impegnato. Questi termini si sono logorati molto velocemente. Io non parlo degli operai, degli immigrati, dei detenuti o di chi vive un disagio psichico solo perché penso che sia giusto farlo. Ne parlo perché credo che la loro condizione sia la condizione di debolezza che meglio racconta l’essere umano».

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Dal backstage chiamano Ascanio. Lo spettacolo inizierà fra poco, il pubblico sta per entrare in sala e intorno a noi è tutto un via vai di persone. Abbiamo tempo per un ultimo scambio di battute. Gli chiediamo se oggi vede dei mutamenti positivi nella gente, se c’è davvero qualcosa che sta cambiando nella nostra società. «L’Italia è un paese che sta migliorando tantissimo», ci dice con entusiasmo. «La retorica della crisi non funziona più. Il mercato della mia borgata è un bellissimo momento di socialità: ogni tanto qualcuno si lamenta che le cose vanno sempre peggio, ma non è così. Tu vedi una deriva? Può essere, ma questa deriva sarebbe molto più grave se non ci fossero tante persone che lavorano per fermarla. Detto questo, c’è una valanga di muffa da togliere, ma anche i nostri padri e i nostri nonni si sono trovati in queste condizioni e ce l’hanno fatta».

«Io mi ribello contro la convinzione che siamo la prima generazione che si trova in condizioni peggiori rispetto a quella che l’ha preceduta, perché credo questo sia solo un mantra del neoliberismo che cerca di convincerci che dobbiamo a tutti i costi andare avanti, dobbiamo crescere sempre, all’infinito. Adesso stiamo imboccando la via della decrescita: facciamolo! Ci manca solo una cosa: dobbiamo capire che ciò che accade per davvero non è quello che viene raccontato, ma è quello che succede a noi in prima persona e a ciò che ci sta intorno». Come dire: la palla ce l’abbiamo noi e il cambiamento dipende da quello che faremo, da quello che saremo e da nessun altro.

Il sito personale di Ascanio Celestini.

Fonte : italiachecambia.org

I Comuni Virtuosi presentano il Festival della Lentezza

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Si terrà a Colorno (PR), nella splendida cornice della Reggia Ducale, la prima edizione del “Festival della lentezza”, promossa dall’Associazione Comuni Virtuosi in collaborazione con il Comune di Colorno e il patrocinio di diversi soggetti istituzionali e non, tra cui l’Alto Patronato per la Presidenza della Repubblica, Libera e Slow Food.

Dal 12 al 14 giugno, dunque, attraverso le varie forme e modalità previste dal ricco programma di attività – www.lentezza.org – (musica, parole, immagini, laboratori, attività ricreative…) si avvierà un confronto sul nostro rapporto con il tempo, il bene più prezioso che abbiamo e che un modello di sviluppo improntato alla velocità e al consumo di beni ed emozioni, ci stiamo lasciando sfuggire di mano, giorno dopo giorno. L’idea poetica del festival è una sorta di manifesto culturale, così come si può leggere dal sito ufficiale:

“Presto. E’ ciò che ci insegnano fin da piccoli. Bisogna fare presto. Correre. Muoversi. Accelerare. Il mondo non aspetta, non ha tempo. Cresciamo accumulando ritardi, mentre un senso di colpa latente ci avvolge con una patina quasi impercettibile. La tecnologia, se usata male, non aiuta. Semmai accelera l’affanno, perché moltiplica la nostra connessione con un presente ininterrotto che non ammette, appunto, ritardi. A meno che non la si usi come un mezzo per agevolarci le incombenze quotidiane della vita, per abbattere barriere fisiche e virtuali. Perché altrimenti il rischio è quello di perdere tutto. Perdiamo il tempo, prima di tutto. Esattamente ciò che serve per agganciarci al traino di un’esistenza felice. Proviamo a pensarci: le relazioni, il godimento delle cose terrene, la contemplazione del mondo intorno a noi. Tutto, ma proprio tutto, richiede tempo, e il tempo concede calma, serenità. Sposta l’asse terrestre della bellezza e rende degno il gioco di esserci. Sostiene Milan Kundera come ci sia “un legame stretto tra lentezza e memoria, tra velocità e oblio”. Questo festival nasce dall’idea di restituire a noi stessi quel tempo sottratto a cui abbiamo rinunciato, un giorno alla volta. Per prenderci cura del nostro passato e immaginare con freschezza un futuro ancora tutto da scoprire. Nessun compromesso, o scorciatoia. Nessun trucco. Vogliamo fare le cose con calma. Il logo di questo luogo sarà proprio la persona (niente lumache, formiche o tartarughe…), convinti che sia l’uomo per natura ad essere simbolo supremo di lentezza. Esploreremo terre nascoste come la terza età, le diversabilità. Ci accosteremo al cibo e alla terra, al paesaggio e all’agricoltura. Ci occuperemo di cultura come un bene comune. Di sostenibilità e decrescita. Di spiritualità. E della gioia che sfocia dal divertimento. Condiviso. Orizzontale. Democratico. E gratuito. Lo faremo utilizzando attrezzi forse un poco arrugginiti, ma non per questo meno utili o efficaci. Curiosità ed emozioni saranno i nostri mezzi di locomozione. Cammineremo il tempo, non ci faremo raggiungere dall’ottusa smania di arrivare non importa dove. Musica, immagini, parole. Contaminazioni. E arriveremo infine, con un po’ di fortuna, dove dovremmo stare tutti quanti, insieme. Dentro di noi”.

Tanti gli appuntamenti di spicco della manifestazione: dall’esibizione di apertura di Vinicio Capossela di venerdì 12 con “Il concerto del tempo immobile” allo spettacolo di sabato 13 “Racconti d’estate” di e con Ascanio Celestini, fino al monologo sulla situazione politica nazionale del Direttore de “Il Fatto Quotidiano” Marco Travaglio.

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Il festival è pensato su misura per bambini e famiglie, per loro sono stati distribuiti numerosi laboratori e attività per giocare sul tempo e costruire, attraverso la fantasia e l’arte di strada, un mondo diverso e possibile. Si parlerà anche di cibo, nell’anno di Expo, affrontando il tema dello spreco alimentare e godendo della collaborazione con ALMA, la Scuola Internazionale di Cucina che ha sede proprio all’interno della Reggia. Il programma, le info logistiche e le istruzioni per prenotare on-line gli spettacoli a pagamento sono accessibili nei profili ufficiali:

Il sito ufficiale del Festival: http://www.lentezza.org
La pagina FB: https://www.facebook.com/festivalentezza
Il profilo Twitter: https://twitter.com/lentezzafest
Il profilo Instagram: https://instagram.com/festivalentezza/

Ufficio stampa
Responsabile Marco Boschini
Riferimenti utili: Tel. 3346535965 – info@comunivirtuosi.org – marcoboschini@gmail.com

Fonte:  italiachecambia.org

L’associazione dei Comuni Virtuosi, la buona politica che contagia l’Italia

Siamo a Monsano, nel primo entroterra anconetano. Il seme dell’amministrazione virtuosa italiana è stato piantato qui più di dieci anni fa, fra la fine del 2003 e l’inizio del 2004, e qui ha buttato i suoi primi germogli, per poi crescere e contagiare positivamente tutta l’Italia. Abbiamo davanti Luca Fioretti, il contadino che ha gettato quel seme, che per due mandati è stato il Primo Cittadino di Monsano e che, ancora oggi, è Presidente dell’associazione dei Comuni Virtuosi, una rete che raccoglie decine di amministrazioni italiane che hanno deciso di impegnarsi per attuare politiche più etiche, più trasparenti e più sostenibili.

“I Comuni che aderiscono all’Associazione ritengono che intervenire a difesa dell’ambiente, migliorare la qualità della vita e tutelare i Beni Comuni, intesi come beni naturali e relazionali indisponibili che appartengono all’umanità, sia possibile e che tale opportunità la vogliono vivere concretamente non più come uno slogan, consapevoli che la sfida di oggi è rappresentata dal passaggio dalla enunciazione di principi alla prassi quotidiana”. Questa è la dichiarazione d’intenti con cui si apre lo statuto dell’associazione. Proprio quest’anno, con il Festival della Lentezza (di cui Italia che Cambia è mediapartner) che si terrà a metà giugno , i Comuni Virtuosi celebreranno il loro decimo anno di attività ufficiale. Mettendo in pratica politiche positive e innovative nell’ambito dei cinque pilastri alla base della buona amministrazione – territorio, impronta ecologica, gestione dei rifiuti, mobilità e nuovi stili di vita –, i tanti enti locali che aderiscono all’associazione hanno creato una rete che si sta espandendo in tutto il Paese, acquistando visibilità e credibilità, ma soprattutto portando con competenza alla ribalta quelli che Fioretti definisce “temi dirimenti” per la politica italiana e per tutto il sistema-paese: «Sono quelli che guidano il cambio di paradigma, anche in termini economici, di cui ha bisogno l’Italia. Sono presenti nei programmi di tutti i partiti, ma nei fatti ancora non vedo nulla». Sostenibilità ambientale, innovazione, supporto all’iniziativa giovanile, educazione, demedicalizzazione della salute, imprenditoria e finanza etica. La sfida è portare queste tematiche sui tavoli della politica nazionale.

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Molti cittadini, entusiasti per le belle iniziative che i sindaci dei Comuni Virtuosi hanno attuato nei loro territori, hanno cominciato a chiedere: “Perché non fondate un partito che noi possiamo votare alle elezioni?”. «Come associazione – chiarisce Fioretti in proposito – non possiamo né dobbiamo fare politica, non appoggiamo nessuno. Poi individualmente ognuno di noi si muove nella direzione che ritiene più giusta. Io credo che all’interno di una forza politica importante queste battaglie si possano ancora fare. Allo stesso modo, si possono portare avanti con pressioni, sollecitazioni e altre azioni di lobbying dall’esterno. Come Comuni Virtuosi, seguiamo entrambe le piste». L’associazione comincia a essere conosciuta e visibile e raccoglie sempre più adesioni: sono ormai un’ottantina i Comuni che hanno aderito, dal Trentino alla Sicilia, dalle piccole realtà a quelle più popolose come Capannori o Senigallia, che raggiungono i 45.000 abitanti. Sono tante anche le iniziative parallele proposte dall’associazione, dall’annuale Premio dei Comuni Virtuosi, che designa per ciascuno dei cinque pilastri le amministrazioni che si sono distinte nelle loro politiche, alla Scuola di AltRa Amministrazione, un corso di alta formazione rivolto a sindaci, assessori, consiglieri, tecnici e funzionari e finalizzato a sensibilizzarli e a insegnare loro ad attuare le buone pratiche sul territorio.manifestazione

Ma torniamo a Monsano, dove nel 2014 Luca Fioretti ha concluso il suo secondo mandato. «Il bilancio è sicuramente positivo», racconta. «Abbiamo fatto tante cose, a partire da quelle scontate, che la gente si aspetta, come i lavori pubblici, la messa in sicurezza delle strade principali, la rivalutazione delle aree verdi. Poi dietro, a queste misure, ci sono quelle piccole e grandi azioni attraverso le quelli abbiamo hanno tentato di rendere i cittadini più sensibili e consapevoli». Uno dei fiori all’occhiello dell’amministrazione virtuosa di Monsano è la Festa del Buon Senso, inaugurata nel 2000 e dedicata ogni anno a un tema diverso legato alla sostenibilità ambientale e sociale, dall’acqua bene comune al consumo critico: «Attorno a quei temi costruiamo un momento di riflessione e confronto accompagnato da eventi paralleli, come spettacoli teatrali o kermesse gastronomiche. Il tutto in compagnia di personaggi che hanno esperienza e competenze negli argomenti affrontati: Andrea Segrè, Don Luigi Merola, Salvatore Borsellino, Don Ciotti, Gioacchino Genchi, Dario e Jacopo Fo e tanti altri ospiti che hanno parlato di legalità, alimentazione, tecnologie pulite, economia etica».capannori-1024x682

L’operato di questi amministratori è davvero lodevole, soprattutto se si tengono in considerazione le tante difficoltà logistiche e soprattutto economiche con cui i piccoli Comuni devono fare quotidianamente i conti: «Una piccola amministrazione da sola non ha più autonomia perché non ha più risorse. Monsano due anni fa era un Comune sano, con un bilancio sempre in salute, ma nell’ultimo anno del mio mandato c’è stato il collasso. Il colpo di grazia è stato inferto dal Patto di Stabilità prescritto dall’Unione Europea: al computo annuale, pari a circa 3,8 milioni di euro, sono stati sottratti in un colpo solo 450mila euro, l’importo che il Comune incassava dall’IMU e che adesso spetta allo Stato. A partire dal Governo Monti sono state imposte pesanti misure ai piccoli enti locali, che sono l’unica istituzione che dal punto di vista della coesione sciale tiene ancora in piedi questo paese, quella in cui il cittadino ancora vede un punto di riferimento concreto e valido. Dispiace perché è stato colpito ingiustamente il gradino più basso dell’apparato amministrativo, che era anche quello che funzionava meglio».

L’associazione dei Comuni Virtuosi quindi, oltre a impegnarsi per diffondere le politiche etiche, sostenibili e innovative che stanno alla base del modello di Paese che ha in mente, cerca anche di valorizzare il ruolo di chi si batte quotidianamente nelle fangose trincee degli enti locali, di chi per primo ci mette la faccia di fronte ai cittadini, di chi sottrae tempo ed energie alla propria vita privata, di chi fa politica non per soldi, non per opportunismo, ma per aumentare il benessere del proprio territorio e dei suoi cittadini, con la passione e la dedizione che ormai solo i piccoli amministratori possiedono.

Visita il sito dell’associazione dei Comuni Virtuosi.

Visualizza la rete dei Comuni Virtuosi sulla mappa dell’Italia che cambia. 

Fonte: italiachecambia.org

Transition Towns a quota 2000: «Ma è solo l’inizio»

In dieci anni le cosiddette Transition Towns hanno toccato quota duemila. «Ma è solo l’inizio, è un esperimento che ha un grande potenziale». A fare il punto su questa esperienza è Cristiano Bottone portavoce del movimento Transition Italia: «È arrivato il momento di aprire una fase nuova volta a coinvolgere segmenti sempre più ampi della popolazione».transition1

Duemila Transition Towns in trenta paesi del mondo: è la fotografia di un movimento che sta acquistando una dimensione planetaria e che rappresenta un grande esperimento di innovazione sociale. A fare il punto sull’esperienza è Cristiano Bottone, portavoce di Transitions Italia. «Sono passati circa 10 anni da quando, in una piccola cittadina dell’Inghilterra, è germogliato il seme delle Transition Towns, un esperimento di innovazione sociale che ha ormai raggiunto una  dimensione planetaria e sembra continuare a esprimere un potenziale molto interessante». Il movimento è presente in quattro continenti, si va dal piccolo villaggio al quartiere della megalopoli e si spazia in contesti culturali molto diversi, dalle favelas in Brasile ai quartieri metropolitani della vecchia Europa, alle Filippine. «Cerchiamo sempre di coinvolgere le istituzioni e le amministrazioni – spiega Bottone – la rete e le iniziative di Transizione collaborano generalmente con i governi locali, altre organizzazioni, università, centri di ricerca, imprese e nascono sempre più frequentemente nuove imprese che si ispirano all’approccio transizionista». «In Italia possiamo contare una trentina di comunità attive (mappa della rete italiana) – aggiunge – una interessante risposta e attenzione delle amministrazioni locali specialmente in Emilia Romagna dove le esperienze sono in fase più avanzata, collaborazioni con università, centri di ricerca e altre istituzioni». Si tratta quindi di ottimi risultati che, se aggiunti ad altre esperienze di questo tipo (ad es. www.comunivirtuosi.org ), danno prova dell’esistenza di molte piccole realtà impegnate nella difesa della sostenibilità ecologica che non vengono rilevate dai media tradizionali e spesso vengono ignorate e ostacolate dal potere politico.  «Tuttavia – dice Cristiano –  è evidente che siamo solo all’inizio di un percorso, l’evoluzione sociale richiede tempi lunghi e le sorprese sono sempre dietro l’angolo. Si può dire però che gli effetti sono per ora piuttosto incoraggianti e questo viene ormai notato anche in certi “piani alti”. Ad esempio il Comitato Economico e Sociale Europeo ha premiato nel 2012 il Transition Network proprio per la sua capacità di innovazione sociale in collegamento all’economia».
Poi Bottone entra nel merito di come funzionano le Transition Towns. «L’idea è semplice: si tratta di creare le condizioni perché una comunità locale possa attivarsi per rispondere alle crisi in corso riorganizzando la propria struttura relazionale ed economica. Niente di troppo nuovo. È almeno dagli anni Settanta, dal momento in cui emerge più vigorosa la coscienza ecologica e si comincia a ragionare sull’impatto che “la crescita” produce sull’ecosistema, che si fanno tentativi per cambiare strada. Nulla è però riuscito fino a ora a convincerci che un pensiero di lungo respiro potrebbe essere migliore di un rapido e immediato accaparramento di risorse basato sul “qui e subito”. Nel momento in cui Rob Hopkins comincia pensare al concetto di Transizione, ha bene in mente la lunghissima teoria di tentativi andati a vuoto che ci ha condotti fino sull’orlo dell’attuale baratro. Oggi, con una crisi climatica che può diventare senza ritorno entro pochi anni, con un’economia completamente artificiale che ci si sgretola tra le mani, con miliardi di persone che premono per uscire dalla povertà, con il timone della nave in mano a un “mercato” che si è dimostrato ampiamente incapace di produrre i tanto attesi “benefici per tutti”, oggi serve qualcosa di diverso da quello che abbiamo tentato fino a ora. Forse proprio grazie a tutti questi tentativi e al merito di tutti quelli che li hanno compiuti abbiamo accumulato informazioni e consapevolezza sufficiente per sperimentare altre vie». Parlando di obiettivi e idee fondanti si capisce che fin dal principio nella Transizione ci si è sempre concentrati sul come e non sul cosa, mettendo al centro dell’attenzione la cura del processo che si vuol vedere crescere nella comunità (o in una rete di comunità) e lasciando che il cosa ne divenisse una conseguenza.  «Si tratta di un salto di paradigma – afferma Bottone – non è facile da afferrare fin da subito, tanto che per ogni Transition Town è previsto un piccolo gruppo di persone che in qualche modo prenda dimestichezza con questo approccio e poi funga da gruppo di facilitazione per il resto della comunità fino al momento in cui questo ruolo diventa inutile perché il processo diventa autonomo. I principi guida sono inizialmente ispirati alla permacultura valorizzandone un concetto chiave: lavora con e non contro. Nel tempo la cassetta degli attrezzi culturale della Transizione è andata arricchendosi di tantissimi contributi provenienti da discipline diverse e che nel processo di Transizione vengono messi a sistema: facilitazione, sociocrazia, teoria dei sistemi, open source, ecologia profonda ecc.»
Paradossalmente le Transition Towns arrivano agli onori della cronaca per le cose che si fanno nelle comunità coinvolte. Bottone parla di «un movimento “ambientalista” che non protesta, non fa campagne, non si lamenta dei governi, è disinteressato a ogni approccio ideologico, ma semplicemente comincia a piantare alberi, costruire orti, attivare imprese ecc.». Concentrato sulla riduzione dell’impronta ecologica e dei consumi, è sempre stato un movimento molto attivo nella pratica e questo aspetto fattivo e concreto ha attratto molti, contribuendo notevolmente alla prima fase di allargamento dell’esperimento da Totnes, la piccola città del Devon in cui tutto è cominciato, a decine e decine di altre comunità nel Regno Unito in Australia, Nuova Zelanda e poi nel resto del mondo. «Poi – continua Bottone –  approfondendo l’argomento con calma, si arriva a capire la profondità della struttura teorica e operativa del processo che la Transizione sta sperimentando. Tutto quel fare così pragmatico ha radici profonde e tutt’altro che banali, tanto che oggi molti ricercatori stanno lavorando all’analisi di quanto emerge dalle esperienze delle Transition Towns. Anche in Italia, l’Università di Bologna ha un gruppo di Transizione interno alla facoltà di Ingegneria Ambientale e l’ateneo ha varato un gruppo di ricerca interdisciplinare denominato Alma Low Carbon al quale aderiscono più di cento ricercatori. Sono segnali davvero incoraggianti». Parlando dell’ampiezza della rete del movimento, concentrato in questi primi 10 anni su esperienze in piccola scala, Bottone afferma che «si apre ora una fase nuova, quella in cui il movimento comincia a esplorare lo scaling-up del processo, l’idea è quella di renderlo disponibile su scala molto più vasta e di arrivare a coinvolgere segmenti molto più ampi della popolazione. Un passaggio non semplice per una macchina pensata per progettare “piccolo e lento” e che cerca di basare tutto sulla qualità delle relazioni tra le persone. Allo stesso tempo sappiamo che i processi esponenziali posso essere sorprendenti e distruttivi, come per l’ennesima volta vediamo in questa crisi, ma potrebbero essere meravigliosamente rigenerativi se si arriva a passare il giusto punto di soglia. I prossimi dieci saranno dunque decisivi, l’importante è che l’esperimento della Transizione e molti altri in corso non si fermino: più tentativi facciamo più aumentano le probabilità di finire a vivere in un mondo bellissimo».

Fonte: ilcambiamento.it

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Legambiente, Comuni Ricicloni 2013: Ponte nelle Alpi il migliore. 330 realtà sono rifiuti-free

Ermete Realacci avverte: “La Tares va cambiata, deve essere modulata sull’efficienza della raccolta”.Comuni-Ricicloni-2013-I-vincitori

Il 16% dei Comuni italiani supera il 65% di raccolta differenziata per un totale di 7,8 milioni di persone distribuite in 1293 centri cittadini. Sono i dati che emergono dal rapporto di Legambiente sui cosiddetti Comuni Ricicloni 2013 che sono stati premiati a Roma nell’ambito della XX edizione di questa iniziativa che è portata avanti con il patrocinio del ministero dell’ambiente e la collaborazione dell’Anci e di associazioni impegnate nella promozione del rispetto e della difesa dell’ambiente. Nel Nord Italia si registra il maggior numero di Comuni Ricicloni, ben l’85,5% del totale, con il Veneto che si distingue tra tutti perché il 65,4% dei suoi Comuni possono essere definiti “ricicloni”, per la gioia del presidente Luca Zaia che definisce i suoi conterranei “un esempio e un modello a livello nazionale”. Il Comune che ha la più alta percentuale di raccolta differenziata è Ponte Nelle Alpi, in provincia di Belluno, che ha ottenuto il riconoscimento di Comune Riciclone per eccellenza anche nelle tre precedenti edizioni del rapporto. E proprio Belluno è il capoluogo del Nord più virtuoso con il 70,4% di raccolta differenziata, mentre a Sud i più diligenti sono i salernitani che possono vantarsi di aver raggiunto una percentuale di raccolta differenziata del 68,5%. Per quanto riguarda i comuni con meno di 10mila abitanti, a Nord il migliore e Zero Branco (in provincia di Treviso), al Centro Serravalle Pistoiese (Pistoia) e al Sud Monte di Procida (Napoli). Tra i centri con più di 10mila abitanti il plauso va a S. Orsola Terme (in provincia di Trento), Montelupone (Macerata) e Casal Velino (Salerno). Una bella novità del dossier sui Comuni Ricicloni del 2013 è il fatto che esistono anche realtà che riescono a raggiungere percentuali di raccolta differenziata superiore addirittura al 90% e che vengono definiti Comuni rifiuti free. In totale sono 330 e hanno drasticamente ridotto la quantità di rifiuto secco indifferenziato (meno di 75 kg all’anno per abitante) grazie a iniziative come la raccolta porta a porta, la tassazione del servizio, efficaci campagne di comunicazione per sensibilizzare i cittadini, la promozione del compostaggio domestico, utilizzo dell’acqua del Sindaco per ridurre l’uso di bottiglie di plastica, applicazione di politiche del “chi inquina paga”, in base alle quali la tassa sui rifiuti viene ridotta al cittadino virtuoso. E proprio la Tares è un argomento su cui il presidente della Commissione Ambiente Territorio e Lavori Pubblici della Camera, Ermete Realacci, vuole porre l’attenzione, ritenendo che questa imposta andrebbe modulata sull’efficienza della raccolta e non sui metri quadri. Un altro dato interessante che emerge dal dossier di Legambiente è che le migliori esperienze sono quelle consortili su scala territoriale più ampia, infatti più della metà del totale dei cittadini dei Comuni Ricicloni (che abbiamo detto essere 7,8 milioni) sono serviti da sistemi omogenei e collaudati garantiti dai consorzi (per esempio Fiemme Servizi in Trentino, Cosmari nelle Marche, Publiambiente in Toscana) che raccolgono con il porta a porta i rifiuti di 4,5 milioni di persone permettendo di riciclare a un costo più basso.

Fonte e infografiche: Legambiente (seguendo il link si può scaricare l’intero dossier)

Tratto: ecoblog

Tariffa puntuale: i risultati italiani e europei presentati al convegno di Capannori | File

Le performance dei servizi di raccolta differenziata sono migliorate grazie all’introduzione della tariffa, l’unica àncora di salvezza per non applicare la Tares, la nuova tassa sui rifiuti voluta dal Governo Monti. Con la tariffa ogni cittadino paga in base alla propria produzione di rifiuti. Gli esempi virtuosi. Gli atti del seminario

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Gli interventi di: Giorgio Del Ghingaro e Roger Bizzarri (sindaco e direttore Ascit di Capannori), Attilio Tornavacca (Esper), Raphael Rossi (presidente Iren Emilia), Paolo Contò (presidente Consorzio Priula), Michelangelo Marchesi e Ezio Orzes, (assessori all’Ambiente della città di Trento e di Ponte nelle Alpi), Gianluca Fioretti, (presidente dell’Associazione comuni virtuosi), Rossano Ercolini (Centro Rifiuti Zero)

Una percentuale dell’82% di raccolta differenziata e una diminuzione totale del 30% dei rifiuti. Sono alcuni dei brillanti risultati presentati da Giorgio Del Ghingaro, sindaco del comune di Capannori (45.000 abitanti, provincia di Lucca) aprendo i lavori del convegno “I risultati della tariffazione puntuale a Capannori e in Europa” che si è tenuto giovedì scorso promosso dal Comune di Capannori (LU) e dall’Associazione Comuni Virtuosi. Ma non sono gli unici. Grazie al supporto tecnico del Centro di Ricerca Rifiuti Zero (diretto da Rossano Ercolini) e dalla Esper (diretta dall’amministratore delegato Attilio Tornavacca) il risparmio dei costi è stato determinato dalla tariffazione puntuale. Ogni cittadino paga in base a quanto rifiuto conferisce. In molte realtà del Nord Italia (e in particolare a Capannori) le performance dei servizi di raccolta differenziata sono migliorate ulteriormente grazie all’introduzione della tariffa, l’unica àncora di salvezza per non applicare la Tares, la nuova tassa sui rifiuti voluta dal Governo Monti. Dati confermati anche da Roger Bizzarri, Direttore generale dell’azienda pubblica ASCIT. «L’applicazione della tariffazione puntuale alla raccolta porta a porta è stata determinante sia per l’aumento della percentuale di raccolta differenziata che per la diminuzione dei rifiuti indifferenziati (ad esempio il confronto tra il primo trimestre 2013 rispetto al 2012 segna un +5,83% di raccolta differenziata e una minore produzione di rifiuti del -2,77%,). Da sottolineare anche che le risorse e i mezzi “liberate” sono state reinvestite nell’azienda». 

«La tariffa puntuale – ha spiegato Attilio Tornavacca  è il modo più equo per far pagare il servizio di raccolta rifiuti ai propri cittadini. E ne guadagna anche la qualità». Capannori, con il supporto tecnico della ESPER, non ha soltanto introdotto la tariffazione puntuale ma ha anche abbandonato la raccolta multimateriale (vetro plastica e alluminio) per far posto a una raccolta differenziata di maggiore qualità (cioè quella monomateriale del vetro e congiunta della plastica e lattine): la maggiore purezza dei materiali ha portato ad un aumento dei ricavi Conai. «Se la Francia ha previsto l’attivazione della tariffazione puntuale in tutto il paese entro il 2014, al contrario l’Italia rimane fanalino di coda in Europa nell’applicazione della tariffa. Anzi con la Tares – ha spiegato Tornavacca – c’è stata una nuova inversione di rotta. L’Italia ha deciso di far pagare nuovamente il servizio di igiene e di raccolta in base ai metri quadri degli immobili. In alcuni comuni si prevedono aumenti per le 30 tipologie di utenze non domestiche individuate dal regolamento attuativo, che variano dal 150 al 400%». Solo i comuni che hanno introducono la raccolta porta a porta e la tariffazione puntuale potranno evitare questi aumenti.

«Anche Iren Emilia – ha spiegato il presidente Raphael Rossi  si sta introducendo la tariffa puntuale. Non abbiamo ancora dei dati sulla «tariffa puntuale», ma abbiamo già notato che il tasso di esposizione dei bidoncini è sceso al 20%: meno «punti presa» (cioè meno bidoncini da svuotare) comportano un risparmio. Pensate quanto spreco c’è a svuotare un contenitore semivuoto. La tariffazione determina invece una razionalizzazione delle risorse».
«Il consorzio Priula nel trevigiano, ormai prossimo alla fusione del consorzio gemello Tv Tre– ha spiegato il presidente Paolo Contò  da anni ha introdotto la tariffazione puntuale. Grazie alla tariffa siamo da anni in prima fascia Conai. Inoltre i due consorzi di comuni hanno una percentuale media di raccolta differenziata dell’83% e una produzione procapite di indifferenziato che oscilla tra i 58 e i 55 chili. Un grande risparmio sui costi di discarica. Inoltre va considerato un effetto fiscale: con la tariffazione si ha un risparmio tondo del 10%. E’ la mancata applicazione dell’Iva, che al contrario della tares, l’azienda (sia essa pubblica o privata) che svolge il servizio deve applicare in fattura all’amministrazione». 
Ezio Orzes, assessore al comune di Ponte nelle Alpi (BL), ha dichiarato che con la tariffa puntuale i Pontesi negli ultimi tre anni «hanno avuto una riduzione della bolletta dei rifiuti del 14,7%, in controtendenza alla media nazionale che è invece cresciuta del 21%. Grazie alla raccolta porta a porta abbiamo risparmiato tantissimo. Prima i costi in discarica erano il 57% del totale, pari a 475.000 euro l’anno, oggi invece sono meno di 40.000 euro. Il rifiuto indifferenziato procapite è sceso da 348 chili a 30 chili. Lo dice anche l’Arpa Veneto: la raccolta porta a porta conviene di più della raccolta stradale. Costa in meno ad ogni abitante circa 75 euro». 

Michelangelo Marchesi, assessore all’Ambiente nella Città di Trento ha descritto come è stata applicata la tariffa puntale in una grande città (115.000 abitanti) che ha raggiunto il 75 % di RD nel mese di aprile 2013, « La coerenza è evidente che c’è tra la tariffazione puntuale e la raccolta porta a porta. Il cittadino con la tariffa non è incentivato a barare, al contrario. Tuttavia non è semplice farsi comprendere all’inizio, ma con una buona campagna di comunicazione si riesce a superare questo problema».

Rossano Ercolini, del Centro Rifiuti Zero, ha ringraziato l’assemblea piena di cittadini, «La Comunità rifiuti zero che comprende più di cento Comuni per un totale di circa 3 milioni di abitanti, anche sulla base dei formidabili risultati ottenuti a Capannori, ha deciso di rendere obbligatorio il passaggio alla tariffa puntuale entro tre anni dall’approvazione della proposta di legge di iniziativa popolare recentemente predisposta. I rifiuti passano ogni giorno dalle nostre mani, e sono dunque nella nostra mente. Il movimento rifiuto zero è di tipo “bottom up”, una spinta verso l’alto che chiede alla leadership politica di dare il meglio di sé. I politici non possono fare da tappo. E’ la gente che lo chiede».
Gianluca Fioretti, presidente dell’Associazione comuni virtuosi, ha sottolineato che la Tares reintroduce esclusivamente il meccanismo della tassazione basata sul calcolo dei metri quadri degli immobili di proprietà o in possesso. « La tares si pone in netto contrasto con tutto ciò che è stato fatto dal sistema della raccolta differenziata porta a porta. I mercatini privati del Baratto ad esempio rischiano di pagare una tassa molto alta nonostante non producano alcun rifiuto, anzi, evitano che si formino grazie al riutilizzo dei beni ingombranti. Il governo dovrebbe ascoltare maggiormente gli enti locali a diretto contatto con i cittadini e prendere esempio dalle esperienze virtuose che, grazie all’attività della nostra associazione, vengono valorizzate e disseminate a livello nazionale ed ora anche internazionale».
Al convegno hanno preso parte anche delegazioni di rappresentanti di nazione estere quali la Croazia che, con l’imminente ingresso nell’Unione Europea, sono chiamate ad introdurre modelli virtuosi ed efficienti di gestione dei rifiuti urbani.

Fonte:ecodallecittà

 

Cresce l’edilizia sostenibile, la spinta arriva dai Comuni: 1.003 regolamenti edilizi virtuosi nel rapporto ONRE di Legambiente e Cresme

 “Per uscire dalla crisi si punti sulla riqualificazione energetica del patrimonio edilizio”

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Crescono innovazione e sostenibilità nel panorama dell’edilizia italiana con una spinta “dal basso”. Sono, infatti, 1.003 i Comuni italiani che hanno modificato i propri regolamenti edilizi per inserire nuovi criteri e obiettivi energetico-ambientali in modo da migliorare le prestazioni delle abitazioni e la qualità del costruito, anticipando e andando oltre la normativa in vigore. Un numero in aumento costante da quando, 5 anni fa, Cresme e Legambiente hanno promosso l’Osservatorio Nazionale sui Regolamenti Edilizi, che fotografa il cambiamento in atto nella filiera delle costruzioni, ricostruendo annualmente il quadro dei provvedimenti nazionali e regionali in materia di innovazione energetica e ambientale.
Complessivamente i cittadini che vivono nei Comuni dove sono in vigore questi strumenti innovativi sono oltre 21 milioni. Il rapporto ONRE 2013 – presentato oggi a Milano da Cresme e Legambiente – mette in evidenza come i regolamenti sostenibili siano diffusi in tutte le Regioni italiane, nonostante una forte prevalenza in quelle del centro-nord. La ricerca sottolinea, inoltre, come siano aumentati non solo i Comuni virtuosi (i regolamenti sostenibili sono cresciuti del 42,3% rispetto 2010 e addirittura dell’80% rispetto al 2009) ma anche i temi affrontati. Come partner dell’osservatorio sono entrati, a partire da quest’anno,  importanti soggetti della filiera delle costruzioni, quali Assotermica, Consiglio nazionale degli architetti, Federlegnoarredo, PVC Forum, Uncsaal. I parametri presi in considerazione nell’analisi sono l’isolamento termico, i tetti verdi, l’utilizzo di fonti rinnovabili, l’efficienza energetica degli impianti, l’orientamento e la schermatura degli edifici, i materiali da costruzioni locali e riciclabili, il risparmio idrico e il recupero delle acque meteoriche e delle acque grigie, l’isolamento acustico, la permeabilità dei suoli e l’effetto isola di calore, le prestazioni dei serramenti, la contabilizzazione del calore, la certificazione energetica, le pompe di calore e le caldaie a condensazione, la ventilazione meccanica controllata. “I regolamenti edilizi comunali – ha spiegato Edoardo Zanchini, vice presidente di Legambiente – si stanno dimostrando un’ottima chiave di lettura per raccontare l’evoluzione verso l’edilizia sostenibile e strumenti preziosi per accompagnare l’innovazione in corso, per una corretta progettazione e per la realizzazione di edifici efficienti dal punto di vista energetico. I risultati – ha aggiunto Zanchini – dimostrano che l’innovazione sta andando avanti e che la spinta alla certificazione energetica e al miglioramento delle prestazioni impressa dall’Unione Europea sta producendo buoni risultati. Ora occorre, però, una regia nazionale che consenta di superare le troppe contraddizioni del quadro normativo italiano e i ritardi nel recepimento della normativa europea di riferimento, per raggiungere gli obiettivi fissati al 2021 quando tutti i nuovi edifici dovranno essere progettati e costruiti in modo tale da avere bisogno di una ridotta quantità di energia per il riscaldamento e il raffrescamento che, in ogni caso, dovrà essere prodotta da fonti rinnovabili. E’ indispensabile anche una strategia per la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente, dando certezze per le detrazioni del 55% che terminerebbero a giugno e legando gli incentivi ai risultati raggiunti in termini di riduzione dei consumi energetici, aiutando così concretamente le famiglie”. Il rapporto ONRE traccia il quadro della normativa in vigore in Italia in materia di efficienza energetica in edilizia. Tra le norme regionali più avanzate rispetto a questi temi sono da segnalare le Province Autonome di Trento e Bolzano, dove la certificazione energetica è oggi una pratica conosciuta e diffusa e dove si è stabilito che per tutte le nuove costruzioni la classe B deve essere, per tutti i nuovi interventi, quella minima obbligatoria. La Lombardia è la Regione dove si conta la quantità più elevata di Comuni virtuosi (318), seguita da Toscana (133) ed Emilia-Romagna (con 127). L’Emilia-Romagna inoltre ha deciso di anticipare gli obblighi di sviluppo delle energie rinnovabili previsti dal Decreto 28/2011 e quindi di soddisfare una percentuale crescente dei fabbisogni di riscaldamento, raffrescamento, elettricità. I nuovi obiettivi previsti dalla Direttiva Europea 31/2010 implicano un’accelerazione ancora più forte nella transizione verso uno scenario nel quale il peso dei consumi energetici legati al settore delle costruzioni si dovrà ridurre significativamente grazie a un rapido miglioramento degli standard e a una fortissima integrazione delle fonti rinnovabili. Le date sono precisamente individuate: dal 1° gennaio 2019 tutti i nuovi edifici pubblici costruiti in Paesi dell’Unione Europea, e dal 1° gennaio 2021 tutti quelli nuovi privati, dovranno essere “neutrali” da un punto di vista energetico, ossia garantire prestazioni di rendimento dell’involucro tali da non aver bisogno di apporti per il riscaldamento e il raffrescamento oppure di soddisfarli attraverso l’apporto di fonti rinnovabili.
Importante anche il Decreto legislativo 28/2011, attuativo dal 1 Giugno 2012, che stabilisce che in tutto il territorio nazionale i nuovi edifici, e quelli in ristrutturazione, facciano ricorso obbligatoriamente all’energia rinnovabile almeno per il 50% dei consumi previsti per l’acqua calda sanitaria. In aggiunta sarà obbligatorio soddisfare sempre da fonti rinnovabili la somma di parte dei consumi previsti per l’acqua calda sanitaria, il riscaldamento e il raffrescamento. Oltre alle rinnovabili termiche il Decreto stabilisce vincoli importanti anche per la parte elettrica dei fabbisogni degli edifici. E’ infatti obbligatorio installare impianti da fonti rinnovabili proporzionalmente alla grandezza dell’edificio. Inoltre per tutti gli edifici pubblici gli obblighi vengono incrementati del 10%. Numeri e parametri del Rapporto ONRE 2013

Isolamento termico: è tra i punti fondamentali da affrontare per il contenimento dei consumi energetici delle abitazioni ed è un parametro trattato da almeno un Comune per Regione. Sono 782 quelli che prevedono obblighi sull’isolamento termico degli edifici.

Tetti verdi: anche il ricorso a tetti verdi inizia ad essere inserito nei Regolamenti Edilizi proprio per migliorare l’isolamento termico degli edifici. In 328 Comuni per le nuove edificazioni è incentivata e promossa la realizzazione di parte della copertura con “tetti giardino” per un miglior isolamento termico.

Serramenti: per quanto riguarda i serramenti ad alta efficienza l’argomento viene affrontato in 439 Comuni, dei quali 386 obbligano a rispettare specifici parametri di trasmittanza, 64 incentivano miglioramenti nelle prestazioni.

Isolamento acustico: 303 Comuni hanno deciso di affrontare l’argomento del corretto isolamento acustico negli edifici. Di questi, 220 prevedono un limite preciso alle emissioni acustiche da rispettare, 45 prevedono incentivi qualora si raggiungano livelli di isolamento acustico particolarmente elevati.

Orientamento e schermatura degli edifici: sono 475 i Comuni che nei loro regolamenti affrontano il tema dell’orientamento e/o ombreggiatura delle superfici vetrate. In 324 Comuni i due requisiti sono obbligatori.
Permeabilità dei suoli ed effetto isola di calore: sono 212 i Comuni che trattano la permeabilità dei suoli nei loro Regolamenti Edilizi, punto fondamentale per impedire l’incremento delle temperature nella aree urbane, noto come effetto “isola di calore”, e di conseguenza per evitare un sempre crescente bisogno di impianti di climatizzazione nei mesi estivi.
Materiali da costruzione locali e riciclabili: 446 sono i Comuni i cui regolamenti edilizi prendono in considerazione l’origine dei materiali e l’energia impiegata per la loro produzione. In 50 vengono proposti incentivi per realizzare edifici con materiali naturali e riciclati.

Utilizzo fonti rinnovabili: risultati particolarmente importanti sono quelli raggiunti dalle energie rinnovabili. Infatti, in ben 856 Comuni italiani si parla dell’installazione di pannelli solari termici e fotovoltaici. Di questi sono 638 quelli dove vige l’obbligo di installazione del fotovoltaico e 613 per il solare termico.

Risparmio idrico: Sono 570 i Comuni che inseriscono il tema del risparmio idrico nei propri Regolamenti Edilizi, di cui 505 prevedono l’obbligo, 15 incentivi ed i restanti 50 fanno semplice promozione.

Recupero acque meteoriche: Il tema del recupero delle acque piovane, per la manutenzione delle aree verdi e per gli autolavaggi, è presente in 556 Comuni, in 449 di questi è un requisito obbligatorio.

Recupero acque grigie: questo tema è presente in 199 Regolamenti ed in 39 se ne fa un requisito cogente sia nel caso di nuova costruzione sia in quello di ristrutturazioni importanti.

Pompe di calore e caldaie a condensazione: Sono 22 i Comuni in cui si obbliga l’installazione di pompe di calore (in alternativa alle fonti rinnovabili) in 165 si fa promozione, mentre in 17 Comuni sono previsti incentivi.

Contabilizzazione individuale del calore: sono 251 i Comuni che si occupano della contabilizzazione individuale del calore con impianto centralizzato di produzione. Tra questi, sono 208 quelli che ne fanno un requisito cogente per i nuovi edifici o in caso di nuova installazione del sistema di produzione di calore.

Ventilazione meccanica: L’adozione di sistemi di ventilazione meccanica controllata è prevista in 345 Comuni. L’obbligo è presente in 105 Regolamenti Edilizi, mentre in 30 casi il requisito è incentivato.

Teleriscaldamento: In 200 Comuni viene espressamente richiesto nei Regolamenti Edilizi di utilizzare la rete di teleriscaldamento qualora presente ad una distanza inferiore ai 1.000 metri. In 9 Comuni sono previsti incentivi. Certificazione energetica: 441 Comuni sottolineano nel proprio Regolamento l’obbligatorietà della certificazione energetica per gli edifici. Sono 38 quelli che prescrivono per i nuovi edifici e le ristrutturazioni l’obbligo di raggiungere almeno la classe B. Sono in tutto 84 i Comuni che incentivano poi i “salti” di classe energetica, ossia il passaggio delle prestazioni energetico-ambientali degli edifici da una classe più bassa ad una più efficiente.

fonte: ufficio stampa Legambiente