Sacchetti di carta per l’umido:”Perfettamente compostabili e più adatti” | Intervista a Lorenzo Poli (Assocarta)

Assocarta: “Solo in Italia abbiamo dovuto dimostrare che la carta è tanto compostabile quanto la bioplastica. Per quanto riguarda i costi, se un sacchetto di bioplastica è in grado di reggere bene il peso di una spesa significa che costa tanto quanto la carta. Se costa di meno, finisce per rompersi”380706

Intervista a Lorenzo Poli, Presidente del Gruppo Carte da Involgere e Imballo Assocarta

Assocarta e Assografici si erano espresse in passato sulla bozza del bando dei sacchetti di plastica usa e getta entrato in vigore a tutti gli effetti solo a luglio di quest’anno, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto Competitività, che ha dato il via libera alla comminazione delle sanzioni per i trasgressori. L’avvento delle multe – almeno a livello ufficiale – ha segnato un incremento di vendite per la carta?

No, l’incremento c’è stato due anni fa, quando la legge è stata annunciata, varata e poi decretata. All’epoca abbiamo registrato un notevole interesse verso la carta, in alternativa ai sacchetti di plastica ormai banditi. Un fenomeno che non ha interessato tanto la Grande Distribuzione, rimasta appalto quasi esclusivo della bioplastica, ma piuttosto le botteghe, i piccoli commercianti, le librerie e i negozi d’abbigliamento. Il passaggio all’iter sanzionatorio invece non ci ha apportato nessun vantaggio ulteriore. Credo che l’arrivo delle multe abbia toccato piuttosto quei supermercati che, vista la scarsa effettività del bando, in molte zone d’Italia ancora usavano la plastica tradizionale. In ogni caso si tratta di distributori che con ogni probabilità passeranno alla bioplastica e non alla carta.

E come mai la grande distribuzione si rivolge quasi esclusivamente alla bioplastica?

Prevalentemente per una ragione di spazio. L’interesse di un supermercato è quello di stoccare il maggior numero di buste possibile sotto la cassa, e la bioplastica occupa meno volume. Non è certo una questione di prestazioni, anzi: la carta può fare tutto quello che fa la plastica; regge bene al peso e agli spigoli, come si può verificare tranquillamente mettendoci dentro la spesa al supermercato o perfino prodotti “ostici” come i libri. Dal punto di vista economico poi, c’è un po’ di tutto. In linea di massima possiamo dire questo: se un sacchetto di bioplastica, è in grado di reggere bene il peso di una spesa, significa che costa tanto quanto la carta. Se costa di meno, finisce per rompersi. A un supermercato non interessa più di tanto investire sulla qualità del sacchetto, dunque può scegliere di spendere meno affidandosi a sacchetti in bioplastica molto sottili, ai limiti del rischio rottura, ma evidentemente più economici.
A colpo d’occhio si direbbe che quasi tutte le grandi catene d’abbigliamento – non solo quelle di lusso, ma anche le multinazionali di largo consumo – che fino a poco tempo fa usavano la plastica, abbiano deciso invece di rivolgersi alla carta. E’ un’impressione fondata?

Sì, perché la carta è molto più versatile: per esempio, a una bottega di lusso interessa poter personalizzare la propria busta, con manici curati, una stampa di qualità, che porti un messaggio di eleganza, e da questo punto di vista la carta è indubbiamente il veicolo migliore. Ma ci si può sbizzarrire a seconda delle esigenze: una bottega più modesta può scegliere un’alternativa in carta più semplice, meno costosa, ma comunque più resistente della bioplastica ed esteticamente più gradevole.

Veniamo invece all’umido: il comune di Bolzano dà come indicazione ai propri cittadini quella di raccogliere l’organico destinato al compostaggio dentro sacchi di carta, diversamente da quanto accade nella maggior parte dei comuni italiani in cui si fa la raccolta dell’umido, che hanno scelto invece la bioplastica. La carta può essere compostata tanto quanto la bioplastica, senza danneggiare la qualità del compost? 
Quando le città italiane hanno cominciato a raccogliere l’umido in maniera selettiva le nostre cartiere vendevano già sacchetti per l’umido a mezza Europa: è soltanto in Italia che abbiamo dovuto dimostrare che la carta è tanto compostabile quanto la bioplastica. Dal punto di vista logico intuitivo è un’assurdità: dovrebbe essere la plastica semmai a dover dimostrare di essere tanto biodegradabile e compostabile quanto la carta, non il contrario. E invece, ancora oggi, siccome il mondo dei rifiuti umidi è in mano al Mater-Bi e alla bioplastica, se la carta vuole partecipare alle aste dei comuni per gli appalti sulla raccolta dell’umido, deve dimostrare di essere biodegradabile e compostabile quanto la bioplastica. Per rispondere direttamente alla domanda: che la carta sia biodegradabile è elementare. Che sia anche compostabile, e cioè adatta ad entrare negli impianti di lavorazione dell’umido, è un aspetto che – tanto quanto la bioplastica – abbiamo dovuto giustamente dimostrare, ma posso dire che le nostre cartiere producono carta perfettamente certificata e adatta al compostaggio. (NdR: a conferma, si veda l’elenco dei prodotti che hanno ottenuto il marchio CIC a questo link). Insomma, il costo di carta e bioplastica per quanto riguarda l’umido sono praticamente analoghi, ma i vantaggi di prestazioni che ha la carta sono enormi: basta fare un esperimento a casa. Se gli avanzi dell’umido in cucina li raccogliamo nella bioplastica, dopo una settimana sono ancora lì, ma in putrefazione, quindi con liquidi e cattivi odori. La carta invece è traspirante: gli avanzi di verdura e cibo si seccano, si asciugano e non puzzano.

Fonte: ecodallecitta.it

Mense scolastiche a Milano: da gennaio 2015 arrivano i piatti biodegradabili e compostabili

Pubblicata la gara d’appalto per sostituire 16 milioni di piatti di plastica, si inizia con le scuole primarie. Tra i requisiti materiale ricercato, tracciabilità, grado di compostabilità, sostenibilità e basso impatto ambientale per la produzione380709

Come già annunciato lo scorso marzo, la città di Milano è pronta per fare un nuovo deciso passo in avanti sulla strada della sostenibilità e lo farà nelle scuole, dove l’esempio per le nuove generazioni nell’uso di materiali che salvaguardino la salute del pianeta è determinante. Le stoviglie monouso in plastica saranno sostituite da quelle in materiale biodegradabile e compostabile.  Una scelta, quella di Milano Ristorazione, coerente con l’orientamento comunitario, nazionale e del Comune di Milano in tema di politiche ambientali finalizzate alla trasformazione dei rifiuti in risorse. Un impegno in linea con il Green Public Procurement che, tra l’altro, ha come obiettivo “… la ricerca e la scelta di soluzioni che abbiano il minor impatto possibile sull’ambiente nell’intero ciclo di vita di un prodotto”.
I prodotti monouso compostabili, non solo sono già risorsa, ma concorrono ad una miglior gestione dei rifiuti presso i punti di somministrazione dei pasti: i bambini infatti non dovranno più eliminare i residui di cibo dai piatti in plastica per separare correttamente i due rifiuti, ma con un solo gesto conferiranno nel sacco dell’umido entrambi.
Per Milano Ristorazione questi materiali contribuiranno anche al processo di ricostituzione della sostanza organica grazie ad una migliore qualità del compost. Milano Ristorazione, prima di indire la gara d’appalto, ha esplorato il tema, affidandosi alla competenza del prof. Walter Ganapini, esperto riconosciuto di politiche ambientali, affinché le caratteristiche del prodotto da ricercare fossero definite con cura e il risultato atteso più efficace. Sarà posta attenzione al tipo di materiale ricercato, alla sua tracciabilità, al grado di compostabilità, alla sostenibilità ambientale ed al minor impatto possibile per la sua produzione. La “rivoluzione” dei piatti compostabili partirà dalle scuole Primarie, la popolazione scolastica più numerosa; quando sarà a pieno regime in tutte le scuole servite da Milano Ristorazione, saranno 16 milioni all’anno (il numero di piatti necessari per le due portate servite)i piatti di plastica sostituiti da quelli biodegradabili e compostabili che, una volta usati, saranno destinati alla frazione umida della raccolta differenziata con un risparmio in produzione di circa 240.000 kg all’anno di plastica. Nell’anno di Expo 2015 saranno 46000 gli alunni delle Primarie coinvolti da questo cambiamento epocale, un primo passo al quale seguirà l’estensione a tutte le altre scuole di ogni ordine e grado.  Solo pochi giorni fa avevamo dato notizia di un’altra iniziativa scolastica virtuosa, ma per ora limitata ad alcune classi, elementari e poi medie, di un singolo Istituto Scolastico: l’IC Galvani che con la Primaria di via Casati e le Medie di via San Gregorio ha iniziato a sperimentare l’uso della gavetta (o schiscetta) al posto dei piatti usa e getta. Milano Ristorazione serve nella città 207 nidi d’infanzia, di cui 75 con cucina interna; più 443 refettori di cui 144 primarie, 178 scuole d’infanzia comunali, 27 scuole d’infanzia statali, 62 secondarie di I grado, 5 scuole private convenzionate con il Comune, 1 cliente terzo refrigerato, 18 servizi speciali, 3 servizi speciali privati, 2 cooperative sociali, 3 scuole private.

 

Fonte: ecodallecitta.it

Bioshopper, Passera e Clini firmano il decreto

E’ stato firmato dai ministri Corrado Passera (sviluppo economico) e Corrado Clini (ambiente) il decreto interministeriale contenente le specifiche tecniche e le caratteristiche dei sacchi per asporto merci: i bioshopper.

bustediplastica

Il decreto, che sarà notificato alla Commissione europea, definisce non solo le caratteristiche tecniche dei nuovi sacchi, ma ne stabilisce specifiche categorie (sia per quelli destinati ad uso alimentare che non) e i criteri di commercializzazione.

L’annuncio è stato dato in una nota del Ministero dell’Ambiente:

Il decreto fa finalmente chiarezza sulla normativa che regola i sacchetti di plastica, incrementando l’uso di quelli ecofriendly, che contribuiscono alla strategia per la decarbonizzazione dell’economia che è stata appena approvata dal Cipe. Il provvedimento normalizza le incertezze che hanno ostacolato lo sviluppo della filiera produttiva, incentiva la chimica verde e mette l’Italia in linea con l’Ue, dando un segnale concreto alle sollecitazioni venute recentemente dalla Commissione sia con l’avvio della consultazione pubblica su come ridurre l’inquinamento generato dalla plastica sia dalla presentazione del ‘Libro verde’ per la promozione dei riciclo dei rifiuti plastici.

Con queste parole il ministro Clini ha dato, a grandi linee, un’idea generale del contenuto del decreto interministeriale. Sui bioshopper si era creato un vuoto amministrativo e legislativo che pareva incolmabile, con tutte le criticità che questo comporta all’atto pratico. La norma, che doveva essere pronta già nel 2011, era letteralmente scomparsa nel Decreto milleproroghe, vede finalmente la tanto agognata luce: tra i nuovi sacchi rientrano quelli monouso biodegradabili e compostabili, conformi alla norma armonizzata Uni En 13432 del 2002, e quelli riutilizzabili in carta, in tessuti di fibre naturali, fibre di poliammide e materiale diversi dai polimeri. Ovviamente i consumatori dovranno essere consapevoli delle caratteristiche dei singoli sacchi, in modo da poter valutare l’idoneità del loro utilizzo (se alimentare o meno): una dicitura, riportata sia sui monouso che sui riutilizzabili, permetterà un facile uso dei bioshopper.

Il decreto regolamenta l’uso delle buste degradabili e compostabili, secondo quanto è previsto dalla normativa europea, e gli usi commerciali delle buste riciclabili di plastica tradizionale. L’obiettivo è fare in modo che le buste biodegradabili e compostabili siano usate soprattutto nel settore alimentare, contribuendo così a ridurre la produzione dei rifiuti. Con queste parole Clini pone indirettamente anche altre questioni, altrettanto importanti: ad esempio la mancanza di una normativa seria sugli imballaggi, sul riuso dei materiali, sulla carenza degli impianti di compostaggio (in particolare nel centro Italia). Ma a tutto c’è un rimedio.

Fonte: Ministero dell’Ambiente