Perché fa bene andare in bicicletta

Sempre più persone riscoprono la bicicletta e non solo come strumento ludico06

Per molto tempo, nel nostro paese, si è pensato alla bicicletta esclusivamente come a un mezzo ludico-ricreativo, ma negli ultimi quindici anni qualcosa è cambiato, anche nelle grandi città. La bicicletta è tornata a essere il mezzo di trasporto, il modo per coniugare un esercizio divertente, a un’attività sana e antistress. Molti studi hanno dimostrato come nelle città, entro un raggio di 5 km, la bicicletta sia molto più competitiva di qualsiasi altro mezzo di trasporto.

Vediamo quali sono i benefici che l’attività ciclistica produce sull’organismo umano.

  1. Migliora la salute cardiovascolarerafforzando la muscolatura del cuore, abbassando la pressione e riducendo il ritmo cardiaco.
  2. Migliora la circolazione venosa perché ne contrasta l’insufficienza.
  3. Aiuta a controllare il peso: in un’ora di bici si bruciano fra le 300 e le 600 calorie.
  4. Protegge da alcune malattie problemi di salutequali tumori, ictus, infarto, diabete e osteoporosi.
  5. Riduce i livelli di glicemia, di colesterolo e di trigliceridi e aumenta il colesterolo “buono”.
  6. Fa bene all’umoreed è un potentissimo antistress specialmente quando è praticato in aree verdi e fuori dai grandi centri urbani
  7. A differenza di molti altri sport (tennis, calcio, running…) non sovraccarica le articolazionipoiché in bicicletta il peso non impatta sul terreno e non è chiamato a sforzi asimmetrici.
  8. È uno sport che si adatta alle condizioni individuali dei singoli pedalatori, questo modulando velocità e intensità.
  9. Migliora la ventilazione polmonarefavorendo l’ossigenazione dei tessuti.
  10. Rafforza e tonifica i muscoli, non solo quelli delle gambe (estensori della coscia, glutei e polpacci), ma anche i muscoli lombari, addominali, spalle e braccia.

Fonte: ecoblog.it

L’olio di canapa nell’alimentazione

Ricavato dalla spremitura a freddo dei semi della pianta di canapa, ha un alto valore nutrizionale e rappresenta un alimento basilare per il nostro organismo. È stato dimostrato che la somministrazione dell’olio di semi di canapa abbassa i livelli ematici di colesterolo e trigliceridi, diminuisce il grado di aggregazione piastrinica ed è protettivo dopo un danno al miocardio.

Si ringrazia la rivista Dolce Vita Online – Alternative Lifestyle Magazinecanapa_01

L’olio di semi di canapa è un alimento che si ricava dalla spremitura a freddo dei semi della pianta di canapa. Il seme di canapa è l’alimento vegetale con il più alto valore nutrizionale. Ha un contenuto di proteine pari al 20-25%: l’elevato contenuto di edestina, insieme con l’altra proteina globulare, l’albumina, fa in modo che tali proteine contengano tutti e nove gli amminoacidi essenziali in una combinazione proteica unica in tutto il mondo vegetale, fornendo così al nostro corpo la base sui cui creare altre proteine come le immunoglobuline. Queste sono gli anticorpi che respingono le infezioni prima ancora che arrivino i primi sintomi percepibili. Di grande rilievo anche il tenore dei carboidrati che gli conferiscono un valore energetico elevato (516 Kcal per 100 gr). Il seme di canapa presenta una frazione grassa (34-35%) di ottima qualità e di composizione equilibrata, costituita per il 70-75% da una miscela di acidi grassi polinsaturi come l’acido linoleico omega 6 e l’acido linoleico omega 3 ed il gammalinoleico (insostituibile nel processo di sintesi delle prostaglandine, sostanze che regolano l’attività di numerose ghiandole, dei muscoli e dei recettori nervosi). L’acido linoleico omega-6 e l’acido alfalinoleico omega-3 sono acidi grassi essenziali (Essential Fatty Acid – EFA): il nostro corpo non riesce a sintetizzarli da altre molecole. Questi acidi devono essere necessariamente presenti nella nostra dieta in quantità sufficiente per non sviluppare sintomi di carenza o, addirittura, malattie. In generale gli omega-6 e gli omega-3 dovrebbero essere assunti in una proporzione ideale di 3:1 fino a 5:1.canapa_02

L’alto valore nutritivo dell’olio di canapa risiede nel fatto che ci fornisce entrambi gli EFA in una proporzione benefica per l’uomo. Oggi sappiamo che gli acidi grassi essenziali agiscono attraverso vari meccanismi, svolgendo ruoli essenziali nel traffico metabolico, come metaboliti e messaggeri, sia agendo direttamente sui recettori nucleari per attivare e reprimere diverse vie metaboliche necessarie per la corretta risposta difensiva della cellula, sia permettendo all’organismo di formare le molecole eicosanoidi, che sono coinvolte nelle funzioni riproduttive, nella febbre, nelle infiammazioni e nel dolore associato a traumi o malattie, nella formazione dei coaguli di sangue, nella regolazione della pressione sanguigna, nella secrezione dell’acido gastrico e in molti altri processi importanti per la salute dell’uomo.
Lo spettro degli acidi grassi dell’olio di canapa è alla base dei suoi benefici nutritivi. Se paragonato ad altri oli commestibili non raffinati, l’olio di canapa ha alte percentuali di acidi grassi essenziali (in genere il 75%) per lo più in forma di acido linoleico omega-6. Una grande proporzione (dal 15 al 25%) è di acido alfa linoleico omega-3. Il 10-15% è composto di acido oleico monoinsaturo e il totale degli acidi grassi saturi è il 9-11% di tutti gli acidi grassi dell’olio di canapa. Inoltre contiene basse percentuali di molti acidi grassi polinsaturi che hanno un ruolo importante nel metabolismo umano, come l’acido gamma linoleico (GLA, omega-6) e l’acido stearidonico (omega-3). Il contenuto di questi grassi “minori” varia considerevolmente in dipendenza delle varietà e delle condizioni di crescita.

La maggior parte degli oli vegetali non contiene il rapporto ottimale di Omega-6/Omega-3 (3 a 1) e tende a promuovere l’accumulo di prodotti intermedi che ostacolano il metabolismo degli acidi grassi. L’olio di semi di canapa, al contrario, è correttamente equilibrato e non promuove l’accumulo di prodotti metabolici. Considerevole anche la dotazione di vitamine A, E (antiossidanti naturali), PP, C, e del gruppo B (esclusa la B12). Ricordiamo inoltre i fitosteroli e alcuni componenti della famiglia dei cannabinoidi come THC e CBD. Quest’ultimo non ha effetti psicoattivi ma agisce sul sistema delle anandamidi prodotte dal nostro organismo (cannabinoidi endogeni) che modulano le risposte dell’organismo nel sistema immunitario e agevolano le funzionalità cognitive e mentali attraverso l’attivazione di recettori specifici. Il livello di THC è molto basso, meno di una parte per milione e per avere effetti “tossici” da parte di questa sostanza bisognerebbe assumere dai 6 ai 9 litri di olio al giorno. L’olio di canapa rappresenta un alimento basilare, cioè un alimento che per sua natura può ottimizzare la risposta del sistema immunitario come prevenzione, ma anche nel trattamento delle malattie alla cui origine c’è la reazione infiammatoria. È stato dimostrato che la somministrazione dell’olio di semi di canapa abbassa i livelli ematici di colesterolo e trigliceridi, diminuisce il grado di aggregazione piastrinica ed è protettivo dopo un danno al miocardio. La maggior parte delle malattie cardiovascolari è causata dalla formazione di placche nelle arterie, cioè di depositi di grasso sulle pareti interne dei vasi sanguigni, che, con il passare del tempo, si induriscono e impediscono al sangue di circolare (arteriosclerosi). Questo processo potrebbe portare ad un completo blocco della circolazione, causando un colpo apoplettico o un attacco di cuore.canapa_03

È stato provato che l’assunzione quotidiana di acido linoleico e GLA (omega-6), equivalente a quattro/cinque cucchiaini di olio di canapa al giorno, fa diminuire rapidamente gli eccessivi livelli nel sangue di colesterolo LDL e di colesterolo totale, riducendo così il rischio di trombosi. Altri studi hanno dimostrato che gli acidi grassi omega-3 riducono significativamente il rischio di morte tra i sopravvissuti ad attacchi cardiaci. In questo modo l’olio di canapa può aiutare a ridurre il rischio di arteriosclerosi e di altre malattie cardiovascolari. Infine l’olio di canapa contiene anche piccole quantità di molte altre sostanze benefiche. I fitosteroli che ostacolano l’assorbimento del colesterolo, i fosfolipidi, conosciuti come lecitina, che sono essenziali per l’integrità delle membrane cellulari, aiutano a scindere i grassi ingeriti e migliorano il loro utilizzo da parte del fegato. I caroteni, che sono predecessori della vitamina A, necessari per la crescita e per la vista. E molti minerali tra i quali calcio, magnesio e potassio. L’olio di canapa può essere considerato un “vaccino” nutrizionale, nel senso che ha tutti gli effetti di un alimento protettivo, introdotto quotidianamente nella propria dieta. L’individuo sano deve assumere un cucchiaino da tè di olio di canapa al giorno, tutto l’anno, con l’eccezione dei mesi più caldi, nell’individuo malato la dose minima è di un cucchiaio da tavola al giorno tutto l’anno e si può salire fino a 3 cucchiai al giorno come terapia d’attacco.

Dott. Antonella Chiechi

Specialista in endocrinologia e malattie del ricambio

Fonte: ilcambiamento.it

Forni a microonde: dove sta la verità?

È una discussione che non pare avere fine quella sui forni a microonde; ma cosa ancora più preoccupante, una questione sulla quale la scienza ha cercato ben poche risposte, se non quelle adatte a rassicurare i consumatori. Eppure ci sono parecchi elementi che dovrebbero indurre a capirne di più.forno_microonde_rischi

Chi ricorda lo scienziato svizzero Hans Hulrich Hertel? Questo ricercatore, recentemente scomparso, ha combattuto negli anni ’90 del secolo scorso una strenua battaglia giudiziaria per poter pubblicare i risultati dei suoi studi (1) sul forno a microonde. È stato costretto a ricorrere persino alla Corte europea per i diritti umani, ma alla fine l’ha spuntata. E quanto emerso era tutt’altro che rassicurante. Purtroppo quello studio è stato condotto su un numero molto piccolo di individui e avrebbe dovuto essere ripetuto, visti gli esiti allarmanti, con urgenza su numeri molto più ampi per avere ulteriori risposte. Invece la “scienza” si è fermata lì, studi simili non sono mai più stati condotti. Forse la questione è troppo spinosa, tocca troppi interessi, ha troppe implicazioni scomode…meglio lasciar perdere. Non prima però di avere cercato di screditare il lavoro di Hertel e lui stesso. È andata così e, se ci si pensa, è legittimo chiedersi cosa un simile atteggiamento abbia a che fare con la vera scienza. Sulla questione è uscito di recente un libro che offre una panoramica del problema, “Forno a microonde? No grazie”(Macro Edizioni). Se anche il titolo lascia intuire la direzione intrapresa dall’autore Saverio Pipitone, è vero però che tutto è ampiamente documentato e permette di raccogliere le idee su una questione che sicuramente merita di essere approfondita. Ma cosa aveva scoperto Hertel? Per due mesi aveva studiato otto volontari che seguivano una determinata dieta, analizzando il sangue prima e dopo il consumo di otto tipi di alimenti, alcuni dei quali cotti o scongelati nel microonde e altri crudi o cotti in modi convenzionali. Il risultato fu che l’energia delle microonde assorbita dal cibo si trasferiva nel sangue dei soggetti studiati, «fenomeno governato dalle leggi della fisica e confermato in letteratura» si leggeva nel suo rapporto. Gli effetti misurabili comprendevano «anche modifiche nel sangue compatibili con lo stadio iniziale di un processo patologico simile a quello che si osserva all’inizio di una condizione cancerosa». La rivista trimestrale svizzera Journal Franz Weber dedicò grande attenzione a questo tema nel numero 19 del 1992, proponendo e sostenendo la ricerca di Hertel e del suo collega Blanc. A scrivere un lungo articolo che richiamava gli esiti dello studio, fu Renè d’Ombresson dello staff editoriale della rivista. «Il cibo trattato con le microonde ha causato modifiche significative nel sangue dei volontari (riduzione evidente dei livelli di emoglobina, aumento dell’ematocrito, dei leucociti e del colesterolo soprattutto HDL e LDL)» scriveva D’Ombresson. E ancora: «Le radiazioni assorbite dal cibo cotto con le microonde possono trasferirsi nell’organismo di chi consuma quel cibo? Per rispondere a questa domanda cruciale, i ricercatori hanno utilizzato un nuovo metodo di bioluminescenza batterica che permette di individuare il livello di stimolazione o inibizione dei batteri nel sangue. I risultati hanno mostrato con chiarezza che il cibo irradiato irradia a sua volta e questo effetto prolungato sul sangue deve essere preso in seria considerazione poiché ci si viene a trovare di fronte ad una irradiazione diretta». D’Ombresson aveva poi aggiunto: « Oltre agli effetti termici delle microonde, ci sono anche effetti non termici, malgrado la scienza ufficiale vi presti scarsa attenzione. Sotto questa doppia influenza, le molecole vengono frantumate, la loro struttura si deforma e le loro naturali funzioni risultano alterate». In conclusione si leggeva: «Se perdura lo stress indotto dalle microonde, i meccanismi riparatori saltano e le cellule, in cerca di energia, passano alla respirazione anaerobica (senza ossigeno). Al posto di H2O e CO2 (respirazione aerobica), si hanno elementi tossici, H2O2 e CO, come si osserva nelle cellule cancerose. Come si può vedere, le scoperte del professor Blanc e del dottor Hertel sono sufficientemente allarmanti per indurre la rapida messa al bando dei forni a microonde, lo stop alla produzione e alla vendita e la rottamazione di tutti quelli in attività. Ne va della salute pubblica». Il numero della rivista riportava poi lo studio integrale di Blanc e Hertel, dove si spiegava come «attraverso l’irradiazione del cibo la struttura delle molecole viene sgretolata e deformata e si formano nuove sostanze con effetti duraturi sulle quali la scienza sa ben poco», inoltre «sulla base di un ben noto processo elettromagnetico, quel cibo diventerà fonte e vettore della radiazione». Veniva quindi illustrato l’abbassamento della concentrazione di emoglobina e l’aumento dell’ematocrito con consumo di vegetali cotti con questa tecnica, segnali rispettivamente, sosteneva Hertel, di una tendenza all’anemia e di un avvelenamento acuto. Hertel aveva poi registrato un aumento dei leucociti e del colesterolo, soprattutto HDL e LDL, e una diminuzione dei linfociti. Il quadro complessivo lo aveva indotto a concludere che si trattava di modifiche compatibili con disturbi patogeni e con una iniziale evoluzione cancerosa, problemi simili agli effetti delle deformazioni osservate in cellule viventi sottoposte a irradiazione con microonde. Inoltre la luminescenza dei batteri entrati in contatto con il siero dei volontari che avevano mangiato cibo irradiato era molto più alta di quella riscontrata nel sangue dei volontari che avevano mangiato cibo cotto con altre tecniche, a dimostrazione di un possibile trasferimento di energia radiante. Con la pubblicazione di quello studio Hertel si guadagnò gli strali di enti, istituzioni e produttori di elettrodomestici. Ne seguì una battaglia fatta di udienze e sentenze di vario grado, fino alla Corte Europea. Lo studio di Hertel era all’epoca pressochè unico nel suo genere e tale è rimasto. Sebbene condotto su un campione molto piccolo di soggetti e non indicizzato dalla banda dati medica Med-Line, ha fornito elementi interessanti. Eppure il mondo accademico non ha raccolto l’input, non sono state eseguite ricerche su larga scala per verificare cosa accade all’organismo dopo l’ingestione di cibo trattato con microonde. Si è scelto di lasciarsi alle spalle il dubbio, di ignorare quegli elementi di preoccupazione. Ma sapete quanti forni a microonde si producono ogni anno? Ben 25 milioni. Sarebbe proprio il caso di andare a fondo. Ad approfondire la tematica è proprio il libro di Pipitone, fresco di stampa. «Descrivo la nascita, l’evoluzione e la diffusione del microonde nelle cucine del mondo e riporto studi o pareri di esperti sulla sua pericolosità, compresa la vicenda di Hertel»  spiega l’autore. Il cibo in questi apparecchi viene cotto tramite microonde che si diffondono all’interno, rimbalzano sulle pareti propagandosi in tutte le direzioni e vengono quindi assorbite dagli alimenti. Le molecole di acqua nei cibi vibrano quando assorbono l’energia delle microonde e la frizione tra di esse genera il calore che cuoce l’alimento. Ma i grassi e l’acqua si riscaldano in tempi diversi rispetto ai carboidrati e alle proteine e questo crea disomogeneità con aree più fredde dove i batteri possono sopravvivere. Siccome la cottura non risulta sempre uniforme, molti produttori hanno inserito una piastra mobile che fa ruotare il cibo in modo che venga colpito da più parti. «Nel dopoguerra, i produttori dei primi forni a microonde dovettero precisare che si trattava di un  Radarange, da radar+range, per cuocere i cibi mediante radar che fino a quel momento era conosciuto solo per faccende militari – prosegue Pipitone – Nel 1949 la Raytheon Com­pany, titolare del brevetto della cottura a microonde e adesso azienda di difesa missilistica, noleggiò uno dei primi forni per 5 dollari al giorno all’Hotel Roosevelt. Erano gli anni in cui il mondo veniva diviso in due blocchi ideologici: da un lato i comunisti dell’Unione Sovietica con la smania della ricerca scientifica che incluse anche i radar militari per studiare eventuali sintomi cancerogeni sull’uomo; dall’altro lato i capitalisti degli Stati Uniti con la furia di un’economia di mercato che portò i radar in cucina per sostenere nuovi stili di vita sempre più rapidi con la parallela diffusione di cibi industrialmente modificati. Con la fine delle ideologie, è rimasto solo il fastconsumo che ha riunito il mondo in un grasso globo massificato modellandolo nell’aspetto di un “junk food and obesity” con un accelerazione tecnica,  sociale ed umana che si ripercuote sull’alimentazione provocando una destruttura­zione nella regolarità dei pasti, consumati in continuazione e spesso senza trarre alcun piacere. Peraltro esistono già sistemi di cottura tecnologicamente evoluti con contenitori o pentole in grado di scaldare i cibi con onde elettromagnetiche di tipo wireless, delineando così un futuro sempre più legato a un’energia che immergerà ed affogherà l’essere umano in uno spettrale campo magnetico invisibile, inodore, intoccabile e altamente nocivo».

Al documento viene dato il titolo: Vergleichende Untersuchungen über die Beeinflussung des Menschen durch konventionell und im Mikrowellenofen aufbereitete Nahrung(“Studio comparativo degli effetti sugli esseri umani del cibo preparato nei modi convenzionali o con il forno a microonde”)

 

Fonte: ilcambiamento.it

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