Una legge per ecovillaggi, cohousing e comunità intenzionali

Una rete di associazioni ha presentato una proposta di legge per introdurre un testo che inquadri e sostenga dal punto di vista normativo forme di vita comunitaria oggi sempre più diffuse e importanti. Allo stato attuale infatti, le comunità intenzionali devono aggrapparsi ad appigli burocratici inadatti allo scopo, rinunciando spesso a interessanti possibilità di incidere positivamente sul territorio. In risposta a una società sempre più parcellizzata, nella quale dilagano solitudine e senso di impotenza rispetto alle grandi sfide dei nostri tempi – economiche, sociali e ambientali –, sono molte le persone che si stanno avvicinando all’esperienza delle Comunità Intenzionali, riconoscendone il valore e le potenzialità. Ecovillaggi e cohousing, dunque, ma anche condomini solidali e altre forme dell’abitare collaborativo, tutte accomunate dalla scelta di condividere gli spazi di vita e di progettarli insieme, ispirati da principi di solidarietà e sostenibilità – relazionale, sociale, economica e ambientale. Fino a oggi questi preziosi laboratori sociali sono nati, si sono moltiplicati e hanno prosperato pur senza un riconoscimento legale, attingendo a forme giuridiche spesso variegate e intrecciate fra di loro. Emblematico, fra i tanti, il caso dell’Ecovillaggio Lumen, dove l’essere comunità intenzionale è espresso in ben cinque forme organizzative, ognuna con un suo costo e una sua complessità.

«Abbiamo una cooperativa di lavoro per le attività lavorative comuni. Una cooperativa di abitazione per gestire gli immobili in proprietà indivisa. Un’associazione di promozione sociale per gestire le attività no profit e di utilità sociale. Poi un’associazione non riconosciuta per gestire la condivisione delle automobili. E, per non farci mancare niente, un condominio per la condivisione di bollette e altre spese comuni», ha spiegato Federico Palla, membro dell’Ecovillaggio Lumen. Costellazioni di forme giuridiche, queste, che se da una parte comportano uno sforzo da parte di chi vive o vorrebbe vivere in una comunità intenzionale, dall’altra possono generare confusione nelle Pubbliche Amministrazioni.

Per superare queste difficoltà, semplificando ma anche per aprire nuovi orizzonti all’esperienza delle Comunità Intenzionali in Italia, la Rete Italiana dei Villaggi Ecologici, la Rete Italiana Cohousing, Rete Europea SALUS, e CONACREIS, negli ultimi anni hanno elaborato una proposta di legge per il riconoscimento delle Comunità Intenzionali, che grazie all’iniziativa dei deputati Alberto Zolezzi, Federica Daga, Salvatore Micillo, Patrizia Terzoni e Stefano Vignaroli è stata depositata in Commissione Affari Costituzionali il 22 ottobre 2020. Dal 2013 raccontiamo, mappiamo e mettiamo in rete chi si attiva per cambiare l’Italia, in una direzione di maggiore sostenibilità ed equità economica, sociale, ambientale e culturale. Lo facciamo grazie al contributo dei nostri lettori. Se ritieni che il nostro lavoro sia importante, aiutaci a costruire e diffondere un’informazione sempre più approfondita. Fra i punti interessanti che emergono dalla proposta di legge c’è la possibilità per le Pubbliche Amministrazioni di concedere alle Comunità Intenzionali la disponibilità e l’uso di immobili e beni pubblici, come anche i beni confiscati alla mafia. «In Italia il patrimonio immobiliare abbandonato è vastissimo», ha spiegato Federico Palla. «Le assegnazioni, attualmente, già esistono per Associazioni, Cooperative Sociali, Fondazioni… Ora quest’opzione potrebbe aprirsi anche alle Comunità Intenzionali, che oltre a recuperare gli spazi sottraendoli all’abbandono potrebbero ravvivarli abitandoli e renderli disponibili alla comunità locale».

A questo si aggiunge la possibilità per le Comunità Intenzionali, ispirate a principi di ecoreversibilità e sostenibilità energetica e ambientale, di partecipare a procedimenti amministrativi di gestione e riciclo dei rifiuti prodotti e di riparazione. E siccome oneri e onori vanno insieme, la proposta di legge chiede in cambio alle Comunità Intenzionali che vorranno avvalersi di questa opzione di calcolare la propria impronta ecologica, in un’operazione di trasparenza.

Segue poi l’istituzione di un Osservatorio Nazionale sulle Comunità Intenzionali, presieduto dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e composto anche da ANCI e ISPRA, chiamato a definire gli indicatori per la misurazione dell’impronta ambientale delle Comunità Intenzionali, a rappresentare gli interessi delle Comunità Intenzionali nei rapporti con gli organi istituzionali e a redigere un rapporto annuale sul fenomeno. «Sarebbe interessante, nel corso dei lavori, individuare anche i possibili legami fra le Comunità Intenzionali e le Comunità Energetiche che, detta semplice, sono gruppi di persone che decidono di condividere la produzione e il consumo di energia», ha aggiunto Federico Palla.

L’approvazione della proposta di legge per il riconoscimento delle Comunità Intenzionali potrebbe aprire una nuova stagione per coloro che già sperimentano da tempo l’abitare collaborativo, per chi vuole intraprendere per questo percorso, per la cittadinanza nel suo complesso e diventare un prezioso precedente anche per altri paesi europei. Il viaggio verso l’approvazione, tuttavia, è ancora lungo. «Attualmente la proposta di legge è depositata in Commissione Affari Costituzionali, dove inizia l’iter. Ma, depositata, è come se fosse in un cassetto. Il primo passo importante sarà la calendarizzazione – vale a dire la messa all’ordine del giorno – e la discussione della proposta per verificare se ci sono profili di incostituzionalità o problemi di incoerenza con altre leggi dello Stato».

«A questo seguiranno gli esami delle altre Commissioni interessate. Siccome la proposta di legge è molto ampia, perché l’esperienza delle Comunità Intenzionali riguarda tanti aspetti diversi della vita, le Commissioni a dover esaminare la proposta e a valutarla saranno sette, ognuna delle quali potrà intervenire con delle modifiche. Si tratta dunque di esame ampio e solo una volta concluso tutto l’iter la legge potrà essere votata, eventualmente approvata, e diventare infine legge dello Stato», ci ha spiegato Federico Palla. Le reti promotrici, per evitare che la proposta di legge per il riconoscimento delle Comunità Intenzionali resti “nel cassetto”, si stanno già mobilitando per chiedere supporto alla cittadinanza. Nei prossimi mesi, dunque, si susseguiranno eventi online di presentazione della proposta di legge, ai quali prenderanno parte i deputati promotori della legge e le realtà promotrici della proposta e con il sostegno di volontari verranno prodotti e diffusi materiali informativi per raccontare la proposta e le sue finalità. Chi volesse contribuire a dare forza alla proposta di legge sulle Comunità Intenzionali può esprimere il proprio sostegno firmando questa petizione, diffondendola o ancora scrivendo, in qualità di cittadini e/o di organizzazioni, a deputati e senatori mettendoli a conoscenza della proposta e stimolando il loro interesse. «Serve sensibilizzare le forze politiche, perché sono loro che potranno portare avanti l’iter», ha concluso Federico Palla.

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2021/04/legge-ecovillaggi-cohousing-comunita-intenzionali/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Una casa condivisa nel paese della fiaba

Trasformare una casa privata in una casa condivisa dove si possano incontrare i talenti delle persone che intendono sviluppare insieme nuovi progetti e scambiarsi idee ed esperienze. È questo il “nuovo” sogno di Marta e Gianni che, alla ricerca di uno stile di vita a contatto con la natura, da qualche anno si sono trasferiti a Ca’ del Ciliegio, una vecchia casa contadina ristrutturata incastonata tra colline e vigneti. Nella valle Trevigiana immerso in un tipico paesaggio alpino, si adagia sulle pendici della foresta del Cansiglio un piccolo centro abitato noto come il “paese della fiaba”: si tratta di Sarmede, famoso nel mondo perché sede annuale della mostra internazionale dell’illustrazione per l’infanzia fondata dal pittore Stepan Zavrel. Circondata da un panorama che è proprio il caso di definire “fiabesco”, c’è Ca’ del Ciliegio, una vecchia casa contadina ristrutturata e circondata da due ettari di terreno che è oggi abitazione, B&b, B&B&B e sede dell’Associazione Borgo dei Chiari Onlus e dei suoi progetti. Ma andiamo con ordine.ca-del-ciliegio-11

Marta e Gianni con i propri figli, innamorati di questo luogo incastonato tra colline e vigneti, si sono trasferiti da Padova nel 2014 per ricercare uno stile di vita più a contatto con la natura. Psicologa comportamentale lei, architetto specializzato in costruzioni di bamboo lui, oltre a trovare in Ca’ del Ciliegio la propria abitazione, hanno aperto le porte delle sei stanze a disposizione, utilizzando la struttura come B&B. Poi c’è il B&B&B, un Bed and Breakfast con Baratto che offre ospitalità in cambio di piccoli lavori di manutenzione o per i progetti dell’Associazione.

“Pensare bene per agire meglio” è il motto che guida AbdC Onlus, un’organizzazione di 44 soci che si occupa di bambini con autismo, laboratori di artigianato con persone svantaggiate, accoglienza e affido, coltivazioni e costruzioni con bamboo, tutte attività nate dalle inclinazioni dei due fondatori Marta e Gianni. Oggi Ca’ del Ciliegio ambisce a crescere ancora dando vita al progetto Sh.a.l.o.m (Shared house, artistic, ludic, open, mindful), per trasformarsi in un centro di cohousing diffuso dove quanti condividono lo scopo del progetto possano lavorare insieme per raggiungerlo.ca-del-ciliegio-2

Attraverso Sh.a.l.o.m. Ca’ del Ciliegio vorrebbe diventare una casa condivisa che non sia soltanto luogo di incontro fisico ma prima di tutto di idee e esperienze di vita, uno spazio di espressione artistica dove i talenti si possano confrontare, un luogo dedicato all’educazione dei più piccoli che privilegi lo sviluppo della fantasia, un luogo in continua evoluzione accessibile e replicabile in altri contesti. Sh.a.l.o.m. è un progetto bello e ambizioso per cui è stata avviata una campagna di crowdfunding  che chiunque può decidere di sostenere. In cambio del finanziamento ci sarà la possibilità di conoscere da vicino questo luogo fiabesco attraverso un soggiorno nella struttura: “proprio perché crediamo che il valore aggiunto di questo progetto sia la possibilità della conoscenza diretta – spiegano i promotori del progetto – della partecipazione, del mettere in comunicazione persone ed esperienze. Finanziarci sarà anche un modo per venirci a trovare e vedere più da vicino quello che facciamo… e magari trovare un nuovo progetto da costruire insieme o per cui collaborare”.

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2017/11/casa-condivisa-paese-fiaba/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

Ecovillaggi, cohousing, comunità, ecovicinato: come affrontare la conflittualità con successo

Costruire il cambiamento attraverso la facilitazione, il consenso e la risoluzione dei conflitti. In partenza due corsi di formazione diretti da Beatrice Briggs e organizzati dall’Associazione Paea: dal 13 al 19 ottobre al Parco delle Energie Rinnovabili in Umbria e dal 22 al 26 ottobre all’Ecovillaggio Torri Superiore in Liguria.bea_briggs

Quando si inizia un progetto assieme agli altri, normalmente si pensa che il maggior problema da affrontare è quello relativo ai soldi, cioè come procurarseli per realizzare ciò che si pianifica. Pare invece che ci sia un problema maggiore che è causa di molti fallimenti. Per chi si occupa di progetti assieme ad altri sa bene che una delle cause maggiori di conflittualità sono i rapporti relazionali e spesso ci si divide o si interrompono attività collettive molto interessanti e dalle grandi potenzialità, perché le persone non vanno d’accordo. E non può che essere così, se mettiamo assieme una serie di fattori: un sistema come quello attuale ci spinge ad un individualismo esasperato, quindi le persone non sono abituate nel cercare di trovare collettivamente delle soluzioni; la tecnologia e la virtualizzazione ci fanno pensare che tanto risolveremo tutto facilmente, magari con un click o attraverso qualche sito dedicato, quando poi accade esattamente il contrario e siamo sempre più deboli e incapaci di affrontare anche problemi semplici. In Italia, poi, siamo esasperatamente campanilistici fino ad arrivare ad esserlo individualmente nel senso che spesso si pensa di avere ragione assoluta e difficilmente si mette in discussione  ciò che si ritiene assodato. Infine, si ascolta sempre meno l’altro.
Con questi presupposti è assai facile che ci si organizzi con fatica e si impieghi molto tempo ed energia per tentare di risolvere problemi relazionali e che lo si faccia con modalità sbagliate o poco efficaci. Ma basterebbe impostare una metodologia efficace sia nella programmazione dei lavori, sia nella facilitazione del dialogo per diminuire sensibilmente le conflittualità, impostando sistemi decisionali che coinvolgano realmente le persone, dove  tutti si sentano ascoltati e importanti. Basta con le riunioni disorganizzate, senza capo né coda dove ci si parla addosso, non ci si ascolta e alla fine ci si sente sfiniti senza avere raggiunto particolari risultati. Basta con i capi e capetti o i soliti che parlano e gli altri ad eseguire.  E’  possibile un altro modo di comunicare, di decidere, di risolvere le conflittualità. Attraverso le metodologie della facilitazione, di una efficace organizzazione e con metodi decisionali quanto più condivisi, si possono ottenere dei risultati molto importanti e affrontare molto meglio le problematiche relazionali. Come Associazione Paea riteniamo che lavorare con queste metodologie sia di fondamentale importanza e per questo motivo assieme al PER (Parco delle Energie Rinnovabili) e all’Ecovillaggio Torri Superiore abbiamo invitato nuovamente in Italia Beatrice Briggs, che è una delle massime esponenti  della facilitazione a livello internazionale.  Con lei organizzeremo due corsi di formazione a costi accessibili: dal 13 al 19 ottobre al PER e dal 22 al 26 ottobre a Torri Superiore.  Si tratteranno le tematiche di cui sopra e ci si renderà conto di quante soluzioni semplici ed efficaci ci sono per poter risolvere problemi  e conflittualità apparentemente insanabili . Anche per chi vuole intraprendere un qualsiasi progetto collettivo è una grande occasione per partire con il piede giusto.

Fonte: ilcambiamento.it

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Il cohousing dove le generazioni si incontrano

Si chiama “Casa alla vela” e riunisce, cinque signore anziane, cinque studenti universitari e due assistenti familiari in un immobile modernamente ristrutturato composto da due spaziosi appartamenti con cinque camere e quattro bagni, una bella mansarda, una terrazza, un giardino e un orto. E’ l’esperimento di cohousing intergenerazionale avviato a Trento.casa_alla_vela

Il progetto è della cooperativa sociale Sad, un progetto innovativo che ha l’obiettivo di fornire una soluzione di socialità e convivenza agli anziani che allunghi il loro tempo di autosufficienza, allontanando la prospettiva della casa di riposo. Il tutto con costi accessibili, poiché affitto, vitto, bollette e spese del servizio di assistenza vengono divise per cinque e con l’aiuto degli studenti universitari che abitano al piano superiore e tengono compagnia, organizzano feste di compleanno e aiutano nella cura dell’orto. Il progetto ha destato un tale interesse da essere oggetto di studi accademici. Ad avvicinarvisi per studiarlo, appunto, è stata la sociologa Cinzia Boniatti, trentina anch’essa, che vi ha dedicato la tesi di master in management della Pubblica Amministrazione. Ma nel caso di Cinzia l’interesse è anche di crescita personale e professionale.«Mi trovo in una fase della vita in cui vale la pena ridefinire il contesto sociale dell’abitare e del lavorare per dare un senso positivo al cambiamento. Ho voglia di prendere in mano la mia vita adesso che ho ancora l’energia necessaria e prima che la situazione economica, sociale e culturale nel nostro paese si deteriori al punto in cui i cambiamenti si possano solo subire. E questa del cohousing mi pare una modalità interessante, da diffondere, far conoscere perché può rappresentare una risposta ai tanti bisogni sociali dell’oggi. Ho proposto quindi un progetto di master per approfondire a livello accademico l’esperienza del vivere coabitando e, studiando in modo particolare le caratteristiche del senior-cohousing, ne ho compreso i grandi benefici sulla salute psico-fisica, sul benessere spirituale e sulla qualità della vita».

Ma cos’è esattamente la Casa alla Vela?

Si tratta di una soluzione abitativa condivisa che ha consentito di accogliere un gruppo di cinque anziane parzialmente autonome. Possono uscire liberamente, organizzare il tempo da passare insieme, gite, attività, fino alla condivisione del menù che l’assistente familiare cucina per tutte. Dopo il primo mese di sperimentazione, inoltre, si è registrato anche un ulteriore beneficio trasversale, non previsto nella fase di progettazione. I familiari diventano risorsa per l’intera piccola comunità: fanno compagnia anche alle altre ospiti e propongono attività piacevoli che vengono condivise con chi lo desidera. «L’offerta abitativa prevede per gli anziani uno spazio di privacy, aspetto spesso fortemente compromesso nella generalità delle case di riposo – spiega Boniatti –  La privacy è una caratteristica fondamentale del cohousing perché permette di coniugare i benefici della condivisione di alcuni spazi e attività comuni con il mantenimento dell’autonomia della propria abitazione e dei propri tempi di vita. Un altro aspetto molto vantaggioso per l’anziano è rappresentato dalla soluzione delle incombenze quotidiane supportato da assistenti familiari. Vengono infatti agevolate quelle attività di carattere giornaliero come fare la spesa, la preparazione dei pasti, il supporto all’igiene personale, la pulizia degli ambienti comuni così come il lavaggio e la stiratura degli indumenti. Le incombenze di carattere periodico come la gestione amministrativa, le pratiche burocratiche e le piccole manutenzioni sono anch’esse supportate da un servizio ad hoc. La scelta condivisa del menù del giorno e la partecipazione alla preparazione delle pietanze sono parte della prassi ordinaria così come comuni sono la pratica del giardinaggio e la cura dell’orto. Queste azioni quotidiane che gli anziani svolgono sono fondamentali per sentirsi motivati e favorire una longevità attiva. Alcune attività ricreative saranno organizzate ad opera di educatori professionali e volontari mentre sarà agevolata la possibilità di condividere hobbies, nel rispetto dell’indole e dell’attitudine individuale». Le potenzialità del cohousing sono veramente tantissime, anche più di quante non ne possa esprimere la Casa alla Vela, che ha comunque dimensioni ridotte. Nei cohousing si realizza una rete sociale-solidale tra i membri della comunità dove attraverso “una banca del tempo” si attivano servizi di cura o manutenzione ma anche di risparmio e ripartizione dei costi. Si può fare la spesa «acquistando direttamente da imprese agricole attraverso i Gruppi di Acquisto Solidale – aggiunge ancora Boniatti – si può adottare il car-sharing tra i residenti per abbattere i costi di acquisto, assicurazione, manutenzione e tasse dell’automezzo in condivisione». Nel caso della Casa alla Vela, si è anche provveduto ad installare apparecchiature per la sicurezza dell’ambiente domestico e per la cura e il monitoraggio della persona; sono state eliminate le barriere architettoniche e assicurate sicurezza ed ergonomicità degli elettrodomestici e utensili in dotazione; è stata garantita la sostenibilità ambientale e l’efficienza energetica dell’edificio che comporta una riduzione dei canoni delle utenze a carico dei cohouser; sono poi presenti operatori del sociale che agiscono sia a titolo gratuito che a pagamento a supporto dell’anziano. La creazione di questa filiera innovativa di sostegno alla persona evita il ricorso alle badanti e va ad arginare in modo sostanziale il fenomeno dell’isolamento e della fragilità dell’anziano; promuove l’invecchiamento attivo, il benessere psico-fisico e la partecipazione attiva alla comunità. La filiera di sostegno introduce nel disegno del cohousing un ulteriore elemento di innovazione, perché lo associa a iniziative del terzo settore offrendogli i connotati di un vero e proprio “social cohousing”». «L’altra categoria interessata dal progetto sono i giovani, ai quali viene messo a disposizione l’appartamento posto al secondo piano della palazzina palazzina – che è indipendente dalla zona riservata agli anziani – e anche una spaziosa mansarda per organizzare momenti di convivialità. Anche a questo ambito si estendono tutti i vantaggi generali di questa forma di coabitazione che diventa cohousing intergenerazionale. Nel caso dei giovani, poi, la cooperativa Sad offre anche opportunità lavorative part-time che possono essere remunerate con i voucher sociali».Più che un esperimento, dunque, un vero e proprio esempio che si auspica molti altri seguiranno. «E non è casuale – spiega Cinzia Boniatti – che in questo territorio le prime risposte alle molteplici difficoltà e fragilità che emergono vengano proprio da parte di un mondo, quello delle cooperative sociali, che ha come scopo precipuo l’offrire alla cittadinanza un servizio di assistenza per far fronte anche ai nuovi bisogni di natura socio-assistenziale. L’aspetto vivificante di queste esperienze è la loro concretezza e fattibilità: il leit motiv è il pragmatismo e non l’astrattezza di premesse ideologiche».

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Fonte: il cambiamento.it

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Proposta di cohousing o ecovillaggio in Maremma

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La mia famiglia possiede un albergo in Toscana vicino alle Terme di Saturnia, accanto a noi c’è un campeggio naturista, “Sasso Corbo”, che dista dall’albergo un paio di chilometri. L’albergo è un’attività che era dei miei genitori e attualmente viene gestito da mia figlia. Quest’anno abbiamo attrezzato una sala per la meditazione e stiamo lavorando per allestirne un’altra. Il posto è veramente molto bello e sarebbe un luogo ideale per la realizzazione di un cohousing, o anche di un ecovillaggio, un progetto di permacultura, per dei corsi di meditazione, un piccolo allevamento, dell’ospitalità  e tanto altro, dipende dalle esigenze di chi deciderà di vivere in un posto come questo e che lo volesse condividere con noi.

Il nostro sito web è: albergo Cerinella, siamo aperti dal 1972. Quelli erano anni in cui si lavorava tantissimo, con il ristorante matrimoni e… ballo, mio padre si era inventato questa attività  per incrementare le entrate. La cosa è andata avanti fino al 2000 quando si sono ritirati e la gestione è passata a mia figlia Sacha. Le camere sono 13 e 2 gli appartamenti. Da qualche anno stiamo appaiando a questa attività un lavoro di Catering.

Questo è a grandi linee il nostro percorso.

L’immobile è di 1000 mq. A pian terreno esiste una grande sala (circa 160 mq) che ad oggi è inutilizzata e che noi avremmo pensato di risistemare per seminari, corsi teatrali, o di inglese ecc. Abbiamo invece già  realizzato una sala più piccola per meditazione, yoga o altro. Sempre a pian terreno c’è la sala ristorante e una sala per colazioni, oltre ovviamente alla hall e a uno spazio relax. Intorno all’albergo ci sono 10.000 mq di terreno.

Insomma è un posto troppo grande per le nostre forze, questo è il primo dato.

L’altro dato è che secondo noi è un posto bellissimo (tra Saturnia e il Monte Amiata), in cui è ruotata tutta la nostra vita e quindi pieno di significati anche affettivi, ma non solo. C’è la sensazione spiacevole che da sole non ce la facciamo più a portare avanti questo lavoro, nonostante l’impegno, la fatica e la tenacia che non ci è mai venuta meno, ma non è mai abbastanza, rispetto a quello che vorremmo fare e di cui ci sarebbe bisogno. Ed è da qui che abbiamo iniziato a riflettere sull’idea di  veicolare questa proposta,  magari, almeno inizialmente con  forme miste di coabitazione o accoglienza, ma questo poi dipende dalle necessità che avranno le persone. Crediamo infatti che sarebbe un posto ideale, perché è immerso nella natura. Inoltre se fosse necessario ampliare la struttura ce ne sarebbe la possibilità , così come se fosse necessario avere più terreno per eventuali colture biologiche, o piccolo pascolo, o apicultura ecc. Crediamo che oggi più che mai ci sia bisogno di allontanarsi dalla vita frenetica e alienante della città  per riscoprire un nuovo modo di stare insieme mettendo al centro della propria vita, la Persona, la solidarietà , il confronto, la condivisione, il rispetto, degli altri e della nostra terra. Insomma un modo non violento di stare insieme, ognuno con le proprie differenze. Crediamo nella condivisione di una vita fondata non sulla speculazione, ma al contrario sul rispetto degli altri esseri umani e della natura in tutte le sue forme. In particolare, io sono interessata a tutti i tipi di ricerca di crescita personale, dalla meditazione, yoga al rebirthing, costellazioni familiari, agricoltura biologica, fonti di energia alternative, decrescita, naturismo, ecc. Credo che sia indispensabile più che trovare un nuovo modo di vivere, riappropriarci di quei valori che noi conosciamo, perché fanno parte della nostra cultura da sempre, accrescendo l’aspetto della conoscenza personale. Credo che di avere un atteggiamento laico rispetto a tutte le discipline che si pongono questo obiettivo, l’unica discriminante credo che sia necessario averla rispetto all’onestà  di chi propone questi percorsi, perché questa non è scontata (dato che  oggi più che mai  l’umanità ha tanto bisogno di questo si è creato intorno a questo bisogno un mercato, siamo inondati da una miriade di proposte, e i falsi maestri non sono pochi). Mia figlia ha un altro percorso, pur condividendo i valori di base che ho  esposto, li affronta in una maniera più razionalistica, ma, credo che la diversità  sia una ricchezza che il confronto tra punti di vista diversi sia utile anche per rimanere coi piedi per terra. Queste sono molto a grandi linee  le motivazioni che ci hanno portato a riflettere su questa idea che crediamo sarebbe una svolta importante non solo per noi ma per tutto il territorio circostante, che potrebbe trarne grandi benefici. Siamo quindi disposte a valutare  tutte le proposte di condivisione di questo luogo che si basino sulla concretezza e sulla serietà , nel rispetto di tutte le premesse fatte sopra.  L’augurio e la speranza è che mettendo in circolo due bisogni si possa trovare una soluzione unica, per noi e per chi vorrà  condividere con noi questa idea, che mi sembra prematuro chiamare progetto.

Spero di non avere annoiato, e di essere stata chiara almeno sulle finalità.

Susanna cell.3403074911, e-mail: montelabbro@hotmail.it

Fonte: il cambiamento