Biciclette controsenso: l’intervista a Giulietta Pagliaccio Presidente FIAB: “Le strade sono di tutti”

Giulietta Pagliaccio Presidente FIAB spiega a Ecoblog.it le ragioni della necessità del controsenso per le biciclette e del perché sia una questione di sicurezza per tutti coloro che sono su strada.

Dopo un iter durato dal 2012 si è infranta pochi giorni fa la proposta di modifica al Codice della Strada per rendere effettivo il controsenso ciclabile o senso unico eccetto bici. L’emendamento che ha cancellato il controsenso ciclabile è stato approvato in Commissione Trasporti della Camera dei Deputati su proposta di Scelta Civica. In sostanza si dava la possibilità ai ciclisti:

di procedere nel senso inverso a quello delle auto in strade ben specifiche – aree 30 km/h su vie a senso unico sufficientemente larghe e sempre a discrezione del sindaco, in funzione alle esigenze del traffico locale.

Delle conseguenze di questa scelta politica ne ho discusso con Giulietta Pagliaccio, Presidente della Fiab Federazione Italiana Amici della Bicicletta associazione che accorpa oltre 20 mila iscritti.giulietta-620x350

D.: Qual è la differenza tra controsenso ciclabile e contromano?

R.: Il controsenso ciclabile è un flusso diverso della circolazione peraltro già contemplato nel Codice della Strada, dove in taluni casi viene previsto un senso unico per le vetture e un controsenso per i mezzi pubblici, ad esempio. Il contromano è una infrazione.

D.: Ricordo che da ragazzina quando frequentavo gli Scout, la prima cosa che mi dissero fu di camminare controsenso lungo le strade frequentate da veicoli e ciò per metterci nella condizione di massima visibilità con gli automobilisti. Vale anche per le biciclette?

R.: Il controsenso ciclabile in strade ben specifiche con velocità massima di 30 km/h, individuate dall’amministrazione locale e ritenute idonee rende la strada più sicura per tutti, per ciclisti, automobilisti e pedoni. Posso portare dati alla mano l’esempio di Bruxelles per cui i ciclisti godono dell’85% delle strade con senso unico ciclabile, ossia per 400 Km di percorso. Ebbene sono stati analizzati gli incidenti avvenuti sulle strade a percorrenza tradizionale e a percorrenza con regime di senso unico eccetto bici e la maggior parte degli incidenti, il 95% si è verificato sulle strade con traffico tradizionale mentre appena il 5% degli incidenti è avvenuto sulle strade in regime di controsenso ciclabile. Non conosciamo i dati e le motivazioni che hanno indotto la Commissione a ritenere l’emendamento una proposta non valida

D.: E allora, secondo Lei da dove nasce l’esigenza di cancellare un emendamento così utile?

R.: C’è un problema di fondo che sta dietro le modifiche del Codice della Strada e in cui l’auto viene considerata come il mezzo principale della mobilità. Le strade delle città si sono evolute e si affacciano nuovi utenti e dunque il CdS non è più attuale, tant’è che si chiede al pedone di prestare attenzione agli automezzi e non viceversa. Oggi ci si muove a piedi, in bicicletta o con altri mezzi e chi si muove in auto deve prestare molta attenzione. Ma ci aspettiamo tutti che le strade siano libere da impicci. Secondo me si è fatta una tempesta in un bicchiere d’acqua poiché gli automobilisti temono di perdere dei privilegi, ma la strada è di tutti.

D.: Si potrebbe risolvere la mobilità per ciclisti con un aumento delle piste ciclabili?

R.: Sicuramente le piste ciclabili sono utili in alcune situazioni: in una strada a grande scorrimento, ad esempio; nei entri cittadini ci può però essere una pacifica convivenza con le zone a velocità limitata 30 km/h, alla presenza di segnaletica adeguata e al controsenso ciclabile.

D.: A coloro che sostengono che allora i ciclisti dovrebbero pagare le tasse per avere il diritto alla strada cosa risponde?

R.: Generalmente un ciclista ha anche un automobile e mediamente è un cittadino che paga le tasse. La mobilità è un diritto di tutti e tutti devono muoversi in sicurezza. Per ciò proponiamo strade o aree in cui il traffico sia limitato ai 30 km/h e dunque la bassa velocità con il senso unico che rende il ciclista bel visibile eleva lo standard di sicurezza.

D.: Come pensate allora di recuperare l’emendamento perduto?

R.: Mi auguro che l’emendamento non sia passato per una svista. A settembre torneremo alla carica con attività di lobby e con l’On.Paolo Gandolfi il proponente dell’emendamento. Il popolo dei ciclisti è sempre più numeroso e sempre più rispettoso delle regole.

Foto | Fiab

Fonte: ecoblog.it

In bicicletta contromano: come potrebbe cambiare il codice della strada

È al vaglio del Ministero dei Trasporti una modifica del codice stradale che potrebbe legittimare, in alcune aree urbane, la possibilità di pedalare in senso contrario al traffico motorizzato. L’opinione di Fabio Zanchetta, organizzatore del Bike Pride

Il codice della strada potrebbe subire presto una modifica chiesta a gran voce dalle associazioni di ciclisti urbani e proposta dagli assessori alla mobilità di Torino, Milano e Firenze attraverso l’Anci: la possibilità, per le biciclette, di muoversi in senso contrario al traffico motorizzato. Si tratta di rendere legittimo un comportamento già diffuso e consolidato in molti Paesi Europei (dall’Olanda al Regno Unito dalla Danimarca alla Francia) e, naturalmente, circoscritto ad aree in cui questa nuova disciplina non sia pericolosa per l’utenza. Le vie nelle quali sarà possibile viaggiare in senso contrario alle auto dovranno rispettare cinque requisiti:

1) una carreggiata larga almeno 4 metri (non considerando le auto parcheggiate sul lato destro della strada),

2) l’assenza di parcheggio sul lato sinistro,

3) il divieto di transito per i mezzi pesanti,

4) un limite massimo di velocità di 30 km/h (zone 30),

5) l’opportuna segnaletica stradale.

In Italia qualche esperimento è già stato fatto nelle “zone 30” di Reggio EmiliaPesaro,Bolzano e Ferrara, ora la bozza proposta dall’Anci è al vaglio della Commissione del Ministero dei Trasporti. Sulla questione abbiamo interpellato Fabio Zanchetta, organizzatore del Bike Pride, la manifestazione dell’orgoglio ciclista che la scorsa primavera ha invaso le strade torinesi con un fiume di biciclette.

L’intervento non è così facile. Le restrizioni proposte sono fortemente vincolanti e a Torino, per esempio, potrebbero rientrare nella modifica del codice solamente le vie del Quadrilatero (una zona del centro cittadino, ndr). Fa sorridere l’idea che con queste restrizioni si possa mettere in atto una rivoluzione della viabilità più leggera,

spiega Zanchetta.

Insomma, cinque vincoli sono troppi e strade con una larghezza di 4 metri, al netto della auto parcheggiate, difficilmente vengono incluse nelle “zone 30”. I vincoli della bozza Aci rischiano di cannibalizzarsi l’uno con l’altro.

Ciò non toglie che, in linea generale, questa proposta vada nella direzione giusta: le statistiche sui benefici di simili politiche della viabilità all’estero parlano chiaro. In Francia esperienze del genere sono vecchie di trent’anni e in Italia arriveremmo comunque in ritardo,

continua Zanchetta che spiega come una simile modifica rovesci la gerarchia delle strade di quartiere, mettendo al primo posto il pedone, al secondo il ciclista, al terzo l’automobilista:

L’automobilista sa di non avere la priorità e impara ad andare piano. È una questione di abitudine. In 17 Paesi europei la cosa ha funzionato ed è diventata una norma del codice della strada.

Fonte: ecoblog

A Torino la ciclabilità si paga con le multe

Due milioni di euro di finanziamento all’anno, fino al 2020, arriveranno dagli incassi delle multe per infrazioni al codice della stradaP5265235-586x330

Il Comune di Torino devolverà parte delle multe agli automobilisti ai progetti per incentivare la ciclabilità urbana. La scorsa settimana il capoluogo piemontese ha approvato uno stanziamento di due milioni di euro all’anno, fino al 2020 per rendere Torino, sempre di più, una città a misura di ciclista. L’emendamento, firmato dai presidenti delle commissioni ambiente e viabilità, Marco Grimaldi e Mimmo Carretta, ha ottenuto parere favorevole da parte dei rispettivi assessori Enzo Lavolta e Claudio Lubatti. La richiesta accolta la scorsa settimana era stata presentata durante il Bike Pride dello scorso 26 maggio: destinare alla sicurezza ciclistica il 15% degli incassi delle multe per infrazioni al codice della strada. Grazie a questo finanziamento dovrebbero essere completate le direttrici che taglieranno Torino e rivisti i collegamenti e gli attraversamenti degli incroci. Le due commissioni hanno inoltre ricordato come sulle piste ciclabili non debbano essere piazzati pali, alberi, transenne e dehors, elementi di arredo urbano che, invece, troppo spesso spuntano in mezzo alle arterie riservate ai ciclisti. E nei piani che riguardano la ciclabilità torinese vi è, naturalmente, l’allargamento della rete del servizio di bike sharing che conta attualmente più di 110 stazioni distribuite nel centro cittadino e nella parte sud della città. L’ampliamento della rete dovrebbe avvenire soprattutto sull’asse ovest di corso Francia permettendo così di completare l’intermodalità con la linea della metropolitana e sull’asse settentrionale del capoluogo piemontese attualmente sprovvisto di stalli e biciclette.

Fonte: Repubblica

Pronti a rivedere il Codice della Strada con maggiore attenzione ai ciclisti

Al MIT Ministero per le infrastrutture e trasporti sono pronti a rivedere il Codice della strada in favore di ciclisti e pedoni dopo il boom di vendite di biciclette del 2012179564740-594x350

Ha detto il Sottosegretario al MIT Erasmo D’Angelis, stamane durante la conferenza stampa di presentazione dei dati sulla sicurezza stradale per i ciclisti:

Il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti è pertanto pronto a rivedere il Codice della Strada, con un’attenzione particolare per pedoni e Ciclisti.

Alla conferenza stampa oltre al Sottosegretario D’Angelis erano presenti il Direttore Generale per la Sicurezza Stradale Sergio Dondolini, l’assessore alla Mobilità del Comune di Firenze Filippo Bonaccorsi, il responsabile nazionale sicurezza di Fiab (Federazione Italiana Amici della Bicicletta) Edoardo Galatola, Paolo Pinzuti di Salva i Ciclisti e Alberto Fiorillo di Rete Mobilità Nuova – Legambiente a pochi giorni dai Mondiali di Ciclismo che si terranno in Toscana e a cui il MIT prenderà parte con iniziative dedicate proprio alla sicurezza dei ciclisti.

Sia nel 2011 e sia nel 2012 sono state vendite più biciclette: 1.748.000 contro la vendita di 1.450.000 di auto e i ciclisti rappresentano il 9% delle persone che si muovono in strada.

Ha detto de Angelis:

La voglia di mobilità nuova va sostenuta e incentivata. Spesso guardiamo al Nord Europa per trovare buone pratiche nel settore della mobilità ciclabile, ma in realtà il nostro Paese già propone molti esempi da copiare, come Bolzano, Reggio Emilia, Ferrara, città nelle quali un abitante su tre già oggi usa la bicicletta.

Fonte:  Siciliaway