Bioedilizia e autoproduzione nella Fattoria dell’Autosufficienza

Ecco la seconda parte della nostra intervista a Francesco Rosso, fondatore della Fattoria dell’Autosufficienza. Francesco ci spiega le tecniche costruttive che ha adottato e i materiali ecologici impiegati, come canapa e legno. Ci parla del sistema produttivo, basato su orti, piante aromatiche e una food forest. E auspica che il suo progetto diventi un esempio replicato in tutta Italia! Vi avevamo promesso che saremmo tornati sulle orme di Francesco Rosso e della sua Fattoria dell’Autosufficienza e infatti… eccoci qui! L’altra volta abbiamo presentato il progetto, i suoi obiettivi e la sua filosofia. Questa volta vorremmo soffermarci sulla pratica. Partiamo quindi dai numeri.fattoria1

Il progetto della Fattoria, una volta completato, prevede 2000 metri quadri di strutture; al momento ne sono state sviluppate circa un quarto. È un progetto legato al vincolo storico-paesaggistico e nonostante questo, dopo numerosi interventi, sono riusciti a raggiungere “una classe energetica elevata (B quasi A)”.

“Ci siamo riusciti – mi spiega Francesco – grazie a una coibentazione interna in calce e canapa, idroregolatrice che mantiene asciutto il muro. Abbiamo applicato un impianto microcapillare a parete, che è il più efficiente che ci sia”. Il riscaldamento è alimentato con la legna. Per una struttura di 500 mq è sufficiente una caldaia di soli 13 kw. Anche il tetto è stato isolato con tre strati di fibra di legno, diversi tavolati, guaina e coppi. Ovviamente, anche le finestre sono a risparmio energetico. “Ci siamo rivolti a un artigiano locale, che ha vinto premi. Eravamo vincolati a infissi in legno; lui li fa idonei alla classe A e verniciati con sostanze naturali. Per ovviare ai rischi dovuti alla possibile ‘eccessiva coibentazione’ abbiamo istallato un sistema di ricambio di aria con scambio di calore. Questo ci permette di tenere le finestre chiuse ma avere comunque un ricircolo di aria”.fattoria5

Ma l’apparato abitativo non è tutto! “Ad oggi abbiamo diversi orti, che ci permettono di produrre ortaggi sufficienti per la nostra famiglia, la Fattoria e il nostro negozio. Tra le nostre produzioni abbiamo tantissime varietà di frutta, di cui molte antiche, così come sono antiche le varietà di cereali che coltiviamo. Abbiamo anche avviato una food forest: tra dieci anni sapremo se funziona! Sarebbe l’equilibrio perfetto. Se noi riuscissimo, infatti, a creare una foresta che produce cibo, ci avvicineremmo a ciò che di più naturale c’è e non avremmo bisogno di immettere nuova energia nell’ambiente. Ciò comporterebbe meno fatica, meno combustibili fossili utilizzati, meno danni per la salute delle persone”.
In Fattoria vengono inoltre coltivate piante aromatiche per realizzare cosmetici e vengono allevate alcune specie di animali (galline, pavoni, oche, conigli, capre, maiali). L’obiettivo è rimasto lo stesso dei primi tempi– rendere questo posto autosufficiente – ma il progetto è cresciuto notevolmente nel tempo. “Il prossimo obiettivo è l’eliminazione di un vecchio capannone di 600 mq, che era una stalla da vacche molto all’avanguardia ai tempi, con tetto in amianto e lana di vetro nel mezzo, che oggi però comporta un notevole impatto energetico, visivo, ambientale e salutare. Al suo posto Francesco vorrebbe costruire una sala polifunzionale in grado di ospitare fino a 250 persone.fattoria4

Gli chiedo come vede questo posto tra dieci anni. Francesco non ha dubbi: “Vedo qualcosa di molto diverso da quello che c’è oggi; qualcosa che possa cambiare la percezione e la vita di tante persone, perché in Italia manca un esempio concreto e ben funzionante di progettazione complessa in permacultura. Vorrei sviluppare un polo che attiri tante persone che possano realizzare progetti simili a questo, anche più in piccolo, in modo che tutti possano venire qui per imparare e portarsi a casa qualcosa. Questo progetto vuole essere una sorta di parco, un’esposizione dove vedere tante strutture e metodi realizzativi diversi. È chiaro che un progetto così complesso non può essere alla portata di tutti in mancanza di capitali; ma un progetto di questo tipo è costituito da tante cellule che a loro volta formano un organismo ma che al contempo vivono separatamente. Ogni visitatore, quindi, può cogliere qualche spunto e replicare qualche cellula di questo progetto. Per questo, è fondamentale che ogni singola nostra cellula sia replicabile”.fattoria2

Al momento, alla Fattoria dell’Autosufficienza sono impiegate tre persone fisse part time. Come spesso mi accade, quando chiedo quale sia la più grande difficoltà incontrata in questo percorso ottengo la stessa risposta: la burocrazia. “Le idee sono tante, belle ma vengono smorzate dalla possibilità di avere permessi. Devi chiedere permessi per qualunque cosa”.

Lascio questo bel sogno che si sta tramutando in realtà chiedendo a Francesco cosa sia per lui la Romagna che Cambia. Non ha dubbi: “La Romagna che Cambia per me è o sarà costituita dalla presa di coscienza dei miei concittadini che dovremo cambiare molte cose e dovremo vivere in modo diverso, senza contrastare la natura, non tanto per salvare lei – che un modo di rigenerarsi lo trova sempre – quanto per salvare noi”.

 

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2017/05/bioedilizia-autoproduzione-fattoria-dellautosufficienza/?utm_source=newsletter&utm_campaign=general&utm_medium=email&utm_content=relazioni

Legambiente presenta Tutti in classe A, la radiografia energetica del patrimonio edilizio italiano

Tutti in Classe A: 500 edifici analizzati da Bolzano a Catania. Le termografie bocciano edifici progettati da Fuksas, Portoghesi, Krier. In troppe regioni regole inadeguate e nessun controllo sulle certificazioni promosse solo Trento, Bolzano, Piemonte e Lombardia. “1000 euro di risparmio per famiglia all’anno con interventi di efficienza in edilizia. Ma servono controlli e nuove politiche per la riqualificazione dei condomini”    classea

Le nostre case possono essere comode e sicure, ben isolate e correttamente soleggiate, oppure possono essere scomode e dispendiose, troppo calde d’estate e fredde in inverno; possono contribuire a migliorare la nostra qualità della vita o, al contrario, pesare significativamente sulla spesa familiare per raggiungere minimi livelli di benessere e contribuire enormemente all’inquinamento urbano determinato dagli impianti di riscaldamento, che per scaldare adeguatamente questi edifici colabrodo bruciano combustibili fossili. L’innovazione ambientale rappresenta, inoltre, la via più interessante e utile per risollevare il settore immobiliare e dell’edilizia nel suo complesso, grazie alle notevoli opportunità che offre anche in termini occupazionali ed economici. Questi i presupposti dell’indagine di Legambiente Tutti in classe A, sulla qualità del patrimonio edilizio italiano, presentata oggi a Roma, dal vice presidente di Legambiente Edoardo Zanchini in una conferenza stampa che ha visto anche la partecipazione di Leopoldo Freyrie (Presidente CNAPPC, Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori), e Antonio Scala (Responsabile Energy Service Mass Market Enel Energia).  L’indagine ha preso in considerazione oltre 500 edifici in 47 città italiane, grazie a un team di esperti che viaggiando da nord a sud del Paese, ha fotografato con un’apparecchiatura termografica la situazione termica degli edifici confrontando le rese di costruzioni recenti, firmate anche da note archistar con palazzi costruiti nel dopoguerra e edifici dove sono stati realizzati interventi di retrofit, evidenziando come una riqualificazione energetica ben fatta possa permettere di realizzare risultati significativi di riduzione dei consumi energetici.

“In un periodo di crisi drammatica come quello che sta vivendo il mercato immobiliare italiano, la sfida di innovazione proposta dall’Unione europea va assolutamente raccolta – ha dichiarato il vice presidente di Legambiente Edoardo Zanchini – perché attraverso la chiave dell’energia è possibile riqualificare gli edifici in cui viviamo e lavoriamo, per renderli oltre che meno energivori più belli, ospitali, salubri. E’ una opportunità che va colta fino in fondo, per arrivare ad azzerare le bollette delle famiglie, per creare lavoro in un campo ad alto tasso di occupazione e con importanti possibilità di ricerca applicata. Ma questa direzione di cambiamento responsabilizza tutti, dalla pubblica amministrazione agli imprenditori edili, dai progettisti ai cittadini. In 13 regioni – ha continuato Zanchini – non esiste alcun tipo di controllo sui certificati di prestazione energetica degli edifici  e così si calpestano i diritti dei cittadini che dovrebbero essere correttamente informati sulle prestazioni energetiche e sulla sicurezza delle loro abitazioni”.

L’analisi termografica ha riguardato edifici residenziali, scuole e uffici costruiti nel dopoguerra e altri più recenti. Sono state verificate anche le prestazioni di quelli già certificati di Classe A e di quelli ristrutturati, e di alcuni edifici costruiti dopo il 2000, ossia dopo l’adozione delle direttive europee in materia di risparmio energetico e isolamento Su gran parte di questi immobili, nuovi e già vecchi, i problemi sono evidenti. Da Milano a Torino, fino alla periferia di Bari, dal progetto C.A.S.E. a L’Aquila, al quartiere Parco Leonardo a Roma, si ravvisano problemi di elementi disperdenti, con distribuzione delle temperature superficiali estremamente eterogenee. Spesso anche per edifici che si promuovono come “biocase” o a basso consumo energetico. Che in “Classe A” si viva meglio lo dimostrano invece le termografie di edifici ben progettati,  costruiti e certificati, come il quartiere Casanova a Bolzano o alcuni immobili nuovi o ristrutturati a Firenze, Udine o Perugia, che mostrano un comportamento omogeneo delle facciate e l’assenza di ponti termici significativi, la precisa scelta di sfruttare al meglio l’esposizione dell’edificio e l’uso di specifici materiali per le diverse facciate al fine di sfruttare al meglio la radiazione solare, minimizzando i consumi energetici per il condizionamento invernale con un risparmio, per i fortunati abitanti di questi edifici, fino a 2mila euro ogni anno. Attenzioni e benefici che non ritroviamo, purtroppo, nemmeno in edifici progettati da architetti di fama internazionale e costruiti negli ultimi dieci anni, come mostrano le termografie realizzate su edifici costruiti a Milano, Roma e Alessandria da Fuksas, Krier e Portoghesi, dove l’analisi a infrarossi ha dato risultati simili a quelli di altri edifici recenti di firme meno prestigiose, con difetti nelle superfici perimetrali ed elementi disperdenti nelle strutture portanti.

“In tutti e tre gli edifici ‘famosi’ analizzati, l’impronta architettonica che si voleva proporre è chiara e riconoscibile – commenta Edoardo Zanchini – è indispensabile che tutti, dalle archistar ai tecnici e a chi costruisce, contribuiscano a rendere più bella e efficiente l’edilizia italiana”.

In questo rapporto si segnalano, inoltre, la situazione e i problemi della normativa nazionale, l’articolato e inadeguato quadro di regole nelle diverse regioni in particolare per quanto riguarda controlli e sanzioni, ma anche le buone pratiche attuate da alcuni Comuni. Gli edifici, infatti, sono responsabili di una grossa fetta dei consumi energetici italiani e delle emissioni di gas serra. La direttiva europea 2002/91 ha introdotto precisi obiettivi in termini di rendimento energetico e l’obbligo della certificazione degli edifici nuovi (con le diverse classi di appartenenza, dalla A alla G) e nelle compravendite di quelle esistenti. Poi Bruxelles si è spinta oltre, con la direttiva 31/2010, che prevede date precise per una transizione radicale. Dal 1 gennaio 2021 tutti i nuovi edifici, sia pubblici che privati, dovranno essere neutrali da un punto di vista energetico, ossia dovranno garantire prestazioni di rendimento dell’involucro tali da non aver bisogno di apporti per il riscaldamento e il raffrescamento oppure di soddisfarli attraverso le fonti rinnovabili. Entro il 30 Aprile 2014, inoltre, il Governo italiano dovrà inviare a Bruxelles una ‘strategia a lungo termine per mobilitare investimenti nella ristrutturazione del parco nazionale di edifici residenziali e commerciali, sia pubblici che privati’. Nonostante la nuova programmazione europea 2014-2020 preveda consistenti risorse per l’efficienza energetica che possono diventare un volano per riqualificare il patrimonio edilizio e le città e non esista oggi alcuna ragione economica o tecnica che possa impedire che tutti i nuovi edifici siano progettati e costruiti per essere in Classe A di prestazione energetica (grazie al contributo di pannelli solari termici o fotovoltaici, pompe di calore geotermiche o altri impianti da fonti rinnovabili), continuiamo ad assistere a rinvii e ritardi nell’applicazione delle direttive e ad azioni di vero e proprio sabotaggio da parte delle solite lobby non interessate a salvaguardare gli interessi delle famiglie, dell’ambiente e delle imprese che puntano sulla green economy. Affinché si avvii una stagione di cambiamento e di innovazione profonda delle città italiane per migliorarne la qualità e la vivibilità, occorre, secondo Legambiente, percorrere diverse strade in parallelo: bisogna introdurre regole omogenee in tutta Italia per le prestazioni in edilizia e controlli indipendenti su tutti gli edifici con sanzioni vere per chi non rispetta le regole. Altrettanto indispensabile è dare certezza rispetto alla sicurezza antisismica degli edifici stabilendo l’obbligo di dotarsi di un libretto antisismico per tutti gli edifici esistenti. Per migliorare le prestazioni energetiche è necessario stabilire per i nuovi edifici e per le ristrutturazioni edilizie oltre una certa dimensione lo standard minimo obbligatorio di Classe A su tutto il territorio nazionale; va premiato, nelle ristrutturazioni edilizie, il miglioramento della classe energetica di appartenenza, e per facilitare questo processo occorre rendere permanenti le detrazioni fiscali per gli interventi di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio (50-65%) offrendo un orizzonte temporale serio, e allargando gli incentivi gli interventi di consolidamento antisismico degli edifici. C’è bisogno di nuovi strumenti per il finanziamento degli interventi di riqualificazione. Occorre introdurre un fondo nazionale di finanziamento e di garanzia per gli interventi di riqualificazione energetica di edifici pubblici e privati, come prevede la stessa Direttiva 2012/27, per realizzare misure di miglioramento dell’efficienza e di sicurezza antisismica. E’ necessario poi, introdurre nuovi strumenti per gli interventi di retrofit energetico degli edifici condominiali. In Italia realizzare interventi di riqualificazione energetica complessiva di edifici condominiali è difficilissimo per un quadro di regole e incentivi inefficace. Occorre creare le condizioni tecniche e economiche per rendere vantaggiosi interventi che possono consentire di migliorare le prestazioni delle abitazioni e di garantire risparmi energetici quantificabili e verificabili per le famiglie, oltre che di consolidamento antisismico.

La pagella delle Regioni per l’efficienza energetica in ediliziaImmagine

Promosse e bocciate: la pagella delle Regioni  e Province autonome italiane rispetto all’efficienza energetica in edilizia: 1 -4  (in verde): promosse; 5 -8 (in blu): Regioni promosse ma con alcune lacune normative da recuperare;  9 – 10 (in giallo): Regioni bocciate per lacune normative; 11 -21 (in rosso): Regioni bocciate per assenza di normativa in materia.

Dossier completo: http://www.legambiente.it/contenuti/dossier/tutti-classe-A

Fonte:Legambiente

Efficienza energetica: Italia condannata dalla Corte di giustizia Ue, ma per ora niente sanzioni

I giudici del Lussemburgo hanno condannato l’Italia per due inadempienze in materia di certificazione energetica degli edifici. Giudicati tardivi i provvedimenti correttivi varati dal Governo nel tentativo di evitare la sentenza. Il provvedimento, comunque, non prevede pene pecuniarie, a parte l’obbligo di pagare le spese375347

La Corte europea ha condannato l’Italia per non aver recepito correttamente la direttiva 2002/91/CE in materia di efficienza energetica degli edifici. La sentenza C-345/12 della sez. X, del 13 giugno 2013 (vedi allegato), in particolare, è stata emessa per il mancato rispetto dell’obbligo di dotare dell’Attestato di prestazione energetica (Ape) gli edifici nuovi e quelli di vecchia costruzione in caso di affitto, nonché per la possibilità, ora revocata, di autocertificare la classe energetica per gli immobili più energivori. Per cercare di scongiurare la condanna, il Governo Letta aveva inserito alcune misure nel Dl 63/2013, pubblicato in Gazzetta ufficiale lo scorso 6 giugno, rendendo obbligatorio l’Ape (in sostituzione del vecchio Attestato di certificazione energetica) anche nei casi di immobili in affitto. Mancando il decreto attuativo, però, la misura non è ancora in vigore e non è bastata a convincere la Corte Ue. Su questo punto è arrivata la precisazione di Confedilizia, che ha chiarito che il pronunciamento riguarda «una situazione pregressa, già sanata dall’Italia prima del deposito della decisione», sottolineando la necessità di procedere al più presto all’applicazione del decreto legge 63/2013 approvato dal Governo. Nel dettaglio, la sentenza «constata che la deroga, contenuta nella legislazione italiana, all’obbligo di consegnare un attestato relativo al rendimento energetico in caso di locazione di un immobile ancora privo dello stesso al momento della firma del contratto, non rispetta la direttiva 2002/91 (articolo 7, paragrafo 1), che non prevede una deroga simile». Proprio su questo punto è intervenuto il Dl 63/2013, che ha reso obbligatorio l’Ape, di durata decennale, anche per gli immobili da affittare, ad eccezione di: edifici e monumenti protetti, luoghi esclusivi di culto e attività religiose, costruzioni temporanee per destinazione d’uso uguale o inferiore a due anni, edifici o parti di edifici isolati con meno di 50 metri quadri e gli edifici usati meno di quattro mesi all’anno, oltre a quelli con Ace in corso di validità e rilasciato conformemente alla direttiva 2002/91/CE. L’Ape, di durata decennale, dovrà essere rilasciato da esperti qualificati e indipendenti, insieme a raccomandazioni e suggerimenti per il miglioramento dell’efficienza energetica dell’edificio stesso. Condannata dai giudici del Lussemburgo anche la possibilità, da poco eliminata, di autocertificazione della classe energetica da parte dei proprietari di edifici aventi un rendimento energetico molto basso, ovvero quelli in classe G, definita «in contrasto con la direttiva (articolo 7, paragrafi 1 e 2 e articolo 10) che non prevede tale deroga». Anche questo rilievo era noto da tempo, da quando cioè la Commissione europea aveva aperto ai danni del nostro Paese una procedura di infrazione proprio per queste due irregolarità, sanate successivamente dal Governo italiano. Troppo tardi, evidentemente. «La Repubblica italiana – si legge nella sentenza – è condannata alle spese». Ma come mai non sono state previste altre sanzioni? «La Corte è stata adita con un cosiddetto ricorso per inadempimento: suo compito, in questo tipo di procedura, è quello di stabilire se lo Stato italiano abbia o meno adempiuto correttamente agli obblighi derivanti dalla partecipazione all’Unione Europea – spiega l’avvocato Paola Tafuro, esperta in diritto comunitario – Qualora riconosca l’esistenza dell’inadempimento, la Corte pronuncia, come in questo caso, una prima sentenza, indicando le misure che lo Stato membro avrebbe dovuto adottare per rimediare alla situazione». A questo punto, però, il Governo nazionale chiamato in causa deve davvero varare gli opportuni correttivi, se non vuole incorrere in successive sanzioni. «In seguito, se ritiene che lo Stato membro non abbia preso le misure necessarie, la Commissione può adire una seconda volta la Corte di giustizia – aggiunge Tafuro – Se in questo secondo giudizio la Corte riconosce che lo Stato membro non si è conformato alla sua prima sentenza,può comminargli il pagamento di una penalità». Una possibilità che in questo caso non dovrebbe concretizzarsi, dal momento che nel frattempo l’Italia è già corsa ai ripari. «In questo caso – conclude l’avvocato – non ci saranno sanzioni, se, di fatto l’Italia ha adempiuto, ovvero se ha adottato le misure adeguate per uniformarsi alla Direttiva». Di qui l’urgenza di adottare il decreto attuativo del Dl 63/2013, che finalmente porrà termine alla querelle. In ogni caso, resta il peso “politico” della sentenza, che arriva a circa due anni dall’apertura della procedura d’infrazione da parte di Bruxelles.

Fonte: eco dalle città