Amianto nei termos: i prodotti ritirati dal mercato

Il Ministero della Salute ha disposto il ritiro di alcuni termos potenzialmente dannosi per la salutetermos2

Nella sottosezione Prodotti pericolosi della sezione Avvisi di sicurezza del portale del Ministero della Salute è stato disposto un ritiro del prodotto dal mercato per i termos della marca DayDays importati dalla Cina dalla società INTE di Padova. Nella notifica del Ministero della Salute vengono forniti tutti i dati per identificare il prodotto:

Termos Porta Pranzo Grande art 61470 capacità litro 1,4 codice a barre 8301182614705. Descrizione del prodotto e del suo confezionamento. Termos da litri 1,4 , esterno in plastica, con manico superiore a secchiello H 514. Il materiale con amianto è costituito da piccoli corpi di forma cilindrica di colorazione grigio biancastra costituiti da materiale fibroso compresso di amianto crisotilo posti nell’intercapedine del doppio involucro in vetro dei thermos, con funzione di distanziatori. Viene inoltre segnalato il punto vendita nel quale è stata scoperta la presenza di amianto nel prodotto:

esercizio commerciale M.P. Market via Vecellio 71/1 sito in Belluno, campionamento eseguito da NAS di Treviso.

È stata l’Agenzia Regionale Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto – Dipartimento Provinciale di Verona a rilevare, grazie all’analisi mediante microscopia elettronica a scansione (SEM), la presenza di amianto di tipo crisotilo: Il materiale con amianto è costituito da piccoli corpi di forma cilindrica di colorazione grigio biancastra costituiti da materiale fibroso compresso di amianto crisotilo posti nell’intercapedine del doppio involucro in vetro dei thermos, con funzione di distanziatori. L’amianto presente nel prodotto è potenzialmente dannoso per la salute: le fibre di amianto, infatti, possono essere liberate in caso di rottura del contenitore in vetro e di manipolazione della pasticca di cartone amianto. Un secondo ritiro è stato disposto per Thermos e contenitori termici di Casa Mia Daziran di Roma, importati dalla Cina. Anche in questo caso l’amianto si presenta con le stesse modalià del prodotto precedente, quindi con funzione distanziatrice. I due prodotti sono stati trovati nell’esercizio commerciale Maxilandia- Iper Xiang Gang, sito in Pescara e il campionamento dei due prodotti è stato eseguito dai NAS di Pescara.

Fonte:  Ministero della Salute

 

Usa-Cina, accordo per sconfiggere il mercato illegale dell’avorio

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Stati Uniti Cina hanno firmato un importante accordo per porre fine al commercio globale di avorio. La Casa Bianca ha comunicato che i due Paesi sono pronti a emanare un divieto quasi completo sull’importazione e l’esportazione di avorio, un divieto che riguarda “restrizioni significative e tempestive per l’importazione di avorio come trofei di caccia” e anche “passi significativi e tempestivi per fermare il commercio nazionale d’avorio”. La Cina è il primo paese al mondo nel commercio dell’avorio, seguito proprio dagli Stati Uniti. Negli ultimi anni il prezzo all’ingrosso delle zanne di elefante è letteralmente esploso, quadruplicando dal 2010 al 2014, per cui l’accordo cino-statunitense è visto come un passo cruciale per fermare il commercio di avorio. Nella popolazione cinese sta maturando una forte coscienza ecologica e anche il tema dell’avorio non fa eccezione: secondo un sondaggio condotto quest’anno da Wild Aid, il 95% degli intervistati a a Pechino, Shanghai e Guangzhou ha dichiarato che il governo cinese dovrebbe bandire la vendita dell’avorio. Nella stessa indagine si è scoperto che la consapevolezza del bracconaggio è aumentata del 50% dal 2012.

Fonte:  The Guardian

La Cina annuncia un piano per combattere le emissioni di gas serra

Partità nel 2017 e sarà simile al cap-and-trade già sperimentato in Occidente.gettyimages-489974638

Era già stato anticipato, adesso ne abbiamo la conferma: il presidente Xi Jinping ha approfittato del suo viaggio negli Stati Uniti per svelare il nuovo impegno della Cina in favore dell’ambiente: a partire dal 2017 combatterà le emissioni di gas serra attraverso il sistema del cap and trade. Era nell’aria (sic) da un po’ che la Cina sarebbe stata costretta a breve a prendere qualche misura concreta per combattere un inquinamento che già da anni ha superato la soglia di allarme e che l’ha reso oggi, stando a quanto riporta il New York Times, la nazione più inquinante al mondo. Il sistema porterà quindi le grandi industrie siderurgiche, del cemento, della carta, energetiche a ridurre le proprie emissioni. Il piano cinese, come riportano i portavoce dell’amministrazione Obama, è parte dello sforzo da parte di Stati Uniti e Cina per fermare il cambiamento climatico e usare la loro influenza a livello internazionale per fare pressioni su altre nazioni affinché seguano il loro esempio. I due presidenti si sono detti d’accordo nel proseguire i lavori per arrivare a mettere in piedi un vero accordo sul cambiamento climatico a Parigi, a dicembre, che impegni ogni stato a diminuire le proprie emissioni di gas serra. Fin qui la propaganda, che comunque fa venire meno una delle critiche attraverso le quali i repubblicani hanno sempre combattuto le iniziative in questo senso: se i rivali economici degli Usa non prendono impegni ambientali, come possono farlo gli Stati Uniti?

Detto questo, non è chiaro come la Cina possa mettere in piedi un programma efficace in così poco tempo, visto che la sua economia si basa in maniera ancora importante sul carbone e vista anche la riluttanza nell’accettare controlli esterni sulle sue industrie. Si tratta, comunque, del primo impegno della Cina in questo senso, cosa che sicuramente rappresenta un passo importante.

Fonte: ecoblog.it

Cina, un centro da 340 milioni di dollari per gli pneumatici usati

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A partire dall’inizio del nuovo millennio, il settore automotive cinese ha vissuto un boom senza precedenti per il continente asiatico: secondo un recente rapporto sulle auto a fine vita, in Cina sono stati toccati i 137 milioni di veicoli nel 2013, facendo del Paese più popolato al mondo, il secondo più motorizzato dopo gli Stati Uniti. Con questi numeri, le previsioni sul futuro delle autovetture a fine vita sono piuttosto apocalittici: considerando che i tempi medi di rottamazione sono compresi fra i 10 e i 15 anni dall’acquisto, si pensa che la Cina potrebbe raggiungere un picco compreso fra i 9 e i 12 milioni di auto da rottamare nel solo 2015, crescendo ulteriormente negli anni successivi fino a raggiungere i 12-16 milioni di euro entro il 2020. Il risultato? Enormi quantità di scarti da (ri)processare e sostanze pericolose in grado di fare danni pesantissimi all’ambiente. Proprio per far fronte alla prevista congestione degli pneumatici, nella provincia di Hubei, più precisamente a Xiangyang, sono iniziati i lavori del Central China Rubber Resources Recycling Industrial Park che avrà il compito di gestire circa 400mila tonnellate di pfu all’anno. Il trattamento di questi rifiuti porterà alla produzione di 300mila tonnellate di gomma per asfalti modificati e 100mila tonnellate di gomma riciclata destinata ad altri usi. Il parco industriale avrà un costo di 340 milioni di dollari e si svilupperà su di un’area di 700mila mq suddivisa in cinque parti: produzione, lavorazione, commercio, stoccaggio e ricerca.

Fonte:  Recycling International 

Rifiuti elettronici: un terzo dell’e-waste arriva da Usa e Cina

Secondo l’Università delle Nazioni Unite, nel 2014 sono stati prodotti 41,8 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici. In testa alla classifica c’è la Norvegia.

Un recente studio dell’Università delle Nazioni Unite ha stimato che nel 2014 sia stato stabilito il nuovo record della spazzatura elettronica: 41,8 milioni di tonnellate di rifiuti come frigoriferi, lavatrici, elettrodomestici, televisori, computer e telefonini. La stessa ricerca ha rivelato che solamente un sesto di questa spazzatura viene correttamente riciclata e che, entro il 2018, la quota complessiva dell’e-waste potrebbe superare la soglia di 50 milioni di tonnellate. L’elemento più paradossale che emerge da questa ricerca è che sono i Paesi che hanno un più forte coscienza ambientalista a produrre i maggiori quantitativi di rifiuti pro-capite: la graduatoria relativa al 2014 vede in testa la Norvegia con 28,4 kg pro-capite, seguita da Svizzera (26,3 kg), Islanda (26,1 kg), Danimarca (24 kg), Gran Bretagna (23,5 kg), Paesi Bassi (23,4 kg) e Svezia (22,3 kg). Al decimo posto ci sono gli Stati Uniti con 22,1 kg, ma vista la sua popolazione i consumatori statunitensi incidono tantissimo sul “peso” globale dei rifiuti elettronici. Cina e Stati Uniti insieme producono il 32% dei rifiuti complessivi. In termini assoluti al primo posto ci sono gli Stati Uniti con 7,072 milioni di tonnellate di rifiuti, seguiti dalla Cina con 6,032 milioni di tonnellate e dal Giappone con 2,200 milioni di tonnellate. Il dato sui rifiuti elettronici evidenzia quanto ampia sia la forbice fra i Paesi più avanzati e quelli del Terzo Mondo o in via di sviluppo: la media di rifiuti elettronici del continente africano è di appena 1,7 kg pro-capite all’anno. Per fornire un esempio concreto della cifra di rifiuti elettronici annuali, le Nazioni Unite spiegano che le 41,8 milioni di tonnellate di rifiuti annui sono l’equivalente di 1,15 milioni di carri-armati messi in fila lungo 23mila km. Se si riuscisse a riciclare al 100% questa quantità di rifiuti, si potrebbe generare una ricchezza quantificabile in 52 miliardi di dollari.

Fonte:  BBC

© Foto Getty Images

Cina, Pechino ferma le acciaierie che si sottraggono ai controlli ambientali

A causa del mancato rispetto delle norme anti-inquinamento e per il largo consumo energetico il governo centrale ha bloccato la fornitura elettrica alle acciaierie della provincia dell’Hebei:la maggiore produttrice di metallo al mondo con oltre 620 milioni di tonnellate l’anno (AsiaNews/Agenzie)382196

Il governo centrale cinese ha ordinato la chiusura di 18 industrie dell’acciaio nella provincia settentrionale dell’Hebei, che dovranno interrompere la produzione per almeno un mese. Le acciaierie chiuse sono quelle che si sottraggono ai controlli statali per la protezione dell’ambiente e il risparmio energetico; la decisione di Pechino è stata presa di imperio dato l’altissimo livello di inquinamento locale e i tassi fuori controllo di consumo di energia elettrica. Lo riporta il China Securities Journal. La provincia dell’Hebei è la maggiore produttrice di acciaio di tutto il mondo: nel corso di quest’anno dovrebbe arrivare al record di 620 milioni di tonnellate. Il distretto di Wuan, quello in cui si trovano le 18 fabbriche chiuse, lo scorso anno ha prodotto da solo 20 milioni di tonnellate. Tuttavia, nel provvedimento non sono previste le strutture della Hebei Steel Group, il maggior produttore nazionale. All’inizio della scorsa settimana, le autorità hanno imposto il taglio del 20% della fornitura elettrica alle acciaierie: una mossa imposta dalla richiesta di Pechino di raggiungere gli obiettivi di risparmio energetico nazionali. La stessa sorte è capitata a diverse acciaierie sparse per il Paese, comprese quelle delle provincia dello Shanxi, del Zhejiang e del Jiangsu: ad alcune di queste, l’energia è stata del tutto tagliata.

 

Fonte:  ecodallecitta.it

Cina, maxi-sanzioni a chi inquina

Sei imprese cinesi daranno costretta a pagare un’ammenda di 21,6 milioni di euro a causa dei rifiuti tossici sversati in due corsi d’acqua. Un tribunale situato nella Cina Orientale ha condannato sei aziende ad ammende per un totale di 160 milioni di yuan (21,6 milioni di euro) a causa delle loro emissioni inquinanti. Si tratta di una cifra record per un processo legato all’inquinamento in Cina. Questa somma dovrà essere versata a un fondo ad hoc realizzato per la tutela dell’ambiente. Il 30 dicembre scorso l’Alta Corte popolare della provincia di Jiangsu ha giudicato colpevoli cinque gruppi chimici e una società farmaceutica per avere riversato 25mila tonnellate di rifiuti tossici acidi in due corsi d’acqua situati in prossimità dei propri stabilimenti. I fatti risalgono a un periodo compreso fra il gennaio 2012 e il febbraio 2013. Una corte della città di Taizhou, dove si sono installate le imprese incriminate, ha già condannato in prima istanza, nell’agosto 2014, quattordici persone, con pene detentive da due a cinque anni e pene pecuniarie per le quali le aziende avevano portato la questione in appello.  Il 1° gennaio 2015, appena due giorni dopo questa condanna esemplare, è entrata in vigore una nuova legge che rafforza le sanzioni contro i soggetti inquinanti e stabilisce la protezione dell’ambiente come priorità nazionale. Del fatto che in Cina vi sia stato un cambio di passo sull’inquinamento ne abbiamo parlato spesso negli ultimi mesi, ora magistratura e tribunali, supportati dalla nuova legge, avranno un margine d’azione più ampio. Se fino a pochi anni fa erano prioritarie le performance economiche, ora prima di tutto verranno quelle ambientali; anche Pechino si accorta di non poter continuare a barattare lo sviluppo economico con la salute pubblica.161171726-586x390

Fonte:  Le Monde

© Foto Getty Images

Marea rossa in Cina: mare troppo inquinato e proliferano le microalghe

Il mare della famosa spiaggia di Dameisha a Shenzhen si è colorato di rosso, causando stupore e paura tra i bagnanti. Per gli esperti il fenomeno è dovuto a microalghe che fioriscono in condizioni di elevato inquinamento

E’l’inquinamento la causa della abnorme fioritura di microalghe rosse, probabilmente Karenia brevis che si è verificata alcuni giorni fa nel mare che bagna la città di Shenzhen in Cina. In genere le fioriture di questa microalga si hanno sul finire dell’estate o inizio d’autunno e le esalazioni possono produrre problemi respiratori. L’alga peraltro crea un ambiente marino privo di ossigeno e ciò causa consistenti morie nell’ecosistema. Lo Shangaiisat riferisce che la marea rossa è stata osservata dagli ospiti del Resort Sheraton Dameisha di Shenzhen nella vicina spiaggia a pochi chilometri a nord-est di Hong Kong. Secondo lo Shenzhen’s Monitoring Centre for Marine Environment and Resources, la marea rossa non è tossica ma nonostante ciò è stato imposto comunque il divieto di balneazione. Riferisce il responsabile locale per l’ambiente Kang Ts’ai:

Anche se è innocua, abbiamo comunque imposto il divieto di nuoto o di pratica di sport acquatici nella zona fino a quando le alghe non si saranno dirette verso il mare aperto.

Un rapporto dell’Environmental Protection Agency nel 2013 ha scoperto che cambiamenti delle condizioni ambientali, quali una maggiore crescita di alghe, sono associati ai cambiamenti climatici in corso e possono avere un impatto negativo per l’ambiente, la salute umana e l’economia.B3Snll3CMAAd6NL

Questo è il secondo caso di maree rosse che si verifica sulla costa orientale di Shenzhen dal giugno scorso e questa volta si teme molto per la pesca locale . Le cause di questa insolita fioritura di karenia brevis sono da imputare allo sversamento in mare di grandi quantità di acque reflue non trattate. Altro motivo viene imputato all’eccessiva pesca industriale che ha portato a una perdita di consistenti quantitativi di gamberetti, gli unici che si nutrono di quest’alga. Una fioritura simile di Karenia brevis si era avuta nel 2005 in Florida, ma questa osservata in Cina risulta essere ancora più estesa.

Fonte:  Daily MailShangaiistThe Mirror

Auto a metano, spopolano sempre più in Pakistan, Iran e Cina

La domanda di veicoli e stazioni di rifornimento a metano sta crescendo costantemente in questi Paesi, e in particolare in Cina, dove il problema delle emissioni di CO2 è sempre più grave. Ma le auto a metano sono sempre più ecologiche? Occhio alla categoria…381139

La Cina potrebbe presto diventare la nazione con il maggior parco circolante di veicoli a metano al mondo. Oggi, rende noto l’Osservatorio Federmetano – la Cina, con 3,3 milioni di autovettureautobus autocarri a metano, è terza nella graduatoria mondiale dei paesi con il parco circolante di vetture a metano, dietro Pakistan Iran. Nel Paese della Grande Muraglia il grave problema relativo alle emissioni di CO2 sta incentivando la diffusione di veicoli a metano per ridurre lo smog. Per accelerare lo sviluppo del parco circolante di veicoli a metano, poi, è previsto un ulteriore incremento della rete di rifornimento, che già oggi può contare su circa 3.700 stazioni di rifornimento di metano gassoso e su circa 1.600 stazioni di rifornimento di metano liquido. “La rapida crescita prevista in Cina per il parco circolante di veicoli a metano e per il numero delle stazioni di rifornimento – dichiara Dante Natali, presidente dell’Osservatorio Federmetano – rappresenta una opportunità commerciale che l’Italia non può perdere, dal momento che il nostro Paese è leader mondiale nella tecnologie del comparto del metano per autotrazione ed esporta i suoi prodotti in tutto il mondo. Il comparto industriale del metano per autotrazione è una delle eccellenze italiane di maggior successo al mondo, ed una sua ulteriore crescita può contribuire ad accelerare la ripresa economica italiana“.
Metano: la categoria conta

Un’automobile GPL Euro0 emette 28 mg di PM10 a km percorso: relativamente poco, e praticamente la stessa quantità di un Euro4 benzina (27 mg/km). Ma vediamo gli ossidi di azoto: un Euro0 metano o gpl ne emette 2103 mg a km: più del doppio di un diesel Euro0, il nemico pubblico numero 1 di tutti i blocchi del traffico! Tutto cambia invece già a partire dagli Euro 1: un veicolo alimentato a gpl o a metano produce meno della metà delle emissioni di NOx di un diesel (360 mg/km contro 715), e il divario cresce in maniera esponenziale man mano che si sale di categoria: un Euro3 gpl produce 84 mg/km di NOx. Un Euro3 diesel 803…

Fonte: ecodallecitta.it

Cina, cento tonnellate di tofu tossico in vendita

Un altro scandalo alimentare su vasta scala nelle regioni dello Shandong, dell’Henan e dello Jiangxi. La criminalità organizzata cinese ha immesso sui mercati dell’Est del Paese circa 100 tonnellate di tofu tossico. La vicenda, resa nota quest’oggi dai media di Pechino, non è che l’ultimo capitolo della lunga storia di pratiche illegali nell’industria alimentare cinese. Alle partite di tofu sarebbe stato aggiunto l’idrossimetansolfinato di sodio, un agente sbiancante che ha lo scopo di offrire un aspetto più chiaro e appetibile al tofu, modificandone anche la consistenza. L’utilizzo di questa sostanza (nota a livello internazionale come rongalite) è proibito dall’industria alimentare perché la sostanza è considerata cancerogena. Secondo il quotidiano Qilu Eveneing News la banda che ha immesso queste 100 tonnellate di tofu sul mercato è guidata da tre cugini. Secondo i poliziotti che hanno scoperto la fabbrica del tofu adulterato nelle regioni dello Shandong, dell’Henan e dello Jiangxi, l’odore dei locali in cui avveniva la produzione era insostenibile. Non sono attualmente segnalati casi di intossicazione o di malattia, ma l’allerta sanitario in queste province dell’est della Cina è massimo. Come abbiamo spesso raccontato su Ecoblog, le frodi alimentari e i rischi per i consumatori cinesi sono una vera e propria piaga per il settore alimentare cinese. Nello scorso luglio la società Yum Brands, casa madre di KFC e McDonald’s, è stata messa sotto accusa per l’utilizzo di carne oltre la data di scadenza, mentre nella carne venduta come di asino da Wal-Mart sono state trovate tracce di volpe.161688267_feb9e6bb9d_z-586x439

Fonte:  Le Monde

© Foto Getty Images