Il casale in Cilento che è scommessa di resilienza

Amedeo ha 37 anni e, dopo essersi innamorato di un luogo in cui ha avvertito l’energia che cercava, ha messo in piedi una fattoria bioecologica nel basso Cilento. Ecco cos’è oggi il Casale Il Sughero.9462-10200.jpg

Lui è Amedeo Trezza, ha 37 anni, è dottore di ricerca in semiotica del paesaggio, ma soprattutto è fondatore e anima del progetto ‘Casale il sughero’, piccola fattoria bioecologica a Vibonati nel Basso Cilento, in un’area contigua al Parco del Cilento e Vallo di Diano, sul Golfo di Policastro, in provincia di Salerno.

«Dopo alcuni anni di ricerca universitaria e al contempo di lavoro dipendente, a partire dal 2006 decisi di riprogettare la mia vita altrove, non più in città e soprattutto secondo una visione del mondo (nata in ambiente accademico ma poi maturata a contatto con la terra) totalmente alternativa al paradigma esistenziale e produttivo in cui si è comunemente inseriti» spiega Amedeo.

«Così decisi di utilizzare le mie esperienze pregresse mettendole a disposizione della nuova scommessa che mi accingevo a giocare».

«Cercavo un luogo abbandonato da recuperare e girando prima in bicicletta e poi in auto scoprii un terreno in Cilento con un rudere che a stento si intravedeva tra la vegetazione; decisi subito di iniziare da lì. Per fortuna l’area rurale non era servita da acquedotto e quindi la prima opera da realizzare fu un pozzo artesiano per cercare l’acqua. Trovata l’acqua potei iniziare a immaginare un recupero possibile del luogo. All’inizio sembrò casuale quel rudere in quel posto lontano da tutto, ma pian piano iniziai a imparare a leggere il territorio e a decodificarne il suo linguaggio e mi resi conto che quel rudere era in quel punto per motivi ben precisi: roccia affiorante su cui era stato costruito, strada di passaggio che era una vecchia mulattiera di collegamento tra le aree interne e il mare per le transumanze stagionali, presenza di accumulo stagionale di acque superficiali. Scavando poi nella memoria del paese a valle, capii che quel terreno era stato nei decenni addietro una importante vigna e infatti pian piano sono emersi terrazzamenti in parte crollati. Quindi quel luogo, originariamente luogo di sosta e transito di armenti, era stato poi in epoca recente (fino a dopo la seconda guerra) bottaio della vigna. Per decenni abbandonato fino a che non arrivai io e iniziai il recupero in chiave abitativa oltre che produttiva».

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«Ascoltando la natura – prosegue Amedeo – capii subito che bisognava lavorare recuperando con i materiali locali, ovvero pietra e legno. Dopo una impegnativa ristrutturazione realizzai anche il primo impianto di fitodepurazione privato attivo della provincia di Salerno e affidai alla legna e al sole il compito di riscaldare la casa e l’acqua, riducendo al minimo l’utilizzo di energia non rinnovabile.  La piccola fattoria che oggi ho dimostra che è possibile lasciare la città per la campagna tornando alla coltivazione della terra, alla cura degli animali, alla gestione del bosco e all’ospitalità rurale. Casale Il Sughero ha vinto anche nel 2015 il premio nazionale “Recupera/Riabita” promosso dall’associazione “Piccoli Paesi”».

«L’idea e la pratica di ospitalità rurale qui significano accoglienza in casa di viaggiatori sensibili e alla ricerca di se stessi anziché un luogo da consumare, un’ospitalità che fa del cibo come prodotto della terra un vero e proprio linguaggio di conoscenza e decodifica della identità dei luoghi, una accoglienza a impatto ambientale limitatissimo che preserva e valorizza il territorio anziché mortificarlo: il turismo che consuma cadaveri (paesi e paesaggi finti creati ad hoc per l’industria del turismo) non abita qui. Chi viene qui non trova tv ed aria condizionata ma una vista sul mare e il pane fresco sfornato, non trova la pasticceria raffinata ma il latte di capra e la marmellata del giorno prima, non trova lenzuola di raso e acqua bollente ma profumo di legna e un fiore sul letto, non trova un sorriso di plastica ma una fronte sudata e una mano sporca di terra».

«Infatti Casale Il Sughero è soprattutto un gesto simbolico, casa radical-concettuale, un progetto filosofico e sociale che si pone come obiettivo il recupero del rapporto simbiotico e “bastevole” tra uomo-natura-territorio, che ritengo sia l’alternativa al modello di sviluppo improntato al consumo e una risposta funzionale che superi in maniera costruttiva il concetto di decrescita. Un ritorno alla terra e la volontà di riabitare luoghi abbandonati come scelta di vita da condividere per realizzare un nuovo equilibrio socio-economico e una nuova armonia con l’ambiente e con se stessi, all’insegna della gestione sostenibile delle risorse».

«Un gesto di fondazione – prosegue ancora Amedeo – recuperare un angolo abbandonato di territorio rurale a nuova urbanità possibile e riabitarlo facendolo un piccolo punto di presidio per una nuova esistenza è stato ed è per me una continua scommessa di resilienza e di incontro amoroso possibile con l’altro. È per questo che essendomi messo io stesso in viaggio interiore e quotidiano verso l’Altra Città, ho deciso di aprire le porte di questo luogo ai viaggiatori temporanei – affidando loro una scommessa di contemporaneità – che vogliono conoscere a loro volta un ‘altro’ modo di interpretare lo stare al mondo, un po’ ‘laterale’ e per questo più rischioso ma di certo più affascinante».

«È in questo spirito dunque che qui al Casale l’accoglienza smette di essere una categoria merceologica e diventa incontro e scambio, l’autoproduzione di beni primari diventa condivisione di beni di relazione e così l’incontro diventa finalmente vera occasione di esercizio di reciprocità. Il turismo viene dopo».

Si coltivano orti sinergici e frutta antica, con particolare attenzione al recupero di semi e cultivar antiche a rischio di estinzione; si pratica un piccolo allevamento di animali da cortile e da pascolo e non ultima la cura delle piante spontanee tipiche della macchia mediterranea. Vengono periodicamente attivati anche laboratori di sostenibilità di panificazione naturale con grani autoctoni, autoproduzione di saponi naturali, recupero della lana, caseificazione naturale del latte di capra, trasformazione dei prodotti dell’orto in conserve e confetture, attività educative per bambini, autocostruzione con materiali naturali e di recupero. Il casale ospita inoltre numerosi volontari italiani e stranieri all’interno di diversi progetti di scambio e formazione.

«Casale Il Sughero è quindi luogo stanziale in quanto persistenza e presidio sul territorio – conclude Amedeo – ma al contempo anche luogo di nomadismo interiore: Casa in Cammino, in quanto luogo dell’anima che è in costante cammino interiore e sempre aperto a infinite nuove possibili…rifondazioni».

Fonte: ilcambiamento.it

Nasce in Cilento “La Via Che Porta a Scuola”

In Cilento turismo e scuola si incontrano. “La Via Che Porta a Scuola” è il nome della neonata collaborazione tra l’Associazione La Via Silente e la dirigente scolastica Maria De Biase. Uno degli istituti diretti dalla preside De Biase diventa una tappa del percorso cicloturistico della Via Silente.

È arrivato il momento in cui viaggiatori e alunni si incontrano. Grazie al lavoro di due realtà che conosciamo molto bene:  La Via Silente, associazione cilentana impegnata nella promozione del cicloturismo e del turismo lento, e la preside dell’Istituto Comprensivo di Santa Marina – Policastro Maria de Biase  hanno deciso di iniziare una collaborazione chiamata “La Via Che Porta a Scuola”. L’associazione si occupa, nello specifico, della valorizzazione della Via Silente, un ciclo- percorso di circa seicento chilometri che attraversa l’intero territorio del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni. Grazie alla “Via Che Porta a Scuola”, il ruolo dell’associazione sarà quello di consigliare al viaggiatore in partenza la sosta nelle scuole di Casaletto Spartano o Policastro Bussentino, con particolare rilevanza a Casaletto Spartano perché suggerita come undicesima tappa della Via Silente; l’associazione fornirà inoltre supporto allo sviluppo di progetti che nasceranno in seno a tale collaborazione, partecipando ad incontri a scuola in cui i ragazzi potranno ascoltare dalla viva voce degli ideatori del progetto, i mille aspetti correlati al passaggio di un “visitatore lento” sul proprio territorio.14021675_555266514677053_4474297691654571700_n

La scuola della dirigente De Biase, da anni nota per la divulgazione delle “buone pratiche” e della presa di coscienza della ricchezza della propria terra, si rivela così una fonte di naturale arricchimento per le tappe della Via Silente e un ulteriore tassello verso il raggiungimento dell’obiettivo centrale dell’Associazione: un turismo pienamente consapevole e votato alla conoscenza del territorio. La Via Silente è stata infatti spesso definita dai suoi stessi ideatori come un mosaico che va costruito con pazienza e intelligenza e soprattutto con un’accurata ricerca delle tessere. Essendo sempre più forte il desiderio del turista di avere un contatto autentico con i luoghi e le persone che li abitano, la scuola della dirigente De Biase rappresenta un passaggio naturale verso l’attuazione di un processo educativo che mira al rispetto del proprio ambiente di vita, all’arricchimento naturale nel contatto tra visitatore e abitante e alla tutela paesaggistica, storica e culturale del Cilento.via-silente

Un incontro che mira anche a capovolgere i ruoli, a rendere l’alunno insegnante: la capacità di differenziare i rifiuti, l’autoproduzione della merenda, le conoscenze relative agli aspetti storico – naturalistici del pezzo di Via Silente che raggiunge le scuole del plesso, rappresenterà l’offerta dell’alunno ai visitatori. Questi ultimi, in un’ottica di arricchimento e conoscenza del paesaggio attraversato, ricambieranno con il proprio racconto di viaggio o di viaggi passati agli alunni che li hanno accolti. Uno scambio che è una ricchezza per alunni, turisti e che impreziosisce ulteriormente le attività di due realtà accomunate dalla voglia di innovare le tradizioni del paesaggio che vivono.

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2016/10/cilento-via-porta-a-scuola/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=general

La Via Silente: viaggiare in bicicletta alla scoperta del Cilento

Restare, anziché scappare, per valorizzare la propria terra e farla conoscere al mondo dei cicloturisti tramite un turismo lento e consapevole che permetta la connessione con i luoghi e le persone. È nata così La Via Silente, un sentiero meraviglioso che attraversa l’intero territorio del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni.

“Un sentiero meraviglioso che in poco meno di 600 km, suddivisi in 15 tappe, attraversa l’intero territorio del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni. Sulla Via Silente si pedala per gustare il tempo, per avvertire la realtà con tutti i sensi, per scoprire quel Silenzio che non è assenza di suoni ma qualità di ascolto. Tutto senza mai dimenticare le asperità di un territorio in cui la Natura da sempre è padrona”.

Se si prova a cercare “Cilento” sui motori di ricerca nel web, i primi risultati parlano chiaro: spiagge. Cala Bianca, Punta Licosa, Montecorice per citarne alcune. In sintesi è la costa spesso a fare notizia per questa subregione, situata nella zona meridionale della Campania, che a dire il vero ha molto più da offrire rispetto alle sole meravigliose spiagge, soprattutto ora che andiamo incontro alla stagione autunnale.

Su Italia che Cambia abbiamo provato a narrare un “altro” Cilento, dall’esperienza rurale dei ragazzi di Terra di Resilienza  a quella di Angelo e Donatella di Tempa del fico, all’esperienza educativa e formativa della preside Maria de Biase. Oggi vogliamo raccontarvi la storia dell’Associazione La Via Silente, un gruppo di ragazzi che tramite il cicloturismo e la bicicletta vogliono far scoprire “l’altro Cilento”, quello dell’entroterra e dei magnifici scenari naturalistici del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, e che tramite questa esperienza “vogliono dare una nuova esperienza al proprio territorio, che invece di scappare da qui vogliono rimanere per far conoscere la propria terra al mondo dei cicloturisti tramite un turismo lento e consapevole” dalle parole di Simona Ridolfi, presidente dell’Associazione La Valle Silente.13177639_519391581597880_1516527657287781596_n

“L’idea è nata durante il Cammino di Santiago, che ho fatto personalmente tre anni fa in bicicletta. Durante il tragitto di ottocento chilometri ho riflettuto che noi avevamo un territorio meraviglioso, un Parco Nazionale da far scoprire e da valorizzare, e mi è venuta l’idea di realizzare qualcosa di simile qua” ci racconta Simona “e a distanza di tre anni, insieme ad un gruppo di ragazzi, è venuto fuori il progetto della Via Silente della quale siamo molto orgogliosi”.

La Via Silente è un percorso circolare di circa seicento chilometri, divisa in 15 tappe che si snodano tra le montagne del Parco Nazionale del Cilento, Valle di Diano e Alburni.

Il progetto si chiama così perché l’aspetto del silenzio, nell’attraversare queste terre, è uno degli aspetti fondamentali: un silenzio “che è qualità di ascolto, perché questa terra oltre ad offrire degli scenari meravigliosi è anche ricca di particolari, di suoni ed odori, è un rapporto esclusivo con la natura, con lo sciabordio delle acque e con i suoni degli animali” spiega Simona “e per poter godere di questo particolare tipo di silenzio di qualità è necessario avere un approccio lento, e la nostra proposta è coerente con questo”.10400001_406394139564292_1164808794054641161_n

Il percorso è stato tracciato e cartografato nel giugno 2014 da Simona e da Carla Passarelli, vicepresidente dell’Associazione La Via Silente, che avventuratesi alla scoperta della loro terra si sono poi avvalse della collaborazione di un team di cartografi, webmaster, grafici ed esperti di management turistico per realizzare la mappa, il sito e mantenere i rapporti con tutte le figure distribuite durante il percorso.

Ma perché la bicicletta? “ Abbiamo scelto la bicicletta sia perché, essendo il il cicloturismo in forte espansione, volevamo essere all’altezza fornendo ai turisti e ai visitatori una mappa e degli strumenti idonei a questo modo di praticare turismo – ci racconta Simona – sia perché la bicicletta è il mezzo ideale per un turismo lento, per interagire a trecentosessanta gradi con il territorio e con le sue realtà, perché la nostra esperienza è di tipo interattivo: vogliamo interagire con il territorio e coinvolgere anche altre associazioni e gli attori presenti lungo il percorso”.

Il mare si raggiunge solo dopo circa quattrocento chilometri di percorso, dopo aver scoperto una terra aspra, selvaggia e proprio per questo autentica e meravigliosa.14317426_568983973305307_7368378849733112594_n

“Noi abbiamo voluto darci una speranza e dare una speranza al nostro territorio” conclude Simona “troppo spesso i ragazzi scappano da questa terra, perché non vedono un opportunità e un futuro e si sentono isolati. Ecco perché vogliamo dare una speranza a questo territorio: aprirlo al mondo e dimostrare che i progetti non rimangono solo sogni ma possono divenire realtà”. E proprio qualche giorno fa in occasione del CosmoBike Show di Verona (la fiera della bicicletta dedicata a ciclismo, bike tourism e mobilità sostenibile) alla Via Silente è stata assegnata una menzione speciale dell’Italian Green Road Award: “un premio alla volontà, alla caparbietà e lungimiranza inizialmente di due donne Simona e Carla e oggi di un gruppo di ragazzi, (otto i soci fondatori dell’associazione) che hanno avuto l’idea di questo anello cicloturistico”.

 

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2016/09/io-faccio-cosi-135-via-silente-viaggiare-in-bicicletta-cilento/

 

 

Cilento: la scuola virtuosa di Maria de Biase vittima di giochi politici

Nel Cilento la preside Maria de Biase ha trasformato l’istituto comprensivo che dirige in un esempio di buona scuola, in cui si insegnano e si mettono in atto pratiche come la differenziazione dei rifiuti e l’autoproduzione della merenda. Purtroppo, una faida fra amministratori rischia seriamente di porre fine a questo bellissimo esempio di cambiamento.

Vi abbiamo già parlato di Maria de Biase  la preside che con la sua educazione alla ruralità ha creato un modello di scuola virtuoso centrato sulle buone pratiche. La sua storia, partita da San Giovanni a Piro, nel Cilento, ha destato attenzione in Italia e non solo: una scuola che guarda al futuro valorizzando il passato, le tradizioni, il cibo sano e la lotta ai rifiuti. Ora questo modello rischia di scomparire, perlomeno dal Cilento, a causa sia delle legge sul dimensionamento scolastico ma soprattutto per i litigi degli amministratori locali, che nulla hanno a che fare con le pratiche della scuola.debiase1

L’avventura della preside Maria De Biase ha inizio nell’istituto comprensivo Teodoro Gaza di San Giovanni a Piro – in Cilento – dove ha dato vita a una vera rivoluzione

La situazione è complessa ma proviamo a riassumervi i fatti: a causa della legge sul dimensionamento scolastico (spiegata bene qui in breve), nel 2013 la Preside De Biase fu costretta a lasciare la presidenza dell’Istituto Teodoro Gaza di San Giovanni a Piro (che perse l’autonomia scolastica), divenne preside dell’Istituto Comprensivo di Santa Marina e tenne come reggente la scuola di San Giovanni a Piro (per non perdere il buon lavoro fatto) e le altre scuole del Cilento accorpate all’istituto di Santa Marina. Una situazione già difficile allora per la preside, perché mentre gli istituti di San Giovanni e di Santa Marina sono vicini, le altre scuole accorpate a causa del dimensionamento scolastico sono molto lontane una dall’altra: “La conformazione del Cilento è particolare, i comuni sono molto piccoli e distanti l’uno dall’altro. Sono più in macchina che nella mia scuola, per espletare le mie funzioni. La legge sul dimensionamento non tiene comunque conto delle difficoltà delle piccole comunità” ci spiegò la De Biase. Purtroppo il paradosso non è questo: infatti dal prossimo anno la sua ex scuola, la Teodoro Gaza di San Giovanni a Piro, recupererà l’autonomia scolastica proprio a danno dell’istituto di Santa Marina, della quale è preside ora, che andrà in reggenza. Si rimescolano le carte e il destino della De Biase è dunque di nuovo incerto: può una lotta, un’inimicizia politica profonda tra amministratori locali compromettere così gravemente un lavoro così innovativo e incisivo, come quello fatto dalla Preside de Biase?.

“Non è un’operazione contro di me e la mia persona. Alcuni sindaci del luogo, in base ad alleanze locali e a logiche che niente hanno a che fare con i processi educativi scolastici, hanno sottratto dei plessi di scuola dell’istituto che attualmente dirigo e gli hanno fatto perdere l’autonomia, per poi accorparli ad un altro istituto il cui sindaco è loro alleato. Detta in breve è così. Queste decisioni vengono prese non rispetto al bene comune, ma in base all’appartenenza del momento degli amministratori locali” ci spiega la preside De Biase “è una cosa che trovo scandalosa, è una situazione perennemente transitoria perché gli equilibri locali potrebbero saltare di nuovo da un momento all’altro, in base al cambiamento degli scenari politici. Dunque per me è assurdo che il dimensionamento scolastico sia affidato ai personaggi politici locali: se facessero bene il loro lavoro andrebbe anche bene, ma qui non è così e credo ci sia bisogno di un’autorità sovradimensionata. Dovrebbe intervenire il Ministero della Pubblica Istruzione, perché non è possibile che le scuole siano ostaggio di queste decisioni che sono solo politiche. La mia speranza è che il mio messaggio arrivi direttamente a loro, perché non possiamo rimanere ostaggio di queste dinamiche”.

Con la nuova perdita dell’autonomia della sua scuola attuale, la De Biase perde infatti tutti i progetti ai quali stava lavorando (nuove iniziative e partecipazione a vari bandi), in cambio di un futuro completamente incerto.8597198077_1677fb0abf_h-845x684

Eppure la Preside aveva la soluzione ideale: in passato ha provato a far dialogare le amministrazioni dei comuni di San Giovanni a Piro e di Santa Marina, per convincerle a unire i due istituti scolastici: “La scelta più razionale sarebbe stata questa: le due località sono vicine, hanno una storia comune. Cosi le altre scuole più lontane si sarebbero accorpate ad un altro istituto vicino a loro, e non a uno di questi due che sono distanti. Pensate che un genitore di un alunno che risiede in quei comuni lontani, dovrà andare direttamente a San Giovanni a Piro per firmare anche solo una giustificazione”.
E poi se è solo di numeri che si tratta l’ istituto di San Giovanni a Piro avrebbe potuto accorpare i plessi di un solo comune dell’interno e lasciare a Santa Marina le scuole dell’altro comune. In questo modo l’uno avrebbe recuperato l’autonomia e l’altro l’avrebbe conservata. Invece si è voluto seguire la logica del “mi prendo tutto io” , mortificando l’istituto di Santa Marina facendogli perdere l’autonomia che, dall’anno prossimo, andrà in reggenza. La De Biase in questi tre anni ha gestito tutte queste scuole sperando che prima o poi avrebbero trovato la soluzione per affidarle un istituto gestibile e non un insieme di scuole cosi vasto. E’ chiaro che a questo punto la preside si trova di fronte ad una scelta molto difficile, o tornare a San Giovanni a Piro e provare a dirigere la sua enormità di scuole o trasferirsi in altra scuola della Campania. Lei ritiene che quella di San Giovanni, così come è stata organizzata, sia una situazione impossibile da coordinare, la qualità della scuola non sarebbe garantita né le famiglie delle piccole comunità sarebbero tutelate avendo un ufficio di presidenza così distante. Non appena diffusasi la notizia, molte persone hanno pensato ad un attacco diretto alla preside de Biase, legato al suo lavoro da molti ritenuto “scomodo” per una scuola diversa: purtroppo (permetteteci il termine) il male sa essere più banale. È una situazione nella quale noi che scriviamo e voi che leggete avvertiamo la fastidiosa sensazione dell’impotenza. Noi nel nostro piccolo la scriviamo e la diffondiamo, lanciamo il nostro sasso nello stagno. Dopo aver respirato direttamente l’atmosfera della sua scuola, l’entusiasmo delle insegnanti, dopo aver visto centinaia di bambini mangiare pane e marmellata fatta in casa per merenda, imparare a fare un orto, il sapone con il riciclo dell’olio e dopo essere stati travolti dalla gioia e dalla vitalità di Maria nel raccontarci e nel mostrarci tutto questo, noi perlomeno non vogliamo lasciarla sola. Voi?

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2016/03/cilento-scuola-virtuosa-maria-de-biase-giochi-politici/

 

A scuola di buone pratiche e ruralità in Cilento: la preside Maria De Biase

A lezione di eco-sostenibilità.  L’avventura della preside Maria De Biase ha inizio nell’istituto comprensivo Teodoro Gaza di San Giovanni a Piro – in Cilento – dove ha dato vita a una vera rivoluzione, un cambiamento che passa attraverso le tradizioni più antiche del territorio, alla riscoperta delle proprie origini e antiche abitudini. La preside De Biase arriva a San Giovanni a Piro nel 2007, fino a quel momento aveva insegnato nell’hinterland napoletano, dove lavorava a progetti di educazione alla legalità.

Quando nella scuola si è sparsa la voce che la nuova preside veniva dalla “grande città”, tutti si aspettavano di assistere ad un’innovazione in nome della modernità. La preside napoletana si è presentata invece con progetti di educazione alla ruralità e con una “dichiarazione di guerra” alle merendine confezionate. Dopo il suo arrivo hanno cominciato a consolidarsi buone pratiche quotidiane: la creazione di orti sinergici, il compostaggio e l’arrivo di “Bidolio”, un contenitore per la raccolta di oli esausti dai quali viene poi prodotto il sapone.8597200691_6fea53652e_b

Tutto diventa un gioco da bambini. Nella mensa scolastica gli alunni vengono riabituati ai sapori genuini e sono serviti solo i prodotti che la terra produce: il verde non fa storcere il naso e i bambini mangiano fave e piselli a pranzo, pane e marmellata a colazione, pane e olio per merenda. Si chiamano eco-colazione e eco-merenda senza piatti né bicchieri di carta o plastica, tutto è rigorosamente organizzato nel rispetto della filosofia “Rifiuti Zero”. Questa oasi di buone pratiche, l’anno scorso è stata messa a rischio da una legge italiana che prevede la perdita di autonomia per tutte quelle scuole che contano un numero inferiore a 600 alunni, 400 nel caso delle comunità montane come quella di San Giovanni a Piro. L’istituto contava quindici alunni in meno di quelli previsti dal regolamento, 385, e Maria De Biase è stata costretta al trasferimento. A Settembre è tornata a intravedere spiragli di luce, quando le viene affidata la presidenza dell’istituto di Policastro Marina che, a sua volta, ha in reggenza la scuola di Caselle. Nei primi giorni del nuovo anno scolastico il Teodoro Gaza rimane in balia degli eventi ma alla fine Maria De Biase ne ottiene la reggenza. In questo modo la preside si è trovata a operare – per quest’anno, poi chissà – su tre scuole diverse, esportando principi e buone pratiche ormai consolidate al Teodoro Gaza.8597198783_d8d815ae5a_b

L’esperienza avviata qui è ormai matura, assimilata dai bambini e gestita con entusiasmo da docenti e genitori, nelle altre due scuole la De Biase ha gettato i semi per il cambiamento e il suo operato è stato riconosciuto e apprezzato anche da alcune amministrazioni locali: “le mie scelte sono dettate da precisi obiettivi educativi”, ha spiegato la preside ad Andrea Degl’Innocenti che l’ha intervistata nel novembre scorso, “ma portano anche notevoli risparmi economici che, soprattutto in tempi di crisi, non possono che aiutare nella gestione complessiva del bilancio”.8598301328_88f38316db_b

Ora che lavora su tre scuole la fatica è tanta, il Cilento è una terra in cui le distanze si misurano con strade sterrate e piccoli centri abitati che si inerpicano tra le montagne. Nelle sue parole c’è anche la preoccupazione per il futuro, perché le sorti della sua reggenza hanno tempi incerti. Ma soprattutto, Maria De Biase parla di un sogno che si è avverato, quello di vedere i principali attori del futuro – i bambini e i ragazzi delle scuole – assorbire i principi e le pratiche dell’eco-sostenibilità, in un territorio rurale in cui la terra è una risorsa materiale e culturale. Soprattutto la entusiasma che sia la scuola, un’istituzione pubblica soggetta a critiche e tagli spietati, ad assolvere alle funzioni fondamentali dell’educazione e della gestione sapiente delle proprie ricchezze.

Elena Risi

Fonte: italiachecambia.org

 

Cala bianca di Camerota spiaggia più bella d’Italia, controlli per i ciottoli portati via

E’ stata appena eletta spiaggia più bella d’Italia Cala bianca di Camerota che è già stata presa d’assalto dai turisti. Disposti i controlli dalla Capitaneria di porto affinché l’ambiente marino resti preservatocala-bianca1-620x350

L’assalto dei turisti inizia dalle prime ore del mattino quando le imbarcazioni da diporto si avvicinano alla rena bianca, immacolata. D’altronde Cala bianca a Camerota nel Cilento è stata appena eletta spiaggia più bella d’Italia, superando nei voti degli internauti spiagge come Scala dei Turchi o Cala delle Caldane a Isola del Giglio.

Scrive il Giornale del Cilento:

Le voci si rincorrono nel borgo marino di Camerota. Tra i pescatori c’è fierezza e orgoglio per il riconoscimento attribuito a quella ‘cala’ ma tutti chiedono rispetto delle regole, rivolgendosi ai proprietari dei natanti che raggiungono la spiaggia: yacht, piccole imbarcazioni e anche gommoni.

Cala Bianca che si innesta nell’ area marina protetta degli Infreschi e della Massetasi si raggiunge via mare oppure a piedi dopo una passeggiata che attraversa il Monte Luna e dunque in queste giornate di ferragosto l’assalto dei turisti è stato massiccio tanto che alcuni hanno anche iniziato a raccogliere i candidi ciottoli come souvenir, il che però fa il capitano di vascello Maurizio Trogu, comandante del Compartimento Marittimo di Salerno:
Per il codice penale si tratta di furto ai danni dello Stato. Portare via i ciottoli è una cattiva abitudine che ha già deturpato altre aree, come la spiaggia Rosa in Sardegna. Un problema gravissimo che va stroncato sul nascere: la gente non si rende conto che la spiaggia rischia di perdere la propria caratteristica. Il Comune di Camerota ha reso noto che è in atto un piano di sorveglianza molto rigido con l’ausilio di elicotteri e vigili urbani che eleveranno multe salatissime a chi sarà colto in fallo.

Fonte:  La Città di Salerno