Cile, il clima “impazzito” minaccia i mirtilli

The Royal Horticultural Society's 2015 Harvest Festival Show

Il clima fa le bizze con un Niño che imperversa, il Polo Nord con temperature sopra lo zero a dicembre, lunghe siccità invernali o piogge simili agli acquazzoni primaverili o autunnali quando ci si attenderebbe la neve. Anche in Cile il clima “impazzito” dell’estate australe sta ritardando la raccolta dei mirtilli di cui lo Stato sudamericano è il principale produttore ed esportatore al mondo. A Chimbarongo è il momento del raccolto per questo frutto che acquista sempre maggiore spazio sul mercato. Nel 2015 una primavera australe sempre più instabile e inaspettatamente fredda ha reso difficile il raccolto. “I mirtilli di Brigitta dovrebbero essere già raccolti, invece iniziano a maturare solo ora“, spiega Patricio Garcia Zamoramo, responsabile di uno dei frutteti di Chimbarongo. La principale conseguenza è l’aumento dei prezzi di questo frutto ottimo per la salute. Il Cile è diventato un punto di riferimento globale perché esporta in contro stagione ovvero quando nell’emisfero boreale non sono disponibili questi frutti così saporiti e salubri. Nel corso del 2014 il Cile ha esportato 92mila tonnellate di mirtilli per un giro d’affari di 500 milioni di dollari. Grazie a questa crescente richiesta, i produttori cileni stanno sviluppando varietà più produttive e tecnologie in grado di svincolare la produzione dalle bizze del clima.

Fonte:  Askanews

Cile, il vulcano Calbuco si sveglia dopo quasi 43 anni. Foto e video

L’ultima eruzione del Calbuco risale all’agosto del 1972.vulcano

Il vulcano Calbuco, in Cile, è entrato in fase eruttiva dopo aver dormito per quasi 43 anni. L’ultima eruzione risale all’agosto del 1972, dopo la quale è rimasto inattivo fino a ieri, quando ha ricominciato a farsi sentire e ha eruttato fumo e cenere creando delle nubi scure che sono visibili da quasi tutta la parte meridionale del Cile e anche dall’Argentina, tanto che l’allerta rossa è stata lanciata anche per Bariloche, che si trova proprio in territorio argentino. La protezione civile cilena ha detto che la preoccupazione per gli abitanti delle zone vicine al Calbuco è massima, perciò è stata evacuata tutta la gente, circa 1500 persone, che vive nel raggio di 20 km dal vulcano che si trova a un’altitudine di 2.015 metri nella zona di Los Lagos (ossia la regione dei laghi), a meno di un chilometro a Sud di Santiago del Cile, tra i comuni di Puerto Montt e Puerto Varas.ARGENTINA-CHILE-VOLCANO-CALBUCO

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Il Calbuco, il cui nome significa “acqua azzurra” nella lingua mapuches, è considerato il terzo vulcano più pericoloso tra i 90 che si trovano in tutto il Cile. Per ora le persone evacuate sono state portate in alberghi, mentre tutti i voli tra Santiago del Cile e Puerto Montt sono stati sospesi. L’Osservatorio vulcanologico della regione meridionale della cordigliera delle Ande ha confermato che la sismicità nella zona del Calbuco presenta delle consistenti variazioni in base ai risultati dei monitoraggi, perciò per ora l’allerta resta rossa. Nel video in alto e nelle foto si possono vedere le immagini spettacolari e allo stesso tempo preoccupanti per chi vive nella zona offerte dal vulcano che si è appena svegliato.

© Foto Getty Images

Fonte: ecoblog.it

Cambiamenti climatici, il vino emigrerà verso nord?

Sapevate che fino a un secolo fa l’Algeria era il maggior produttore mondiale di vino? Che un vino del New Jersey è “statisticamente indistinguibile” da un vino francese? E (ma questa è più facile) che la Cina fosse il paese dalla più rapida crescita vinicola? Cose che dipendono, anche, dai cambiamenti climatici.8447360068_0b8a6a9a1e_b-586x394

Nel marzo 2013 è stato pubblicato su PNAS(Proceedings of the National Academy of Sciences) questo studio relativo all’impatto dei cambiamenti climatici sul vino (sulle vigne in senso agricolo): entro il 2050 fino all’86% delle aree europee del Mediterraneo dove ora si produce vino potrebbe non essere più adatta alle viti a causa delle modifiche che subirà il clima. I risultati mostrano con chiarezza come le estati sempre più calde e gli inverni sempre più gelidi stiano mettendo a rischio forse IL prodotto per eccellenza del made in Italy: il vino. Il fenomeno, viene da sè, interesserà tutto il pianeta: la California, oggi terra di eccellenti vini (sopratutto bianchi Chardonnay e rossi Cabernet Sauvignon e Syrah) arriverà a perdere fino al 60% dei suoi vitigni, così come il Cile (-25%) ed Australia (-70%), ma è il Mediterraneo che subirà i danni maggiori. Se da un lato del mare nostrum l’avanzata del deserto negli ultimi 100 anni ha completamente cancellato la produzione vinicola nordafricana, dall’altro il vino conosce oggi una nuova, splendida ed eccellente giovinezza; un periodo che però è messo a serio rischio dai cambiamenti climatici, che potrebbero spazzare via fino all’86% dei vitigni dei paesi del Mediterraneo europeo. Se al di là dell’Atlantico l’area del Parco di Yellowstone diventerà il territorio più produttivo entro i prossimi 50 anni (oggi non c’è nemmeno un vitigno): lo spostamento verso nord delle terre da uva potrebbe portare gli americani ad impiantare vitigni fino ai confini con il Canada, nello Yukon (un tempo famoso per la neve, il ghiaccio ed i cercatori d’oro). Questo fenomeno è mostrato chiaramente nella mappa qui sotto.

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In altre zone del pianeta invece potrebbe diventare impossibile continuare con la produzione vinicola: spostandosi ai poli, le terre da vino di Sud Africa, Cile ed Australia si assottigliano sempre di più e potrebbero scomparire del tutto. In Europa dramma che interesserà sopratutto Italia e Spagna, che potrebbero arrivare a perdere oltre la metà dei loro vitigni preziosi, ma la tendenza è ormai già incline ad andare verso nord. L’aumento delle temperature aumenta il contenuto zuccherino negli acini aumentando la gradazione del prodotto finale e diminuendone l’acidità: ciò implica necessariamente una sostanziale modifica negli aromi, rendendo più complessa (a palati esperti e non) ed incerta la degustazione (e diminuendo la produzione). Questo potrebbe avere conseguenze dirette anche sul mercato dei vini, rendendo competitivi vitigni che prima erano considerati di bassa lega (come quelli americani o, fino a qualche anno fa, quelli sudafricani oggi molto apprezzati). Un problema che si è cercato di affrontare già da tempo, ad esempio impiantando ceppi più resistenti o introducendo nuovi metodi di irrigazione. Ma è poco ciò che il produttore può fare di fronte al cambiamento climatico in atto:

In questo scenario le produzioni si sposterebbero più a nord. In nord Europa le aree vinicole aumenteranno del 99%, in Nuova Zelanda del 168 e nel nord America del 231.

si legge nello studio.

Fonte:  Conservation International