«Pedalare non è reato»: migliaia di ciclisti oggi nelle piazze

«Pedalare non è reato» è il titolo simbolico dato dal gruppo Bike Pride Torino all’iniziativa che si tiene oggi e che coinvolge, oltre al capoluogo piemontese, altre sei grandi città italiane. L’evento in risposta alle cariche della polizia nei giorni scorsi durante la critical mass.

All’evento è stato dato il titolo simbolico di “Pedalare non è reato” ed è stato promosso dal gruppo Bike Pride Torino dopo l’intervento della polizia in occasione della critical mass della scorsa settimana. Un appuntamento, che come sottolineano gli organizzatori, si è allargato ad altre città. Si stimano migliaia di ciclisti che scenderanno in a Torino e in altre sei città italiane (Roma, Napoli, Milano, Bologna, Genova Firenze) alle ore 19.

«Il presidio simbolico non è una pedalata non è una manifestazione di Bike Pride – sottolineano i promotori – L’associazione ha esclusivamente svolto il ruolo di megafono per dare voce ad un sentimento e un impulso comune che si è sollevato dopo i fatti di giovedì scorso a Torino. La bicicletta è un anticorpo contro l’inquinamento, uno strumento capace di ridurre i tanti effetti negativi del sistema traffico in ambito urbano, in primis quello legato alla sicurezza. Ma pedalare è pericoloso. Chi usa la bicicletta, anche solo per spostarsi di pochi metri, va sostenuto con tutte le forze, non certo criminalizzato».

Il 21 marzo scorso, durante la Critical Mass a Torino, un raduno di biciclette che, sfruttando la forza del numero, invadono le strade normalmente usate dal traffico automobilistico,  la polizia aveva caricato alcuni manifestanti all’incrocio tra Corso Vittorio Emanuele e Corso Re Umberto. Di qui, ci sono state polemiche e critiche nei confronti di quanto accaduto.

«Da sempre il nostro messaggio è inclusivo e aperto. Non scendiamo in piazza contro nessuno, tanto meno contro le forze dell’ordine, ma per promuovere una cultura e una mobilità che rispetta l’ambiente, le città e cittadini» hanno aggiunto i promotori.

«Stiamo vivendo un momento molto difficile, in cui il tema della sicurezza sta prendendo il sopravvento su qualsiasi altra questione – afferma Giulietta Pagliaccio, presidente Fiab, che sarà presente al presidio di Milano – Ci preoccupa moltissimo questa gestione dell’ordine pubblico che sembra non fare distinzione tra ciò che realmente può rappresentare un pericolo e quello che è, semmai, una situazione da tenere sotto controllo».

Fonte: ilcambiamento.it

Test EuroNcap: la tecnologia protegge ciclisti e pedoni

Alcune tecnologie, come quelle installate a bordo di Nissan Leaf, possono fare la differenza ed evitare incidenti tra auto e biciclette.http _media.ecoblog.it_4_448_euroncap-nissan-leaf-ciclisti

Dagli ultimi test Euroncap 2018 esce una vincitrice: la Nissan Leaf 100% elettrica che ha ottenuto le 5 stelle e che, arrivata ormai alla piena maturità, si propone come auto da città realmente per tutti. L’edizione 2018 dei test EuroNcap porta con sé alcune modifiche, soprattutto nella sezione “Vulnerable Road Users” cioè utenti vulnerabili della strada: pedoni e ciclisti. Per i ciclisti i nuovi test prevedono due scenari: uno in cui il ciclista taglia la strada all’automobile e l’altro con il ciclista che viaggia nella stessa direzione, di fronte alla vettura. I sistemi di protezione di pedoni e ciclisti rientrano nei dispositivi di sicurezza attiva delle auto, sistemi cioè che “fanno qualcosa” per evitare l’impatto. Ad esempio frenano autonomamente appena rilevano un pedone o un ciclista. Si chiamano sistemi di AEBVRU, Autonomous Emergency Breaking Vulnerable Road Users. Nissan ha fatto molto da questo punto di vista e ha dotato la sua Leaf di sistemi AEBVRU più efficienti rispetto ai concorrenti. Molto ancora resta da fare, ma lo score di 71% sia nella protezione dei VRU che nella sicurezza attiva in generale dimostrano i progressi fatti fino ad ora. Con la sempre maggiore diffusione di biciclette ed e-bike sulle nostre strade sistemi del genere diventano sempre più utili per salvare vite umane. Per questo motivo l’Automobile Club d’Italia chiede ufficialmente che i sistemi di sicurezza attivi olti alla protezione dei VRU siano resi obbligatori sulle auto di nuova immatricolazione.

Fonte: ecoblog.it

L’airbag per i ciclisti: il casco che salva nelle cadute

Il casco airbag per bicicletta salva i ciclisti dalle cadute mortali71a_ht_invisible_bike_helmet_dm_120821_wg-586x329

L’airbag per la bicicletta è realtà da qualche anno a questa parte, da quando due studentesse svedesi della facoltà di ingegneria della Lund University – Anna Haupt e Terese Alstin – si sono inventate il casco airbag per il ciclismo in grado di prevenire le cadute mortali. L’airbag per ciclisti Hövding è il frutto di un lavoro iniziato nel 2005 e durato diversi anni. Quando le due future ingegnere si sono messe al lavoro in Svezia era appena entrato in vigore l’obbligo di indossare il casco per i minori di 15 anni. Le due volevano realizzare un accessorio così attraente per i ciclisti da rendere superflua l’emanazione di una legge che lo facesse diventare obbligatorio. In tanti non indossano il casco per timore di rovinare l’acconciatura, perché non è pratico da trasportare o ancora perché lo trovano ridicolo. In Svezia, inoltre, fa molto freddo ed il casco non consente di indossare cappelli sotto per proteggersi una volta scesi dalla bici. Il concept si è trasformato in un prodotto commerciale, grazie all’assegnazione di un fondo nell’ambito del concorso Innovationsbron ed alla collaborazione con la Alva Sweden, azienda specializzata nella produzione di airbag. Nel 2006 il prodotto ha vinto anche la Venture Cup e con i capitali in palio le due hanno fondato una loro compagnia: la Hövding Sverige AB che oggi dà lavoro a 16 persone. Ci sono voluti ben 7 anni di lavoro, con il prezioso aiuto di uno specialista in traumi al cranio, per confrontare i movimenti più comuni di testa e corpo in caso incidenti con la normale andatura della bici e realizzare dei sensori ad hoc, capaci di attivare l’airbag in caso di anomalie. Al momento dell’uscita sul mercato, quando il prodotto era di nicchia il costo dell’airbag era di 466 euro, oggi il prezzo è compreso fra i 275 e i 344 euro. Il casco airbag puàò essere acquistato sul sito dell’azienda produttrice Hövding oppure su Amazon. A fine vita o in caso di malfunzionamento il collare si rispedisce alla fabbrica in Svezia che provvede a riciclarlo.

Airbag per ciclisti: come funziona

Hövding 2.0 si indossa come un colletto o una sciarpa attorno al collo. L’airbag, comandato da sensori installati all’interno del colletto, si apre ed è visibile solo in caso di incidente. L’airbag protegge testa, collo e viso del ciclista. Hövding 2.0 viene attivato tramite i sensori solo in caso di effettivo incidente. Hövding 2.0 può resistere a molteplici urti della testa (come accade spesso negli scontri con automobili), perché rimane pieno d’aria durante tutto il tempo.

Mortalità dei ciclisti in Svezia

Ogni anno in Svezia muoiono 40 ciclisti e si registrano 30 mila feriti. Uno su tre riporta ferite alla testa. Il 40% delle cadute mortali in bicicletta è associata all’assenza di casco, ecco perché il casco airbag ha avuto da subito una forte richiesta. Gli elmetti riducono del 60% le probabilità di contusioni e traumi. Noi italiani siamo al terzo posto per incidenti mortali ai danni dei ciclisti con 263 morti nel 2010. La Swedish Road Administration voleva estendere la norma anche ai ciclisti adulti che però vedevano il casco più come una minaccia ed un intralcio che come un accessorio per viaggiare in sicurezza sulle due ruote. Da qui l’idea di un casco/non casco, ovvero una sorta di collare ergonomico che si indossa e si apre solo all’occorrenza grazie alla presenza di sensori, rimanendo invisibile e non invasivo in tutti gli altri casi. Sono disponibili delle cover in diversi colori per abbinarsi facilmente alla mise del ciclista.

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Le due volevano realizzare un accessorio così attraente per i ciclisti da rendere superflua l’emanazione di una legge che lo facesse diventare obbligatorio. In tanti non indossano il casco per timore di rovinare l’acconciatura, perché non è pratico da trasportare o ancora perché lo trovano ridicolo. In Svezia, inoltre, fa molto freddo ed il casco non consente di indossare cappelli sotto per proteggersi una volta scesi dalla bici. Il concept si è trasformato in un prodotto commerciale, grazie all’assegnazione di un fondo nell’ambito del concorso Innovationsbron ed alla collaborazione con la Alva Sweden, azienda specializzata nella produzione di airbag. Nel 2006 il prodotto vinse anche la Venture Cup e con i capitali in palio le due fondarono una loro compagnia: la Hövding Sverige AB che oggi dà lavoro a 16 persone. Ci sono voluti ben 7 anni di lavoro, con il prezioso aiuto di uno specialista in traumi al cranio, per confrontare i movimenti più comuni di testa e corpo in caso incidenti con la normale andatura della bici e realizzare dei sensori ad hoc, capaci di attivare l’airbag in caso di anomalie. Oggi il casco-airbag è realtà: si può acquistare anche online ma il costo è decisamente proibitivo: il prezzo si aggira infatti sui 466 euro. A fine vita o in caso di malfunzionamento il collare si rispedisce alla fabbrica in Svezia che provvede a riciclarlo.

Foto | Hövding su Facebook; Hövding

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Fonte: ecoblog.it

Cosa fare quando si inizia ad andare in bicicletta

Chi vuole iniziare ad andare in bicicletta per sport o per cicloturismo deve seguire alcune regole10

Chi vuole iniziare ad andare in bicicletta seriamente, dopo avere scelto il mezzo adatto a quelli che sono i propri progetti ciclistici, deve seguire un percorso fatto di tappe universali. L’attività ciclistica non si improvvisa e occorre adattarsi ai suoi sforzi con gradualità. Soprattutto per i più giovani che non hanno una muscolatura formata (sotto i 16-17 anni) e per chi inizia col ciclismo in tarda età (sopra i 40 anni) è consigliabile non forzare i tempi e seguire alcune tappe obbligate. Eccole.

  1. Si comincia sempre con la pianura, utilizzando rapporti molto agili, poi si iniziano ad aumentare i dislivelli con le colline e poi ci si può misurare sulle salite.
  2. In una fase iniziale sono sufficientibrevi uscitedi 30/45 minuti che possono essere successivamente aumentate sia in termini di chilometri che di difficoltà altimetriche.
  3. Imparare a conoscersi e a conoscere la simbiosi con la bicicletta. Un corretto utilizzo del cambioconsente di fare 70-80 pedalate al minuto, questo è il ritmo corretto su qualsiasi terreno (pianura o salita).
  4. Berespesso e mangiare in maniera commisurata allo sforzo. Alimentarsi con cibi facilmente digeribili (no panino con la porchetta please!) e le cui risorse energetiche entrano velocemente in circolo.
  5. Acquistare un casco, con una buona ventilazione, e indossarlo.
  6. Utilizzare biciclette con misure adeguate. Questa è una condizione fondamentale per far lavorare la muscolatura in modo corretto e non avere crampi o mal di schiena.
  7. Utilizzare una sellacomoda, non troppo morbida, anzi abbastanza rigida.
  8. Munirsi dilucise si pedala di notte o in zone con gallerie.
  9. Fare stretchingprima e dopo l’attività fisica aiuta a prevenire i crampi.
  10. Nella stagione più calda proteggersi dal sole con occhialiadeguati e creme solari.

Fonte: ecoblog.it

Morti in bicicletta: il weekend nero dei ciclisti in Italia

Il drammatico episodio di omicidio stradale a Lecce e i due morti in 24 ore a Torino riaccendono il dibattito sulla sicurezza stradale di chi pedala in biciclettabici

È stato un weekend da incubo per i ciclisti in Italia. In un periodo in cui il numero dei ciclisti è sensibilmente inferiore all’estate a causa del freddo ben tre ciclisti sono morti in tre diversi incidenti avvenuti in Puglia e il Piemonte. Franco Amati, 67 anni, ha perso la vita mentre si trovava in compagnia dell’amico Ugo Romano sulla strada fra Squinzano e Casalabate. Dopo un sorpasso pericoloso effettuato da Andrea Taurino a bordo di una Fiat 500 i due ciclisti avrebbero manifestato la propria ira all’automobilista che sarebbe tornato indietro e avrebbe travolto di proposito i due ciclisti. Nell’impatto con l’auto l’uomo sarebbe morto sul colpo. Ora il pregiudicato Taurino è stato arrestato e si trova in carcere con l’accusa di omicidio volontario. Due gli incidenti mortali avvenuti a Torino. Nel primo, avvenuto sabato 23 gennaio un ciclista di 55 anni, Paolo Lorenzati, ha perso la vita in corso Sacco e Vanzetti, mentre stava pedalando verso corso Francia. A investire l’uomo è stato un giovane automobilista a bordo di un’Alfa 147. Ieri sera, all’incrocio fra corso Dante e via Saluzzo a perdere la vita è stato Dai Shen Shu, un cinquantenne di origine cinese investito da un automobilista sessantenne alla guida di una Jeep Gran Cherokee. L’uomo era appena uscito di casa ed era diretto verso il quartiere Lingotto. Per l’associazione Bike Pride Fiab Torino i due incidenti non sono frutto della casualità, ma conseguenza di una politica locale che, da alcuni anni, è ferma sui temi della ciclabilità. In una nota della associazione si legge che

“il Biciplan è fermo, le pedonalizzazioni e le zone 30 sono rimaste solo promesse non mantenute. Ma la morte non aspetta. Muoversi in bicicletta o a piedi a Torino significa rischiare la vita ogni giorno, nella totale indifferenza delle istituzioni”.

Secondo Giuseppe Piras, presidente dell’associazione Bike Pride Fiab Torino.

“ci sono stati gravissimi errori del passato che hanno trasformato le strade di questa città in un luogo inospitale per le persone”, inoltre “gli stessi errori vengono perpetrati nei nuovi progetti. Il solo obiettivo nella pianificazione di Torino è -da sempre- fluidificare il traffico privato e aumentare la velocità delle auto, anche a costo di avere qualche ‘effetto collaterale’, ma questi ‘effetti collaterali’ hanno un nome e un cognome, sono uomini, padri, fratelli, figli e amici, come Paolo Lorenzati e Dai Shen Shu”.

Bike Pride chiede che siano messe in atto strategie per prevenire episodi come quelli del weekend e che il tema della sicurezza non venga sollevato solamente – come accade ogni cinque anni – nei mesi che precedono l’elezione del sindaco e degli altri amministratori comunali. Perché è chiaro che da oggi a maggio, nelle settimane della fabbrica del consenso, si tornerà a parlare dei ciclisti e ai ciclisti, per poi dimenticare tutte le promesse fatte in campagna elettorale. Nei cinque anni da sindaco di Piero Fassino la rete ciclabile di Torino è rimasta ferma e lo sviluppo del bike sharing è stato notevolmente inferiore alle aspettative. Anche l’integrazione intermodale con la metropolitana è rimasta una promessa. Secondo i dati 2013 della Commissione Europea l’Italia è il terzo Paese in Europa per numero di morti in bicicletta: 249 in un anno rispetto ai 354 della Germania e ai 304 della Polonia. In Germania e Polonia, però, le percentuali di utenti in bicicletta sono del 12% e del 7%, mentre in Italia si muove in bici solamente il 6% della popolazione. In tal senso, quindi, la mortalità italiana è notevolmente superiore a quella dei principali Paesi europei.

Se in Germania sono stati fatti enormi progressi il merito è anche dei gruppi di pressioni che portano alla politica dei Lander le istanze di chi pedala: le due associazioni di ciclisti della Germania contano 200mila associati contro i 12mila della Fiab. Alcune settimane fa è stata inaugurata una superstrada per le biciclette che unisce alcune città del sud del Paese, un impegno più che concreto per andare verso la diminuzione della mortalità in bicicletta.

Fonte: ecoblog.it

Urbanbike, l’assicurazione per i ciclisti urbani

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La Federazione Ciclistica Italiana lancia Urbanbike, una tessera annuale che garantisce la copertura in caso di cure dopo un infortunioresponsabilità civile e servizio di assistenza per i ciclisti urbani. Secondo i dati Aci e Istat, infatti, nel 2013 249 ciclisti sono morti e 15.569 sono rimasti feriti mentre pedalavano. Secondo Eurobarometer il 6% degli italiani si sposta abitualmente in bicicletta, una percentuale in costante crescita, ma lontanissima dal 36% dell’Olanda.

Urbanbike non copre il furto, dura un anno dal momento dell’acquisto (che si può effettuare online) ed è disponibile nella modalità basic da 30 euro, basic+ da 40 euro, gold da 45 euro e gold+ da 55 euro. Fra i vari servizi della tessera basic è compreso anche il recupero della bici e del ciclista entro i 100 km dal luogo di residenza.

Fonte:  Urbanbike

 

Bollo per la bicicletta: i ciclisti insorgono con #LaBiciNonSiTocca

Secondo le associazioni di ciclisti l’emendamento presentato dal senatore Marco Filippi apre la strada al bollo e alla targa per i proprietari di biciclette168021549

ore 12.50 –Nel pieno della polemica sui social network, Public Policy ha intervistato Marco Filippi, capogruppo Pd in Commissione Lavori pubblici del Senato, sull’emendamento al ddl delega di riforma del codice della strada.

Il senatore del Partito Democratico è tornato sui suoi passi:

“Bollo sulle biciclette? Se così fosse straccerei l’emendamento io stesso in un nanosecondo. La verità è che l’emendamento è scritto male, per questo presenterò presto un testo 2 per chiarire meglio quali erano le intenzioni, ovvero una misura per il contrasto dei furti di biciclette”,

ha detto Filippi aggiungendo che “l’emendamento è scritto male” e ha escluso che il testo sia stato passato “da qualche rappresentante di interessi”.

Filippi ha poi chiarito che

“il nuovo testo prevederà un sistema di identificazione delle biciclette facoltativo. Poi conterrà una precisazione perché con il mio emendamento non intendevo aprire ad una targa per le bici ma ad un codice identificativo sul telaio per contrastarne il furto, quindi una misura a favore dei ciclisti. Per tariffa non intendevo un bollo ma un compenso che chi sceglierà di rendere identificabile la sua bici dovrà pagare, visto che un servizio del genere ha un costo”.

Chi acquisterà una bici potrà scegliere se renderla identificabile per contrastare eventuali furti. Diverso il discorso per i risciò la cui registrazione sarà obbligatoria, mentre Filippi aggiunge che “il trasporto di merci, nel testo 2, sarà invece escluso perché la materia è complessa”.

ore 12.07 – In Francia la mobilità ciclistica viene sostenuta con incentivi riservati a chi raggiunge il posto di lavoro pedalando, in Italia si vuole mettere il bollo alle biciclette. Non stupisce che la proposta sia stata presentata dal senatore Marco Filippi del Partito Democratico, poiché il dietrofront impresso dal Governo di Matteo Renzi alle politiche per la sostenibilità è più che evidente: rallentare la conversione alle fonti pulite (con la progressiva eliminazione degli incentivi), incentivare il consumo di risorse fossili (con una politica di sviluppo delle trivellazioni off shore) e sostenere la mobilità motorizzata e privata (con normative e disinvestimenti che penalizzano la mobilità a impatto zero).

Visto che, nel 2014, in Italia, si è assistito a un sensibile incremento di vendite nel comparto biciclette perché non tassarle? In questo modo da una parte si fa cassa, dall’altra se ne disincentiva l’utilizzo, favorendo l’uso di mezzi pubblici e privati a motore. L’ambiente? È l’ultimo dei pensieri per un Governo che ha come unica finalità l’innalzamento del Pil, costi quel che costi. È di qualche giorno fa il rapporto presentato da Legambiente sul crollo delle installazioni delle rinnovabili e l’emendamento di Filippi non fa che confermate questo trend. Nell’emendamento al ddl di riforma del Codice della Strada presentato lo scorso 25 novembre, il senatore Filippi parla di “un’idonea tariffa per i proprietari” di motoslitte e “delle biciclette e dei veicoli a pedali adibiti al trasporto, pubblico e privato, di merci e di persone, individuando criteri e modalità d’identificazione delle biciclette stesse nel sistema informativo del Dipartimento per i trasporti, la navigazione, gli affari generali ed il personale”.

Secondo molte associazioni di ciclisti l’“idonea tariffa” sarebbe il corrispettivo di un bollo e la “modalità di identificazione” il preludio all’istituzione di una targa. Dopo che la notizia si è diffusa in Rete, il senatore Pd ha cercato di puntualizzare come l’emendamento non si applichi ai ciclisti comuni, ma solamente a coloro che utilizzano la bicicletta a scopi commerciali, quindi i bike messenger e tutti coloro che si muovono in bicicletta per lavoro. Qualcuno su Twitter gli chiede se la normativa varrà anche per chi porta la spesa a domicilio alla “nonnina” e il senatore risponde “no più per i bengalesi che portano pizza e pacchi o i cinesi che trasp.turisti”.

L’etnicizzazione della normative non è che il primo scivolone del politico che si lascia trascinare in un ginepraio e – come tanti suoi colleghi parlamentari – finisce per ironizzare sull’aspetto fisico dei propri interlocutori: “perché non ti fai uno shampoo?” scrive a uno dei ciclisti che ne hanno criticata l’idea. Se si rilegge il testo – “delle biciclette e dei veicoli a pedali adibiti al trasporto, pubblico e privato, di merci e di persone” – appare evidente che si parla di biciclette adibite al trasporto “di merci e di persone”. La difesa di Filippi, insomma, è debole perché il testo, così com’è stato diffuso, non specifica che l’emendamento sia solo per le attività commerciali. Insomma un conto è quello che c’è nel testo, un conto quello che Filippi dice sui social media per difendersi. Se c’è scritto “di merci e di persone” è ovvio che tutti i ciclisti si sentano chiamati in causa, diverso sarebbe stato se il testo avesse circoscritto l’ambito dell’emendamento alle attività commerciali. Anche prendendo per buono quest’ultimo caso, comunque, l’iniziativa si dimostra anacronistica e reazionaria. Mentre in altri Paesi si cerca di favorire la mobilità in bicicletta (che oltre a decongestionare le strade e a migliorare la qualità dell’aria, ha un impatto positivo anche sullo stato di salute dei singoli), in Italia si cerca di ostacolarne lo sviluppo con iniziative surreali. E mentre Matteo Renzi vola a Parigi per predicare la rivoluzione ambientale con i grandi della Terra, i suoi compagni di partito prendono iniziative nella direzione opposta.  Ieri, intanto, a cinque giorni dalla presentazione dell’emendamento, la protesta si è coagulata intorno all’hashtag #LaBiciNonSiTocca e alla petizione lanciata su Change.org.

Fonte: ecoblog.it

Bike vs Cars, la dura vita dei ciclisti in città

Il documentario di Fredrik Gertten è un ambizioso affresco delle conflittualità di ciclisti e automobilisti nelle grandi cittàbikesvscars4_bassa

“Non è una guerra. È una citta”. È Aline Cavalcante, battagliera ciclo-attivista diSao Paulo, a concludere con una frase conciliante l’ambizioso documentario Bike vs Cars di Fredrik Gertten in concorso alla diciottesima edizione di Cinemambiente. In questi anni abbiamo visto numerosi film riguardanti le battaglie dei movimenti che cercano di appianare il divario fra chi pedala e chi viaggia su mezzi motorizzati, nessun documentario, però, aveva mai avuto il respiro globale del film del documentarista svedese. Non è una guerra, certo. Ma fra ciclisti e automobilisti (o motociclisti) la contrapposizione è aspra. Aline si batte per migliorare la situazione dei pedalatori paulisti. Troppe le vittime sulle strade della metropoli brasiliana, così come aToronto, in Canada, dove la politica locale incentiva l’utilizzo delle auto e cerca di ostacolare la circolazione delle biciclette. Il regista viaggia fino a Los Angeles e scopre che all’inizio del Novecento, era stata creata un’ampia ciclopista per permettere ai pendolari di raggiungere il loro posto di lavoro. Ma gli ultimi tre decenni sono stati disastrosi per la metropoli californiana. Dal 1982 al 2001 la popolazione è aumentata del 20%, mentre le automobili sono aumentate del 236%. A Bogotà, Liliana Godoy organizza delle aggregazioni di bambini e giovani in modo da attraversare in sicurezza la città. Agli antimodelli, Gertten antepone i modelli, per esempio Copenaghen, città dove sono presenti 1000 km di piste ciclabili e dove il 40% della popolazione si muove in bicicletta. Il regista si chiede cosa accadrà quando la classe media in grado di permettersi un auto raggiungerà i 4,9 miliardi di persone. Sarà già stata scelta la riconversione a una mobilità meno impattante? Come si può contrastare un’industria – quella automobilistica – che è inarrestabile dal punto di vista del marketing e dell’advertising?

Ben prima dello scandalo Volkswagen, Gertten sottolinea le contiguità fra la BMW e il governo tedesco: molti membri del Bundestag ricevono auto in omaggio dal marchio tedesco per essere più compiacenti proprio sulle leggi relative le emissioni. Dove trova terreno fertile la cultura della bicicletta? Dove fa più caldo? Dove ci sono le migliori condizioni climatiche e orografiche per pedalare? Per niente. La ciclabilità urbana, una cultura della bicicletta come mezzo di trasporto e non come mezzo ludico-sportivo attecchiscono soprattutto laddove non è presente un’industria automobilistica nazionale. Ecco perché Paesi come Germania, Francia e Italia scontano un gap incolmabile nei confronti di Paesi come Danimarca e Olanda ed ecco perché Copenaghen e Amsterdam sono state più volte giudicate come le migliori città del mondo per chi va in bicicletta.

Fonte: ecoblog.it

Milano, in costante aumento i ciclisti in città. L’ultimo censimento di Fiab Ciclobby

L’ associazione milanese di ciclisti e la società Polinomia hanno reso noti i risultati di due rilevazioni sulla presenza dei ciclisti nelle strade di Milano. Il censimento Fiab, relativo ai passaggi all’interno della cerchia dei navigli in una giornata lavorativa, documenta un aumento del 3%. Le misurazioni effettuate da Polinomia, che consentono di rilevare l’andamento a livello cittadino, evidenziano invece una crescita pari al 21% sul dato dell’anno precedente381477

Nella sede del Negozio Civico di ChiamaMilano, la storica associazione milanese di ciclisti e la società Polinomia hanno reso noti i risultati di due rilevazioni che, con metodologie differenti, danno visibilità alla crescente presenza dei ciclisti nelle strade di Milano. Il censimento di Fiab Milano Ciclobby, relativo ai passaggi all’interno della cerchia dei navigli in una giornata lavorativa, ha impegnato più di ottanta volontari con quasi venti postazioni di rilevamento lungo l’intero arco della giornata. I dati di quest’anno confermano la tendenza all’aumento del numero di passaggi registrati, ormai consolidata dal 2007. Quest’anno il dato cresce del 3% con un aumento del 26% negli ultimi 8 anni e del 56% rispetto al 2003, anno di inizio delle rilevazioni.  Le misurazioni effettuate da Polinomia, effettuate con metodologie differenti e che consentono di rilevare l’andamento a livello cittadino, evidenziano invece una crescita decisamente più robusta, pari al 21% sul dato dell’anno precedente. I conteggi di cordone rivelano una sempre più elevata concentrazione dei passaggi nelle ore di punta, segno evidente di un uso quotidiano destinato agli spostamenti casa-lavoro: nella mezz’ora che va dalle 8,30 alle 9,30 il flusso dei ciclisti risulta più che raddoppiato, rispetto al dato di inizio e fine mattinata. La stessa specializzazione si nota rispetto agli itinerari: nella quattro direttrici più frequentate (Venezia, Vittoria, Beltrami e Correnti) si concentra ad esempio più del 35% del traffico ciclistico in ingresso in centro. Anche nel rilevamento effettuato in corso Buenos Aires del modal split (il rapporto percentuale sull’uso dei diversi mezzi di trasporto) si constata che la bicicletta rappresenta quasi il 14% dei passaggi registrati. I due dati dimostrano come il ciclista scelga sempre la strada più breve e diretta per muoversi dal centro alla periferia. Grazie alla collaborazione con il Comune di Milano e Amat, Agenzia Mobilità Ambiente Territorio, è stato possibile mettere in relazione i passaggi dei ciclisti all’interno della cerchia dei navigli con quelli registrati dalle telecamere di Area C. Circa il 20-30% dei ciclisti che entrano dentro la cerchia dei bastioni restano fuori dalla cerchia dei navigli. In conclusione Valerio Montieri del Gruppo Tecnico Fiab Milano Ciclobby e Alfredo Drufuca di Polinomia concordano : “I dati indicano chiaramente come siano necessari sia interventi diffusi sull’intero territorio comunale con un miglioramento della sicurezza da attuare sia con la realizzazione di estese zone a moderazione del traffico che con la realizzazione di percorsi periferia-centro che consentano di far muovere grandi numeri di ciclisti in maniera efficiente”. Da parte dell’amministrazione comunale l’Assessore alla Mobilità e Ambiente,Pierfrancesco Maran ha sottolineato come “l’impegno dell’amministrazione in questi anni è stato di intervenire non solo nella direttrice verso il centro ma verso i nuovi centri di attrazione come il nuovo quartiere direzionale di Garibaldi”. Riguardo alla moderazione del traffico ha confermato la realizzazione della zona a 30 km/h del centro delimitato dalla cerchia dei navigli entro la primavera.
Da parte sua, Carlo Monguzzi, presidente della Commissione Mobilità del comune di Milano, ha richiamato l’attenzione sulla necessità di creare alternative all’uso dell’auto e al lavoro anche culturale da fare all’interno delle scuole per promuovere l’utilizzo della bicicletta. Ha concluso i lavori Giulietta Pagliaccio presidente nazionale di Fiab – Federazione Italiana Amici della Bicicletta, riconoscendo l’importanza di Area C e chiedendo lo stesso coraggio propositivo nel perseguimento delle politiche a favore della ciclabilità in città.

 

 

 

Fonte: ecodallecitta.it

Piemonte: calano gli incidenti ma crescono quelli che coinvolgono pedoni e ciclisti

Presentato il rapporto 2014 del Centro di Monitoraggio Regionale della Sicurezza Stradale. Nonostante le riduzioni di incidentalità, nel 2013 il rischio di morire in un incidente stradale in Piemonte rimane superiore a quello rilevato per l’Italia e l’Europa, con 58 morti per milione di abitanti. La riduzione di morti tra pedoni, ciclisti e motociclisti rispetto al 2001 è stata inferiore rispetto alla riduzione del numero complessivo dei morti sulle strade380777

Cala del 9% il numero di morti sulle strade del Piemonte, rispetto al 2012. Secondo le cifre presentate dal Centro di Monitoraggio Regionale della Sicurezza Stradale (CMRSS), prosegue il percorso di miglioramento intrapreso dalla regione da oltre dieci anni. Se nel periodo dal 2000 al 2010 si sono chiusi con una riduzione della mortalità del 42% (il dimezzamento previsto dall’Unione Europea è stato raggiunto con due anni di ritardo, nel corso del 2012), il nuovo decennio vede il Piemonte ben avviato verso il perseguimento dei nuovi obiettivi. Con riferimento al valore 2010 (327 morti), il target piemontese per il 2020 è quello di non superare quota 163. Nonostante le riduzioni di incidentalità, nel 2013 il rischio di morire in un incidente stradale (morti per milione di abitanti) in Piemonte rimane superiore a quello rilevato per l’Italia e per l’Europa, con 58 morti per milione di abitanti. Tre incidenti su quattro avvengono nei centri abitati. Lo studio analizza il fenomeno nelle sue molteplici e variegate componenti e, basandosi sui dati raccolti in tutto il territorio regionale, consente una focalizzazione sugli aspetti critici sui quali concentrare gli sforzi e gli interventi. Le evidenze illustrate nel Rapporto confermano che l’incidentalità stradale in Piemonte risulta essere un fenomeno prevalentemente urbano come numero di episodi. Nel 2013 sulle strade comunali in abitato si contano addirittura più morti sia rispetto all’anno precedente, sia considerando i valori 2010. Di contro, in ambito extraurbano (dove si verifica la maggioranza di incidenti gravi e mortali)le percentuali di riduzione dei sinistri stradali sono molto più marcate: -22% sulle strade provinciali e statali, -23% sulle autostrade. Un dato confortante è rappresentato dall’abbattimento della mortalità sulle arterie autostradali: -52% rispetto al 2010, -17% tra il 2012 e il 2013 (valore quest’ultimo rilevato anche sulle strade provinciali e statali extraurbane). Lo scontro frontale-laterale (quasi 4mila casi nel 2013) è la natura incidentale più frequente, seguita dal tamponamento e dagli investimenti pedonali. La distribuzione temporale degli incidenti stradali nell’arco della giornata mostra che la quota di sinistri che avvengono nelle ore di punta (7:00-9:00 e 17:00-19:00), mediamente si attesta al 39%, salendo al 42% nel corso dei giorni lavorativi e riducendosi al 30% in quelli festivi. In calo anche gli incidenti che hanno visto coinvolte persone anziane (-24% rispetto al 2012). In controtendenza è invece l’aumento della mortalità giovanile: dopo diversi anni di miglioramento, nel 2013 si contano, rispetto al 2012, 6 vittime in più tra i neopatentati (18-21 anni) e 16 tra i giovani di età compresa tra i 22 e i 29 anni (+47%, valore che aumenta al 56% considerando il 2010). “Sebbene i dati che emergono da questo rapporto siano positivi -commenta l’assessore ai Trasporti della Regione Piemonte Francesco Balocco– in questi ultimissimi anni i tagli ai trasferimenti e la conseguente scarsità di risorse hanno ridotto significativamente le iniziative di prevenzione e di sensibilizzazione operate sul territorio piemontese. Il rischio è di un rallentamento nel trend positivo riscontrato negli anni precedenti. La sicurezza stradale rimarrà un tema prioritario della Regione Piemonte e procederemo alla redazione del nuovo programma regionale triennale 2015-2017 che, pur tenendo conto dei limiti di bilancio, fissi le linee guida della nostra azione ed individui nuove modalità di finanziamento anche attraverso forme di partenariato pubblico-privato”.
Migliora anche la situazione relativa agli utenti deboli, con una riduzione complessiva della mortalità del 22%, determinata soprattutto dal calo delle vittime tra i motociclisti (-35%). Ma la riduzione di morti tra i pedoni rispetto al 2001 (-37%) è stata inferiore rispetto alla riduzione del numero complessivo dei morti sulle strade (-54%). Nel 2013 gli incidenti stradali hanno causato tra i ciclisti 22 morti e 1.003 feriti. I ciclisti rappresentano il 9% dei morti; in ambito urbano il 13%. Il maggior numero di incidenti (il 55%) che coinvolgono i ciclisti si verifica nelle intersezioni, in particolare nei pressi di incroci e rotatorie. Nelle rotatorie il numero di incidenti è in aumento (da 93 nel 2010 a 139 nel 2013). Come per i pedoni, anche per i ciclisti nonostante risultati positivi dell’ultimo triennio, nel 2013 il numero di incidenti ed il numero di feriti rimane superiore ai valori del 2001. La riduzione di morti tra i ciclisti rispetto al 2001 (-19%) è stata nettamente inferiore rispetto alla riduzione del numero complessivo dei morti sulle strade (-54%). Come per pedoni e ciclisti, anche la riduzione di morti tra i motociclisti rispetto al 2001 (-15%) è stata nettamente inferiore rispetto alla riduzione del numero complessivo dei morti sulle strade (-54%).

Il rapporto completo è scaricabile all’indirizzo www.sicurezzastradalepiemonte.it


L’incidentalità stradale in Piemonte al 2013 – Sintesi rapporto 2014 [2,00 MB]

Centro di Monitoraggio Regionale della Sicurezza Stradale (CMRSS)

Fonte: ecodallecitta.it