Chiara e il suo bistrot ecologico con prodotti locali e niente usa e getta

A Campo Ligure c’è un bistrot a conduzione familiare dove regna l’amore per la terra e dove tutto viene preparato a mano a partire da materie prime di alta qualità, il più possibile del territorio. La titolare Chiara Damiano ci ha raccontato la filosofia del locale e della sua famiglia. Nell’entroterra di Genova, a circa 30 chilometri dalla città, sorge Campo Ligure, uno dei borghi più belli d’Italia. Circondato da colline e montagne (siamo nel Parco Naturale del Beigua), questo paesino è noto nel mondo per la filigrana, l’antica arte di intrecciare sottilissimi fili d’oro o d’argento dando vita a forme uniche, di gusto bizantino. Passeggiando nel borgo con il naso all’insù si nota il castello degli Spinola, che osserva fiero i tetti del paese. Tornando “coi piedi per terra”, una volta percorso il ponte medievale, ci si perde tra le numerose botteghe, oreficerie e piazzette con caffetterie e bistrot. Uno in particolare colpisce l’attenzione: si chiama Pasticci’amo. Qui tutto è preparato a mano con ingredienti di qualità, molti dei quali a chilometri zero, come il gelato e la pasticceria fresca, torte comprese. Una ragazza svolazza da un tavolo all’altro e sorride: è Chiara, la titolare. Mentre mi racconta tutto il suo impegno per poter garantire una proposta gastronomica di qualità mi parla del Molise, la terra di suo papà, e della sua intenzione di non tradire i valori contadini che le pulsano nelle vene. Questo legame con la terra è particolarmente evidente osservando il menu.

Chiara e il suo compagno

«Io, il mio compagno e i miei genitori abbiamo aperto il locale nell’agosto 2018 – spiega Chiara – e abbiamo subito deciso di creare un menu con prodotti locali o comunque italiani di alta qualità. Il latte, per esempio, proviene da un’azienda agricola di Masone, a 3 chilometri da qui. Perché l’abbiamo scelta? Perché abbiamo conosciuto Francesca, che alleva le mucche con amore, nel rispetto della terra e soprattutto degli animali. La ricotta è locale, di Campo Ligure, e anche il nostro pane è preparato con farine non raffinate di grani antichi coltivati in Piemonte e macinati a pietra. Così come i baci di dama, che prepariamo con nocciole piemontesi tonde gentili, tostate da noi».

In una pasticceria non possono mancare le uova per i dolci, provenienti da un’azienda agricola della zona, dove le galline vengono allevate a terra, e lo zucchero, italiano. Persino il gin per gli aperitivi è prodotto in Toscana, aromatizzato con erbe del territorio. Si può fare ancora meglio di così? In effetti sì, perché il livello successivo per un bistrot come quello di Chiara è passare direttamente all’autoproduzione. «La nostra intenzione, per il prossimo futuro, è quella di produrre sia le farine, a partire dalla coltivazione del grano, che le marmellate per le farciture di brioche e crostate. Se poi riusciremo a trovare un terreno qui vicino abbiamo in progetto di tenere anche le galline. Certo, seguendo questa filiera corta ed etica il lavoro che c’è dietro al bancone non è poco, ma sono convinta che sia in questo modo che si debba andare avanti». Gran parte del suo tempo Chiara e il compagno lo trascorrono nel laboratorio, volutamente costruito a vista, con vetrata sulla cucina proprio per dare ai clienti trasparenza su tutte le preparazioni.

Il bistrot

La svolta nella vita di Chiara è stata la lettura di “Fragole d’inverno” di Fabio Ciconte, direttore dell’associazione Terra!Onlus, un libro che ha aperto gli occhi di molti su quali sono le abitudini di consumo rispettose del clima, delle stagioni e della biodiversità e quali sono le strategie per considerare l’agricoltura non una nemica, ma un’alleata del pianeta. Ed è proprio durante un corso di agricoltura sinergica e permacultura che Chiara ha conosciuto Giorgia Bocca e Francesca Bottero de La Tabacca ed è a loro che si ispira. L’approccio green di Pasticci’amo riguarda anche il packaging. Bandita naturalmente la plastica: qui bicchieri, coppette e palette per gelato e frappè sono tutti biodegradabili. «Per quanto riguarda la pasticceria, ho anche sostituito il classico vassoio, fasciato con carta e nastrino, con una semplice scatola di cartone chiusa con dello spago».

Quella di Chiara è una produzione sostenibile a tutto tondo, dettata dalla sensibilità personale dei titolari. Il sogno è che diventi la normalità, per valorizzare il proprio territorio e accorciare sempre di più la filiera, creando una rete tra i produttori locali. Al presente è una “chicca” da scovare, esplorando un piccolo borgo dell’entroterra.

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2021/06/bistrot-ecologico-prodotti-locali/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

ZeroPerCento: il negozio solidale a km 0 che assume i disoccupati

Un punto vendita di prodotti sfusi e a Km 0 gestito da cittadini disoccupati o inoccupati da almeno sei mesi. Sta per essere inaugurato a Milano il negozio solidale ZeroPerCento, un progetto promosso dalla cooperativa Namasté per aiutare le famiglie in difficoltà favorendo il re-integro lavorativo di soggetti in cerca di occupazione.

ZeroPerCento è un negozio solidale a km 0 che a breve aprirà i battenti a Milano e che darà lavoro esclusivamente a persone disoccupate o inoccupate da almeno sei mesi. Il negozio sarà aperto a tutti coloro che sono interessati all’acquisto di prodotti – alimentari e non – di qualità a km 0, sfusi e biologici provenienti da aziende agricole e cooperative sociali della Lombardia, selezionate in base a criteri etici ed ecologici. Il nome scelto, ZeroPerCento, è un gioco di parole che evidenzia il fatto che i prodotti sono tutti “a km 0 al 100%”.tomatoes-775x434

Il progetto – promosso da Namasté, cooperativa sociale di tipo B con sede a Milano e fondata a febbraio 2016 da tre giovani donne con esperienze lavorative nel mondo del sociale e della cooperazione – parte dalla constatazione che più è lungo il periodo di inattività lavorativa, più è difficile re-inserirsi nel mondo del lavoro. Per aiutare le famiglie di chi ha perso il lavoro ed evitare che restino troppo a lungo senza un reddito, Teresa Scorza e socie, hanno progettato un punto vendita a km 0 diverso dal solito: ZeroPerCento è un normale esercizio commerciale dove, però, il personale è costituito solo da cittadini milanesi disoccupati o inoccupati da almeno sei mesi. L’obiettivo principale del progetto è il re-integro lavorativo di soggetti in cerca di occupazione nel tessuto economico milanese. La particolarità del negozio è che sarà gestito interamente e direttamente dai suoi beneficiari, cittadini milanesi disoccupati da almeno sei mesi ai quali viene offerta una collaborazione lavorativa retribuita che va dai 9 ai 12 mesi. La cooperativa Namastè assume, da subito, almeno 5 persone con l’obiettivo di arrivare a 10 entro un anno e il 30% del personale appartiene a categorie svantaggiate. Ma non è tutto: chi fa acquisti da ZeroPerCento ed è disoccupato ha la possibilità di pagare solo il 10% della spesa in contanti e il resto attraverso un “sistema a punti” che vengono assegnati in base a criteri oggettivi, come il numero di mesi di disoccupazione, dichiarazione ISEE, reddito annuo, figli a carico, disabili, canone di affitto, ecc. Questo sistema di “pagamento a punti” vale per tutti i disoccupati, clienti o dipendenti del negozio, come ci spiega Teresa Scorza, una delle ideatrici del progetto: “ZeroPerCento è un normale esercizio commerciale aperto a tutti i cittadini milanesi interessati all’acquisto di prodotti genuini e km 0. Ma è un’attività profit che guarda al di là di se stessa e decide di re-investire nella comunità il ricavato delle vendite, cioè il margine di profitto (al netto di spese, retribuzioni e contributi), in particolare erogando la spesa settimanale a prezzo agevolato a cittadini e famiglie che non possono permettersi il prezzo pieno per cause oggettive, come la perdita del posto di lavoro. Facciamo un esempio concreto: ipotizziamo che, in un mese di attività, ZeroPerCento realizzi un utile netto di 2.000 euro. Possiamo trasformare questo valore economico in un pacchetto di 2000 punti da ripartire tra 10 famiglie di disoccupati milanesi. In tal caso, ogni famiglia in difficoltà dispone di 200 punti, del valore di 200 euro, da spendere in negozio nel mese successivo”.zeropercento

“L’aspetto innovativo di ZeroPerCento è che è gestito interamente dai suoi beneficiari, che diventano protagonisti del progetto: i lavoratori, gestendo direttamente il negozio in cui fanno la spesa, possono maturare esperienza e formazione indispensabili per ri-collocarsi nel mondo del lavoro. Il personale beneficiario dipendente è coordinato da tre figure professionali: il responsabile del progetto, il direttore del punto vendita e il responsabile degli inserimenti lavorativi esterni. Per quanto riguarda l’assunzione di 9-12 mesi”, chiarisce Teresa, “abbiamo scelto volutamente questa formula perché l’obiettivo principale del progetto ZeroPerCento è evitare che le persone restino inattive e senza reddito troppo a lungo, con tutte le conseguenze negative del caso. Vogliamo dare a chi è disoccupato da oltre sei mesi la possibilità di avere un reddito e non un sussidio, cioè di avere una sua dignità, sviluppare nuove competenze e, soprattutto, di poter inserire questa esperienza lavorativa nel curriculum evitando così i lunghi “buchi” di inattività (che non fanno mai una buona impressione…). La disoccupazione di lungo periodo sta diventando un fenomeno strutturale ma, in base alla nostra esperienza nel sociale, riteniamo che 9-12 mesi siano un tempo ragionevole – né troppo lungo, né troppo corto – per tornare a camminare con le proprie gambe e trovare lavoro in realtà esterne a ZeroPerCento lasciando il posto a chi, in quel momento, si troverà in un reale e contingente stato di necessità. Un altro importante obiettivo che ci siamo prefissate, infatti, è quello di superare il classico concetto di assistenzialismo, creando un punto di incontro tra i mondi profit e no profit, spesso così distanti tra loro”.

L’apertura di ZeroPerCento è prevista il prossimo mese di giugno e per poter coprire le spese iniziali è stata lanciata anche una campagna di raccolta fondi online. “L’obiettivo fissato è alto, 5.000 euro”, sottolinea Teresa, “e ad oggi abbiamo raccolto 1.800 euro, ma crediamo nelle potenzialità del progetto e vogliamo sognare in grande. I soldi raccolti con questa campagna serviranno per coprire le prime spese: arredamento e acquisto delle attrezzature, materie prime iniziali, prime assunzioni. Il tutto, però, in un’ottica di sostenibilità economica e finanziaria, perché il progetto è ideato e strutturato per auto-sostenersi grazie al fatturato generato dalla vendita dei prodotti a km 0.frutta_1

Inoltre, accanto allo spazio commerciale di ZeroPercento i clienti potranno trovare anche un centro di ascolto, sia per i beneficiari della spesa a punti che per i disoccupati che saranno accompagnati nella ricerca di un’occupazione, una “scuola dei mestieri” per corsi di formazione e per approfondire le competenze e professionalità di chi cerca lavoro e, infine, uno spazio per la somministrazione e degustazione dei prodotti (soprattutto centrifughe, spremute, succhi). Quest’ultimo sarà un piccolo angolo in cui i clienti potranno socializzare e conoscere in modo più dettagliato il progetto e anche questa attività verrà gestita dai beneficiari del progetto in modo da creare ulteriori posizioni lavorative”.

“Vogliamo rendere ZeroPerCento – conclude Teresa – una realtà innovativa ed efficiente che riesca a migliorare realmente la vita delle persone che incontriamo ogni giorno. Spesso è il settore no profit che si trasforma in un’attività profit che crea occupazione e reddito, mentre nel nostro caso accade il contrario: una normalissima attività commerciale e profit non rivolge lo sguardo verso se stessa e il proprio tornaconto, bensì guarda all’esterno, alla società e al mondo no profit, con lo scopo di aiutare concretamente chi vive un momento di difficoltà e con l’obiettivo più ampio di creare prosperità e benessere per la comunità. Ci piace sognare in grande. E a voi?”.

 

Fonte:  http://www.italiachecambia.org/2016/04/zeropercento-negozio-solidale-km-0-disoccupati/

 

Culinary Misfits, due ragazze cucinano frutta e verdura scartata perché non ha forma perfetta

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A volte, per evitare uno spreco è possibile cominciare ispezionando il frigorifero dove, si sa, vengono consumati i maggiori sprechi alimentari. Questo accade in molte famiglie e, su scala più vasta, anche nei ristoranti e nei supermercati. A questo proposito, in Germania, due ex designerLea Emma Brumsack e Tanja Krakowski,hanno creato un progetto per combattere lo spreco alimentare. Si trattav del primo servizio catering che utilizza solo ingredienti scartati da ristoranti e supermercati e l’hanno chiamato, in modo ironico ed evocativo, Culinary Misfits, perché gioca sul doppio significato di ‘scherzo di natura’ ma anche ‘non adatto’, della parola misfit. Insomma le due ragazze si prendono cura della frutta e della verdura ‘ranocchie’ per farne delle ‘regine’ della tavola! Seguendo il motto ‘l’apparenza inganna’, le due food designer tedesche selezionano ortaggi e frutta di stagione che, per via della loro forma a volte bizzarra o della loro dimensione non standard, i supermercati ed i ristoranti della zona scartano. E’ noto infatti che la grande distribuzione e la ristorazione obbediscono a dei rigidi criteri dimensionali ed estetici che comportano quindi un enorme spreco di alimenti. Con pomodori ammaccati, pastinache e cetrioli troppo incurvati o deformati per essere esposti nei banchi alimentari, le ideatrici di questo catering tuttogreen, creano gustosi piatti da proporre ai clienti, limitando gli sprechi e cercando in loco gli ingredienti. Così si rispettano anche i criteri della distribuzione a chilometri zero. Dopo l’avvio, all’inizio del 2012, con una serie di eventi gastronomici a base di ortaggi biologici, progettati per lanciare l’attività, Culinary Misfits ha trovato una sua sede nel quartiere più trendy di Berlino, Kreuzberg, e sta cercando finanziamenti attraverso il crowfunding.

GUARDA LE FOTO DELLA FRUTTA E VERDURA PIU’ STRANA!thumbs_peperoncinothumbs_patatathumbs_fragolathumbs_melanzanathumbs_pomodoro

Così, proponendo piatti speciali come una zuppa di cetrioli incurvati o un contorno di carote storte, Culinary Misfit potrebbe essere d’ispirazione per progetti anti-spreco alimentare, dimostrando che la vera bellezza sta sotto alla superficie e che basta riflettere un momento prima di cestinare quelli che potrebbero rivelarsi, invece,preziosi ingredienti da riutilizzare, anche nelle nostre cucine.

 

Fonte: tuttogreen

 

Il Mercatale di Sovicille, esempio virtuoso di filiera corta

Sovicille, paesino a 10 chilometri da Siena, è tra i pionieri dell’economia sostenibile, del commercio a chilometri zero. Qui, nel 2008, è stato infatti inaugurato il Mercatale, primo mercato di “filiera corta” nella zona di Siena, che ha fatto da apripista ad altri. Un esempio virtuoso tutto italiano.fagioli

Un esempio virtuoso, quello di Sovicille, paesino a 10 chilometri da Siena, tra i pionieri dell’economia sostenibile, del commercio a chilometri zero. Già nel 2008, infatti, nella cittadina è stato inaugurato il Mercatale, primo mercato di “filiera corta” nella zona di Siena, che ha fatto da apripista ad altri (in Val d’Elsa, a Chiusi, a Sinalunga e a Castellina in Chianti). L’intento era quello di portare tra la gente una nuova idea di economia, di consumo, di alimentazione, di agricoltura e di solidarietà. L’organizzazione è in mano allo stesso Comune di Sovicille, all’associazione Produttori della Val di Merse e all’associazione Erbandando. Il mercato ha luogo il primo e il terzo sabato di ogni mese: il 1° sabato, in piazza della Repubblica a San Rocco a Pilli, e il 3° sabato in piazza Marconi (nei mesi estivi si sposta nella frazione di Stigliano). All’interno è presente il banco dell’Associazione Erbandando, dove è possibile ricevere informazioni sul consumo critico e sulle erbe spontanee, ricette di stagione e consigli per un’alimentazione sana. Presenza fissa anche quella delle associazioni del territorio e del Gruppo Acquisto Solidale con lo spazio scambio libri, giochi e vestiario di seconda mano. Tra i prodotti messi in vendita, ci sono: verdure biologiche, latte alla spina,uova di gallina allevate a terra, formaggi, miele, pane e prodotti da forno a lievitazione naturale, olio, vino, salumi e carne fresca di Cinta Senese (suino locale). Tutti i produttori coinvolti nel Mercatale, aderiscono alla Carta dei Valori, vendendo esclusivamente quello che producono e praticando un tipo di agricoltura il più possibile rispettosa dell’ambiente. In ogni banco del Mercatale troverai poi una scheda illustrativa della singola azienda e della sua produzione realizzata con l’assistenza tecnica dello Sportello Biologico della Provincia di Siena. Se capitate in paese nei giorni in cui non c’è il mercato, potete comunque gustare i prodotti locali facendo la spesa alla Bottega di Stigliano, che ha anche un servizio di cucina espressa.

Fonte: il cambiamento

Presentata a Milano la Carta universale dei diritti della terra coltivata, una proposta per Expo2015

E’ stata presentata nella Milano pre Expo2015 la prima Carta universale dei diritti della terra coltivata, un documento che incarna tutta la volontà di uscire dalla crisi attuale con un modello economico completamente innovativo: dignità, integrità, naturalità e fertilità.179767060_6dc33902fd_o-586x439

Attorno ai quattro principi cardine dignità, integrità, naturalità e fertilità è stata costruita la prima Carta universale dei diritti della terra coltivata: presentato in anteprima a Milano e facente parte di una delle proposte più “eco” messe sul piatto di Expo2015, sarà discusso il 15 maggio prossimo all’European Socialing Forum, che chiamerà a Milano esperti e influencer “green”, tra cui Vandana Shiva. European Socialing Forum sarà infatti un’importante occasione per discutere sopratutto di sul “Socialing”, un nuovo modello di sviluppo economico e culturale nato per dare una risposta concreta ai cambiamenti in atto nella nostra società. Insomma, un tentativo di riscrivere le regole dell’economia.

Il Socialing nasce con l’obiettivo principale di proporre alle organizzazioni nuovi approcci etici verso i consumatori ed i mercati, mettere al centro delle priorità le reali esigenze delle persone, siano consumatori, risparmiatori, imprenditori o manager e ristabilire il primato della dimensione umana e sociale negli scambi tra soggetti economici, profit e no-profit

ha spiegato Andrea Farinet, coordinatore del Forum del prossimo maggio e tra i curatori della stesura della Carta universale. Proprio in questo contesto verrà presentato a tutti il documento della nuova Carta universale dei diritti della terra coltivata, sottoposto ad associazioni ambientaliste, naturaliste ed agricole, a cooperative e piccole medie aziende: le intenzioni, nobili nella loro ambizione, sono di arrivare ad una ratifica della Carta proprio nel corso dell’Expo2015 che si terrà a Milano. L’obiettivo dichiarato è trasformare Milano in una capitale verde d’Europa, nella capitale mondiale della salvaguardia della terra coltivata come spiegato da Giancarlo Roversi, anch’egli curatore del documento, il quale ha anche annunciato l’intenzione di operare in tal senso anche tramite la fondazione del Palazzo della Terra Coltivata, la Banca dei Semi e il Tribunale internazionale dei Diritti della terra coltivata. Che cosa significa tutto questo? Significa che occorre rapidamente dare risposte alle nuove esigenze della società, del mondo, mantenendo però il focus sulla tutela delle terre, dell’ambiente: partire dall’offerta per sviluppare nuovi modelli di sviluppo “Socialing”, in grado di soddisfare i reali bisogni correnti dei consumatori che chiedono più etica, trasparenza, sostenibilità e orizzontalità. ha spiegato Remo Lucchi, presidente onorario di Eurisko. Il Forum di maggio inoltre sarà occasione per altri due progetti su Expo2015: “Dal chilometro zero al chilometro verde”, con la chiara intenzione di incentivare filiere agro-alimentari sempre più tracciate, tutelate e ispirate ai principi del Socialing (Green economy, Bioeconomia, responsabilità sociale e ambientale) e“Dieci filiere per salvare il mondo”, un progetto per esportare nei paesi in via di sviluppo filiere agro-alimentari italiane, per sviluppare un’agricoltura socialmente orientata alle aree economicamente più deboli del pianeta.

Fonte: ecoblog