Perchè la più importante conferenza sulla scienza della terra è sponsorizzata da Exxon?

«Accettando la sponsorizzazione della ExxonMobil, la American Geophysical Union permette a quella società di fare greenwashing sulla sua campagna di disinformazione sul clima». Le accuse vengono da Ploy Achakulwisut, candidato al dottorato in chimica dell’atmosfera all’università di Harvard; Ben Scandella, candidato al dottorato in scienza ambientali al Mit e da Britta Voss, dottoranda in scienze della terra al Mit e al Woods Hole Oceanographic Institution.

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Ad affidare al Guardian le loro osservazioni sono Ploy Achakulwisut, candidato al dottorato in chimica dell’atmosfera all’università di Harvard; Ben Scandella, candidato al dottorato in scienza ambientali al Mit e da Britta Voss, dottoranda in scienze ella terra al Mit e al Woods Hole Oceanographic Institution. Il logo della Exxon Mobil Corporation era in bella vista sui cartelli alla conferenza di San Francisco nel dicembre scorso.exxon

«Ringraziamo i nostri sponsor: ExxonMobil, Chevron, Shell…». Questo è stato il primo messaggio «appena arrivati al meeting dell’American Geophysical Union, il ,maggiore consesso al mondo di scienziati che si occupano della terra e dello spazio» dicono i tre dottorandi. «Ciò che ci disturba enormemente è la palese complicità di queste compagnie nel negazionismo sul clima e nella disinformazione. Per esempio, recenti indagini giornalistiche hanno dimostrato che la ExxonMobile, informata dai propri scienziati interni, sapeva degli effetti devastanti del riscaldamento globale già dagli anni ’70 e nei decenni successivi ha finanziato campagne di disinformazione per confondere il pubblico e per sabotare la scienza». «Anche oggi ExxonMobil e Chevron continuano a finanziare l’American Legislative Exchange Council, un gruppo di lobbisti che regolarmente presenta informazioni distorte sul clima ai legislatori americani per tentare di bloccare le politiche energetiche favorevoli alle energie rinnovabili». L’impatto delle tattiche di Exxon sono state devastanti e hanno indotto, secondo i giovani scienziati, ritardi e confusione, anche nell’affrontare il problema a livello mondiale. Nel corso della conferenza di dicembre la corporation è stata presentata ai giovani scienziati come un’opportunità per fare carriera, nominata durante gli workshop, dipinta come un ottimo impiego. «Ci siamo chiesti come fosse possibile che l’organizzazione che aveva promosso l’evento si imbarcasse in un tale conflitto di interesse facendosi sostenere da un gruppo che mina alla base il lavoro di tanti dei membri di quella stessa organizzazione. Perchè, siccome è oggi un tabù lavorare per le industrie del tabacco grazie alla consapevolezza generalizzata dei danni del fumo, si incitano gli scienziati a imboccare carriere nel campo delle fonti fossili che continuano ad alimentare il cambiamento climatico?». L’American Geophysical Union afferma che la propria missione e i valori sono quelli di promuovere la scoperta nelle scienze della terra per il bene dell’umanità e per un futuro sostenibile. Ma permettere alla Exxon di appropriarsi della figura istituzionale del gruppo dei geofisici significa legittimare la disinformazione sul clima che la Exxon fa e inserendo i giovani in aziende simili mina il lavoro dei propri membri». «E’ tempo che l’American Geophysical Union protegga l’integrità delle scienze climatiche e che mandi un messaggio chiaro alla gente tagliando i ponti con le società che negano i cambiamenti climatici».

Fonte: ilcambiamento.it

Vota la peggiore multinazionale del 2015

Trivelle nell’Artico; produzione massiva di sostanze chimiche tossiche; compravendita di voti. Ogni giorno le multinazionali fanno male all’ambiente, alla salute pubblica e alla democrazia. Vota la peggiore del 2015.multinazionali_votalapeggiore

Nel 2014 aveva “vinto” la Bayer, per la produzione massiccia di pesticidi in grado di uccidere le api e per i tentativi di negare sempre ogni responsabilità. Nel 2015 la rosa dei candidati è illuminante. L’iniziativa “Vote in the corporate hall of shame” è promossa da Corporate Accountability International, l’organizzazione americana che da 35 anni porta avanti campagne di sensibilizzazione contro gli abusi delle multinazionali nel mondo. E quest’anno ha scelto, grazie anche alle segnalazioni dei cittadini e consumatori, i candidati che si contenderanno il titolo di peggiore corporation del mondo. Shell. Segnalata per le perforazioni nell’Artico e in altre zone del mondo particolarmente a rischio e sensibili e per le continue pressioni per rallentare gli sforzi diretti a contrastare i cambiamenti climatici. McDonald’s. Segnalata per le discusse politiche alimentari che danneggiano la salute pubblica, per l’utilizzo di ingredienti dall’elevato tenore di pesticidi e altre sostanze non salubri e per il trattamento che riserva ai propri dipendenti. Monsanto. Segnalata per la produzione massiva di pesticidi tossici, per le politiche di impoverimento dei piccoli agricoltori e per le cause intentate a stati, gruppi e individui che tentano di esigere o imporre una regolamentazione sugli ogm. Koch Industries. Segnalata per avere influenzato con milioni di dollari le elezioni americane allo scopo di indebolire la legislazione a tutela dell’ambiente e per la politica di negazione dei cambiamenti climatici.

Nestlè. Per avere prelavato quantità enormi di acqua in California a permessi ormai scaduti, mentre la popolazione stava soffrendo le conseguenze di una delle più grosse siccità che si ricordi.

Chevron. Segnalata per le intimidazioni e le cause intentate contro chiunque sveli gli inquinamenti prodotti nell’Amazzonia ecuadoriana e per i soldi pagati per far eleggere in enti chiave personaggi compiacenti.

Halliburton. Per le manovre messe in atto per continuare a praticare il fracking, provocando inquinamento delle falde e nuovi terremoti.

Nike. Per il sostegno e la pressione esercitata affinché passi il TTIP per poter continuare a sfruttare i lavoratori nei paesi dove ha le produzioni.

Dow Chemical. Segnalata per le pressioni enormi esercitate affinché potessero continuare a essere commercializzati prodotti chimici tossici e per la guerra mossa alle leggi che aspirano a regolamentare gli ogm.

Citigroup. Segnalata per le operazioni finanziarie eccessivamente “disinibite” e poco trasparenti.

I cittadini possono proporre altri candidati ed è bene ricordare che è importante il voto di tutti per far sentire la voce della gente e per dimostrare che le popolazioni non accettano passivamente abusi e soprusi. Dopo avere votato, potete anche agire concretamente. Potete smettere di acquistare tutti i prodotti di una multinazionale, potete informare amici e conoscenti di quanto siete venuti a sapere, potete fare la differenza. E se tutti decidiamo di agire, la differenza sarà enorme. Ricordiamocelo: i piccoli da soli sono piccoli, ma uniti insieme sono la più grande forza che possa esistere.

QUI PUOI VOTARE

Fonti utili per informarsi:

http://www.desertsun.com/story/news/2015/03/05/bottling-water-california-drought/24389417/

http://www.huffingtonpost.com/andrew-kimbrell/dow-chemical-and-monsanto_b_6041802.html

http://www.greenpeace.org/usa/global-warming/climate-deniers/koch-industries

http://www.washingtonpost.com/news/wonkblog/wp/2014/03/20/the-biggest-land-owner-in-canadas-oil-sands-isnt-exxon-mobil-or-conoco-phillips-its-the-koch-brothers/

Fonte: ilcambiamento.it

Ecuador, appello a Brad Pitt: “Non girare il film su Chevron”

L’attore americano dovrebbe girare un film sul disastro ambientale causato dalla compagnia petrolifera, ma il paese sudamericano si sta mobilitando per chiedergli di tornare sui suoi passi

Brad Pitt e sua moglie Angelina Jolie sono impegnati da anni in campagne umanitarie e ambientali. Ora il divo di Fight Club e Seven ha deciso di girare un film sul disastro ambientale causato dalla Texaco – ora appartenente al gruppo Chevron– alle comunità dell’Amazzonia fra il 1964 e il 1990. La dispersione nell’ambiente di circa 680mila barili di greggio ha fatto perdere alla Chevron un lungo processo che dovrebbe costarle 9,5 miliardi di dollari. Si usa il condizionale perché, come spesso accade, la casa petrolifera si è rifiutata di pagare ricorrendo all’arbitrato internazionale e accusando il governo di frode. A preoccupare le associazioni ambientaliste e il governo ecuadoriani non è il film in sé, quanto il punto di vista: la Plan B ha infatti comprato i diritti di La legge della giungla, libro sul quale dovrebbe basarsi la sceneggiatura. Come ha sottolineato lo stesso presidente Rafael Correa, si tratta di un testo pubblicato grazie ai finanziamenti dell’industria petrolifera e sbilanciato in modo da far ricadere le responsabilità sugli ecuadoriani, descritti come selvaggi e corrotti. Il governo ecuadoriano ha deciso di supportare con i suoi account Twitter e con l’hashtag #BradDoTheRightThing una raccolta firme su Change.org per chiedere a Brad Pitt – che nel 2012 aveva visitato l’Ecuador per valutare l’entità dei danni fatti dalla Texaco – di tornare sui suoi passi.

La petizione ha come obiettivo 7500 firme e ne ha finora raccolte oltre 5200

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Fonte:  Change.org

Tribunale penale internazionale per la Chevron: crimini contro l’umanità

Le comunità indigene dell’Amazzonia ecuadoriana hanno portato la Chevron davanti al Tribunale penale internazionale accusando la multinazionale di crimini contro l’umanità perché si rifiuta di bonificare la devastazione provocata nella foresta.chevron_ecuador

I rifiuti ripetuti della Chevron di bonificare ed eliminare la contaminazione tossica della foresta amazzonica ecuadoriana costituiscono un attacco alla popolazione civile e, come tale, questo crimine deve essere oggetto di inchiesta da parte del Tribunale penale internazionale: lo sostengono le comunità indigene impattate dalla devastazione e dall’inquinamento provocato dalla società petrolifera americana. «Nel contesto della legge sui crimini internazionali, la decisione presa dal Ceo di Chevron, John Watson, ha deliberatamente mantenuto e alimentato l’inquinamento ambientale che minaccia la vita delle persone della regione orientale dell’Ecuador» afferma la requisitoria inoltrata al Tribunale internazionale dal procuratore capo Fatou Bensouda nei giorni scorsi in rappresentanza d circa 80 comunità per complessive decine di migliaia di persone. Nel 2011 questi villaggi avevano già ottenuto una vittoria davanti alla corte dell’Ecuador contro la Texaco (acquisita dalla Chevron nel 2001) per l’inquinamento tossico provocato nel lago Agrio in una regione del nordest tra il 1964 e il 1992, contaminazione che aveva provocato emergenze di salute pubblica e devastazione ambientale, oltre a un aumento dell’incidenza di cancro e difetti alla nascita nei bambini dei residenti. L’anno scorso, il Tribunale nazionale ecuadoriano ha confermato il verdetto ma ha dimezzato la multa portandola da 18 miliardi di dollari a 9,5. La Chevron si è ripetutamente rifiutata di pagare quei 9,5 miliardi e ha anche provveduto a smobilitare diverse sedi in Ecuador per sottrarsi alle rivendicazioni di pagamento. I reclamanti definiscono questa condotta «attacchi collaterali multipli contro la sentenza e gli avvocati che rappresentano i villaggi colpiti». Dopo anni di battaglie legali, le comunità intossicate non hanno avuto ancora nessun risarcimento. «Le condizioni di salute oggi delle comunità agricole e indigene delle zone orientali sono pesanti» sostiene il procuratore. «I danni, che sono stati documentati e confermati da innumerevoli ispezioni, hanno conseguenze gravi, l’acqua è contaminata, aumentano i casi di cancro, si riducono gruppi etnici, certi villaggi vengono abbandonati oltre a molto altro che viene qui descritto» aggiunge il procuratore nella sua requisitoria. La richiesta è quella di ritenere questi danni sistematici come crimini contro l’umanità. «È sconcertante vedere che malgrado siano stati utilizzati tutti gli strumenti giuridici possibili, per la Chevron, società petrolifera americana dai profitti miliardari, ci sia ancora sostanziale impunità; tutto ciò sebbene siano evidenti i crimini commessi contro popolazioni vulnerabili» ha detto Pablo Fajardo, avvocato portavoce delle comunità impattate.

Per saperne di più sulla campagna: Chevron Toxico

Fonte: ilcambiamento.it

Vota la peggior multinazionale del 2014

Monsanto, Koch Industries, Chevron, solo per fare qualche esempio. Queste multinazionali hanno provocato danni incalcolabili all’ambiente, come spiega bene la campagna dell’associazione Corporate Accountability International, che invita a votare la peggior multinazionale del 2014.chevron

«Queste multinazionali – spiega Patti Lynn, managing director di 
Corporate Accountability International (CAI) – mettono in pericolo la democrazia e hanno in comune il fatto di essere state inserite nella classifica della vergogna». Così il gruppo CAI ha lanciato l’edizione 2014 della Corporate Hall of Shame, la classifica delle peggiori multinazionali al mondo, quelle le cui scelte e azioni devastano l’ambiente e mettono a rischio la salute collettiva.

VOTATE ANCHE VOI

«Ogni anno chiediamo di scegliere la peggiore multinazionale e cerchiamo di organizzare grandi mobilitazioni e pressioni affinché quella multinazionale modifichi le proprie pratiche». Il CAI quest’anno, per esempio, ha collaborato con Forecast the Facts e ha organizzato manifestazioni con decine di migliaia di persone perché fosse rimosso dai vertici della tv PBS un uomo di nome David Koch, convinto negazionista in fatto di cambiamenti climatici. Nella lista delle possibili “peggiori al mondo” c’è sicuramente Monsanto, cui si deve la produzione e la commercializzazione massiva di pesticidi e ogm che stanno mettendo fuori gioco i piccoli agricoltori. Poi troviamo la Bayer, dai cui stabilimenti escono, tra l’altro, i neonicotinoidi che stanno sterminando le api. Non manca la General Motors, che, per esempio, ha atteso decenni prima di richiamare oltre 2,6 milioni di veicoli malgrado almeno 13 morti conseguenza di un difetto di produzione. Sono dieci le nomination. Alle multinazionali già citate, vanno aggiunte Chevron, Mc Donald’s, Comcast, Philip Morris (che il premier Matteo Renzi ha invece appena ringraziato per l’apertura di uno stabilimento in Italia, inchinandosi alla magnificenza del soldo a prescindere), Credit Suisse, TransCanada e Veolia, con il suo corredo di inceneritori. A chi andrà la vergogna di essere il peggiore?

Fonte: ilcambiamento.it

Pittsburgh, esplode un pozzo di gas scisto

L’esplosione è stata causata da un errore nella fase di perforazione. Le fiamme potrebbero durare per alcuni giorni: per ora il bilancio è di un disperso e di un ferito

Un pozzo di gas scisto è esploso ieri a Dunkark, nella Green County, nei pressi di Pittsburgh. L’impianto Marcellus di proprietà della Chevron ha preso fuoco alcuni minuti prima delle 7 di martedì 11 febbraio provocando la probabile morte di un lavoratore (attualmente disperso) e il ferimento di un altro. Secondo la testimonianza di un vicino l’esplosione è stata di un’intensità simile a quella di “un motore a reazione che stia passando 5 metri sopra la tua casa”. E per 12 ore le fiamme hanno continuato a divampare provocando fumo nell’aria e un sibilo che potrebbe essersi sentito a un quarto di miglio di distanza. Le alte temperature raggiunte durante il rogo hanno causato l’esplosione di un camion cisterna pieno di gas propano che ha costretto le squadre di soccorso a tirarsi indietro pur di non subire lesioni. La Polizia di stato ha detto che ci potrebbero volere diversi giorni prima che l’incendio venga debellato.

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Fonte: ecoblog

Troppi fondi alle energie fossili: l’Earth Policy Institute fa i conti ai governi

Piattaforma-Shell-Alaska-586x263   Secondo l’Earth Policy Institute (EPI), un’organizzazione ambientale neoliberista fondata dall’analista ambientale Lester Brown nel 2001, nel 2011 i fondi garantiti dai governi mondiali alle fonti energetiche convenzionali ammontano a 623 miliardi di dollari, mentre per le rinnovabili appena a 88. EPI, che ha basato il suo studio su alcuni dati dell’International Energy Agency (IEA), l’organizzazione intergovernativa dell’OCSE, sottolinea quanto l’evidente sproporzione sia figlia delle politiche energetiche retrograde dei vari governi, che a parole sono tutti d’accordo nel combattere i cambiamenti climatici ma che, nella sostanza, erogano alle fonti fossili molti più sussidi che a quelle rinnovabili. EPI parla chiaramente di un gioco truccato in favore delle energie non rinnovabili, anche perché vengono omessi i costi ambientali e sanitari del carbone ardente, del petrolio e del gas naturale dai loro prezzi di mercato. Dei 623 miliardi di dollari garantiti alle fonti energetiche fossili, circa 100 sarebbero assegnati per la produzione mentre i restanti sono per il consumo: il 20% in più rispetto al 2010, anche per colpa dell’aumento del prezzo del petrolio che, invece di disincentivare i combustibili fossili ne ha visto crescere i sussidi. Dei 523 miliardi dollari garantiti per il consumo, 285 miliardi sono andati al mercato del petrolio, 104 miliardi al gas naturale e 3 miliardi per il carbone; un ulteriore supplemento di 131 miliardi è stato suddiviso tra le tre fonti di energia fossile appositamente per il loro utilizzo nella produzione di energia elettrica.

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Gli Stati che hanno avuto maggior peso in questa insostenibilità delle politiche energetiche mondiali sono Iran, Arabia Saudita, Russia, India e Cina: solo il regime iraniano degli Ayatollah ha garantito 82 miliardi di dollari alle fonti fossili, l’equivalente del 17% del Pil; allo stesso modo, anche tutti gli altri paesi hanno garantito incentivi miliardari alle fonti non rinnovabili. Secondo il rapporto tuttavia, la cifra spaventosa dei 623 miliardi non rappresenta tutte le misure di sostegno per questo tipo di fonti energetiche: le agevolazioni fiscali, che variano da paese a paese, i fondi investiti nella ricerca, sono tutti elementi di forte criticità nella gestione dei fondi energetici. Degli 88 miliardi erogati a livello mondiale per le fonti rinnovabili invece la maggior parte vengono pagati al produttore di energia: la cifra è equamente distribuita tra solare, fotovoltaico, eolico, biomasse e biocarburanti.

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Secondo l’EPI tuttavia l’industria dei combustibili fossili non necessita di questi ingenti aiuti, anzi: nel 2012 le Big-Five Companies petrolifere (Royal Dutch Shell, ExxonMobil, BP, Chevron e Conoco-Phillips) hanno rastrellato un totale di 137 miliardi di dollari di profitti a fronte di 285 miliardi di dollari di “sostegno” al petrolio. Cifre che fanno girare la testa e la calcolatrice.

Fonte:  EPI