Due banche negli USA e in Europa scelgono di non finanziare più impianti a carbone

La banca pubblica USA per l’import-export e la banca europea per lo sviluppo hanno definito nuove linee guida per finanziare gli impianti di produzione di energia ponendo stretti limiti alle centrali a carbone. Per la prima volta si inizia a capire che le attività economiche non sono tutte ugualiCentrale-a-carbone-Asia-586x389

La Export-Import Bank degli Stati Uniti ha deciso di non finanziare più centrali elettriche a carbone nei paesi in via di sviluppo né impianti ad alta emissione di CO2. «Senza limiti o linee guida, un numero crescente di impianti continuerà a emettere inquinamento da carbonio nell’aria che respiriamo», ha detto Fred P. Hochberg, presidente della Ex-Im Bank, che è un organismo ufficiale del governo federale USA e che quindi ha recepito la politica dell’amministrazione Obama per la riduzione dell’inquinamento. La stessa cosa sta avvenendo in Europa dove la European Bank for Reconstruction and Development, una banca pubblica con larga partecipazione dell’UE, sta ponendo limiti stringenti al finanziamento di nuovi impianti inquinanti a carbone. Il suo amministratore, Riccardo Puliti (nomen omen?) ha così commentato: «“Non possiamo usare il carbonio senza pensare al suo impatto sui cambiamenti climatici. Sono un problema e dobbiamo  agire per risolverlo». In passato, questi istituti di credito sono stati piuttosto prodighi nel sostenere il carbone, con circa 3 miliardi di € negli ultimi 20 anni la Ex-Im Bank e con 800 milioni di € negli ultimi 7 la EBRD. Questo non significa che non si faranno più impianti a carbone, perchè le banche private continuano a finanziarli, ma è almeno il primo timido segnale che qualcosa sta cambiando: i banchieri non hanno improvvisamente scoperto un’anima verde, ma sono più che altro terrorizzati dalla bolla del carbonio. L’importante è che si smetta di usare risorse pubbliche per avvelenare il clima.

Fonte: ecoblog

Due morti all’ora in Europa a causa delle centrali a carbone secondo Silent Killers di Greenpeace

Morire di inquinamento a causa delle centrali elettriche a carbone che con i loro fumo ammazzano in Europa 2 persone all’ora: questo il risultato esposto nello rapporto Silent Killers presentato da Greenpeace.silent-killers-620x350

Silent Killers è il dossier presentato da Greenpeace in merito alle morti in Europa causate dalla centrali elettriche a carbone. Riprende uno studio condotto dall’Università di Stoccarda in cui sono evidenziati gli impatti sanitari nei paesi europei circa le emissioni:22.300 morti premature all’anno pari a una perdita di 240.000 anni di vita e di 5 milioni di giornate lavorative. I dati analizzati si riferiscono al 2010 e solo in Italia le morti dovute alle emissioni velenose sono state 521 morti premature, equivalenti a 5.560 anni di vita e a 117.000 giornate di lavoro perse. In Europa lavorano circa 300 centrali elettriche a carbone e che coprono un quarto dell’energia elettrica a fronte della produzione del 70% degli ossidi di zolfo e del 40& degli ossidi di azoto, della metà di tutte le emissioni industriali di mercurio, un terzo dell’arsenico e un quarto del totale delle emissioni di CO2. I Paesi europei in cui si è verificato il più alto numero di morti premature è la Polonia (oltre 5.000 morti l’anno) seguita da Germania, Romania e Bulgaria, mentre le aziende maggiormente responsabili sono la PGE (polacca), RWE (tedesca), Vattenfall (svedese), PPC (greca) e Enel (italiana, compresa la controllata Slovenské Elektrárne). Sostanzialmente nello studio dell’Università di Stoccarda viene messo in discussione il carbone pulito che di fatto sembra, appunto non esistere. In effetti l’aria che respiriamo così inquinata si trasforma in agente patogeno e dunque Greenpeace chiede che sia messa fine all’era del carbone e avviata una vera rivoluzione energetica. Spiega GreenPeace che gli impianti in costruzione ossia quei 52 progetti per nuove centrali che sono o in fase di realizzazione o in fase di richiesta delle autorizzazioni, dovessero entrare in esercizio, porterebbero danni gravi alla salute collettiva, considerato che il ciclo di vita di una centrale è di circa 40 anni.

Greenpeace dunque chiede all’Unione europea di:

fissare nuovi obiettivi vincolanti di sviluppo delle rinnovabili (45%), di abbattimento dei gas serra (55%) e di efficienza energetica per il 2030; di arrivare a porre fine all’”età del carbone” al più tardi entro il 2040.

Fonte: Greenpeace