Chiude la centrale a carbone di La Spezia: quali prospettive per una Liguria a zero emissioni?

La recente notizia della chiusura di una delle più grandi centrali a carbone d’Europa si sta diffondendo in Liguria e si intravedono nuove opportunità per un futuro più sostenibile a La Spezia. L’importante è saperle cogliere e proseguire con decisione lungo la strada della transizione ecologica.

La Spezia – Un passo avanti verso un futuro più sostenibile per la Liguria: a inizio dicembre Enel ha ricevuto l’autorizzazione dal Ministero della Transizione Ecologica per la cessazione definitiva della centrale a carbone “Eugenio Montale” di La Spezia. L’obiettivo è sostituire progressivamente le fonti fossili per la produzione di energia elettrica.

«L’autorizzazione alla chiusura della centrale a carbone di La Spezia è un’ottima notizia», fa notare Donatella Bianchi, presidente di WWF Italia. «La presenza della centrale alimentata con il più sporco e inquinante dei combustibili fossili ha provocato tante sofferenze alla città e all’ambiente spezzino, oltre che al clima. Ci auguriamo che Enel, insieme alle istituzioni locali, continuerà a operare per lo sviluppo sostenibile e decarbonizzato della città e della regione», conclude la Bianchi.

UN KILLER SILENZIOSO

D’altronde, l’impatto sanitario e ambientale delle centrali a carbone attualmente operative in Europa è rilevante, come si legge dai dati tratti da “Killer silenziosi”, l’indagine realizzata dall’Università di Stoccarda, per conto di Greenpeace.

La centrale Enel di La Spezia

«La chiusura anticipata della centrale a carbone è senz’altro una notizia positiva, – sottolinea Andrea Sbarbaro, presidente dell’associazione Cittadini Sostenibili – ma rischia di rimanerlo solo a metà. Se l’ipotesi di sostituzione di questo impianto con uno a turbogas andrà in porto, il problema in parte resta: per quanto il gas sia meno impattante del carbone, la combustione di fonti fossili contribuisce comunque al riscaldamento globale».

Pare infatti che in al posto dell’unità a carbone ne sia prevista una nuova a gas: «In Italia – continua Sbarbaro – la crescita delle energie rinnovabili negli ultimi anni è stata inferiore che in altri paesi, principalmente per vincoli burocratici: si tratta di un problema che va affrontato con decisione. Le fonti fossili non possono essere la soluzione su cui puntare per il nostro futuro, se sono proprio loro parte del problema nel presente».

LE NUOVE PROSPETTIVE PER LA SPEZIA

Dalla decarbonizzazione alle nuove opportunità per economia, occupazione e ambiente. Quali sono le prospettive per una Liguria a zero emissioni? ENEA, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, ha realizzato uno studio, commissionato da WWF, per mettere in luce le soluzioni in grado di stimolare la crescita economica e occupazionale della regione, limitando al tempo stesso le emissioni a effetto serra e lottando il cambiamento climatico. Secondo Massimo Caminiti, ricercatore di ENEA, è essenziale innanzitutto puntare sul fotovoltaico: «Essendo un’energia dipendente dalla presenza del sole, occorre sviluppare batterie capaci di accumulare energia elettrica. Questo tipo di energia, oltre a essere un’alternativa “green”, è anche un’opportunità per lo sviluppo delle imprese regionali».

Pannelli fotovoltaici. Pixabay

A livello globale ed europeo il mercato delle energie rinnovabili è in grandissima espansione, con una crescita che non si è arrestata nemmeno nel corso del 2020. In Italia invece, negli ultimi due anni è stata rilevata una forte diminuzione delle installazioni di impianti. L’impossibilità per diversi mesi di portare avanti attività sul campo, così come l’accresciuta difficoltà di interagire con gli uffici della pubblica amministrazione, oltre all’oggettivo clima di incertezza associato all’impatto sull’economia, hanno condizionato pesantemente il nostro Paese. In aggiunta alla divulgazione di strategie per potenziare la produzione di energia pulita, ENEA diffonde anche interventi di efficienza energetica in ambito residenziale, orientati soprattutto alla riqualificazione di edifici esistenti. Secondo un protocollo condiviso tra professionisti, imprese e artigiani, questa opportunità valorizza anche architettonicamente gli immobili rendendoli più confortevoli e ne migliora la classe energetica. Come sottolinea Luca Mazzari del CNA Liguria, si agisce su più fronti: «Per prima cosa si libera spazio per una migliore armonia interna, anche dal punto di vista termico. Poi è importante aumentare la performance energetica, isolandosi dal freddo d’inverno e dal caldo in estate: l’uso della termoventilazione meccanica consente di cambiare l’aria senza dispersioni, con l’installazione di pannelli in gessofibra anziché mattoni e porte scorrevoli si riducono anche i costi di gestione di ogni appartamento».

Anche l’elettrificazione delle banchine portuali può rappresentare una buona opportunità di sviluppo sostenibile – oltre che di riduzione dell’impatto ambientale –, così come la lotta all’inquinamento luminoso: «Nel 2014 – illustra Davide Natale, assessore alla sostenibilità ambientale del Comune di La Spezia – l’amministrazione ha iniziato a ragionare su un modo nuovo di concepire l’illuminazione pubblica puntando sulla conversine a LED di tutti i punti luce del centro di La Spezia, con una riduzione del 60% dei consumi elettrici in meno rispetto al 2013 e un forte risparmio economico sulle spese per i consumi».

Sono tante le opzioni per trasformare La Spezia in una città più sostenibile. Il carbone e i combustibili fossili sono il passato: oggi si può voltare pagina e guardare al futuro e la Liguria può essere da esempio per tutte le altre regioni italiane.

Fonte: https://www.italiachecambia.org/2021/12/centrale-a-carbone-spezia/?utm_source=newsletter&utm_medium=email

Vado Ligure: chiude la centrale a carbone Tirreno Power

“Una vittoria per la salute e il clima”. Il consiglio di amministrazione di Tirreno Power ha deciso di non rimettere in servizio i gruppi a carbone della centrale di Vado Ligure (Savona), posti sotto sequestro dalla magistratura nel marzo del 2014.

Mai più carbone. Il Consiglio di Amministrazione di Tirreno Power di chiudere definitivamente i due gruppi a carbone della centrale termoelettrica di Vado Ligure.  Tirreno Power ha riconosciuto l’assenza delle condizioni necessarie alla riapertura dello stabilimento, posto sotto sequestro dalla Procura di Savona nel Marzo 2014 a causa del mancato rispetto delle prescrizioni AIA e della gravità dell’inquinamento arrecato dalla centrale stessa, con danni molto seri per la salute dei cittadini.62522

Nel decreto di sequestro si parlava infatti di disastro ambientale e sanitario nelle aree di ricaduta delle emissioni della centrale, come provato dalle indagini ambientali ed epidemiologiche condotte, che avevano anche evidenziato un aumento della mortalità attribuibile alle emissione della centrale stessa.

Il WWF parla di una vittoria per la salute e per l’ambiente. “Ci auguriamo – scrive l’associazione – che la volontà, annunciata dall’azienda, di implementare un ‘progetto di reindustrializzazione del sito, volto a favorire l’insediamento di nuove aziende con l’obiettivo di contribuire alla ricerca di soluzioni che possano offrire un futuro occupazionale ai lavoratori e una prospettiva di sviluppo al territorio’ non resti nel novero delle buone intenzioni, ma sia un sincero impegno a ridurre al minimo le ricadute sociali della chiusura. L’impianto, infatti, ha rappresentato per lungo tempo un’importante fonte di occupazione per gli abitanti del luogo. Il prezzo pagato dalla popolazione, però, è stato altissimo.

Una  riconversione dell’area che sia capace di garantire occupazione, nel rispetto dell’ambiente e della salute dei cittadini, è quindi assolutamente necessaria.  In tal senso devono intervenire Governo, regione Liguria ed Enti Locali”.

Fonte: http://www.italiachecambia.org/2016/06/vado-ligure-chiude-centrale-carbone-tirreno-power/

Il Tar ferma la centrale a carbone di Saline Joniche

La centrale a carbone di Saline Joniche, in provincia di Reggio Calabria, è stata bloccata perché l’iter autorizzativo era viziato da evidenti irregolarità e forzature. Lo ha stabilito il Tar del Lazio, accettando il ricorso delle associazioni ambientaliste.salinejoniche

Il ricorso era stato presentato contro il decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri e la valutazione d’impatto ambientale; il ricorso era stato presentato a fine novembre 2012 da Greenpeace, Legambiente, Lipu e WWF e poi unificato a quello della Regione e di altre associazioni nazionali e locali. Gli ambientalisti  avevano evidenziato le violazioni delle norme di tutela ambientale, le notevoli carenze progettuali e il parere contrario delle istituzioni, a partire dalla Regione, e delle comunità locali. “La proposta di centrale di Saline Joniche – sottolineano le associazioni – rispondeva a una visione vecchia e ormai superata della politica energetica italiana. Un impianto del genere non solo sarebbe stato molto dannoso per il clima, per l’ambiente, per la salute e per le comunità locali: oggi la centrale sarebbe anche inutile, visto che ormai il 37,5% elettrici della domanda elettrica del Paese è soddisfatta da fonti rinnovabili e che abbiamo una sovrabbondanza di capacità di produzione elettrica e di centrali. Il Mise prenda atto di questa sentenza e chiuda una volta per tutte la Conferenza dei servizi sulla centrale con il diniego a un progetto che non ha alcun senso” Lo stesso TAR del Lazio sottolinea la necessità di dare ascolto anche alle popolazioni locali, alle istanze della società civile volte alla tutela del paesaggio e del territorio, alle realtà produttive locali che sarebbero state danneggiate dalla centrale,

Fonte. ilcambiamento.it

Tirreno Power, ecco perché la centrale è stata sequestrata

Dati lacunosi e inattendibili, e quando presenti, non sempre in linea con le possibilità offerte dalle Migliori tecnologie disponibili. Controlli super partes praticamente assenti, altre prescrizioni disattese. Tutti i motivi del sequestro della centrale a carbone di Vado Ligure378508

Dati lacunosi e inattendibili, e, quando presenti, non sempre in linea con le possibilità offerte dalle MTD (Migliori tecnologie disponibili, BAT in inglese) prescritte invece dai procedimenti autorizzativi. Controlli super partes praticamente assenti, altre prescrizioni disattese. Sono queste, in ultima analisi, le motivazioni alla base del sequestro della centrale termoelettrica Tirreno Power di Vado Ligure disposto dal GIP Fiorenza Giorgi sulla base di diverse perizie e analisi effettuate sull’impianto a carbone.

Dati mancanti e non allineati alle Migliori tecnologie disponibili

«Il gestore non ha fornito al consulente le medie mensili delle concentrazioni di SO2, polveri ed NOx per gli anni dal 2000 al 2012 per le unità a carbone VL3 e VL4 – si legge nel decreto di sequestro emesso dal GIP – Inoltre non sono stati forniti dati né sul CO (Monossido di Carbonio, ndr) per tali unità né sui macroinquinanti relativamente alle unità turbogas VL51 e VL52 (anche se i dati relativi agli anni 2010 e 2011 sono comunque disponibili tra la documentazione presente sul sito del Ministero dell’Ambiente dedicato all’AIA statale)». Fino al 2012, in realtà, non era stata ancora emessa l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), il cui iter, che per legge dovrebbe durare non più di 180 giorni, ha richiesto addirittura cinque anni per la centrale di Vado Ligure. Fino all’emissione dell’AIA, comunque, l’impianto era vincolato alle prescrizioni dei precedenti provvedimenti autorizzativi, emessi nel 1993 e nel 2001 e modificati nel 2002. Anche quando i dati sono presenti, in ogni caso, risultano, almeno per quanto riguarda l’SO2 e il CO, non allineati alle concentrazioni ottenibili applicando le cosiddette Migliori tecnologie disponibili (MTD), messe a punto, e continuamente aggiornate, dalla comunità scientifica per ridurre l’impatto sull’ambiente di certe attività industriali. E obbligatorie per l’impianto di Vado Ligure.

Dubbi sui controlli interni

A parte i dati mancanti, il Giudice per le indagini preliminari sottolinea che tutti i dati relativi alle emissioni di inquinanti «sono stati registrati e monitorati dal gestore in assoluta autonomia e nella totale carenza di controlli da parte delle autorità preposte». Ottemperando a quanto prescritto dai provvedimenti autorizzativi, infatti, Tirreno Power ha installato a Vado Ligure un Sistema di monitoraggio delle emissioni automatico, SME in acronimo. Che non sembra, secondo il perito Stefano Scarselli incaricato dal Pubblico Ministero di effettuare dei controlli sulla centrale, aver fornito misurazioni attendibili. Dalla relazione dell’esperto, rilasciata il 14 dicembre 2012, emergono, per quanto riguarda le polveri, discrepanze significative tra i dati registrati dai tecnici ARPAL a fine 2013 e quelli interni dello SME, mentre corrispondono Monossido di Carbonio (CO), Ossidi di Zolfo (Sox) e di Azoto (Nox).

«I valori di concentrazione misurati manualmente risultano mediamente assai più alti di quelli contemporaneamente forniti dal sistema di monitoraggio automatico del gestore (SME) – scrive Scarselli – inoltre, a differenza dei dati SME, le misure manuali di controllo rilevano anche una notevole disomogeneità compositiva dei fumi, dimostrata dall’ampia variabilità di dati tra le diverse prove di un medesimo campionamento, peraltro con picchi di concentrazioni orari ben al di sopra del limite autorizzato in entrambe le sezioni». Questo, secondo il perito dell’accusa, pone «seri interrogativi sull’affidabilità del SME in uso, almeno per le polveri». Dubbi sull’affidabilità dei controlli interni sono stati sollevati anche da Gabriella Minervini, direttore del Dipartimento Ambientale della Regione Liguria, che l’8 maggio del 2012 ha dichiarato : «La rete delle centraline di rilevamento viene gestita da Tirreno Power e non viene calibrata secondo gli standard previsti dalla recente normativa».

Assenza di verifiche

Altre lacune sono emerse, secondo il GIP, a proposito della certificazioni Iso 14001 e della registrazione EMAS prescritte dall’AIA. Anche se sono state effettivamente ottenute, le informazioni provviste dal gestore garantiscono «l’esistenza di un sistema di gestione conforme dal punto di vista documentale, ma non la corretta attuazione dello stesso. Mancano infatti certificati di taratura/calibrazione e i rapporti di verifica/controllo oltre ai registri di manutenzione della strumentazione». Non c’è traccia, inoltre del “protocollo condiviso” con le autorità di controllo locali (Provincia di Savona) e/o ARPA Liguria, né di ispezioni di controllo effettuate da queste ultime all’impianto, previsti dai provvedimenti autorizzativi della Centrale. In sostanza, nonostante fosse espressamente previsto già dal provvedimento autorizzativo precedente, fino all’entrata in vigore dell’AIA è mancato del tutto un piano di monitoraggio e controllo condiviso, nonostante.

Altre prescrizioni violate

L’assenza di controlli – o la loro inattendibilità – non sono comunque le sole violazioni che hanno spinto il GIP a disporre il sequestro. Nel decreto del Ministero dell’Ambiente di non assoggettabilità alla VIA emesso nel 2001 erano previste altre prescrizioni, che risultavano ancora non ottemperate nel 2011. Si va dalla riduzione dei consumi idrici (che sarebbero dovuti scendere da un milione a 800.000 metri cubi) all’avvio di un impianto di teleriscaldamento e all’applicazione di misure per la riduzione del rumore. Soprattutto, osserva il magistrato nel decreto di sequestro, la Tirreno Power non ha provveduto a limitare la dispersione di polveri durante la movimentazione del carbone in fase di stoccaggio. Il parco carbone della centrale, infatti, nel 2011 era ancora a cielo aperto, e la dispersione di polveri era tenuta sotto controllo «meramente tramite procedura di compattazione dei cumuli ed un sistema di nebulizzatori per il lancio a distanza di acqua micronizzata all’interno dell’ara del parco». L’olio combustibile utilizzato, inoltre, conteneva una quantità di zolfo superiore a quella massima indicata nell’AIA.

Migliori tecnologie disponibili non utilizzate

In conclusione, il sequestro è stato disposto perché, secondo il giudice Giorgi, la Tirreno Power ha gestito senza alcuna verifica un Sistema interno di monitoraggio delle emissioni. «Gli indagati hanno sempre esercitato l’impianto con dati emissivi molto prossimi al tetto massimo previsto dalla legge, ma con livelli di emissioni molto distanti, seppure limitatamente ad alcuni parametri (SO2 e CO, ndr), da quelli stabiliti dalle BAT (in italiano MTD, migliori tecniche disponibili), nonostante la normativa italiana ne facesse espresso, seppur non immediatamente vincolante, richiamo».Una scelta dolosa, secondo il GIP, dal momento che «la gestione dell’impianto a livelli nettamente superiori, almeno per alcuni parametri, a quelli imposti dalle BAT e l’inidoneità delle misure volte al contenimento delle emissioni con convogliate è attribuibile a una precisa scelta gestionale della società». Secondo il magistrato, pertanto, la centrale a carbone ha avuto un ruolo decisivo nei ripetuti superamenti del valore limite degli ossidi di Azoto che hanno interessato il comune di Vado Ligure, nonché nei «numerosi superamenti del limite giornaliero del PM10 (sebbene sempre entro il limite di legge in termini di numero gg/ anno)». E, soprattutto, nelle migliaia di ricoveri per malattie respiratorie e cardiovascolari segnalate dal procuratore Francantonio Graner.

Fon tre: ecodallecittà.it

Tirreno Power, sotto sequestro la centrale a carbone di Vado Ligure

La centrale elettrica a carbone Tirreno Power di Vado Ligure è stata posta sotto sequestro dal Gip Fiorenza Giorgi della Procura di Savona poiché è mancato il sistema di monitoraggio dei camini

Per Fiorenza Giorgi giudice per le indagini preliminari il parere è stato positivo alla richiesta di sequestro dell’impianto di Vado Ligure. La richiesta è maturata dopo le verifiche compiute sia dalla Procura sia dal ministero per l’Ambiente e che avrebbero portato a valutare il mancato rispetto delle prescrizioni dell’AIA, ovvero l’Autorizzazione integrata ambientale. Il Gip Giorgi ha spiegato che se le prescrizioni saranno messe in opera allora la centrale potrà ritornare in attività. Il provvedimento non prevede la chiusura di tutto l’impianto ma i due gruppi a carbone. La Tirreno Power è del gruppo Sorgenia nelle mani della famiglia De Benedetti.

Maria Grazia Midulla responsabile Clima ed Energia del WWF Italia, ha commentato così:

Le centrali a carbone sono antistoriche, comportano emissioni di anidride carbonica superiori a qualsiasi altro impianto, fanno male alla salute. Il nostro Paese ha una overcapacity di produzione di energia elettrica che le impone, non solo le permette, di cominciare a chiudere le centrali più inquinanti. Invitiamo dunque l’azienda a prendere atto che la centrale di Vado Ligure è indifendibile, e a non riaprire i gruppi a carbone. Questa è l’occasione per pensare alla riconversione dei posti di lavoro verso l’efficienza energetica e le rinnovabili: ci auguriamo che sindacati , regione Liguria, azienda, ci pensino seriamente. Intanto Vado Ligure non deve riaprire e i progetti di ampliamento dell’uso del carbone non devono partire.

Io mi trovo assolutamente d’accordo con Daniela Patrucco quando chiede che certe situazioni, come quella di Vado Ligure, siano prevenute e non perseguite. Dunque ora sarebbe il caso di intervenire sulle altre 12 centrali a carbone ancora in attività chiudendole perché il carbone non è mai pulito.

Fonte: http://www.ecoblog.it

La regione dell’Ontario sarà la prima in nord America a dire addio al carbone

Secondo il primo ministro Kathleen Wynne si tratta dell’azione più significativa in tutto il nord America per combattere il riscaldamento globale. Una delle più grandi centrali a carbone verrà convertita a biomassa.Coal-plant-reflection

Se il governo conservatore canadese è al momento uno dei peggiori nemici dell’ambiente, altrettanto non si può dire del governo liberale della provincia dell’Ontario, la più popolosa della nazione. Come ha annunciato il suo primo ministro Kathleen Wynne, l’Ontario sarà la prima regione del Nord America ad essersi liberata dal carbone. A breve verrà chiusa la centrale di  Nanticoke,  un tempo una delle principali emettitrici di CO2 di tutto il Canada. La centrale diThunder Bay (attualmente ferma) verrà invece convertita a biomasse. L’ Ending Coal for Cleaner Air Act verrà approvato la prossima settimana per dare una base legislativa definitiva all’abbandono del carbone. Secondo il governo dell’Ontario, il carbone stava costando 4,4 miliardi di dollari in danni sanitari, ambientali e finanziari. «La nostra operazione di eliminare il carbone e investire nelle rinnovabili è la più forte azione in tutto il Nord America per combattere i cambiamenti climatici», ha dichiarato Wynne, ed ha perfettamente ragione.Si spera ciò costituisca in incentivo per il grande vicino del Canada, dal momento che le centrali a carbone USA contribuiscono terribilmente ad inquinare l’atmosfera.

Fonte: ecoblog.it

Porto Tolle, Greenpeace: l’occupazione si crea con le rinnovabili

“La volontà di rilanciare il progetto della conversione a carbone della centrale Enel di Porto Tolle è sbagliata e regressiva”. Greenpeace commenta la notizia dell’incontro tra il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato e il governatore del Veneto Luca Zaia, nel quale il ministro avrebbe annunciato di voler accelerare la ‘pratica’ Porto Tolle.porto__tolle

Greenpeace commenta la notizia dell’incontro tra il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato e il governatore del Veneto Luca Zaia, nel quale il ministro avrebbe annunciato di voler accelerare la ‘pratica’ Porto Tolle.“La volontà di rilanciare il progetto della conversione a carbone della centrale Enel di Porto Tolle è sbagliata e regressiva, e dimostra la perfetta continuità, in materia d’energia, dell’attuale governo con gli esecutivi Berlusconi e Monti. È la spia di una strategia industriale vecchia, che non modernizzerà il Paese e che, semmai, ne consoliderà la dipendenza energetica. Una centrale a carbone a Porto Tolle vorrebbe solo dire un ulteriore peggioramento della qualità dell’aria nella Pianura Padana – già oggi l’area più insalubre in Europa – con gravi costi sanitari, enormi emissioni di gas serra e, non ultimo, benefici occupazionali largamente inferiori a quelli che si otterrebbero con uguali investimenti in energie pulite”, commenta Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace. Greenpeace stima che investendo i 2,5 miliardi di euro previsti da Enel per il carbone a Porto Tolle su un mix di fotovoltaico ed eolico si avrebbero ricadute occupazionali almeno 3 volte superiori. “Speriamo che il neo ministro Zanonato prenda tempo e conti fino a cento prima di un ulteriore passo sulla questione” ha proseguito Boraschi. “Dovrebbe sapere che quel progetto è stato già bocciato dal Consiglio di Stato e recuperato solo grazie a ben due leggi ad aziendam, una di Berlusconi e una di Zaia, frutto delle opache attività di lobby dell’Enel. Auspichiamo che voglia incontrare anche Greenpeace e le altre associazioni e realtà produttive che esprimono contrarietà al carbone a Porto Tolle: per parte nostra siamo pronti a dimostrargli, dati dell’Università di Stoccarda alla mano, come quel progetto causerebbe, su base annua, danni economici fino a 240 milioni di euro e una mortalità prematura stimata in 85 casi”.
Fonte: il cambiamento

 

Si alla centrale a carbone di Saline Joniche, approvata la Via dal ministero per l’Ambiente

Il ministero dell’Ambiente approva la VIA per la centrale a carbone di Saline Jonichesaline-620x350

Dopo un inter ostacolato con ogni forma di dissenso civile è stata approvata la VIA per la centrale a carbone di Saline Joniche dal ministero per l’Ambiente. In pratica per il dicastero presieduto dal ministro Corrado Clini la centrale a carbone della SEI potrà entrare in funzione con garanzia di piani per il monitoraggio e controllo delle emissioni incluso lo zolfo che dovrà risultare al di sotto dell’1% così come la costruzione di opere di compensazione. Scrive SEI sul sito di presentazione del progetto:

La Centrale svilupperà, a pieno regime, una potenza pari a 1.320 MWe nominali e sarà in grado di rispettare la normativa italiana ed internazionale in tema di CO2.

SI attende ora il pronunciamento del ministero per lo Sviluppo economico a meno che non intervenga il nuovo Governo, dopo l’elezione del presidente della Repubblica a fermare la centrale di Saline.

Rispetto alle opinioni dei calabresi sulla centrale a carbone basti dire che anche l’On. Domenico Scilipoti (si proprio lui!) del PdL ha dichiarato:

La centrale a carbone di Saline Joniche è pericolosa per la salute pubblica ed ha un impatto ambientale troppo forte, è pertanto necessario trovare una valida alternativa nel campo delle energie alternative derivanti da fonti rinnovabili. E’ inaccettabile che nel 2013, mentre da un lato si parla tanto di tutela del territorio di eco-sostenibilità, dall’altro si pensi ancora a costruire una centrale a carbone.

Fonte:  Strettoweb, ntacalabria